Mia nonna diceva sempre: "Qualsiasi problema si risolve, ma non cantare vittoria troppo presto".
Dopo l'intervista che è praticamente diventata virale su internet il mondo si è diviso in chi crede a tutta la storia che abbiamo raccontato e chi invece ci crede ancora una coppia.
Ma nel complesso la notizia è passata praticamente di moda. Per fortuna.
Dopo Dallas siamo stati a San Antonio e poi a Houston e Shawn ed io ci siamo comportati un po' freddamente in modo da far sembrare che tra di noi ci fosse solo un rapporto professionale.
Ma adesso che sono passati tre giorni da Houston e siamo finalmente arrivati a Tampa, sulla costa occidentale della Florida il nostro rapporto è tornato come prima e si è anche rafforzato.
«Oggi fa davvero troppo caldo» esclama Mike che si sventola con un vecchio giornale
Tampa è una città carinissima con un bellissimo lungo mare ed unisce la modernità ad aspetti più semplici ed antiquati...
Ma fa davvero troppo caldo qui.
Pensavamo di aver raggiunto le massime in California, ma a quanto pare la Florida è molto peggio.
«L'aria condizionata degli alberghi è una salvezza» commenta Andrew
Siamo appena entrati nell'hotel e ci siamo fermati nella hall per prendere le stanze.
Mi guardo intorno, è la cosa che faccio più spesso quando arrivo in un posto nuovo: questo albergo è diverso da qualsiasi altro in cui io sia stata in questo ultimo periodo.
Le pareti ed il pavimento sono fatti di legno ed ogni divanetto o poltroncina è fatta interamente in pelle, mentre ogni singolo soprammobile è fatto con cose simili ad ossa o a denti.
Non capisco questo arredamento e se devo essere sincera un po' mi mette i brividi, ma faccio finta di nulla e comincio a girare per la hall guardando i quadri alle pareti.
Anche i quadri sono inquietanti: con scheletri e animali della savana e ammetto che la cosa mi preoccupa un pochino, ma provo a far finta di nulla e cerco di rilassarmi.
Poco lontano da me Shawn parla a telefono con la sua famiglia.
Lo fisso mentre cammina in circolo con il telefono poggiato all'orecchio: ascolta parlare qualcuno ed ogni tanto sorride come se la persona all'altro capo del telefono potesse vederlo.
«Domani ci saranno delle premiazioni a Miami» dice il ragazzo al telefono «sono in quattro categorie e spero di riuscire a portarmi qualcosa a casa»
Già, i Billboard.
A Miami, domani sera, faranno le premiazioni e Shawn è stato candidato per: miglior voce maschile, miglior performance dal vivo, miglior video musicale e miglior cantante esordiente.
Una gran figata considerando che ha solo diciotto anni.
Peccato che questa sarà un'altra cosa che vedrò solo indirettamente tramite la televisione: solo Andrew accompagnerà il cantante mentre noi altri ci troveremo in giro per Miami.
Continuo a camminare per la hall godendomi il fresco dell'aria condizionata e guardando gli altri che discutono animatamente davanti la reception.
«Questo posto mette i brividi» commenta Shawn che chiusa la telefonata mi si è avvicinato
Annuisco «È inquietante» affermo
Mi giro a guardarlo: è visibilmente stanco e con le premiazioni di domani so per certo che è anche nervoso.
Sotto i suoi occhi marroni due grandi segni scuri si stagliano, ma apparte questo è sempre il solito bellissimo ragazzo.
Nemmeno le occhiaie lo rendono meno bello.
«Sei emozionato per domani?» gli domando per continuare la nostra conversazione
Shawn mi guarda e sospira «Si, abbastanza» risponde «sono uno dei più giovani e devo essere all'altezza»
«Oppure puoi comportarti come un ragazzo normale e goderti una serata speciale per te» commento «non devi essere sempre all'altezza di qualcosa, Shawn»
Il ragazzo mi guarda colpito e poi sfoggia un grosso sorriso, sta per dirmi qualcosa ma alla fine...
«NO» la voce di mio cugino alla reception si è sentita in tutto l'albergo «NO, NO, NO non va assolutamente bene»
Io e Shawn ci guardiamo confusi entrambi per un attimo prima di avvicinarci.
«Ed adesso cosa facciamo?» commenta Geoff
«Che sta succedendo?» chiede Shawn per entrambi
Andrew sospira prima di darci una risposta «non hanno abbastanza stanze per tutti, c'è stato un errore con la prenotazione ed adesso invece di avere stanze per ognuno di noi ne abbiamo tre da condividere»
Oh.
