Per tutto il resto dell'estate, prima che la scuola ricominciasse, continuai a incontrare Ed ogni sera. All'inizio lui iniziava a suonare prima che arrivassi, come aveva sempre fatto, poi le cose cambiarono piano piano.
Una sera lo trovai che mi aspettava, seduto sul marciapiede, con la chitarra in braccio e un sorriso incerto. Mi rivolse uno sguardo fuggevole e io temetti che il mio cuore sarebbe scoppiato. Avevo tentato di rendermi più carina, nell'eventualità che lui avesse perso tempo a guardarmi anche solo per un istante. I miei capelli però non ne avevano voluto sapere di rimanere acconciati in morbide onde, ostinandosi ad apparire come degli spaghetti senza personalità, quindi avevo risolto con un'insignificante coda di cavallo. Una coda color topo. Avevo indossato un abito che mi aveva regalato Cass prima che smettessimo di essere amiche. Me lo aveva dato perché non era più riuscita a entrarci, da quando il suo seno aveva cominciato a crescere, al contrario del mio. Ora mi sentivo più che altro uno spaventapasseri, ma al momento in cui mi ero guardata allo specchio prima di uscire di casa mi ero sembrata carina, anche se solo per poco.
In quell'istante, davanti all'occhiata sorpresa di Ed, avrei voluto scomparire, era ovvio che mi trovasse repellente.
Lo nascose bene, però, dato che mi sussurrò, facendomi cenno di sedermi accanto a lui sul marciapiede: «Sei molto carina.»
Non riuscii nemmeno a ringraziarlo. Nessuno, a parte Cass e qualche vecchia zia, aveva mai fatto dei commenti positivi sul mio aspetto. Non mi era difficile capire il perché: ero brutta e insignificante, punto.
Mi sedetti accanto a lui e per la prima volta non rimasi solo a sentirlo suonare e cantare, ma chiacchierai con lui.
Nacque così la nostra amicizia. All'inizio parlavamo di argomenti superficiali, come l'ultimo film che avevamo visto o un libro che ci aveva appassionato – entrambi trascorrevamo molto tempo per conto nostro. Poi le chiacchiere diventarono più profonde e iniziammo a confidarci su come ci sentivamo quando i bulli ci prendevano di mira e sui modi che immaginavamo per fargliela pagare.
Una sera, sempre su quel marciapiede, dissi a Ed, ridacchiando: «Quando sarai famoso e Caleb vorrà acquistare un biglietto per il tuo concerto a Wembley e tu glielo farai pagare il doppio, quella sarà la vendetta migliore.»
«Credi davvero che arriverò così lontano?» mi aveva chiesto, con tono serio.
Quando stava con me, Ed balbettava molto di rado. Eravamo entrambi a nostro agio quando eravamo l'uno in compagnia dell'altra e dimenticavamo tutti i torti subiti.
Personalmente, ne ero sempre più innamorata e non mancavano i momenti d'imbarazzo, ma con lui mi sentivo soprattutto speciale, mi apprezzava per quello che ero.
Gli volevo un bene dell'anima, ne ero certa, come ero sicura di ciò che risposi: «Sarai tra i musicisti più amati al mondo e nessuno oserà più prenderti in giro. Le ragazze faranno la fila per stare con te» aggiunsi, ignorando la fitta di gelosia che mi pervase al pensiero che qualcun'altra avrebbe potuto amare Ed come facevo io.
Lui si sporse in avanti e mi guardò fisso con quegli occhi azzurri che comunicavano più di quello che poteva apparire a chi non si soffermava a studiarli meglio.
Sentii il mio respiro farsi più pesante, carico di aspettativa.
«Tu sarai ancora mia amica?» mi domandò, facendomi sprofondare il cuore sottoterra.
«Assolutamente sì» risposi, scompigliandogli i capelli rossi. "Anche perché non credo che tu mi considererai mai qualcosa di più" dissi, tra me e me, cercando di non far trasparire l'amarezza nel sorriso che gli rivolsi.
Quando la scuola ricominciò, i bulli sembravano essersi calmati, o forse Ed e io li notavamo meno perché ora facevamo fronte comune.
Se Cass passava per i corridoi, a braccetto con Caleb, mi guardava a malapena, mentre nel caso in cui mi trovasse in giro da sola, si fermava a scambiare qualche parola con me. Ogni tanto ci sentivamo anche via messaggio, seppure per questioni superficiali. Sapevo che non si era rivelata la grande amica che credevo, ma a me stava bene così, perché avevo l'affetto e l'amicizia di Ed – anche se avrei desiderato di più – e i bulli ci stavano lasciando in pace.
A metà anno, a scuola fu organizzato un ballo, per una raccolta fondi di beneficienza.
Ero in coda con Ed, per comprare i biglietti. Naturalmente nessuno aveva invitato me e lui non si era fatto avanti con alcuna ragazza, anche se mi parlava spesso di una certa Harriett che incontrava durante le lezioni di biologia.
Alla fine avevamo deciso che ci saremmo andati insieme, come amici. Le farfalle nel mio stomaco si agitavano speranzose e io facevo fatica a tenerle a bada.
