08 Asher.
Se pensavo che la giornata non potesse peggiorare, beh, mi sbagliavo e di grosso anche.
A lavoro mi hanno creato noie, ma non hanno potuto evitare che mi prendessi una giornata "libera", dato che prima d'ora non l'ho mai fatto. Sono andato in ufficio persino con la febbre in passato e i miei infastiditi colleghi non si sono azzardati a protestare con il mio capo.
Ho lavorato come un matto per tutta la mattinata, cercando disperatamente di ignorare il chiacchiericcio che arrivava dal salotto, dove Evelyne parlava con Heaven, ovviamente senza ricevere risposte differenti da una risata o un gorgheggio.
Come un perdente, piuttosto che lavorare al pc e masticare numeri, avrei preferito andare di là e passare il tempo con Heaven, cullarla, giocare con lei.
Ma passare del tempo con Evelyne è fuori discussione, per cui ho rinunciato all'idea di passare la mattina con la piccola, mettendo da parte il lavoro.
L'unica volta che mi sono azzardato a sbirciare fuori, mi sono trovato di fronte uno spettacolo assurdo.
Evelyne teneva la bambina in braccio, dandole la merenda di metà mattina, il viso sporco di omogeneizzato di frutta. Eppure stava sorridendo a attorno a quelle due c'era come un'atmosfera brillante e dorata. Uno sfondo incantato che mi ha fatto sentire come se stessi avendo le allucinazioni.
Probabilmente ho usato troppo il pc e le stelline dorate che vedevo dietro quelle due sono una conseguenza diretta dell'aver fissato per due ore il monitor senza pause, ma ugualmente mi sono rintanato nuovamente nel mio studio, incapace di sopportare quella sottospecie di visione paradisiaca.
Poi è arrivato Trent Kendall, che ha dato una bella occhiata alla mia babysitter e ha tirato le sue conclusioni.
Ho cercato di non ridere, ma l'idea che potesse essere mia moglie era così ridicola che Evelyne è avvampata e riusciva a malapena a spiccicare parola.
Mi ha letteralmente fulminata con lo sguardo, mentre facevo di tutto per non riderle in faccia.
Quando poi l'ex militare ha capito di essersi sbagliato, ha dato una seconda occhiata a Evelyne e le ha detto di chiamarlo per nome, così, come se un attimo prima non fosse stata off limits nella sua mente.
Ammetto che questo repentino cambiamento mi ha infastidito e non poco, perché non è per nulla professionale guardare a quel modo una persona che sarà sotto la tua protezione.
Non c'è stato modo di trattare l'argomento, perché abbiamo parlato del sistema d'allarme da installare e delle misure preventive da prendere per evitare altri incresciosi episodi in grado di mettere qualcuno in pericolo.
Trent Kendall è, senza ombra di dubbio, un professionista e fino a quando siamo stati nel mio studio, il pensiero della sua mancanza di etica e del suo palese interesse nei confronti di Evelyne è passato in secondo piano. Dopotutto, se prova un interesse romantico nei confronti della tata di Heaven non è affare mio, non finché farà il suo lavoro in modo impeccabile.
Il preventivo per il sistema di sicurezza non è a buon mercato, ma è decisamente il più efficace in circolazione, con telecamere esterne che inquadrano la porta d'ingresso a 360° e comprende un sistema di chiusura elettronica che, in caso di forzatura, manda in automatico un segnale al mio cellulare e alla sua agenzia.
Ora rimane da valutare solo cosa fare a casa di Trystan.
Quando l'ho chiamato, mi è sembrato distante e mi ha detto di passare in qualsiasi momento, dato che lui era a lavoro.
Era evidente che, qualsiasi cosa lo angustiasse, non aveva nessuna intenzione di parlarne e ha chiuso la telefonata ancora prima che potessi chiedergli se andava tutto bene.
Quando siamo usciti dal mio studio, Trent Kendall ha dato il suo biglietto da visita a Evelyne, che gli ha sorriso gentilmente mentre cullava la bambina, praticamente addormentata tra le sue braccia.
Ce ne siamo andati in silenzio, ma non mi è sfuggita l'occhiata incuriosita della mia babysitter e il modo un po' patetico in cui l'ha guardata Kendall.
La visita a casa di Trystan è stata rapida. Essendo una casa piccola, il circuito da creare non è molto ampio, ma ci sarà da lavorare sulle finestre, per nulla sicure, e su un sistema di sicurezza per l'ingresso sul retro.
Abbiamo finito ugualmente ben oltre l'ora di pranzo ed ero fin troppo nervoso per tornare a casa, così sono andato a casa da mio padre.
Michael Sanders è un uomo per bene che ama il suo lavoro e lo sa fare alla grande.
Il materiale che sto visionando, al tavolo della cucina, ne è una prova.
Ci sono rendiconti bancari, verbali della polizia, dichiarazioni di persone che conoscono Patrick Mason e che non nutrono simpatia nei suoi confronti. Per quanto ci abbia provato, mio padre non è stato in grado di trovare qualcuno che ne abbia parlato bene e, guardando la foto segnaletica di quando è stato schedato, non posso che capire il perché.
