"Non scegliere ciò che è facile. Scegli ciò che vale la pena"
-C. Zadro
Jacqueline notò subito un'impressionante somiglianza tra lei e la Regina Delle Nevi, nei lineamenti, nel portamento, nella voce, nell'acconciatura...
"Vedo che mi porti visite, Remider" la voce della Regina Delle Nevi risuonò nella stanza, morbida come neve che caduta dai rami degli alberi dopo un soffio di vento.
"Potete alzarvi" annunciò la donna e tutti obbedirono mentre lei si avvicinava al capo delle guardie, la luce della luna si rifletteva sulla sua pelle chiarissima facendola apparire talmente pallida da sembrare lucente.
"Mia signora, queste persone vengono da Auriah, dicono di essere ambasciatori e chiedono di potersi alleare con il Regno Sul Fiume" annunciò il capo delle guardie Remider.
"Non chiamarmi 'mia signora', sai che non lo gradisco" disse in tono serio la Regina Delle Nevi.
"Perdonatemi" rispose l'uomo.
"Dunque a cosa devo la vostra venuta, gente di Auriah? Vi manda forse il re? Come sta il sovrano Caesaar?" chiese la Regina. Remider contrasse la mascella e fece per dare l'ordine alle altre guardie di disporsi .
"Oh, dimenticavo, voi guardie potete tornare ai vostri doveri. Remider, desidero che tu rimanga qui" esclamò congendando gli armigeri con un sorriso. Henry prese la parola:
"Sarò franco con voi , vostra altezza, ad Auriah non succede nulla di buono: il re di Auriah è completamente impazzito dopo che il malvagio Neear ha distrutto i dodici Anelli delle Chunea-Cime e ucciso tutti i custodi eccetto me. Alcuni ribelli hanno preso in mano la situazione ed io sono fuggito dal regno, poi, insieme a questi quattro artefici ho elaborato un piano per consentirci di entrare nella reggia di Neear e sconfiggerlo.
Ora i ribelli ora tengono il re sotto controllo e cercano di fronteggiare Neear anche se molti periscono nel tentativo. Tutti pensano che Neear non abbia ancora distrutto l'ultimo anello e che, recuperandolo, il re possa essere salvato.
Per questo ci serve il Vostro aiuto , altezza, il regno di Auriah ha bisogno di truppe più massicce di quelle dei ribelli per contrastare Neear e riportare la pace. Vi chiediamo umilmente aiuto" la regina rimase muta per qualche istante. Jacqueline sapeva che Henry non aveva raccontato alla sovrana dello strascico della loro missione: liberare le cugine di Thomas.
"Io non so cosa dire, mi addolora sapere il regno di Auriah in così tristi condizioni" Socchiuse gli occhi e lasciò volteggiare lo sguardo nel giardino, la luce della luna colava come argento liquido.
"Manderò senz'altro un contingente di supporto" rabbrividì, come se avesse realizzato solo in quel momento che i suoi più orrendi incubi erano divenuti reali seminando caos e paura ovunque. Remider scattò sull'attenti.
"Chi invieremo, maestà?" domandò in tono formale, anche se i suoi occhi tradivano apprensione.
"Domani le truppe scelte partiranno, ora facciamo riposare i nostri ospiti" rispose la sovrana con voce ferma. Gli stanchi viaggiatori accettarono di buon grado l'ospitalità.
Jacqueline si accorse di non avere più freddo, fece scivolare il braccio di Thomas dalla sue spalle. Raddrizzò la schiena e non sentì più il suo corpo tremare. Era una sensazione strana, come se ci fosse qualcosa di molto familiare in quel posto.
Remider li condusse a delle stanze dove avrebbero dormito. Jacqueline crollò nel suo letto, spossata , rimase immobile per un momento a guardare le stelle negli occhi e poi cadde in un breve sonno senza sogni.
Quella sera Quis non aveva sonno, abitava nel Regno Sul Fiume da oltre tre decenni e viveva con la sua bella moglie Niah in una casa modesta nei pressi del palazzo. Si svegliò e si sedette sul bordo del letto appoggiando gli avambracci sui ginocchi. La finestra era chiusa, ma aveva comunque freddo, le stelle formicolavano nel cielo freddo e nero.
"Cosa c'è, Quis?" chiese con voce assonnata sua moglie.
"Non riesco a dormire" rispose semplicemente. Da quando era piccolo si svegliava sempre nel cuore della notte, senza alcun motivo apparente, allora aveva bisogno di fare una breve passeggiata per distendersi.
"Vuoi camminare? Nemmeno io ho sonno" disse Niah. Ovviamente non era vero, la sua voce impastata di sonno la tradiva. Senza rispondere Quis si infilò il mantello e aspettò che la sua bella moglie facesse lo stesso.
La notte era buia e silenziosa, gli unici rumori che rompevano l'assordante silenzio della valle erano il cinguettare degli uccelli che precedeva l'alba e il mormorare costante e onnipresente dell'acqua del torrente che scorreva sotto il ghiaccio. Niah raggiunse Quis che aveva iniziato a camminare lentamente lungo l'argine del fiume.
'Ma chi me l'ha fatto fare di sposare un sonnambulo come questo?' pensò mentre si accomiatava all'uomo dai capelli castani. Ogni cosa attorno a loro era avvolta nella neve, ogni tanto si scorgeva qualche pozza di acqua corrente sotto lo spesso strato di ghiaccio che ricopriva il fiume.