«Beh, non è un problema così grande» commenta il ragazzo al mio fianco «dividiamo le stanze»
«Da quante persone sono le stanze?» domando io alla receptionist
La donna dai capelli rossi guarda sul computer «Tre, due e quattro»
«Bene, allora Logan, Jake e Dave vanno nella tripla, io ed Alex nella doppia ed Andrew, Geoff, Mike e Kristan nella quadrupla» afferma Shawn
Lo guardo scioccata, ha detto "io ed Alex nella doppia"? Ma è impazzito?
«No, assolutamente no» si intromette mio cugino «sei pazzo se credi che ti lascerò da solo in camera con mia cugina»
«Beh, hai un'idea migliore?» commenta il ragazzo
«Tu, io, Alex e Kristan ci prendiamo la quadrupla e Geoff e Mike prendono la doppia» afferma Andrew
Beh, molto meglio.
Dopo tutto quello che è successo dividere la stanza con Shawn non ci aiuterà a farci uscire da questa scomoda situazione.
«Per me è ok» commenta Dave gli altri annuiscono
«Ok, facciamo così» commenta Shawn al mio fianco prima di farsi dare la chiave e cominciare a salire, nella sua voce e nei suoi gesti ho sentito un po' di amarezza.
La maggior parte lo segue, ma io resto immobile a pensare a quanto siano assurdi i casi della vita.
Solo una settimana fa il mondo credeva in una nostra relazione ed adesso siamo finiti a condividere la camera.
E se qualcuno lo scoprisse? Saremo nuovamente punto e accapo.
Andrew mi spintona leggermente facendomi tornare con i piedi per terra.
«Andiamo?» mi domanda «voglio prendere il letto più morbido»
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Tampa vista di notte è una delle cose più belle che io abbia visto durante questo viaggio...
Andrew e Shawn sono all'arena per il concerto.
Ed io e Kristan siamo in albergo.
Abbiamo guardato un film ed alla fine lei si è addormentata...
Sono le 23:20 ed io mi trovo seduta per terra fuori al balcone della nostra stanza a guardare la città sotto di me.
Fisso le luci dei grattacieli riflettersi nell'acqua vicino il lungomare.
Guardo le coppiette camminare sui marciapiedi tenendosi per mano e mi godo quel po' di venticello serale.
Penso. Penso alla mia famiglia e penso a quanto tempo è passato da quando abbiamo cominciato questa avventura ed al fatto che non manca ancora molto prima che finisca.
Le cose che abbiamo affrontato fino ad ora sembrano così poche ma allo stesso tempo è così tanto.
«Cosa fai qui fuori?»
Una voce molto familiare mi fa letteralmente saltare e mi giro per poi ritrovarmi Shawn appoggiato allo stipite della porta a vetri.
Il concerto sarà finito e sono tornati, ma non me ne sono resa conto per via della mia solita testa tra le nuvole.
Guardo il ragazzo che ancora sudato indossa una camicia rossa leggera con le maniche corte e dei jeans stretti neri.
Io in confronto a lui sembro una barbona per via del mio look: pantaloncini larghi ed una vecchia maglietta di mio padre con scritto: "scusate ragazzi ma sono qui solo per l'alcol".
Il moro si passa una mano tra i capelli che, da quando l'ho conosciuto, sono cresciuti molto infatti cominciano a crearsi tanti piccoli ricciolini adorabili.
Shawn comincia a venire verso di me ed aspetto che si segga anche lui a terra nella stessa posizione in cui mi trovo io.
Per qualche ragione so che si siederà qui fuori con me.
Lo so perché l'ho capito nel momento in cui ci siamo guardati e lui ha cominciato a raggiungermi.
«Dov'è Andrew?» gli chiedo quando si è perfettamente sistemato vicino a me ed anche lui comincia a guardarsi intorno
Il ragazzo fa un bel respiro «Lui e Geoff sono andati nel miglior ristorante di sushi di Tampa» mi spiega
Annuisco non sapendo bene che dire e torno a concentrarmi sulla vista fuori dal balcone: una ciocca che avevo sistemato dietro l'orecchio mi cade sul viso, ma non la risistemo perché so che cadrà ancora.
Alcune cose sono inutili da sistemare se poi torneranno comunque sempre nella loro situazione iniziale.