Patrick assomiglia in modo impressionante a suo fratello Max, se non fosse che, al contrario di lui, ha il classico aspetto da cocainomane, con il viso giallastro, il volto scavato e degli strani cerci rossi attorno agli occhi infossati.
Il corpo è debole per i troppi anni di abuso di sostanze e nessun giudice al mondo affiderebbe una bambina in fasce ad un tizio del genere.
Non è palesemente capace di prendersi cura di se stesso nonostante abbia quasi trent'anni, non ha un lavoro fisso e non ha delle referenze per trovarsene uno.
L'unico motivo che mi viene in mente per la sua decisione di contestare il testamento, è avere accesso illimitato al denaro che la bambina ha ereditato.
Dubito che sia lui l'uomo che ha cerato di entrare in casa mia, perché quel poco che Evelyne ha visto non corrisponde alla foto.
L'uomo della fotografia, non ha decisamente le spalle larghe, dato che si potrebbe tranquillamente definire rachitico.
‹‹Ho già mandato tutta quella roba a tuo fratello, ma non penso che gli darà un'occhiata in giornata.››
Sollevo un sopracciglio, guardandolo a malapena.
‹‹Cosa intendi dire?››
Lo sento sospirare e sollevo la testa. Ha un'espressione tormentata.
‹‹Non riesce a mettersi in contatto con Alexa.››
Il primo pensiero è: se n'è andata di nuovo, ma il secondo è in contrasto con quanto appena pensato.
Alexa è venuta a pranzo domenica scorsa, ha cucinato per noi un pranzo decisamente sopra le righe e poi si è addormentata sul divano con Heaven tra le braccia e Alice che dormiva con un braccio sopra le sue gambe.
L'espressione di mio fratello, quando ha visto quella scena, non è descrivibile in nessun modo. È stato come se fosse stato colpito da un fulmine.
Sul suo viso c'era una tale tenerezza e così tanto amore che persino il mio cuore ha avuto uno scossone.
Trystan ha provato a prendere Heaven senza svegliarla, ma non c'è riuscito e lo sguardo che Alexa ha rivolto a mio fratello era colmo dello stesso sentimento del suo compagno. È bastato uno sguardo per capirsi.
Se non fosse stata molto presa da Trystan, Alexa non sarebbe mai venuta a pranzo da noi. Solo una cosa avrebbe potuto spingerla a sopportare le frecciatine di Tyrell e i nostri occhi puntati su di lei.
Se non lo amasse, non avrebbe mai fatto niente del genere, per cui sono sicuro che ci dev'essere una buona ragione per la sua "scomparsa".
‹‹Immagino che, da bravo stalker, sia passato a controllare a casa sua e al suo posto di lavoro.››
Mio padre annuisce, passandosi una mano sul collo, e muove la testa da un lato all'altro, probabilmente cercando di sciogliere i muscoli irrigiditi.
‹‹Già ed è piuttosto agitato. Ho provato a dirgli di non farsi prendere dal panico, dato che, a quanto pare, a casa sua è tutto in ordine, ma mi ha attaccato il telefono in faccia dopo avermi detto di tenere Alice per la notte.››
Non è da Trystan "scaricare" la responsabilità di Alice su nostro padre, per cui immagino che sia davvero agitato e incapace di mascherare ciò che sta provando.
Trystan è sempre stato molto emotivo e, quando si è innamorato di Alexa la prima volta, anche se allora non aveva ancora cambiato nome e si chiamava Julia Cavendish, non è riuscito a nasconderlo. Ha fatto di tutto per stare con lei e, in un momento di debolezza, troppo ubriaco per ricordarsene, mi ha raccontato che la famiglia altolocata di lei ha cercato di ostacolare la loro storia in ogni modo possibile.
In quel momento, mi ha stupito che fossero riusciti a superare quel genere di ostacoli e ancora di più che, dopo tutto quello, lei se ne fosse andata senza dire una parola.
Mi sembrava troppo strano.
A causa di alcune questioni legali, Alexa è tornata a New York a inizio anno per chiedere l'assistenza di Trystan, in quanto avvocato.
All'inizio ho pensato che fosse una pessima idea riallacciare i rapporti, soprattutto dopo il modo indegno in cui lei si è comportata, ma poi è saltato fuori che è stata tutta una manipolazione da parte della sorella di lei e di conseguenza i sentimenti di entrambi, così faticosamente tenuti a freno per ben sei anni, soffocati solo grazie alla rabbia e al dolore, sono tornati prepotentemente a galla.
Alexa ha fatto tutto il possibile per farsi perdonare da Trystan e da noi, che un po' eravamo diventati come suoi fratelli, per cui dubito seriamente che semplicemente abbia fatto i bagagli e se ne sia andata.
Sicuramente è successo qualcosa che l'ha obbligata ad allontanarsi, anche se non riesco ad immaginare cosa.
Pensare a quei due, così innamorati e così determinati, mi fa sentire patetico.