"Sai, Niah" la chiamò Quis mentre camminavano.
"Si?" chiese lei prendendolo sottobraccio, sentiva la neve fredda sotto le sue scarpe di cuoio.
"Se mai dovessi...Sì ecco...Andarmene..."
"Senti, capisco che è notte fonda ma questi non sono discorsi da fare, Quis!" lo rimproverò la donna dalla carnagione olivastra e i ricci neri che proveniva dalle assolate terre del Sud. Non era , infatti, il suo un nome così dolce e musicale, formato da poche lettere, raro nelle gelide lande nordiche?
"Se mai dovessi morire..." continuò interdetto Quis.
"Voglio che tu, o qualcuno che conosco mi seppellisca qui, in questo preciso punto" i suoi passi silenziosi facevano scricchiolare la neve ogni volta che vi si appoggiava , il cielo era trapuntato di stelle che andavano sbiadendosi.
"E come mai?" domandò Niah perplessa.
"Perchè è qui che voglio restare in eterno, a sentire per sempre le storie che mormora il fiume e il canto soave degli uccelli, voglio restare per sempre a vedere albe e tramonti meravigliosi che incendiano il cielo e l'acqua coi colori del sole, rimanere qui a guardare i raggi solari che si infrangono sulla neve in una cascata di cristalli luminosi, voglio rimanere a guardare le persone e i loro pensieri che passano su questo argine. Voglio che qui sia la mia tomba anche quando non ci sarà più nessuna memoria disposta a ricordarmi, nessuna mente per serbare quello sbiadito ricordo che resterà di me. Voglio morire qui" concluse con voce distante. Niah sospirò alzando gli occhi al cielo, pensò che suo marito fosse diventato troppo romantico.
Improvvisamente una voce estranea che Niah non conosceva le gelò il sangue nelle vene, per un attimo il suo cuore si fermò.
"Accontentato" il gelido responso calò come una ghigliottina, cinque orrende sillabe che Niah avrebbe ricordato per tutta la sua vita, soprattutto perchè precedettero un orrendo urlo che squarciò il silenzio della notte, come un coltellaccio squarcia barbaramente un fine broccato, facendo alzare in volo uno stormo di spaventate cornacchie.
Jacqueline si svegliò improvvisamente, le sembrava di aver sentito qualcuno urlare. Pensò di aver sognato.
Improvvisamente Thomas aprì la porta della sua stanza, tremava e ansimava.
"Hai di nuovo avuto un incubo?" chiese Jacqueline, il ragazzo scosse il capo rilassandosi.
"No, ho solo...Ho solo sentito qualcuno urlare e avevo paura che fossi tu, perciò sono corso qui" rispose tutto d'un fiato.
"L'hai sentito anche tu?" I loro sguardi si cercarono allarmati, le loro pupille sbarrate parlarono per le loro labbra: dov'erano Henry, Elija e Jona?
Jacqueline prese un mantello al volo, infilò gli stivali e corse all'aperto insieme a Thomas. Il cortile del palazzo era colmo di guardie agitate che correvano qua e là. Correndo per il palazzo si trovarono nella sala del trono. La Regina Delle Nevi si trovava in piedi al centro della navata. Misurava il tappeto rosso con lunghe falcate, quando li sentì arrivare si voltò verso di loro con la paura negli occhi, aprì la bocca per dire qualcosa, ma Remider irruppe nella stanza.
"Mia signora! Hanno ucciso un uomo!" urlò il capo delle guardie, la Regina rimase pietrificata, era scioccata a tal punto che non ricordò a Remider di non chiamarla 'mia signora'.
"Nel mio regno non si uccidono uomini da secoli ormai..." sussurrò con voce strozzata, presero a tremarle le mani, i suoi occhi si riempirono di nero terrore.
Thomas e Jacqueline si scusarono con loro e corsero a cercare i loro amici nel piazzale del palazzo. Ogni volta che l'artefice del fuoco guardava la sovrana si rendeva conto di quanto fossero simili, stesso naso alla francese, stesse guance rosate, lo stesso portamento regale. Si disse che doveva farle alcune domande. Thomas si fermò di colpo, Jacqueline sbattè il naso contro la sua alta schiena e per poco non cadde a terra.
Le rassicuranti voci di Henry e Jona risuonarono nel corridoio, Jacqueline si sentì colmare il cuore di sollievo, il peso dell'angoscia si sollevò dal suo petto.
"Chiamate le vostre armi e andiamo" decretò Jona, senza tante cerimonie.
"Dove?" chiese Thomas un po' perplesso.
"A cercare Elija" le parole dure dell'artefice dell'aria caddero su di loro come pietre prima che lei si voltasse e si dirigesse decisa verso il cortile.
Jacqueline corse dietro di lei, Thomas ed Henry le seguirono a ruota, chiamarono le loro armi e scesero frettolosamente le scale scivolose del castello. Il cortile del palazzo era molto spazioso, cinto da loggiati di pietra abbracciati da edera ghiacciata. Jona correva come una scheggia impazzita, brandiva il coltello bianco contro chiunque chiedendo se avessero visto passare un uomo vestito di verde e minacciando di porre fine alla loro vita se avessero osato mentirle. Lo sguardo dell'artefice dell'aria frugava furiosamente intorno alla ricerca di qualche indizio.
Gli altri se ne stavano in disparte, testimoni di una disperazione ancora repressa e non del tutto manifesta, a masticare neri pensieri a cui nessuno osava dare voce.