L'inchiostro si sbiadì laddove caddero le mie lacrime. Rilessi la lettera altre due volte, poi la infilai nella mia borsa. Prima di iniziare a singhiozzare in mezzo al corridoio, entrai nell'ufficio di Jonathan e gli chiesi il permesso di prendere il resto del pomeriggio per sbrigare delle faccende personali.
"Va tutti bene cara?" Replicò lui con preoccupazione.
"Sì...è solo un imprevisto..."
"D'accordo. Se hai bisogno di qualunque cosa chiamami."
"Grazie John, sei il migliore." Uscii dal suo ufficio, mi infilai la giacca, acchiappai borsa e bouquet e raggiunsi di corsa l'ascensore. Sasha mi mandò un'occhiata interrogativa. "Ti racconto tutto dopo," le risposi in contemporanea con il tintinnio che annunciava l'arrivo dell'ascensore. Le porte argentee si spalancarono. Le persone accumulate dentro indietreggiarono per farmi spazio. Accennai ad un sorriso come segno di ringraziamento e mi posizionai in mezzo ad essi.
Mentre lasciavo l'edificio composi il numero di Cole e lo chiamai. Il mio cuore prese a battere più forte nell'attesa di sentire la sua voce. Dopo due squilli rispose. Pronunciò il mio nome e fu come ricevere consolazione in un momento in cui si cerca di soffocare il pianto.
"Hei...uhm..." La mia voce era un esile mugolo appena udibile. "Possiamo vederci?"
"Vieni a casa mia."
Riattaccai e salii sul primo taxi disponibile.
*
Quando mi trovai sotto il portico di casa sua, esitai a suonare il campanello. Ripensai alla freddezza tagliente con cui mi aveva respinta l'ultima volta che ero lì e, sebbene ora sapessi la ragione per cui mi aveva trattata in quel modo, mi chiesi se ero pronta a lasciare entrare nella mia vita un uomo che aveva il potere di distruggermi con facilità da un momento all'altro.
La mia coscienza si divise fra il lato codardo e scheggiato che voleva chiudersi in sé e non fidarsi mai più di nessuno e quello avventato e impulsivo, che invece mi spingeva con impazienza fra le braccia di Cole.
Inalai le rose e un'ondata di quite attraversò il mio corpo. Mi feci coraggio e suonai il campanello.
Non feci in tempo ad accigliarmi che la maniglia venne abbassata e la porta aperta.
Alzai gli occhi su di lui e un nodo si formò nella mia gola quando incontrai il suo sguardo. Occhiai profonde marchiavano il contorno occhi e il suo viso era più pallido e secco di quanto ricordavo. I suoi capelli erano raschiati, le guance lisce e un piccolo taglio da cui sporgeva una goccia di sangue secco venava il suo mento.
"Hei," ruppe il silenzio prima lui, con voce roca e profonda.
"Ciao..." farfugliai stringendo le dita attorno al bouquet. Per qualche incomprensibile motivo, quel semplice gesto mi diede sicurezza.
"Entra," mi invitò. Annuii ed entrai. Chiuse la porta alle mie spalle e mi condusse al suo salotto. Mi guardai attorno, nervosa dall'idea di essere a casa sua. Era la seconda volta che vi entravo. La prima era la mattina in cui ero svenuta dopo avergli rovesciato il caffè sui pantaloni. Arrossii imbarazzata dal pensiero. Quando alzai gli occhi su Cole e vidi il sorriso lieve sulle sue labbra, capii che aveva in mente lo stesso ricordo.
Cole si sedette e mi invitò a fare altrettanto sul divano adiacente al suo. Quando lessi la sua lettera, le sue confessioni, tutto ciò che volevo era correre da lui e abbracciarlo. Ora che ero qui la mia bocca era paralizzata e, all'improvviso, non sapevo più cosa volevo da lui.
"Grazie per le rose..." Farfugliai mentre appoggiavo il bouquet sul tavolino di fronte a me.