Il ragazzo al mio fianco alza lo sguardo per vedere il cielo sopra di lui.
Restiamo in silenzio perché ci sembra inutile riempire quel momento rilassante in cui si sente un po' di vento che ci rinfresca e nessun rumore intorno se non le persone nella città sotto di noi.
Shawn fa un forte sospiro che mi costringe a farmi girare nella sua direzione.
Lo guardo: lui non si accorge di me e continua a fissare il cielo.
Lo imito giusto per capire cosa c'è da fissare così intensamente.
Il blu sopra di noi è coperto da alcune nuvole e per via della luce proveniente dagli altri edifici di stelle se ne vedono poche...
A volte mi chiedo quante stelle vedremo se spegnessimo un'intera città...
Shawn sospira di nuovo, mi giro a guardarlo nuovamente: stavolta si guarda le mani.
Fisso le sue mani grandi e forti, che nonostante la loro grandezza sembrano così dolci.
Guardo il piccolo anellino di metallo che porta al dito ed infine sposto gli occhi sul suo viso, sembra cupo.
«Che succede?» spezzo il silenzio
Il moro tira su la testa come se si fosse ricordato solo in quel momento che c'ero anche io vicino a lui.
«Non penso capiresti» è tutto ciò che mi dice
Accenno un leggero sorriso: quando i miei si separarono ed a scuola cominciarono a fare domande il mio "non penso capiresti" era fisso.
È un modo per proteggersi dire "non penso capiresti", paura di dover affrontare i propri sentimenti e la paura di mostrarsi vulnerabili.
Non puoi sapere se l'altro effettivamente non capisce se non provi nemmeno a spiegarlo.
Cambio posizione: mi giro in modo tale che l'unica che io possa vedere sia lui e nient'altro che lui, poi incrocio le gambe e finalmente quella ciocca di capelli fastidiosa che mi era caduta sul viso la risistemo veloce dietro l'orecchio.
«Prova a spiegarmi» gli chiedo
Il ragazzo alza di nuovo la testa dalle sue mani per tornare a guardarmi.
Mi guarda negli occhi come se dentro potesse trovare la risposta a tutti i suoi problemi, dall'espressione sul suo viso mi sembra abbia acquistato un po' di sicurezza per cominciare a parlarmi.
Non distolgo lo sguardo dai suoi occhi pieni di vita anche se sento un leggero imbarazzo farsi spazio dentro me. Se continuo a guardarlo so che si sentirà ancora più sicuro.
«A volte» comincia «mi manca la normalità»
Lo guardo senza dirgli nulla.
«Non fraintendermi mi piace ciò che faccio: la musica è tutta la mia vita, ma ho diciotto anni e mi mancano le cose normali che fanno tutti i ragazzi» continua
«L'ultimo appuntamento che ho avuto con una ragazza è stato quando avevo sedici anni, non esco con gli amici da quattro mesi e penso al fatto che tutti quanti andranno al college mentre io seguirò dei corsi online, se riuscirò a seguirli»
«Amo la vita che sto facendo, le persone che sto conoscendo, ma a volte anche le piccole cose quotidiane sono importanti» conclude
Continuo a guardarlo: fisso il modo in cui gioca con l'anellino
«Ti ricordi quando stamattina ti ho detto che non devi essere sempre all'altezza delle cose?» gli domando
Il moro mi guarda e poi fa un leggero cenno di assenso con la testa.
«Anche per il tuo lavoro deve essere così» affermo «non dico che devi smettere di lavorare e tornare a fare il normale diciottenne. Ma magari a volte puoi stravolgere le cose: puoi essere un po' ribelle e invitare una ragazza ad uscire e puoi andare a ballare in discoteca o fare un giro con gli amici»
«Nessuno dice che sei sempre costretto a lavorare» aggiungo
Il ragazzo non ha distolto lo sguardo da me nemmeno per un secondo...
Quella ciocca di capelli mi ricade in faccia coprendomi gli occhi: la sposto velocemente perché non voglio perdere il contatto visivo che ho con Shawn.
«Qualche volta puoi rompere le regole» è l'ultima cosa che gli dico
Shawn mi sorride e non c'è bisogno che mi risponda, basta quel sorriso per farmi capire che sono riuscita nel mio piccolo a tirarlo un po' su di morale.
Il suo sorriso involontariamente mi contagia e così lo imito.
