Cappuccetto rosso e il lupo [...

By Oldhineth

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Aria aveva solo undici anni quando ha scoperto di non essere una ragazza come le altre, ma non avrebbe mai im... More

Halloween
Trent
Prigioniera
Licantropi
Non scappare da me
Calengol
(Chiacchiere)
Cacciatore
Ti salverรฒ
Mia
Il marchio
Colpa sua
Stava per morire
Il dono
Il vampiro e l'immortalitร 
Rivelazioni
Compromessi
Quanti anni hai?
Voglio conoscerti
Ti sta mentendo
Paura
I ribelli
(Chiacchiere)
Solo due persone

Il piano

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By Oldhineth

Aprii gli occhi, cercando di mettere a fuoco quello che mi circondava, quando sentii un lamento alla mia sinistra.
Ero sdraiata sul terreno della grotta, accanto al fuoco che, ormai, si era quasi spento.
Massimo mi aveva chiesto se volevo dormire sul materasso su cui mi avevano sistemata all'inizio, ma gli e lo avevo ceduto volentieri.
Preferivo essere un po' più scomoda ma evitare una morte per asfissia, piuttosto che ritornare da quel vecchio materasso puzzolente.
Per un momento, quando sentii che la schiena e il collo emettevano rumori poco rassicuranti, mentre mi mettevo seduta, mi pentii di quella decisione.
Poi ricordai l'odore di morte e putrefazione e tutto ritornò al suo posto.
Mi spostai i capelli da davanti alla faccia, girandomi verso la fonte di quegli strani suoni e quasi ricaddi con il busto per terra di fronte alla scena che mi si parò davanti.
Il mantello di Cale, che intravedevo soltanto, a causa della fitta penombra che si era venuta a creare, si stava muovendo.
Era evidente che la fata si fosse risvegliata e stesse cercando di uscire.
Mi ricordò la nascita di un pulcino, che rompe l'uovo ed esce ad incontrare la mamma.
Solo che questa non era una nascita ma, piuttosto, una rinascita.
E... bé, di sicuro io non ero sua madre.
Sorrisi tra me e me, all'immagine della fata immortale che sole poche ore prima aveva tentato di strangolarmi, che mi guardava con occhi innocenti e cominciava a seguirmi fiduciosa.
Scossi la testa per scacciare quelle fantasie ridicole. Forse la carota che alla fine mi ero costretta a mangiare quella notte, mi stava dando alla testa.
O forse era quel mondo pazzo e senza logica in cui ero stata catapultata, che mi  stava mandando in pappa il cervello.
Sospirai, pensando che in ogni caso quello fu un risveglio positivo, per me.
Ciò che mi aveva detto Massimo era vero: Cale si stava svegliando. E questo mi assicurò un po' sul suo conto.
Che potessi davvero fidarmi di lui?
Pensandoci bene, mi aveva salvata quando ero solo una bambina, anche se di sicuro le sue modalità erano state tutto fuorché delicate; mi aveva raccontato dettagli importanti per capire le razze con cui ero venuta a contatto e, cosa più importante, aveva avuto l'occasione di farmi fuori più di una volta e non l'aveva sfruttata.
Certo, ero consapevole che se mi aveva cercata era perché gli servivo, ma per ora avrei potuto considerarmi quasi al sicuro.
Anche se era strano pensarlo se si fissava un bozzolo gigante pulsare e grugnire in una grotta.
Ripensai alle parole di Massimo, cercando di tranquillizzarmi, quando un senso di disagio mi invase.
La sera prima, mi aveva rivelato, tra le altre cose che non avrei dovuto temere Cale, una volta avvenuto il risveglio.
Secondo massimo era stata la fata stessa a chiedergli di ucciderlo.
All'inizio ero rimasta a bocca aperta per quella rivelazione ma, a quanto pareva, era una cosa ricorrente.
Ogni mese, con l'arrivo della luna piena, Cale impazzita e cominciava a bramare la morte di chiunque gli si avvicinasse. Diventava stupido e impulsivo, quindi qualcuno era sempre costretto a togliergli la vita.
Poi però, rinasceva in una sua versione leggermente più giovane e decisamente più equilibrata, mentalmente parlando.
Massimo aveva fatto cenno ad una maledizione, ma non aveva approfondito più di tanto.
Maglio così.
Non so se avrei retto altre rivelazioni.
Sobbalzai quando una mano ricoperta di pus si fece varco nel bozzolo e un odore di carne morta raggiunse le mie narici.
Di riflesso mi allontanai e, dopo aver testato il terreno alla cieca, recuperai con la mano il sasso appuntito che avevo raccolto la notte prima.
Era l'unica cosa che avevo trovato anche solo di vagamente minacciosa in quel posto e, anche se non era molto, mi sentii rassicurata quando la strinsi tra le dita.
Quando Massimo si era spostato nell'altra parte della caverna, dove c'era il materasso, mi ero ripromessa di rimanere sveglia e vigile, pronta a difendermi da qualsiasi attacco.
Della serie, fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.
Ma il mio piano era miseramente fallito quando la stanchezza aveva preso il sopravvento e avevo ceduto ad un sogno senza sogni.
Non ricordavo nemmeno di essermi addormentata ma immaginai che il sasso, nonché mia unica arma, era rotolato via in quel momento.
Mi rimproverai distrattamente per la mia debolezza e la mia stupidità, mentre continuavo a fissare un Cale in versione zombie che, emettendo suoni lugubri e gutturali, usciva dal mantello centimetro dopo centimetro.
Di fatto, pensai, sto assistendo ad un parto.
Rabbrividii.
«Max!» urlai a squarcia gola.
Non avevo nessuna intenzione di vedere quella scena da sola.
E se Massimo si fosse sbagliato? E se, risvegliandosi, la fata avesse comunque voluto farci del male?
Mi alzai con movimenti resi goffi dalla paura.
Calma, Aria.
Stai calma.
Indietreggiai cautamente e mi schiacciai contro la parete della grotta, mentre i miei occhi non abbandonavano nemmeno per un attimo la sagoma della fata.
Non che servisse a qualcosa, visto che a quella distanza non riuscivo a distinguere praticamente niente.
Solo i lamenti sempre più forti che emetteva Cale mi dicevano qualcosa sulla sua posizione.
«MAX!» provai di nuovo a chiamarlo.
Ma dov'era finito? Non mi aveva lasciata da sola con lui ver... «AHHHH!» urlai terrorizzata quando sentii qualcosa toccarmi la spalla.
Scattai all'indietro brandendo la mia arma improvvisata.
«Tranquilla ragazzina, sono io» mi comunicò una voce assonnata «mi chiami disperata e poi quando arrivo mi tratti come se fossi uno sporco vampiro... e hai lasciato che il fuoco si spiegasse!» mi rimproverò.
A quel punto gran parte della paura se ne era andata per lasciare il posto all'irritazione «scusa tanto, la prossima volta prenderò lezioni da un boy scout prima di farmi rapire... per la seconda volta» ironizzai.
«Buona idea. Sinceramente, sarebbe utile» promemoria: Massimo è fin troppo irritabile appena sveglio «soprattutto visto che le fate hanno bisogno di calore per rinascere. Se no vengono fuori... difettose» rabbrividii a quelle parole.
«Che vuol dire difettose?» chiesi, senza volerlo sapere davvero.
Massimo mi ignorò dirigendosi verso il fuoco.
Io, a quel punto spaventata da quello che sarebbe potuto succedere se il cacciatore non avesse scaldato come si doveva Cale, decisi di non disturbarlo con altre domande.

