-Zio!! Sei vivo!! L'hai sconfitta!! Sapevo che ce l'avresti fatta!!-esclamò Rosie balzando in piedi, al colmo della gioia, gli occhi pieni di lacrime, precipitandosi addosso a Sherlock con tale foga da buttarlo quasi a terra, stringendolo poi con altrettanta veemenza.
Anche lui la strinse tra le braccia, sollevato, ma con lo sguardo cupo.
-Non è ancora sconfitta, Rosie. Non del tutto...- ringhiò infatti, voltandosi, ma tenendola ancora saldamente stretta a sé e sguainando la spada. -Dobbiamo distruggere quel dannato Tridente!
Si avviò dunque a grandi passi verso la roccia dov'era posato, appoggiandosi però a Rosie, ancora pervaso da una forte debolezza: la battaglia mentale con Eurus l'aveva debilitato anche fisicamente.
Infatti, non appena tentò di sollevare la spada, emise un gemito di dolore e abbassò il braccio.
Ma poi sentì una piccola e sottile mano posarsi sulla sua, stretta intorno all'elsa, aiutandolo a impugnare e a reggere l'arma.
Si voltò.
-Insieme?-gli domandò Rosie, in volto un piccolo sorriso.
Sherlock la guardò dritta negli occhi blu, il cuore pieno di orgoglio, e annuì.
-Insieme.
Proprio in quel momento, Eurus rifece la sua comparsa davanti a loro e Rosie, inizialmente, fu attraversata dalla paura: ma ormai il demone era ridotto all'ombra di sé stesso. La sua figura era sempre più evanescente, la voce sempre più bassa. Ma in un ultimo, disperato tentativo di fermarli, assunse di nuovo le forme che avevano tormentato Sherlock. Mutò più e più volte, in un caleidoscopio di lineamenti sempre più rapido, fino a stabilizzarsi in quello di Victor.
-È colpa tua se sono morto-sibilò, la voce però a malapena udibile, più simile a un debole venticello.-Tu non hai amici. Chi non ha un cuore non può essere amato...
-I tuoi giochi mentali non funzionano con me, Eurus-ringhiò infatti capitan Holmes, gli occhi brillanti di sfida e di odio.-NON. PIÙ!
E, con quell'ultimo grido, brandì la spada insieme a Rosie, abbattendola contro il Tridente, che andò in mille pezzi, quasi fosse fatto di cristallo.
Un vento turbinoso prese a soffiare nella caverna, pari ad un grido infernale; Sherlock strinse Rosie a sé, coprendole il volto, mentre un miscuglio di sabbia, roccia e terra volava intorno a loro con violenza inaudita, al punto da farle temere che sarebbero stati entrambi trascinati via.
Ma all'improvviso, così come era iniziata, quella sorta di piccola tempesta cessò, lasciando il posto ad un silenzio tombale.
Rosie, con un pizzico di apprensione, lanciò uno sguardo al corpo di Moriarty... ma, con suo grande stupore, non c'era più: era sparito.
Come se quel vento l'avesse portato via con sé. E questo le ricordo che pure Molly si trovava lì con loro, ancora preda dell'incantesimo!
La prima cosa che fece fu correre verso di lei e slegarla: notò con sollievo che stava lentamente riprendendo i sensi-l'effetto della magia del demone sembrava essere finalmente svanito-e che non era ferita.
-Sta bene! Si sta svegliando, guarda!-gridò, per rassicurare lo zio, che però non l'aveva seguita, e nemmeno gli rispose.
Si voltò: Sherlock era ancora là, dove lo aveva lasciato, in piedi, immobile, lo sguardo fisso nel punto in cui un attimo prima si trovava il cadavere del suo nemico. Ma i suoi occhi sembravano non vedere davvero, ma persi in lontananza, distanti...
Lo raggiunse, fissando anche lei il medesimo punto, in silenzio, stringendo però delicatamente la sua mano. Solo dopo un lungo istante, Sherlock rispose a quella stretta.
-Zio... come hai fatto a ucciderlo?-sussurrò, dopo qualche momento.-Per un momento ho temuto che fosse invulnerabile...