«Dai forza, vieni qui» gli dico allargando le braccia
Lui non se lo fa ripetere due volte e viene a prendersi il suo abbraccio.
Lo stringo a me il più forte che posso, sento il suo mento fare pressione sulla mia spalla e le sue mani forti che, sapevo fossero anche dolci, circondarmi i fianchi.
Ultimamente capita spesso di abbracciarci.
Forse perché sembra ad entrambi di trovare un pezzo di casa nelle braccia dell'altro.
O solo perché abbiamo bisogno di questi contatti.
Gli stringo le braccia al collo ed una mia mano finisce involontariamente per toccargli i capelli ancora fradici di sudore.
Non c'è nulla di malizioso nel mio gesto, anzi la trovo una cosa quasi fraterna.
Farei lo stesso se abbracciassi Adam.
Ci stacchiamo e la mia ciocca di capelli, sempre la stessa, mi cade di nuovo sul viso.
Comincio ad alzare la mano per portarla su quei capelli e spingerli all'indietro, ma Shawn mi precede e con un tocco impercettibile e delicato prende quei capelli e li sistema dietro il mio orecchio.
Le dita mi sfiorano la parte posteriore dell'orecchio e il pollice mi tocca la guancia provocandomi numerosi brividi.
Ci guardiamo insistentemente negli occhi, la mano di Shawn ancora ferma vicino al mio viso, ma senza toccarmi.
Vorrei spostare leggermente la testa per riuscire a poggiarla sulla sua mano e sentire quel contatto che mi fa venire i brividi, ma contemporaneamente sento così piacevole.
Siamo molto vicini e i nostri occhi non hanno smesso di guardarsi nemmeno per un secondo.
Shawn abbassa la mano, la mia ciocca di capelli si è definitivamente fermata dietro l'orecchio.
Avevo bisogno di lui perché si fermasse.
Certe cose hai bisogno le sistemino gli altri perché a quanto pare da sola non riesci.
Finisco per fissargli le labbra carnose.
Distolgo subito lo sguardo prima che lui possa rendersene conto...
Punto gli occhi sulla mascella ben definita, poi sulla minuscola cicatrice che ha sul viso quella che si fa coprire ogni giorno con il trucco anche se è quasi invisibile, mi soffermo un pochino sui ricciolini che gli cadono sulla fronte ed infine torno sugli occhi che però non guardano i miei...
Guardano quello che anche io poco prima stavo guardando di lui: le labbra.
Un brivido mi percorre lungo la schiena: non è successo niente, ma c'è qualcosa di strano nell'aria, qualcosa che può considerarsi quasi inverosimile.
I suoi occhi tornano nei miei: mi piacciono i suoi occhi, sono abbastanza espressivi da farmi capire tutto.
Adesso è come se mi stessero chiedendo il permesso di fare qualcosa di tremendamente sbagliato...
Il problema è che io voglio dargli questo permesso.
Mi sposto di qualche millimetro più avanti per fargli capire che il permesso è accordato.
Vedo Shawn fare lo stesso.
Qualcuno bussa alla porta però.
Io e Shawn ci riprendiamo, come se poco prima fossimo sotto effetto di una qualche strana magia e solo adesso ci fossimo resi conto di cosa stava accadendo.
«Deve essere Andrew» afferma il ragazzo facendo per alzarsi
Prima di andare ad aprire mi porge la mano che io stringo e così mi aiuta ad alzarmi.
Mi riscuoto leggermente e fisso la schiena di Shawn andare verso la porta per aprire a mio cugino...
Lo seguo dentro la stanza, ma prima come se fosse un gesto quasi automatico fisso la parete sopra i due letti matrimoniali che dobbiamo condividere per vedere il quadro che normalmente è sopra i letti.
Sogghigno dalla sorpresa.
Non c'è nessun quadro.
È la prima volta che in una stanza d'albergo non c'è un quadro sopra il letto.
Sembra strano: ma credo tanto nelle piccole cose e al fatto che, anche se indirettamente e senza un vero e proprio criterio, influenzano le azioni più grandi.
Questa stanza senza quadro in questo albergo così diverso da quelli in cui sono stata prima: quasi inquietante è la piccola cosa.
E quello che è successo fuori a quel balconcino e che probabilmente resterà su quel balconcino è la grande azione.
Mi tiro il lenzuolo e mi siedo sulla mia parte di letto.
Sorrido al pensiero di quello che c'è e non c'è stato.
Per qualsiasi cosa:
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