Adamas

By Little57

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I nostri Dei sono protettori e magnanimi. Stringono una penna d'oca in mano e quando tu commenti uno sbaglio... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Capitolo 75
Capitolo 76
Capitolo 77
Capitolo 78
Capitolo 79
Capitolo 80
Capitolo 81
Capitolo 82
Epilogo
Nota Autrice
Sequel

Capitolo 25

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By Little57

Aveva ordinato un Martini, non ne aveva mai assaggiato uno, ma al momento di ordinare fu l'unico a venirle in mente. Sentiva sguardi sulle spalle nude, sguardi sui capelli acconciati in larghe onde ricadenti sulle spalle, li sentiva sulle gambe accavallate e sul petto, li sentiva sulle sue mani e.. sulla sua borsetta.

-Fanne due.- disse una voce alle sue spalle. Non era sicura che fosse rivolto al suo ordine ma lo seprò, perché non avrebbe retto per molto quegli sguardi su di se, inoltre prima si concludeva meglio era. Qualcuno esaudì i suoi desideri perché affianco a lei un uomo si appoggiò al bancone guardandola con un sorriso. Aveva già visto quel volto in foto, nelle foto che era stato Cortes stesso a darle. Lev Wallace. Doveva far finta di non conoscerlo, era chiaro. Sorrise a sua volta mentre i Martini venivano posti di fronte a loro.

-Con chi ho il piacere di condividere questo giro?- chiese getile mentre lentamente gli porgeva la mano perché lui potesse baciarla. Un grosso anello sostava al dito medio.

-Mi batte sul tempo, Signo..-

-Signorina.- sorrise lei completando.

-Ne sono lieto.- le baciò quindi la mano. -Lev Wallace. Lei è..-

-Cèlia Goldhead, piacere di conoscerla.-

-Posso chiederle com'è riuscita ad imbucarsi alla mia festa?-

-Se glie lo dicessi, poi sarei costretta ad ucciderla.- si era preparata tutte quelle risposte prima, mentre raggiungeva il luogo, e fu grata a se stessa. Risero. -Perdoni la mia ironia. Ho sempre desiderato conoscerla di persona. Un mio amico lavora come bodyguard in questo locale e mi ha gentilmente concesso di entrare. Sa, Signor Wallace, che resti fra me e lei, io aspiro a quello che lei è diventato.-

-Devo nascondere l'argenteria, quindi?-

-Se riesce a trovarla..- risero ancora, brindando.

-Una serata alquanto strana, certo piacevole, ma strana.- disse lei continuando nel suo ruolo.

-Cosa di tutto questo la lascia basita?-

-Dove sono le sue groupie, le cameriere con cui i suoi ospiti si rifaranno gli occhi tradendo le mogli, le cantanti suadenti a scaladare quell'orschestra scadente..-

-La sua franchezza è cosa rara per me stasera. Sono circondato da persone alquanto melense, deve saperlo, e molti di loro pur di compiacermi mi lascerebbero giacere con le loro figlie.. perciò avere una sincera e severa opinione su questa serata, mi fa piacere. Ed ora alla risposa: lei qui adesso ha rimediato a tutte le mancanze. Gli uomini si stanno rifacendo gli occhi, anche se non potranno tradire le mogli, e questo non accadrà solo ed unicamente perché io ho intenzione di tenerla stretta a me stasera, di modo che possa imparare i segreti del mestiere..-

-Di quale mestiere parla Signor Wallace?- risero ancora, altro brindisi. -Che mi dice della voce femminile all'orchestra?-

-Ecco, quelle labbra rosse, oltre ad essere pericolosamente invitanti al bacio più appassionato, scommetto sono anche canterine. Vuole deliziarci con una canzone a sua scelta?-

Annabel rise, e non ebbe bisogno di fingere. -Oh, Wallace, lei osa troppo adesso.-

-Offrirle il mio letto è meno osè che invitarla a cantare?- finse una faccia sconvolta, tentando di coprire quella compiaciuta.

