La mattina della partenza era cupa e nostalgica, il cielo sopra al campo d'addestramento era nero e carico di pioggia. Gli Angeli continuarono il loro addestramento e le loro tranquille chiacchierate, raccontandosi ogni genere di notizia. Clizia si era svegliata da un'ora nella piccola tenda rossa, aveva indossato il suo vestito lilla e il diadema d'argento. Electre la fece chiamare da un suo servitore e lei con passo spedito, si diresse verso la sua tenda. La giovane uscì dal suo rifugio e percorrendo la strada abbattuta dagli Angeli, la quale era circondata dalle tende blu, si diresse verso la sua Signora. La fanciulla si guardò intorno salutando alcune volte quei tranquilli esseri alati.
Electre le aveva insegnato ogni genere di comportamento e saluto alla presenza dei piumati e molto spesso gli Angeli maschili la invitavano a chiacchierare. Il diadema in argento identificava il suo ruolo e gli esseri dalle ali sgargianti capirono che Clizia poteva essere rispettata come un'innocua creatura.
Quando la ragazza arrivò nella tenda bianca di Electre, entrò delicatamente salutando con rispetto Fulvio. L'uomo era seduto su una sedia mentre leggeva un libro, il marito di Electre le fece un cenno con il capo per salutarla e tornò alla sua lettura. Bastarono pochi minuti e il telo che permetteva l'accesso della tenda si spostò, facendo entrare la sua padrona. Electre canticchiò arrotolando una pergamena, alzò lo sguardo e notò Clizia, si avvicinò e le sorrise. La giovane posò le mani sull'addome e fece una piccola riverenza, l'Angelo della Sapienza le posò una mano sulla spalla e parlò con dolcezza.
Electre – Sono contenta che sei arrivata puntuale al nostro incontro. Ti ho fatta chiamare perché volevo parlarti.
La donna dai capelli corti e ricci si avvicinò al tavolo al centro della tenda e posò la pergamena su di esso. Sul mobile c'erano vari oggetti, come: libri, pergamene, piume e boccette d'inchiostro. Su un angolo del tavolo c'era qualcosa di lungo e pesante, coperto da un telo rosso. Electre fissò l'oggetto e lo prese, Clizia si avvicinò lentamente guardando la donna.
Clizia –Su cosa?
La donna chiuse gli occhi neri e strinse l'oggetto mostrandolo. L'Angelo aveva una tunica bianca con un simbolo d'oro sul petto, la quale le arrivava alle ginocchia. I pantaloni a sbuffò erano marroni e attorno al collo aveva delle collane.
Electre – Come sai ti ho istruita su tutto ciò che poteva servirti. Ti ho spiegato: la nostra Dimensione Sinora, le tre principali gerarchie, le regole, l'addestramento con le armi bianche e ovviamente su Erastos.
La ragazza socchiuse gli occhi color miele e aprì leggermente la bocca, Electre aprì gli occhi mostrando le sottili rughe, Fulvio le ascoltò senza dir nulla.
Electre – Voglio che tu prenda questa, lui... avrebbe voluto che possedessi la sua spada.
L'Angelo spostò il tessuto e mostrò l'arma, il fodero nero era legato con una cintura in pelle, mentre il manico d'argento era impreziosito con delle piccole pietre blu. Clizia deglutì e sfiorò con le dita l'arma, i suoi occhi iniziarono a diventar lucidi.
Clizia – Io... non posso accettarla... voi...
Electre scosse la testa e continuò a sorriderle, gli occhi neri erano malinconici per il ricordo di Erastos.
Electre – Io non posso tenerla, Clizia. Questa spada viene tramandata di generazioni in generazioni.
Clizia – Ma sono una donna... io... -voce tremante – lui... non avrebbe voluto... lui... - deglutì.
Electre posò una mano sulla spalla di Clizia, le spalle della ragazza tremarono mentre era sbiancata per l'emozione.
Electre – Lui sarebbe stato orgoglioso di te. Venire qui, dopotutto quello che ti è successo non è da poco, hai affrontato le tue paure e hai capito il tuo ruolo. Inoltre per noi non c'entra nulla se sei donna o uomo, ogni creatura del nostro mondo può possedere un'arma. A differenza degli umani, noi la vediamo in modo diverso.