"Non è niente," disse con modestia. Mi sentivo in dovere di dire qualcosa, ma non sapevo che parole usare, o cosa pensare persino. La sua lettera aveva demolito tutte le menzogne in cui avevo vissuto fino ad allora, mi aveva esposta alla realtà di Cole, di Dom, di Rick...di mio fratello. Provai una stretta al cuore quando ripensai a lui e a quello che aveva fatto per tenermi al sicuro. In tutti quegli anni lo avevo guardato con pregiudizio e disapprovazione. Lo avevo rimproverato innumerevoli volte, gli avevo urlato contro, lo avevo insultato, gli avevo detto che i nostri genitori non sarebbero stati fieri di quello che credevo facesse. Mi morsi il labbro con forza e coprii il viso con le mani, poggiando i gomiti sulle ginocchia. I miei occhi bruciavano ancora dallo stillicidio di lacrime che avevo versato prima e la mia gola doleva ancora dai singhiozzi. Provai a parlare, ma niente se non un mugolo incomprensibile lasciò le mie labbra. Cole si spostò accanto a me, circondò la mia spalla con un braccio e mi attirò a sé. "So che è molto da digerire...non mi aspetto che tu sappia già cosa dire," sussurrò, il suo respiro una dolce carezza sui miei capelli.
"Non so perché sono qui," ammisi osando alzare la testa per incontrare i suoi occhi. Cole spostò una ciocca di capelli dietro al mio orecchio, poi sfiorò la mia guancia con le dita. Un tocco leggero, eppure pieno di affetto e riguardo. "Non devi per forza saperlo adesso..."
"Invece sì...cosa...cosa faremo?" Mi sottrassi a lui e mi alzai in piedi. Un'ondata di preoccupazione e ansia penetrò il mio stomaco come un pugno solido. Per un istante mi girò la testa e vidi tutto nero. Il mio respiro diventò affannato mentre una serie di pensieri angoscianti attraversava la mia mente. E se Nevarra scoprisse quel che i ragazzi stavano facendo? Se qualcuno si facesse male? Se decidesse di fare fuori Cole?
"Oh mio Dio...oh mio Dio!" Le mie mani iniziarono a tremare, le mie gambe diventarono molli. Cole mi afferrò dai gomiti prima che cadessi e mi resse su contro di lui. "Vi uccideranno....ti uccideranno!" Le parole uscirono inconsciamente dalle mie labbra mentre le mie mani si serravano attorno alla sua maglietta. "Cosa faremo? Come....come..." Non riuscii ad articolare il resto della frase. Scoppiai a piangere. In sottofondo Cole stava parlando mentre mi aiutava a sedermi di nuovo sul divano.
"Respira Layla," mi incitò. "Andrà tutto bene, respira." Imitai il movimento delle sue labbra. Inspirai ed espirai lentamente in contemporanea con lui.
"Cosa...cosa faremo?" Riuscii a dire, fissandolo in cerca di un segno di rassicurazione. Nei suoi occhi vidi il riflesso del mio orrore, della mia paura. Fu allora che lo capii: l'angoscia che provavo in quel momento era lo stato in cui doveva aver vissuto lui dalla scomparsa di suo padre.
"Ce la caveremo, Layla."
*
Cole mi preparò una tazza di té verde e restò accanto a me in silenzio a strofinare la mia schiena fino a quando l'attacco di ansia passò. "Mi dispiace...non prendo più le mie pillole e sono sotto l'effetto degli ormoni..."
"Oh no no...non devi giustificare quel che senti...non con me," rispose. Il suo sguardo scivolò lungo il mio ventre, il cui rilievo era appena individuabile attraverso la camicia bianca.
"Posso?" domandò prolungando la mano verso di me. Annuii. Cole poggiò il palmo sopra il mio stomaco e trattenne il respiro, incerto sul da farsi. La semplicità della sua euforia e nella sua incertezza mi fecero sorridere. Ero grata che non avesse creduto alla mia menzogna. "Quante settimane?"
"Nove."
"Come ti senti?"
"Ho le nausee mattutine, il seno fa così male che non riesco neanche ad allacciarmi il reggiseno, ho già messo su quattro chili e il mio umore è più imprevedibile del tempo...ma a parte questo, sto abbastanza bene..."
"Oh...mi dispiace," parlò con voce mortificata.
"Non ti dispiacere. Non è colpa tua."
"Beh....in realtà..." L'occhiata apologetica e imbarazzata che mi lanciò mi fece ridacchiare.