-E lo era, Rosie... più o meno. Aveva ancora un punto debole, una parte ancora umana, vulnerabile: il suo cervello... Ironico, a ben pensarci. La sua mente, che lui reputava tanto superiore alla mia, a quanto pare, non era comunque immune da un semplice quanto letale colpo di pistola...- le rispose il capitano, con una punta di amaro sarcasmo.
Rosie si sentì percorsa da un nuovo brivido e si strinse a lui, la tempia appoggiata sul petto.
-Se tu non fossi arrivato... Mi hai salvato la vita...
Sherlock, accarezzandole il capo, finalmente sorrise: uno dei sorrisi più dolci che avesse mai prodotto in tutta la sua vita.
-Oh no, Rosie, ti sbagli -le mormorò, in un tono profondamente serio, cercando di non far trapelare troppo la commozione e stringendola ancor più a sé. -Sei tu, che mi hai salvato...
Finalmente anche Molly si riprese, seppur ancora molto confusa e del tutto ignara degli ultimi eventi; decisero però, di comune accordo, che ci sarebbe stato tempo, per le spiegazioni: avevano tutti fretta di lasciare quel luogo orribile.
Questo però non le impedì di abbracciare Sherlock con forza.
-C'è mai una volta in cui non rischi la tua vita??-gli mormorò, la voce roca ma velata di ironia, sulla sua spalla, mentre lo stringeva.
Lui ridacchiò in tono sommesso.
-... E dove sarebbe il divertimento, allora?-replicò, in un tono apparentemente scanzonato, con addirittura un leggero sorriso. Ma Molly, che lo conosceva fin troppo bene, vide un'ombra, dietro esso: un'ombra che, probabilmente, non sarebbe sparita tanto presto. Anche i suoi occhi color acquamarina erano privi di luce. Scosse dunque la testa, stringendolo con maggiore forza e trattenendo a stento le lacrime.
Anche Rosie si unì a loro, e Sherlock si lasciò stringere più a lungo di quanto avrebbe mai pensato, lasciando che il calore di quell'abbraccio scacciasse il gelo e l'oscurità che, per poco, non avevano del tutto avvinto il suo cuore.
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Si incamminarono verso l'uscita, impugnando delle torce, fianco a fianco, e in silenzio, vittoriosi ma sconvolti. Sherlock, in particolare, camminava in mezzo alle due, guidandole, senza farsi sostenere -sembrava aver riacquistato le forze-ma alquanto provato: la sua espressione era cupa, lo sguardo ancora distante.
Rosie lo guardò di sottecchi, preoccupata: nonostante la sua ostentata sicurezza, sapeva bene che la tortura a cui il Vento dell'Est l'aveva sottoposto era stata dura oltre ogni limite, forse la peggiore che capitan Holmes avesse mai affrontato nella sua vita, perché aveva usato i suoi sentimenti, i suoi sensi di colpa e le sue paure più profonde contro di lui.
E le ferite dell'anima erano ben più difficili da curare, che non quelle del corpo.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa- qualunque cosa-per farlo sentire meglio. Per dimostrargli, una volta di più, che quelle del demone non erano altro che menzogne. Che lui non era privo di sentimenti, e che c'erano persone-non solo lei e Molly-che lo amavano, che tenevano a lui...
Schiuse dunque le labbra. Ma prima che potesse pronunciare una sola sillaba, qualcosa la fece trasalire: nella buia e silenziosa galleria che stavano percorrendo si erano levati dei rumori, che venivano proprio verso di loro; parevano passi, misti a delle voci, e uno sferragliare di spade... o di catene...
Sherlock si fermò, e bloccò Molly e Rosie con un gesto della mano, mettendosi subito all'ascolto; strinse poi gli occhi.
-E adesso che c'è?? Qualcun altro che è tornato dal regno dei morti?? Magnussen, magari??-bofonchiò, esasperato, ma con lo sguardo furibondo, e fece per sguainare la spada.-Sono veramente stufo di...!
Ma Rosie lo fermò, mettendogli una mano sul braccio.
-... Zio, credo di sapere chi sia. Ascolta...-lo invitò, sorridendo.
Sherlock aggrottò la fronte, dubbioso, ma obbedì. Molly, che sembrava aver già inteso, si coprì la bocca con la mano, nascondendo un sorriso.
