Una leggenda giapponese narra che l'anima di ognuno di noi è legata ad un'altra anima da un filo rosso, ciò significa che ognuno di noi ha un'anima gemella, soltanto che quest'ultima potrebbe trovarsi anche ad uno oceano di distanza fra di noi oppure, nei casi più fortunati, potrebbe trovarsi a pochi metri dal nostro giardino.
L'anima gemella non è obbligatoriamente l'amore della tua vita, potrebbe anche essere un'amica o un amico, nel mio caso ad esempio la mia anima gemella è Blake Wood, il mio migliore amico, nonché vicino di casa.
La nostra amicizia è nata quando all'età di tre anni Blake si è trasferito nella casa di fianco la mia, i miei due papà, essendo fin troppo amichevoli e socievoli soprattutto con il vicinato, strinsero presto amicizia con la madre e il padre di Blake, di conseguenza io e lui ci ritrovavamo a giocare quasi tutti i pomeriggi nel mio giardino o nel suo.
Non è stato difficile fare amicizia con Blake, era un po' dispettoso alle volte, come tanti altri maschi della sua età, tuttavia era sempre pronto a difendermi, perfino dalle mie cadute imbranate e imbarazzanti.
Eravamo già grandi amici in tenera età, ma il nostro legame si è consolidato quando il padre di Blake ha abbandonato la sua famiglia poiché ne stava costruendo un'altra.
Blake aveva soltanto sette anni. Fu deludente per il mio amico vedere suo padre essere felice insieme ad un'altra donna, però con gli anni si abituò e accettò la sua grande famiglia allargata.
Anche sua madre si risposò, ed ebbe altri due bambini, due gemelli, Diana e Leon due piccole pesti che hanno distrutto la quiete in casa Wood.
Io invece mi chiamo Clary, diminutivo di Clarissa, Jansen. Chiunque mi conosca bene sa perfettamente che nessuno deve osare chiamarmi con il mio nome completo. Ahimè i miei due papà decisero di onorare mia nonna, ovvero la mamma di mio padre Michel, deceduta quando lui era ancora un bambino.
Mio padre Steve non era particolarmente d'accordo perché anche lui detesta questo nome, ragion per cui quando venni al mondo per portare gioia nella loro vita, Steve mi registrò all'anagrafe come Clarissa Suzanne Jansen.
A differenza di Blake ho vissuto un'infanzia serena e felice, i miei genitori mi hanno riempita di amore e affetto, malgrado fossero molto giovani quando decisero di prendersi cura di me. Mio padre Steve aveva appena compiuto vent'anni mentre mio padre Michel ne aveva diciannove.
Decisero di adottarmi poiché desideravano avere un figlio e colsero l'occasione quando Erin, ovvero la mia mamma biologica, rimase incinta di me. Erin è la sorella minore di Steve, aveva sedici anni quando scoprì di aspettare me, i miei due papà si erano appena sposati a Las Vegas e, dato che zia Erin non si sentiva pronta a diventare madre, decise di lasciare a loro la mia tutela.
Non ho mai biasimato mia madre per avermi lasciata andare, mi ha lasciato alle cure di due genitori affettuosi. È stata sempre presente nella mia vita, almeno lo è stata nelle grandi occasioni e nei giorni di festa. Non ho una famiglia convenzionale, come quelle che si vedono in televisione durante la pubblicità, però sono felice che sia così poiché non riesco a immaginare una vita senza i miei due papà.
Ammetto però che non è sempre stato tutto rose e fiori, ho avuto delle piccole crisi di esistenzialismo alle scuole medie, poiché molti dei miei compagni di classe deridevano me e i miei genitori. Ero l'unica bambina in classe ad avere due papà e perfino alcuni genitori non erano d'accordo a far giocare me con i loro figli.
A me però non importava se un branco di ragazzini cresciuti da dei bifolchi non giocavano insieme a me, poiché al mio fianco avevo Blake e lui aveva me. Gli anni delle medie sono stati i più divertenti, non eravamo esattamente degli angioletti, infatti Blake fu perfino bocciato, è più grande di me di un anno, ma nell'anno in cui io frequentavo la sesta classe e lui la prima media venne espulso per uno scherzo fatto all'insegnante e così l'anno successivo ci ritrovammo compagni di banco. E fu così anche per gli anni avvenire.