"Cole...mi dispiace per quello che ho detto l'altro giorno. E' stato immaturo e stupido da parte mia..."
"Eri ferita e arrabbiata...non ti biasimo."
"Grazie per non avermi creduto, ti sembrerà sciocco ma significa molto per me..." Cole annuii. Si chinò su di me e posò un bacio sulla mia fronte. Rimanemmo in silenzio per un istante, poi mi feci coraggio e posi la domanda che vacillava fra di noi da quando avevo messo piede lì dentro.
"E adesso che si fa?"
Altro silenzio echeggiò nella stanza. Cole alzò un sopracciglio e buttò lo sguardo su di me. "Non stavo scherzando quando ho detto che voglio sposarti."
"Cole...non è una decisione da prendere sul momento. Il matrimonio è una cosa seria."
"Io sono serio."
"Siamo realistici...come potrebbe funzionare? Come potremmo sposarci se ci parliamo un mese sì e un mese no? Se il tuo lavoro esige che tu corteggi un'altra donna?"
"Non durerà per molto Layla. Inoltre non la toccherei mai, pensavo di essere stato chiaro su questo punto..."
"Non è solo questo. Mi piacerebbe dire che la fonte dei nostri litigi derivi dal fatto che non ero consapevole del tuo segreto...ma ammettiamolo...siamo due persone rotte, sia me che te...io sono gelosa e mi lascio ferire dalle minime cose. Tu puoi essere crudele quando ti gira male, e diventi violento quando vedi un altro uomo approcciarsi a me...Ti amo Cole, Dio sa quanto ti amo e quanto fa male dire questo...ma sarebbe egoista metterci in mezzo anche nostro figlio...e Jamie..."
"Pensavo lo volessi tenere..."
"Ma certo che lo terrò! Quello è indiscutibile..." Abbracciai il mio ventre possessivamente. Sebbene fossi consapevole della mia gravidanza da poche settimane, amavo già il mio bambino e non vedevo l'ora di tenerlo fra le mie braccia e annusare il profumo innocente della sua pelle.
"Mi devi aiutare qui... non capisco come tu possa pensare che crescerlo insieme sarebbe peggio del fare a turno per prenderci cura di lui durante la settimana."
"Perché noi due insieme non saremo mai felici..."
Cole rimase in silenzio per un momento. Si massaggiò la tempia per un secondo e chiese, "Layla, perché fai questo?"
"Scusami?"
"Perché ci fai questo? Se hai bisogno di ostacoli per rendere più romantica la relazione-"
"E' esattamente di questo che parlo quando dico che io te non possiamo funzionare," Sbottai digrignando i denti. Feci per alzarmi in piedi, ma Cole afferrò il mio polso e mi costrinse a rimanere seduta. Mi lasciò andare all'istante e sbuffò. "Mi dispiace, non volevo-"
"Non lo vedi Cole? Non possiamo neanche avere una conversazione normale senza che uno dei due ferisca l'altro. Non è sano. Non per me, non per te...e sicuramente non lo sarà per lui o lei."
Cole chiuse gli occhi, sospirò. Si alzò in piedi e mi diede la schiena.
"Ti ho detto prima che non devi prendere una decisione adesso..." si voltò verso di me e mi fissò. "Ma qualcosa mi dice che lo sai già...quindi fammi la cortesia di essere sincera con me Layla Bell. C'è anche solo una piccola parte di te che è disposta a rischiare per darci una seconda opportunità?"
Abbassai lo sguardo sulle mie mani. Le mie dita erano intrecciate e i mie pollici giravano nervosamente uno attorno all'altro. Avrei voluto essere di nuovo l'adolescente avventata e spensierata che per amore avrebbe fatto qualunque cosa. Ma non ero più quella ragazzina. Ero un'adulta adesso. Una donna, una madre che non poteva più prendere decisioni basate soltanto sui propri desideri. Avevo giustificato il malfunzionamento del nostro rapporto per troppo tempo, ora avevo un buono presupposto per farlo di nuovo. Volevo farlo, ma non potevo. Non potevo aprirmi a lui sapendo già che, criminale o no, mi avrebbe rasa al suolo.
Capii finalmente perché ero qui. "Mi dispiace Cole...la tua verità non cambia la nostra situazione."