-Posso cantare per lei, ma non per tutti loro. Non mi sentirei a mio agio.- Cortes era stato chiaro, doveva riuscire a staccarlo da quella sala piena di gente in qualsiasi modo. Wallace aveva prenotato solo due sale, e se una era occupata da quei signori balordi allora l'altra ospitava senz'altro il Verde di Dresda.

Wallace la guardò con sospetto per un attimo soltanto. -Ti darò del tu, Cèlia, sicché mi sembri più giovane di me. Sono venuto qui stasera con l'unico intento di discutere d'affari con questi gradassi, ed adesso tu mi chiedi di rinunciare a tutto ciò?-

Annabel ebbe bisogno di parecchio autocontrollo per riuscire a fingere nel modo in cui fece: le sue labbra si curvarono in un sorriso peccaminosamente innocente, sollevò lo sguardo su di lui e si strinse appena appena nelle spalle mentre con le dita picchiettava il calice di Martini: -Lavoro, Mr. Wallace. Lei fa il suo, io il mio.-

Seppe di aver fatto centro l'attimo stesso in cui quelle parole lasciarono la sua bocca. Il volto di Wallace passò da sorridente a terribilmente serio, le guance presero un colorito più roseo, e la sua mano si serrò sul bicchiere prima di riprendere a parlare.

Gli aveva in pratica rivelato per quale ragione voleva che lui si allontanasse da quella sala, eppure il narciso megalomane all'interno di Wallace lo rendeva cieco di fronte al pericolo. Certe volte, per mentire, basta dire la verità.

-Sei pericolosa. Eppure, Cèlia, io credo che le nostre anime siano vecchie amiche.- le prese una mano ed assieme si diressero verso il fondo della sala. -E so che non dovrei fare quello che sto per fare ma sai, è così raro che labbra così belle dicano anche qualcosa di intelligente..- era privo di qualsiasi sospetto, era come se Annabel lo vedesse nudo.

Persorsero con passo urgente la sala in tutta la sua lunghezza, e per quanto Annabel tentasse di addocchiare Dorian, di questo non vedeva nemmeno l'ombra.

Giunsero al portone della parte di fondo della sala. C'erano guardie ai lati di essa, ma come videro Lev Wallace, le porte furono aperte.

-Chiudetele e non lasciate entrare nessun altro fino a quando non sarò fuori.- comandò senza aspettare nessun assenso. Oltre il portone seguiva un corridoio, più largo che lungo, di marmo rosa, pareti specchiate ed alti lamapdari simili a quello della sala grande. Annabel potè osservare il proprio riflesso ad ogni passo, e ad ogni passo sentiva il cuore in gola.

Quando raggiunsero il fondo del corridoio varcarono una seconda porta. La sua mente lavorò in fretta: ripensò al piano di Dorian, al mondo in cui le aveva suggerito di fargli ingoiare la pillola, ma sarebbe stato troppo pericoloso per lei. Così aprì alla svleta l'annello-contenitore che portava al dito medio, afferrò la pasticca e la mise in bocca stando attenta a non ingoiarla. Nemmeno un secondo dopo Wallace accese la luce, le dava le spalle così lei si avvicinò senza aspettare, lo prese per le spalle e lo spinse contro il muro adagiando il proprio corpo quanto più vicino al suo. Appoggiò le proprie labbra su quelle di Wallace con urgenza e ribrezzo allo stesso tempo. Non desiderava baciarlo, ma doveva se sperava di metterlo fuori uso. Dorian le aveva detto che quelle pastiglie ci mettevano più di un quarto d'ora a stordire la vittima. Lui afferrò i suoi capelli tenedo la testa quanto più vicina alla sua, quel bacio lo aveva preso così tanto che Annabel sicura non si fosse nemmeno accorto della pasticca che lei gli aveva fatto scivolare in bocca. Adesso doveva deglutire. Serrò gli occhi e scese con una mano dal suo petto, sul ventre fino a sotto la cintura. Non servì altro per far scendere quella droga nel suo stomaco schifoso.