Mio fratello merita di essere felice e io ho la vita che mi sono scelto. Non c'è ragione di provare invidia nei suoi confronti.
Eppure, anche sapendo questo, non posso fare a meno di pensare che, forse, avrei potuto fare una scelta di vita differente.
Forse.
‹‹Sono sicuro che si sistemerà tutto. quei due si sono già persi una volta. Dubito che Trystan possa lasciare che ciò accada di nuovo.››
Torno a guardare i documenti e sospiro.
‹‹Lo penso anche io. Piuttosto. Come mai non sei a lavoro?››
Aggiorno mio padre sugli avvenimenti di ieri e vedo il suo volto scurirsi.
‹‹Hai fatto bene. Se Kohen ti ha consigliato questo Trevor Kendall, sono sicuro che è un tipo che sa il fatto suo. Tuttavia, starei più tranquillo se potessi fare qualche controllo.››
Trattengo una risata e lo guardo di sottecchi.
Mio padre adora controllare il passato delle persone. Dopo aver visto tante cose brutte, quando faceva il poliziotto, ora che è un investigatore, fa ricerche approfondite su tutte le persone che si avvicinano alla nostra famiglia.
Anche se non lo ha detto, sono sicuro che ha fatto un bel controllo anche su quello che Alexa ha fatto negli ultimi anni e, se volesse, potrebbe trovarla nel giro di un paio di ore.
Probabilmente sa già dove si trova.
‹‹Perché non glielo dici?››
Lui solleva un sopracciglio, facendo increspare la fronte.
‹‹A chi? Di cosa parli?››
‹‹Parlo di Trystan. Tu sai già dov'è Alexa, non è vero? Hai accettato di tenere Alice troppo facilmente.››
Lui cerca di dissimulare, ma il sorriso che non riesce a nascondere dietro un bicchiere ormai vuoto lo tradisce.
‹‹Papà?››
Lui fa una smorfia e appoggia il bicchiere con un tonfo.
‹‹Okay, hai ragione. Lo so. Ho fatto un paio di chiamate non appena Trystan ha attaccato il telefono in faccia. Non so perché non gli abbia detto nulla, ma so perché è lì. Se le cose non dovessero sistemarsi da sole entro lunedì, allora glielo dirò.››
Si passa una mano sul viso e improvvisamente mi sembra più stanco del solito.
‹‹Sono troppo vecchio per preoccuparmi di queste cose. Dovrei solo pensare a come passare gli anni della pensione e a godermi le mie nipoti. Ora che c'è anche Heaven nella nostra famiglia, potrei davvero pensare a ritirarmi e fare il nonno a tempo pieno.››
Involontariamente scoppio a ridere e mio padre mi guarda soddisfatto.
‹‹Ridi troppo poco Asher. Quando ti deciderai a smetterla di comportarti da perfettino e inizierai a vivere? Mi fai preoccupare.››
La risata mi muore in gola, mentre il disagio inizia a riverberarmi nelle ossa.
‹‹Non so di cosa stai parlando.››
Lui si siede di fronte a me ed è praticamente impossibile non guardarlo. Odio questo suo atteggiamento. Alle volte mi tratta ancora come un bambino e non sopporto quando mi "rimprovera".
‹‹Lo sai benissimo, invece. So che è stata dura quando tua madre se n'è andata e ti sono davvero grato per l'aiuto che mi hai dato. Sei stato un bravo figlio in quel momento, ma non serve che continui a nascondere quello che senti. Puoi smetterla di comportarti da fratello maggiore. La tua solitudine mi preoccupa.››
‹‹Non darti pena. Io sto bene.››
La mia voce suona più rude di quanto avrei voluto e mi maledico per non essere riuscito a prevedere il corso del discorso.
Se avessi immaginato che l'avremmo finita a parlare di me, di nuovo, avrei cambiato discorso o, meglio ancora, avrei tagliato la corda.
Alla fine sarebbe stato meglio se fossi tornato a casa.
‹‹Sono tuo padre, è normale che mi preoccupi. Seguirvi tutti e sette non è stato semplice e tu eri il più indipendente di tutti, quello che ha fatto di tutto per non farmi penare. Ho spesso l'impressione di non aver fatto abbastanza, ma non per questo ti voglio meno bene che ai tuoi fratelli. Da quando c'è Heaven, sei più felice, ma ti manca qualcosa, figlio mio e spero che un giorno tu possa sorridere sempre come hai fatto ora.››
Sento il calore salire su per il collo, ma mi rifiuto di distogliere lo sguardo.
‹‹Non so di cosa parli.››
Ho una tempesta dentro, una serie di sentimenti e pensieri che non so come gestire e che ho paura di analizzare, una moltitudine di cose che reprimo con la sola forza di volontà, per tornare a nascondermi dietro l'aria di pacata indifferenza che ormai mi contraddistingue.
Mio padre si alza, fissandomi con i suoi occhi scuri carichi di affetto e che mi dicono che, per quanto ci provi, non posso ingannarlo.
‹‹Forse no, Asher, ma tu di sicuro lo sai.››