Stettero dunque in silenzio tutti e tre: e subito, oltre il rumore di passi, udirono varie voci ben distinte, e le parole che prima rimbombavano nella galleria, inintelligibili, assunsero un senso man mano che si approssimavano a loro.
Il capitano, in principio, spalancò la bocca, incredulo; ma poi, man mano che ascoltava, la sua espressione si faceva sempre più seria e intenta, e il suo sguardo si assottigliava.
Rosie e Molly, al contrario, si guardavano di sottecchi, cercando di non scoppiare a ridere.
-... Ma secondo te, che aspetto avrà mai questo demone??
-E lo chiedi a me??? Ho forse la faccia di quello che ne ha mai visti??
-Io ne ho visto uno, una volta!-si intromise una voce diversa, levandosi sopra le prime due.-In un vicolo di Tortuga! Non so di preciso che animale fosse, ma era grande quanto un cavallo. Era coperto di peli neri... e brillava... i suoi occhi sembravano tizzoni ardenti... Una creatura dell'inferno, senza dubbio!
Seguì un breve silenzio.
-... E, di preciso, Henry... quanto oppio ti eri fumato, quella sera?
Ancora silenzio.
-Mah... non lo so... due o tre pipette, forse quattro-replicò di nuovo la voce di Henry, carica di palese imbarazzo.-...E va bene, cinque! I miei ricordi di quella sera sono confusi... avrò perso il conto...
Si sentirono risate sparse, seguite dall'ennesimo intervento di una voce decisamente preoccupata.
-Resta il fatto che questo demone esiste di sicuro. Ho studiato molti libri, riguardo alle figure demoniache in generale. Non so voi, ma io comincio ad avvertire una certa inquietudine... Avremmo dovuto portarci del rhum... per farci coraggio, si intende...
-Sta' zitto, Anderson!! E mostra un po' di fegato, se ce l'hai! Certo, non è che tu incuta tanto terrore, con quella padella presa dalla cambusa...
-Ho perso la mia spada!-si lagnò lui.
-Ce lo vedo proprio, il demone, che scappa urlando: "Aiuto! Pietà! Ti prego, non uccidermi con quella terribile arma!"- lo motteggiò qualcuno con un tono volutamente in falsetto.
-Parli proprio tu, Wiggins, che ti sei portato uno dei remi delle scialuppe!
-Non è colpa mia! Non c'erano più pistole, nell'armeria!
-Tanto, con la tua mira, non ti sarebbe servita a molto...
-Ma chi diavolo ti credi di...!!
-Fa più paura Archie con quel suo coltellino da quattro soldi!-si intromise un altro, interrompendo la diatriba.-...Che non taglia neanche il pesce...
-HEY!!
-Ahia! Quello era il mio piede!
-... C'è un buio maledetto, in questa caverna! Non vedo un accidenti!
-Hai la lanterna, no?? E allora usala!
-Insomma!! La volete finire tutti quanti!!???-tuonò a quel punto una voce alta e autoritaria, in tono aggressivo, che costrinse tutti al silenzio: Rosie la riconobbe immediatamente.
Angelo...
-Non stiamo giocando, qui!! Il capitano sta rischiando la vita!!! Lo volete capire o no?!?
Un mormorio decisamente imbarazzato e colpevole risuonò nella galleria, mentre il rumore di passi si fermava per qualche istante.
-Perciò, se avete anche solo un grammo di cervello in quelle teste, fate silenzio e venitemi dietro: rapidi! Lo ripeto: in silenzio!!!-intimò di nuovo il cuoco con la sua voce possente.-E siate pronti a lottare fino allo stremo delle forze. Anche a dare la vita, se necessario. Il nostro capitano ha bisogno di noi!!
Si levò un sentito ruggito di assenso, e tutti finalmente parvero comprendere la serietà di quel momento: la marcia, infatti, riprese; in silenzio, stavolta, tranne qualche sussurro sommesso qua e là. Sennonché, una volta girato l'angolo, Angelo-che si trovava ovviamente in testa al gruppo, una mannaia tra le mani- si bloccò di punto in bianco, bloccando la marcia e scatenando inevitabili proteste a catena.
-... Hey!!
-Ma che diav...!!
-Oh!! Ma vi sembra il modo di fermar...?!
-Zitto, Raz!!