Clizia guardò la donna e si morse un labbro, Electre le accarezzò il volto come una madre fa con la propria figlia. La giovane annuì e ringraziò a bassa voce Electre, poi prese con le mani la spada, facendo cadere il telo che la copriva, legò la cintura in pelle attorno alla vita e sospirò. Electre incrociò le braccia e guardò suo marito, Fulvio aveva ascoltato ogni singola parola.
Electre – Mio diletto hai preparato le provviste per il viaggio?
Fulvio alzò lo sguardo dal libro e annuì, mise un dito tra le pagine e parlò con dolcezza. L'uomo indossava una tunica marrone e dei pantaloni in seta con delle stampe a fiori.
Fulvio – Sì, mia Signora. Stavo pensando... credete che il Generale Varsos possa trattar bene la giovane? Non vorrei mai che possa turbarla e...
Clizia alzò un sopracciglio non capendo cosa volesse dir Fulvio.
Clizia – Turbarmi? Cosa c'entra con...
Electre mostrò le mani a suo marito e parlò con calma.
Electre – Fidati mio diletto, il Generale Varsos è buono e compressibile con chiunque, non c'è persona migliore di lui. Appena Clizia lo vedrà nella sua dimora, capirà tutto.
Clizia – Capire cosa?
Electre mostrò l'indice e sorrise alla ragazza.
Electre – Tutto a tempo debito, Clizia. Appena giungerai nella tua antica dimora, chiedi al Generale di mandarmi un messaggero. D'accordo?
Clizia – Sì. Ma...
Electre mostrò la mano per farla tacere, Clizia obbedì e guardò la donna. L'Angelo sospirò e chiuse gli occhi, le sue mani si mossero indicando un compito importante per la giovane.
Electre – Prima che partiate devi recarti da Macaone, l'Angelo dell'Invenzione. Lui ti darà un oggetto utile per il vostro viaggio. Recati nella sua tenda e digli che ti ho mandato io, lui capirà.
La giovane annuì e uscì dalla tenda bianca, la donna dalla pelle scura la osservò con preoccupazione, Fulvio si alzò dal suo posto e si avvicinò alla moglie. L'uomo posò una mano sulla spalla della sua compagna e le sussurrò qualcosa per alleviare il suo dolore. La ragazza si diresse verso la tenda azzurra dell'Angelo, attorno a lei c'erano le tende degli artigiani e dei Cavalieri alati. Quando arrivò di fronte alla tenda di Macaone restò ferma per alcuni secondi, poi spostò il telo di lino dell'entrata ed entrò. L'interno della tenda era a forma ottagonale, al centro di essa c'erano due tavoli, uno piccolo dov'erano appoggiati alcuni libri e mappe, mentre l'altro era grande. Il tavolone era colmo di vari strumenti, come: metri di legno, ampolle d'argilla, bussole, piccoli e grandi goniometri, pezzi di ferro e di legno di varie forme, due compassi e varie piume con i propri calami. La giovane notò anche due telescopi puntati verso ad una piccola finestrella che permetteva di fissar le stelle durante la notte. Sulle pareti c'erano degli stendardi che rappresentavano la famiglia dell'Angelo. Il terreno era stato coperto con alcuni tappetti con delle figure geometriche. In un angolo della tenda c'era un piccolo letto e un comodino in legno, dove Macaone metteva tutto ciò che gli serviva per la notte. Clizia si avvicinò ad una sedia e notò le ampolle poste sul tavolone, la sua curiosità prese forma. Le sue orecchie udirono un fruscio causato dal telo dell'entrata, dei passi si avvicinarono verso di lei, la ragazza si voltò e salutò con una riverenza Macaone. L'Angelo le sorrise e posò un goniometro che aveva in mano sul piccolo tavolo. L'essere indossava una tunica verde con un grembiule di pelle, il quale era sporco di polvere e carbone come i guanti neri che aveva indosso. I suoi occhi turchesi erano coperti dagli enormi occhiali tondi da vista. Le ali color indaco erano chiuse e i ciuffi azzurri erano nascosti dal groviglio di capelli ambrati che lo rendevano così particolare.
Macaone – Fammi indovinare ti ha mandato Electre?
La giovane annuì con timidezza, l'Angelo sospirò e indicò con la mano una sedia vicino ai due tavoli.
Macaone – Siediti pure.
Clizia annuì e si sedette, Macaone si avvicinò al tavolone e spostò alcune ampolle di ceramica con la mano per avere un po' di spazio. Le sue mani sottili presero alcuni goniometri, misurando con estrema cura dei pezzi di legno posti sulla superficie.
Clizia – Electre mi ha detto che dovete darmi un oggetto.