Lentamente si allontanò guardandolo sorridendo. Lui aveva il fiato corto, per quanto la rigurdava era sicura che i baci togliessero il respiro solo quando accendevano un'emozione. E quel bacio era stato come un contratto burocratico.

-Mi piace questo posto, Signor Wallace.- disse mentre i suoi tacchi echeggiavano sul marmo rosa, tutte e tre le pareti erano di vetro e davano su St.Matthew, una città scintillante che si sbrogliava poco lontano da lì. In confronto alla mediocrità dell'altra sala quella dove si trovavano era quanto mai elegante. Semplici divani bianchi, qualche tavolino, un talevisione al plasma e poi.. una techa. Non osò avvicinarsi a quella per prima, doveva far finta di nulla. Come se fosse stata un'oca giuliva.

-Mi ritrovo sempre a desiderare di incontrare più donne come te, eppure capita così raramente.- disse lui mentre si toglieva la giacca e sbottonava parte della camicia. -Non sei stupida, nemmeno se provi a fingere di esserlo, ma nemmeno io lo sono. Sei arrivata fino a qui, ma sei da sola. Ci sono solo io, ed i miei uomini ti circondano. Ora dimmi la verità, Cèlia Goldhead, ammesso e non concesso che questo sia il tuo vero nome, come hai fatto ad entrare qui dentro?-

-Mi ci ha portato quella cosa che ti pende fra le gambe.- sorrise senza perdere il minimo della compostezza. -Ed è la stessa che mi permette di restare. Se è vero che dovrei aver paura di te e dei tuoi uomini, allora perché sono ancora qui? Indenne.- gli diede di nuovo le spalle e rimase ad osservare le luci della città.

Lev Wallace le circondò la vita con le braccia ed appoggiò le labbra sul suo collo: -Dannato me. Ho sempre avuto un debole per il demonio. E questo perché me lo sono sempre immaginato come te. Ma se speri di rubare il diamante..-

-Oh no,- lo fermò Annabel voltandosi verso di lui ed appoggiando le mani sul suo petto -io non spero di rubare quel diamante, io lo ruberò.- e di nuovo lo baciò. Odiava il volto di Wallace, e perfino la sensazione di baciarlo ad occhi chiusi era orribile, ma poteva pensare di star baciando qualcun altro. Provò a pensare a Charlie, ma questo le fece venir ancor meno voglia di sbacciucchiarsi con Wallace, provò a pensare a Benedict, ad Axel perfino.. ma dentro di se tutti quegli uomini avevano un posto d'onore, in quanto fratelli ed amici, non in quanto amanti. Le rimase un volto a cui pensare, serrò di più gli occhi e lo immaginò odiando se stessa per il piacere che l'invase. Spinse Wallace indietro, sempre più indietro, fino a farlo sedere sul divano dove aveva lasciato la sua borsa. Si mise a cavalcioni su di lui e lasciò che le baciasse la gola mentre, lentamente, tirava fuori la pistola.

-Scommetto che nessuno ti ha mai derubato in modo più piacevole.- sorrise appoggiando la canna della pistola sulle labbra gonfie e rosse di Lev Wallace. Vide un brivido gelido attraversargli gli occhi. -Il Verde?- sorrise.

-E' nella teca.-

-Un ladro non può mentire ad un altro ladro, perciò te lo richiedo: dov'è il vero Verde di Dresda? e farai meglio a non mentire perché a quel punto soddisferò le tue parti basse con un colpo di pistola.- gli lasciò un lieve bacio sulla fronte. Scese da lui abbassando il vestito che era salito troppo sulle cosce.