-Ma che...??
Tra le fila dei pirati, di botto, scese un silenzio di tomba, quando si resero conto che Capitan Sherlock Holmes stava proprio davanti a loro, le braccia conserte sul petto, un cipiglio severo sul volto, le labbra strette.
Davanti a lui, i volti fiocamente illuminati dalla luce di alcune lanterne, almeno una ventina dei membri del suo equipaggio armati fino ai denti... più o meno...
Dopo qualche istante di sconcertato silenzio, dal piccolo "esercito" di pirati si levarono finalmente dei mormorii sollevati e sorpresi.
-Capitano! State bene!!-esclamò Angelo, palesemente rincuorato, prendendo la parola per primo.-Ma il demone...??
Sherlock gli rispose mantenendo la medesima postura e un tono duro e inflessibile.
-È morto, Angelo. Ma se non lo fosse, è probabile che a quest'ora sarebbe già venuto a cercarvi per uccidervi, considerato il chiasso che avete fatto mentre venivate qui.-La ciurma chinò il capo, imbarazzata.-...Oppure,
sarebbe già scappato solo sentendo Anderson parlare.
-Capitano, così mi offendete, però!-protestò l'interessato in tono lamentoso.
Si levò qualche risatina incerta, ma che venne subito soffocata dallo sguardo gelido di Sherlock.
-Mi sembrava di avervi detto...-continuò infatti, ignorando il commento di Anderson, e rivolgendosi direttamente ad Angelo-che non dovevate assolutamente venirmi a cercare. Non solo avete disobbedito al mio ordine... ma non avete rispettato il Codice.
Disse le ultime parole in un tono duro e colmo di severità, le labbra ancora strette; anche se Rosie vide chiaramente che si stava trattenendo dal sorridere. Angelo, tuttavia, non si lasciò impressionare o intimorire, e rispose a tono a quel rimprovero.
-No, capitano. Abbiamo solo deciso, di comune accordo, di seguire, almeno per questa volta, un ordine più ragionevole del suo...
Nel dirlo, lanciò un'occhiata verso Molly, che arrossì.
Sherlock si voltò verso di lei, sorpreso.
-Gliel'hai detto tu, eh?-borbottò, ma Rosie stavolta lo vide sorridere, anche se appena appena. Molly ricambiò, negli occhi un luccichio furbo.
Ma, a quel punto, Archie si intromise, facendo un passo avanti.
-In verità, capitano, l'avremmo fatto comunque. Anche se non l'avesse chiesto lei- affermò, con voce ferma e sicura, senza lasciarsi intimidire dallo sguardo ancora severo di Sherlock.- Non ce ne saremmo mai andati, senza il nostro capitano.
Tutta la ciurma annuì e si dichiarò d'accordo con Archie, nessuno escluso.
Fu in quel momento, che Sherlock l'avvertì: un calore improvviso nel petto. Nel cuore, per la precisione.
Quel demone, Eurus, aveva voluto fargli credere che non l'avesse. Che nessuno lo amasse. Di non aver amici, o qualcuno che tenesse a lui.
Già Rosie, con le parole che gli aveva rivolto in quell'oscura imitazione del suo Palazzo Mentale, e con le visioni da lui stesso evocate, gli aveva fatto capire che fosse una menzogna.
Eppure, nonostante tutto, non se ne era ancora persuaso.
Ma davanti alla sua ciurma, ulteriore prova concreta ed evidente del contrario, non seppe cosa dire.
Sentiva solo, dentro di sé, un'immensa commozione e gratitudine, che lo lasciarono ammutolito per qualche istante, travolto com'era da quelle emozioni.
- E poi...-disse una voce, all'improvviso, esitante.-Non lo sapeva, capitano, che il Codice, in realtà, è più una sorta di traccia, che un vero e proprio regolamento?
Sherlock sgranò gli occhi: con sua grande sorpresa-non solo sua, in realtà, ma di tutta la ciurma- era stato proprio Anderson, a parlare.
L'uomo, sentendo gli sguardi di tutti puntati addosso, arrossì e si tirò subito indietro, sicuro di venire tacciato, come al solito, di stupidità.
-Come non detto... meglio che stia zitto-mormorò infatti, mortificato, abbassando gli occhi.