Macaone mugugnò prendendo un'ampolla piena di mercurio, si toccò il mento ignorando la ragazza che stava parlando, i suoi occhi scivolarono su un metro.
Macaone – Ah. Sì.
Clizia non lo conosceva molto bene, ma Electre l'aveva informata che era un Angelo molto particolare.
Clizia – Mi scusi... mi sta ascoltando?
Macaone posò i vari strumenti sul tavolone di fronte a lui e appoggiò le mani sui fianchi. L'essere guardò la ragazza e si toccò la fronte. La sua voce nasale uscì così velocemente che la giovane non riuscì a stagli dietro.
Macaone – Ovvio! Anche se sistemo e manipolo ogni singolo oggetto, io ascolto le persone. Se ho qualcosa in mano, le ascolto molto bene. Sia io che la mia famiglia ascoltiamo ogni cosa, anche se siamo impegnati, ovviamente. Se poi siete strani non è causa nostra.
La ragazza era stranita, le sue mani si posarono sul bordo della sedia.
Clizia – Io... non volevo offenderla...
Macaone – Ho parlato di offese? Oh no, non era tua intenzione offendermi, lo so bene.
L'Angelo fece una piccola risata, Clizia lo guardò male e si toccò un braccio con la mano destra.
Macaone – Ma ovviamente non si può dire lo stesso sul tuo amico, quello di ieri.
Clizia – Dite... di Rubellius?
Macaone – Ovviamente. Basta vederlo con i propri occhi che quel demone è ignorante.
L'Angelo continuò a maneggiare i vari oggetti, la ragazza lo guardò con serietà, posando le mani sulle ginocchia.
Clizia – Non è stupido, Signore.
Macaone mugugnò fissando alcuni legnetti, prese un goniometro e misurò la loro superficie.
Macaone – Mia cara, sono secoli che noi Angeli cerchiamo di capire la loro natura, ma se ci pensi il loro intelletto è rimasto lo stesso. –Mugugnò - Anche se sono passati secoli e millenni, hanno l'intelligenza pari ad un mollusco. Hai mai visto un demone inventare o dedicarsi alla saggezza letteraria?
Clizia – Ma... non è colpa del loro animo se non agiscono subito nelle invenzioni, dopotutto sono istintivi.
La ragazza abbassò lo sguardo e pensò al demone, le sue guance diventarono rosse per l'emozione che nascondeva agli Angeli. Macaone si voltò e puntò un compasso verso Clizia.
Macaone – È vero sono istintivi, ma non c'è stato mai un demone che adottasse la scienza – enfatizzò l'ultima parola.
Clizia – Ed è un male?
Macaone accennò un sorriso e chiuse gli occhi, il suo corpo magro e slanciato si muoveva con gioia.
Macaone – No, poiché a loro non frega nulla di questa materia.
Clizia – Non sono d'accordo con lei, Macaone. Rubellius sa leggere e l'ho visto scrivere e dilettarsi in alcuni libri, lui sa...
Macaone – Lui sa l'arte della Magia Nera. Ma se lo metti a calcolare certe equazioni non saprebbe dove iniziare. Magia e scienza non devono essere confuse, mia cara.
L'Angelo le diede le spalle e continuò il suo lavoro manovrando goniometri e vari metri di legno.
Macaone – Devi sapere che le due materie esistono nello stesso piano dell'universo, ma sono distinte tra loro. La scienza porta ad ampliare la tua compressione e distrugge l'ignoranza. Essa è frutto della ricerca, la quale deve essere oggettiva e confutabile con l'ipotesi e le teorie. – Sospirò - Ma se la scienza non riesce a spiegare determinati fatti, di natura paranormale o "strani" ecco che interviene la Magia. La Magia sfrutta i riti e gli incantesimi, essa serve per dar potere agli oggetti, come la collana di Erastos. – Mugugnò – Ma può portare anche alla dannazione se si sfrutta troppo la sua virtù. Noi Angeli siamo fatti della stessa sostanza di entrambe le materie, solo che le distinguiamo. I demoni non lo fanno, usano la Magia e ne fanno ciò che vogliono.
Clizia – Capisco. Mi ricordo che anche Leopoldo Del Sarto ha detto le stesse parole che avete citato ora. Solo che... è stato condannato dai Sacerdoti Benedetti per le sue teorie, riguardo alla scienza.
Macaone – Leopoldo Del Sarto era un genio! – Alzò la mano – Un dannato genio!