Blake era un bambino incline agli scherzi, i quali però avevano sempre esiti negativi e pericolosi. Rammento che una volta riuscì a convincermi a riempire di uova rotte la scrivania della preside, durante l'ora di pranzo, quella volta fummo fortunati poiché nessuno ci vide, ma la preside quella volta annullò il ballo d'inverno delle scuole medie.
Gli anni del liceo invece sono stati i più belli della nostra vita e proprio oggi abbiamo detto addio a quei giorni di pura spensieratezza, poiché abbiamo preso il diploma ed ora ci attende il college. Non dimenticherò mai quelle notti passate a stare svegli, parlando del futuro che ci attendeva una volta terminato il liceo.
Il liceo è terminato e temo che tutto possa cambiare troppo drasticamente.
Questo giorno, se pur speciale, è intriso di malinconia. Questa è la nostra ultima notte che trascorreremo da adolescenti e, mentre guardo le stelle seduta sul tetto della casa di Blake, con lui al mio fianco, non riesco a fare a meno di provare già nostalgia di questo posto.
«Ripromettiamoci qui, davanti questa bottiglia di vodka, che qualsiasi cosa accada nelle nostre vite ci saremo l'uno per l'altro»
Afferma incurvando le labbra in un sorriso, il suo sorriso, quello che guardo da tutta una vita e che mi aiuta a superare ogni momento difficile.
«Tredici anni fa facevamo questa promessa accompagnati da una bottiglia di succo» Ironizzo io, bevendo un sorso di vodka per celare il mio malcontento.
Noi non cambieremo mai vero? Perché se proprio devo essere sincero, ho paura che il college possa cambiare del tutto le nostre vite» Mi rivela avvolgendo le sue braccia attorno alle sue gambe piegate.
Sento ad un tratto il suo sguardo preoccupato adagiarsi su di me. Ho le sue stesse paure, ma non voglio mostrarle poiché questa è la nostra notte magica da neodiplomati.
«Cosa potrà mai cambiare?» Gli domando retoricamente scrollando con noncuranza le spalle.
Lui concordando con me annuisce facendomi l'occhiolino e, con un leggero sorriso impertinente sulle labbra, mi porge la sua mano esortandomi ad alzarmi in piedi.
«Allora mia dolce Susie siamo d'accordo che niente e nessuno ci potrà mai dividere»
Dice con totale sicurezza, rubando dalle mie mani la bottiglia mezza vuota di Vodka.
«Esattamente» Esclamo io ridacchiando un po' su di giri a causa dell'alcool.
«Mi concedi un ballo?» Mi domanda in tono scherzoso, facendo perfino una riverenza in perfetto stile cavalleresco.
«Con piacere signore Wood»
Prendo la sua mano fra la mia e, continuando a ridere, ci muoviamo senza neanche la musica sopra il tetto di casa sua. Siamo in ritardo per una festa a casa di una nostra compagna di liceo però a nessuno dei due importa, questo è il nostro ultimo momento da ragazzini e desideriamo viverlo fino in fondo.
All'improvviso Blake si sofferma a guardarmi con aria triste, la fronte corrucciata e le labbra appena dischiuse.
Ci rendiamo conto che fare finta di nulla è alquanto inutile ragion per cui getto le braccia intorno al suo collo e lo stringo a me, mentre lui avvolge le sue mani intorno ai miei fianchi.
Ci abbracciamo teneramente consapevoli che crescere è inevitabile così come il cambiamento.
«Andremo al college insieme, quindi basta essere tristi» Mi rimprovera, malgrado abbia dato lui il via ai suoi condotti lacrimali.
«Sì, hai ragione. E poi quando qualcosa andrà storto verremo qui, come quando scappavamo dai nostri genitori» Gli suggerisco abbozzando un sorriso intriso di vecchi ricordi.
«Ci ritroveremo sempre» Mormora piano, scostando una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio.
«Sempre, promesso»