-Anderson... credo che questa sia la cosa più intelligente e sensata che tu abbia mai detto- gli disse invece il capitano: e, per una volta, senza alcun accenno di ironia, ma con affetto e stima sincera.
Lui alzò il capo e sgranò gli occhi, esterrefatto da quel complimento; ma poi gli sorrise con palese sollievo, ma anche orgoglio.
-Quindi... non è in collera con noi, giusto?-domandò Wiggins a quel punto, un pelo timoroso; dal volto del capitano, infatti, non era ancora del tutto sparito quel cipiglio severo.
Lui, per tutta risposta, spalancò le braccia, esasperato: ma il tono con cui si rivolse alla sua ciurma era palesemente commosso.
-...E come potrei esserlo, davanti all'affetto e alla devozione che mi avete appena dimostrato? Siete delle canaglie senza cervello...-precisò, ridacchiando.-Ma, come ciurma, non potrei desiderare di meglio...- concluse, mentre le sue labbra si curvavano infine in un grande sorriso.
A quelle parole anche l'intera ciurma sorrise, e tutti loro si strinsero intorno al capitano, dandogli vigorose pacche sulle spalle e strette di mano, a cui lui si ritrovò a rispondere, preda sempre di quel calore tanto intenso quanto piacevole.
Rosie sorrise, a quella scena; e, una volta di più, si sentì orgogliosa di suo zio: solo una persona straordinaria, come lui era, poteva suscitare un tale affetto e devozione. Sperava davvero che il gesto della sua ciurma gli facesse finalmente capire quanto false fossero le parole profferite dalle ombre create da Eurus: Sherlock Holmes amava, e a sua volta era amato.
Sherlock, passato quel momento di intensa commozione, si schiarì la voce e si rivolse di nuovo alla sua ciurma con tono imperioso.
-Ora torniamo alla Perla, forza! Meglio che vi guidi io-disse, superandoli insieme a Rosie e Molly, e ponendosi in testa al gruppo.-Sareste capaci di perdervi, teste vuote che non siete altro!
Rosie ridacchiò, mentre tutto l'equipaggio della Perla lo seguiva. Sospirò, e sentì tutta la tensione provata durante lo scontro con Moriarty scivolarle finalmente via di dosso. Tutto il dolore, la rabbia, la paura... Per un momento, aveva temuto davvero che sarebbe morta, che non avrebbe più rivisto sua madre...
Quell'ultimo pensiero la portò a emettere un involontario gemito.
-Saranno guai quando tornerò a casa...-sospirò, rivolta allo zio.-Mamma sarà di certo furiosa... Le ho lasciato solo quel biglietto, prima di sparire.
Ma lui, inspiegabilmente, sorrise.
-... Oh, di questo non mi preoccuperei. È stata mia cura informarla sul tuo conto ogni volta che ne ho avuto l'opportunità, grazie ai miei contatti. E questo da quando ci siamo incontrati a Tortuga.
Rosie lo fissò, allibita.
-Zio... tu sei... sei...!-balbettò.
-Incredibile, lo so. Me l'hanno già detto. Se non sbaglio fu proprio tuo padre a dirmelo...-replicò lui, con un sogghigno.
-In realtà stavo per darti del bastardo doppiogiochista... ma lo terrò per la prossima volta...-borbottò Rosie, ma ridacchiando, mentre si stringeva di nuovo a lui.
Sherlock rise sommessamente, passandole un braccio intorno alle spalle; finalmente, dopo molti minuti di cammino- inframmezzati da qualche battuta della ciurma, che più di una volta le strapparono una risata-giunsero all'uscita di quella caverna buia e fredda, tornando alla luce del sole, che si rifletteva sulla superficie del mare.
Rosie alzò il viso, beandosi del suo calore e della luce che, in contrasto con l'oscurità di quella grotta maledetta, parve addirittura accecante: ma meravigliosa. Vide anche lo zio fare lo stesso, e fu sollevata di veder attenuarsi ancor di più sul suo volto il dolore e la tristezza. Il suo sguardo corse poi sulle scialuppe in attesa e sulla Perla Nera poco lontana, e sorrise. Non vedeva l'ora di fare ritorno a casa.
Doveva essere pronta per il suo arrivo...