«Tutto ok, Ellie?» mi domandò Ed, mentre io ero imbambolata, al pensiero che forse avremmo ballato insieme.
Annuii e feci per tirare fuori il portafoglio, ma lui mi fermò la mano con la sua. Sentii una scossa elettrica in tutto il corpo e non realizzai quello che il suo gesto implicava, nemmeno mi accorsi che dietro di noi c'erano Caleb e Cass.
Non mi accorsi di tutto ciò, perché in un primo momento non accadde nulla degno di nota.
Arrivò la sera del ballo e furono i miei genitori ad accompagnare me e il mio amico. Il nostro non era un appuntamento galante, quindi non ci lamentammo. Mio padre disse che ci sarebbe tornato a riprendere a mezzanotte e mezza e se ne andò con mia madre.
«Sempre che resistiamo fino a quell'ora!» esclamò Ed, strappandomi una risata che mi fece rilassare un po'. Ero tesissima e mi sentivo ridicola con quel vestito blu notte che sul manichino era sembrato mille volte più elegante e aggraziato che su un manico di scopa come me. Avevo lottato per due ore con i miei stupidi capelli ed ero finalmente riuscita ad ottenere delle onde che mi arrivavano fino a metà schiena. Mi ero dovuta trattenere dal fare un balletto di trionfo, alla vista del risultato.
Ed mi porse il braccio e io mi aggrappai, dicendomi tra me e me che stava proprio bene con il completo nero e la camicia bianca. Mi piacevano molto il gilet e la cravatta sui ragazzi, su di lui erano ancora meglio.
Ero cotta a puntino e mentre entrammo nella sala dell'istituto scolastico dove si sarebbe tenuto il ballo, notai a malapena le decorazioni colorate e gli altri studenti perché mi sentivo stordita, come ubriaca. Era l'amore, non potevo negarlo.
Il fatto di non sapere se Ed ricambiasse o meno mi teneva continuamente sulle spine, ma allo stesso tempo mi accontentavo di tenere i miei sentimenti per me, non volevo a nessun costo perderlo.
«Vuoi qualcosa da bere? Non hai una bella faccia, sai» affermò Ed, facendomi sussultare.
Puntai lo sguardo a terra: «Grazie! E dire che ho anche perso tempo davanti allo specchio per truccarmi e apparire decente.» Mi sentivo mortificata, non c'era verso, non gli sarei mai piaciuta come lui piaceva a me.
«È inutile che ti trucchi» fu infatti la sua risposta. Sentivo le lacrime pungermi gli occhi. «Non volevo dire quello che pensi. Eleanor, tu sei...»
«Bene, bene! Chi abbiamo qui? I prossimi re e reginetta del ballo! Peccato che stasera non verranno eletti, altrimenti avreste dovuto candidarvi.»
Sollevai a fatica lo sguardo e vidi di fronte a me Caleb, che aveva parlato, e Cass, stupenda in un abito scollato color verde smeraldo, in tinta con i suoi occhi. Lei sì che era una vera bellezza e i suoi capelli erano semplicemente perfetti, con dei boccoli scuri che io potevo solo sognarmi.
Mi venne voglia di scappare via, ma in quel momento cominciò la musica.
«Stai benissimo, Ellie» commentò Cass, rivolgendomi un sorriso, prima di allontanarsi volteggiando, con le mani di Caleb che la tenevano saldamente per i fianchi.
Ed mi sfiorò una mano e con un sorriso incerto mi chiese silenziosamente se volevo ballare.
All'inizio ci calpestammo più volte i piedi e urtammo le altre coppie, che ci rivolsero occhiatine infastidite, ma ci feci poco caso. Sentivo le mani di Ed che mi cingevano la vita e segretamente sperai che si spingessero più in basso, che divenissero più audaci, come quelle di altri ragazzi con le loro compagne.
Arrivò il momento di un lento, Ed mi attirò più vicina a sé e io osai finalmente guardarlo dritto negli occhi, anche se avevo paura di ciò che avrei – o forse non avrei – visto. La sua espressione mi avrebbe permesso di capire se anche lui era innamorato di me? E cosa avrebbe colto dal mio sguardo, avrebbe forse intuito l'amore che provavo?
«Eleanor, sei perfetta questa sera» fu ciò che mi disse Ed, senza staccare lo sguardo dal mio.
In quegli occhi azzurri colsi la mia stessa paura di sbagliare, l'incertezza per il futuro, ma anche la voglia di provarci, di buttarci a capofitto dentro un sentimento e delle emozioni che potevano sembrarci più grandi di noi.
Quando la musica finì, uscimmo dal salone: avevamo bisogno di parlare lontano da occhi indiscreti. Non desideravo che qualche bullo prepotente rovinasse il mio primo bacio, perché era quello che speravo sarebbe accaduto con Ed. Un bacio, perfetto, con il ragazzo di cui ero innamorata.
***
Ecco la penultima parte del prologo, spero vi sia piaciuta. Anche se la storia è ancora all'inizio, ringrazio chi ha già cominciato a seguirla e l'ha votata, mi auguro di non deludervi andando avanti.
Alla prossima,
Maria C Scribacchina