DOMENICA 3 NOVEMBRE
Ero seduta sul mio letto che canticchiavo una canzone. Mi mancava mettermi le cuffie e isolarmi dal mondo, mi mancava poter chiudere gli occhi e dimenticarmi dei miei problemi.
Poter stare nella mia pace anche solo per qualche minuto senza pensare a nulla, con la mente completamente vuota e quell'adrenalina che solo pochi possono comprendere.
Le notti diventavano più pesanti da affrontare; ore insonni a fissare il soffitto senza un reale pensiero per la testa ma solo una vaga confusione di domande senza risposte. I pomeriggi solitari senza alcun tipo di compagnia per il semplice fatto che rifiutavo tutte le visite. Il fatto era che non volevo nessuno, non volevo più guardare tutte quelle persone negli occhi e parlare come facevo prima perchè non era più così.
E anche se sapevo che questo era un enorme passo indietro al mio percorso di cura, io non ci riuscivo più.
Era come se una parte di me non volesse guarire da questa specie di "malattia". Come se si fosse arresa a stare male, alle lacrime e al dolore. Come se senza tutto questo io non fossi me stessa. Perchè ora ero totalmente un'altra persona, cambiata, diversa, ma soprattutto ancora più debole.
E se prima affondavo cercando di stare a galla, ora ero io stessa a nuotare verso il fondo.
Come se una parte di me si fosse stancata di cercare di essere forte, perchè non tutti nascono con questa dote e non potevo cercare di essere qualcuno che non ero. Io non ero forte.
<Arianna, iniziamo?>
Chiese lo psicologo. Annuii ed uscii dalla mia stanza accompagnata da lui.
Come sempre mi sedetti sulla solita poltrona e mi guardai attorno.
<Come vanno le cose?>
Io <Nulla di particolare.>
<Ho sentito che non vuoi far entrare nessuno, per quale motivo?>
Io <Non voglio vedere nessuno, non c'è per forza una risposta.>
<Arianna, lo sappiamo entrambi e tu meglio di me che non è così. Cos'è successo?>
Abbassai lo sguardo e presi un respiro per poi rialzarlo contro il suo e avvicinare il viso lentamente.
Io <Non è successo niente di particolare.>
<Questo potrebbe essere un male per te e per la tua salute, lo sai?>
Io <Lo capirei se solo sapessi quale sia il male.>
<Arianna ragiona. Parlarmi ti farà bene, non farlo ti farà male.>
Forse era questo il punto. Forse quella parte avrebbe vinto ancora. Così sigillai le labbra, come avevo fatto all'inizio.
Era solo l'inizio. L'inizio della fine. L'inizio della mia ricaduta, l'inizio del ritorno dentro la mia fossa.
Ma chi mi avrebbe fermata questa volta?
L'ultima volta mi ero fatta aiutare, ma adesso? Qualcuno sarebbe riuscito a sconfiggere la mia testardaggine o avrebbero lasciato perdere?
E non sapevo il perchè dentro di me mi sentissi così libera dopo tanto tempo, un sorriso consapevole e una mente ormai distrutta dal tempo e da ogni singola cosa che mi era capitata in pochi anni.
Mi sarei mai aspettata tutto questo?
Di trovarmi in un ospedale con la voglia di vivere sotto lo zero e con il conto alla rovescia della mia fine attivo?
Come una catena, da una cosa banale ne erano partite altre mille peggiori.
Non avevo mollato, mollare è diverso. Mollare significa abbandonare tutto e cadere in basso.
Io stavo andando avanti, solo che avevo cambiato via, stavo andando dalla parte opposta alla felicità. Ma a chi sarebbe interessato?
Lo psicologo continuava a fissarmi con un briciolo di compassione e tristezza negli occhi.
<Tutto ciò che ti ho detto, la storia di mia moglie... che fine hanno fatto?>
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Di nuovo nella mia stanza, una volta che la cameriera chiuse la porta il sorriso soddisfatto che avevo in volto si spense e l'unica cosa che potevo percepire era l'umido delle lacrime sulle guance.
Questa era l'ultima possibilità che avevo per cambiare la mia scelta. E forse un po' di speranza c'era, solo che era troppo poca al momento.
Chiusi gli occhi e mi resi conto che tutto ciò che stava per accadere non sarebbe stato nulla di buono, mi resi conto che la fine che avrei fatto sarebbe diventata realtà. Tutto si mischiò alla paura, l'ultima parte che mi faceva sentire ancora viva.
Durò tutto poco, le lacrime, I singhiozzi, I tremolii, la sofferenza... solo qualche minuto.
Poi anche l'ultima parte di me che poteva ribaltare la mia scelta si spense. Le lacrime cessarono ed il respiro tornò regolare. Fissavo un punto davanti a me nel buio totale con la sola luce fioca della luna ad illuminare di poco la stanza.
E dentro di me l'unica cosa che potevo sentire era il vuoto. Un enorme e spoglio vuoto.
Il vuoto che mi fece capire che dentro ero già morta in qualche modo. Il vuoto che mi fece capire che ormai la scelta era presa e non potevo tornare indietro. Il vuoto che mi avrebbe condotta al nulla.