-Non sarei così spavaldo se fossi in te.- Wallace ridacchiò, ma quando provò ad alzarsi dal divano, ricadde all'indietro come un sacco di patate. La pasticca, di qualsiasi cosa fosse fatta, stava dando i suoi frutti. -Presto sarai nei guai.- sventolò un telecomando con un unico bottone soprara, doveva averlo premuto.

Annabel perlustrò tutta la stanza senza nemmeno prestargli un minimo d'attenzione. Se era vero che aveva chiesto aiuto allora il tempo a sua disposizione stava per terminare. Ma in quella stanza oltre a divani e tavolini spogli,  ed alla teca di vetro non c'era nient'altro. Era impossibile che avesse nascosto qualcosa nei muri perché tre erano fatti di vetro e l'unico di mattoni non presentava nessun'anomalia. Così si avvicinò di più alla pietra. La teca non era molto grande, ma le luci posizionate alla base di essa le conferivano un'aria maestosa. Un pietra di una flebile sfumatura verde sostava al centro della scatola di vetro, cogliendo ogni fascio di luce attorno a se. Lev Wallace era un bravo giocatore, senz'altro, e giocava gli stessi giochi di Annabel: doveva aver detto il vero sulla pietra, perché quello era chiaramente il Verde di Dresda, e non fu solo il modo in cui la luce lo toccava a dirglielo, no.. fu molto altro, qualcosa dentro di lei che si muoveva suggerendole di afferrare quella pietra e tenerla fra le mani, la stessa magica sensazione che aveva ogni volta che si trovava attorno al Koh-i-noor. Accanto alla teca era stato posizionato un display, Annabel allungò la mano, ma aspettò prima di toccare qualsiasi cosa, non poteva lasciare impronte, quell'oggetto le avrebbe riconosciute, e lei doveva tutelare la propria identità.

Le luci del posto scesero, doveva essere stato Wallace a graduarle in quel modo, si voltò verso di lui sorridente.

-Creo atmosfera, piccola. Che ne dici di un ultimo bacio appassionato prima che ti uccidano. Che spreco..- Lev Wallace pareva un misto tra un paralitico ed una persona sotto effetto di oppiacei.

-Tutti i baci che vuoi, ma prima fammi la cortesia di appoggiare le tue viscide mani su quel display, si?- sollevò la pistola puntandogliela alla testa.

-Tu non spari, Cèlia. Can che abbaia non morde.-

-Tu dici?- sparò al divano, a pochissimi centimetri dalla testa dell'uomo, doveva avergli rotto un timpano talmente vicino era passato il proiettile. Wallace urlò, ma Annabel, più passavano i minuti e più si convinceva che nessuno sarebbe arrivato in suo soccorso. -Sparerò sempre più vicino alla tua testa, fino a quando non aprirai quella teca per me.-

-Lurida puttana!- il tono con cui lo disse le ricordò Earl il grosso e Loris il secco, a quella stazione di benzina. Pareva essere passata una vita. -Io ti troverò, e ti ucciderò.-

-Procedi, cortesemente.- Vide Wallace quasi strisciare sotto la sua pistola puntata. Non le piaceva che lui fosse così rannicchiato, ed al buio. I suoi sospetti poi si rivelarono veri, le parve quasi un'allucinazione, eppure Wallace impugnava a due mani una pistola, anche se faceva fatica a reggerla. Si sposò appena in tempo, e subito dopo schiacciò sotto i tacchi a spillo le sue mani, calciando via la pistola.

-Alzati in piedi, adesso.- gli ringhiò attaccando la canna della pistola, ancora calda, alla tempia di quel verme. Lentamente, troppo lentamente, Lev Wallace si mise eretto, aveva le lacrime agli occhi, forse si stava chiedendo come aveva fatto ad essere così stupido. Appoggiò la mano destra sul dispaly, una luce verde illuminò il tablet, poi vi appoggiò sopra la sinistra, la luce verde si accese nuovamente, ed infine immise un pin. Quando tutto questo fu fatto Wallace a stento si reggeva in piedi. Si appoggiò al muro tenendo forte il petto, sembrava soffrire molto. Annabel non gli prestò attenzione mentre sfilava dalla borsa una pietra-copia del Verde di Dresda e la metteva al posto della pietra vera.