L'Angelo si voltò posando il bacino sul bordo del tavolone, posò le mani giunte sul mento e sorrise con euforia.
Macaone – Le sue teorie erano precise, esatte, pure e si basavano su una ricerca oggettiva! Ma quegli stolti non credevano ad una sola parola, pensavano solo ad arricchire le loro tasche. Lui credeva in noi ma si sentiva oppresso da quegli stolti, io stesso intervenni ad un suo processo, difendendo le sue idee e teorie. Quando i Sacerdoti Benedetti mi videro a testimoniare, cambiarono idea e fu così che Leopoldo mostrò l'indicazione del pianeta viola e del vostro sistema solare.
Clizia lo guardò con stupore, l'Angelo rise e saltellando leggermente si rimise al suo lavoro. .
Macaone – Comunque non credo che Electre ti abbia mandato qui da me per le mie teorie, avevi detto che dovevo darti un oggetto? Bene!
L'Angelo si strofinò compulsivamente le mani e spostò i vari oggetti sul tavolone. Lui prese qualcosa sul tavolo e si voltò verso Clizia, sulla mano aveva un piccolo cubetto fatto d'argento. Il ragazzo si avvicinò e lo mostrò alla giovane.
Macaone – Questo mia cara, vi sarà molto utile quando tornerete a Callisto. È un congegno a pressione, la sua membrana trasparente è fatta con alghe ma all'interno contiene una sostanza magica.
L'Angelo diede il piccolo cubetto alla giovane, la ragazza lo sfiorò con le dita e fissò il ragazzo, Macaone la indicò con l'indice e l'avvertì.
Macaone – Ascoltami bene, Clizia. Questo oggetto va schiacciato soltanto una volta e devi definire la tua esatta posizione nella nostra lingua, hai capito?
Clizia – È un teletrasporto?
Macaone – Più o meno sì. Ne sto progettando altri. Vi servirà per ritornare a casa in un battibaleno.
La ragazza annuì e lo strinse piano, non voleva causare altri danni. Macaone la invitò ad alzarsi e a uscire dalla sua tenda.
Macaone – Vieni, ti accompagno da Electre. La tua mentore mi ha detto che fra poco dovrai partire.
La giovane lo ringraziò sottovoce e i due alla fine uscirono. Gli esseri camminarono per qualche minuto circondati dalle tende degli Angeli, finché non arrivarono alla tenda bianca di Electre. La donna li stava aspettando con trepidazione, di fronte a lei c'erano Fulke, Rubellius e Tenebris. Electre gli aveva fatti chiamare per la partenza. Rubellius stringeva le redini del suo cavallo, era teso e nervoso, la sua mano sinistra stava accarezzando il muso del suo destriero. Fulke salutò con la mano Clizia e incrociò le braccia, la giovane ricambiò e poi fissò il suo protettore. Electre si avvicinò a Clizia e le posò una mano sulla spalla, mentre Macaone si posizionò accanto a Fulvio. L'Angelo femminile dai capelli corti e ricci sorrise alla giovane, la sua mano scivolò sulla guancia della fanciulla.
Electre – Mi raccomando Clizia, stai lontana dai pericoli. Va bene?
Clizia si voltò verso Rubellius e si morse le labbra, poi guardò di nuovo Electre.
Clizia – Electre lui non è un pericolo... se pensi...
L'Angelo socchiuse gli occhi neri e posò le mani sulle spalle della ragazza, dando alcune volte delle occhiate severe al demone.
Electre – So cosa ti percuote, Clizia e non intendo che il pericolo sia lui. Ma sai ciò che comporta la tua vita e sai anche quali decisioni sono necessarie per le nostre leggi. Mi hai detto tutto ciò che volevi dirmi in questi giorni e fidati, certe cose sono visibili anche se tu non le dici. Ora va... e ricordati ciò che ti ho detto.
La ragazza abbassò lo sguardo e si morse le labbra, Electre le accarezzò il capo. La giovane annuì e fece qualche passo all'indietro, avvicinandosi ai suoi compagni. I due Angeli osservarono la fanciulla, Clizia parlò lentamente la lingua degli Angeli e con le mani premette il cubetto. Questo si ruppe e un fumo azzurro coprì completamente i viaggiatori. Due lampi uscirono dal fumo e dalla cupola, creando un boato. Electre aspettò con i suoi compagni il diradarsi del fumo e notò alla fine che i tre viaggiatori non c'erano più.