-Ora richiudilo.- disse con gentilezza all'uomo in agonia. -Lev, per piacere..- sbuffò mentre gli afferrava una mano e la premeva sul display, la teca di vetro si richiuse.

-Ti troverò, lo giuro che lo farò.-

-Mi hanno raccontato di come sei riuscito a rubare questo diamante, Lev. C'erano infiltrati all'interno della banca. Ti credi un grande ladro, ma in realtà non lo sei.-

-Sta zitta!-

-Oh, andiamo..- Annabel lo prese sottobraccio per riaccompagnarlo verso il divano. Sentì dei passi avvicinarsi. -Rubare così è come barare. Ma non ti preoccupare non sei più un ladro.- lo sistemò sul divano.

-Va all'inferno.-

-Mi piacerebbe.- sorrise -Purtroppo ho altri piani.-

-Avviserò chi ha le altre pietre che tu intendi rubarle.-

-Avevano avvisato anche te, non è vero?- sorrise lei mentre si legava i capelli -Eppure non hai ascoltato.- si strinse nelle spalle. Osservò il Verde nella sua mano.. era una sensazione così bella il puro freddo di quella meraviglia scintillante in un palmo di mano. La cosa più delicata e forte che avesse mai visto. Velocemente l'infilò fra i capelli, assicurandola con gli elastici. Aprì una delle porte-finestre e gettò via la sua pistola, per quanto le dispiacesse farlo, e quella che Wallace aveva usato. Con la giacca dell'uomo coprì quindi il segno del proiettile sul divano dove aveva sparato.

Quando gli uomini di Wallace entrarono la trovarono seduta accanto al corpo privo di sensi di Lev Wallace, piangente..

-Oh vi prego aiutatelo. Noi noi.. stavamo ecco.. è semplicemente svenuto.. non sapevo cosa fare..-

-Hai chiamato tu?- chiese uno degli uomini che l'avevano vista entrare in tono burbero.

-S-s-si.- singhiozzò guardando Wallace come se fosse stato l'amore della sua vita. Con la coda dell'occhio vide lo stesso uomo che le aveva rivolto la parola fare un cenno ad altri due di perquisirla. Lei li lasciò fare, frugarono nella sua borsa, e poi la toccarono in punti dove non poteva nascondere un diamante di quelle dimensioni. Avrebbe tanto voluto ridurre tutti loro nel modo in cui aveva ridotto il loro padrone.

-Nulla.- disse uno dei due all'omone che guardava altri uomini constatare le condizioni di Wallace. -Che ce ne facciamo?- chiesero.

L'uomo lanciò ad Annabel un'occhiata lunga e penetrante.. -Ah, è solo una puttana. Buttatela fuori di qui.-

Annabel fu felice del fatto che loro non la buttarono, ma semplicemente l'accompagnarono fino alla porta che dava sulla sala grande. A quel punto s'asciugò le poche lacrime che le imperlavano le guance e guardò verso il fondo della sala. Lo vide solo allora. Dorian che lasciava il luogo.

Andò a sedersi al bancone di modo che gli uomini potessero vederla in giro per un altro po', questo avrebbe tolto ogni sospetto su di lei, anche se per poco, e se fosse uscita subito dopo Cortes avrebbe destato altri sospetti, quindi meglio aspettare. Bevve un altro Martini e poi un signore lì accanto glie ne offrì un altro. Quando sentì che le gambe stavano per diventare troppo molli chiese che le venisse portato il cappotto. Almeno tre uomini erano usciti dopo Cortes, poteva andare senza sospetti.

Quando arrivò all'angolo concorato, trovò Dorian in piedi, intento a fumare.

-Mi spieghi cosa, di preciso, hai fatto tu per la riuscita di questo piano?- chiese adirata ed alticcia.

-Non è chiaro? Ho fatto si che nessuno potesse sospettare di me. Ho un alibi.- le sorrise. Annabel sentì ogni muscolo di cui era fatta guizzare spronandola a saltargli addosso, avrebbe voluto graffiargli la faccia con le unghie finte che lui stesso le aveva imposto di mettersi, e poi colpirlo con i tacchi a spillo che avevano frantumato le mani di Wallace ed i suoi piedi, infilargli quel vestito così dannatamente stretto per vederlo soffocare.

-Dov'è la pietra?- le chiese.

-Quale pietra?- era il momento di rivincite. -Credevo che il piano fosse farmi andare a letto con Wallace.- si corpì la bocca spalandando gli occhi. Poi scoppiò a ridere. Dannati Martini.
-Io non ce l'ho il tuo diamante.- ripetè più convinta.

-Annabel, non farmi venire lì per prenderlo a forza.- sbuffò buttando via la sigaretta.

-Credi che abbia ragione di metirti? Forse avresti fatto meglio a rinunciare all'alibi piuttosto che alla pietra.- lo derise.

Vide Cortes fare tre unici passi felini verso di lei e strapparle la borsa, controllò il suo contenuto, e non trovò quello che cercava. Annabel vide il grigio dei suoi occhi diventare nero.

-Ehi ma che modi sono..- sbuffò quando lui le sfilò il cappotto per controllare nelle tasche interne ed esterne. Solo sigarette. Lo lanciò per terra. Annabel cominciava ad avere freddo.

-Non puoi star dicendo sul serio.

-Te l'ho detto..- cominciò lei ma non finì nemmeno, Dorian le serrò i polsi dietro la schiena e la fece piegare sul cofano della macchina. -Ehi, attento con quelle mani.- Annabel rise, ubriaca, mentre lui la perquisiva.

-Dannata te!- lo sentì ringhiare mentre la faceva alzare appiattendola contro il muro per poi continuare a cercarle addosso. Si rialzò, la superava di ben più di una testa, incombeva su di lei, e la rabbia di cui era investito avrebbe spaventato chiunque, perfino lei se solo non fosse stata ubraica.

-Dov'è il mio diamante, Howard?-

-Non è il tuo diamante.-

-Annabel..- il modo in cui lo disse le ricordò il ringhio di un lupo che sta per attaccare.

-Dorian Cortes..- cominciò appoggiando una mano sul suo petto ed allontanandolo lentamente da se, cominciò a sciogliere la sua complessa acconciatura -..in tutto questo non ti rassicura il fatto di non riuscire a trovarlo? Insomma..- e qui il viso di Annabel si tramutò in serio e rabbioso -mi hai lasciato lì, in pasto a quei vermi, e credimi, hanno toccato molto più di quanto tu abbia osato fino ad adesso. Eppure sono qui, oltraggiata, senz'ombra di dubbio, ma sono qui. Fottuto idiota.- gli lanciò la pietra con disprezzo.

Non guardò nemmeno la pietra, al buio Annabel notò il viso pallido dell'uomo e lui la silhouette snella della ragazza che si muoveva aggrazziata e lenta alla luce della luna, prossima alla macchina. -So cosa stai per dire..- continuò lei -..scusa Annabel, non era mia intenzione farti molestare da quei omoni cattivi.- scimiottò la voce dell'uomo dal quale si stava allontanando -E poi anche: nemmeno io volevo palpeggiarti, scusami. Sai ti direi di andare al Diavolo, ma stasera mi ci hanno paragonato ed io non ti voglio, quindi va a farti fottere da qualsiasi altra parte che non sia vicino a me.-

-Ma sei ubriaca?-

-Tu gli alibi ed i diamanti, io le umiliazioni e la sbronza.- si accese una sigaretta. -Andiamocene. Non respiro con questo addosso.-

-Io nemmeno.- ma questo lei non lo sentì.

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