«Ma quanto ci vuole ancora?» domandai sull'orlo di una crisi di nervi.
«Hai mai provato a rinascere, ragazzina? Ti sembra una cosa così facile?» anche Massimo sembrava sempre più nervoso.
Evidentemente nemmeno un cacciatore era in grado di sopportare di buon grado ore e ore di grugniti, urla, pianti e lamenti.
Senza contare i movimenti a scatti che faceva ogni tanto la fata: ci facevano sobbalzare tutte le volte.
Per fortuna non riuscivo a sentire la sua sofferenza, perché altrimenti a quest'ora sarei già seriamente impazzita.
Anche quando Massimo aveva ucciso Cale non avevo provato nulla, ora che ci pensavo.
Forse era perché di fatto, era già morto più di una volta.
Mi chiesi se avrei avuto lo stesso distacco anche con i vampiri.
«Mai detta una cosa del genere. Mi chiedevo solo se sapessi quanto deve durare ancora tutto questo».
«No.» disse solo, arrabbiato.
«No?» insistei io.
«Esatto: no. Non so quanto manca, non mi sono informato sulle tempistiche, ma solo sulle modalità».
Volevo uscire di lì.
«Oh perfetto».
Massimo di guardò con rabbia, come se quella situazione fosse stata colpa mia.
Tipico.
Sbuffai.
«Usciamo» buttai lì.
«Sei stupida?» ok, mi stava facendo innervosire «non possiamo lasciarlo così, appena esce va ributtato in acqua!».
«Ok allora che ne dici se esco solo io?» mi alzo dal tronco su cui mi ero seduta per mangiare qualcosa «tanto non ti servo giusto? Basta che mi indichi la direzione e mi dai una torcia» indicai la legna ammucchiata in un angolo della stanza.
«Ah quindi credi che io sia stupido...» si alzò a sua volta, per fronteggiarmi.
«Senti, non ho intenzione di fare di nuovo la parte della prigioniera, ok? E se vuoi il mio aiuto credo tu debba darmi un po' di fiducia» ero davvero stanca di tutta quella storia.
Avevo sete, fame di qualcosa che non fossero tuberi e desideravo un bagno caldo con tutta me stessa.
«Non è così che funziona, ragazzina!» sentenziò «te ne andrai quando avremo messo a punto il piano».
Alzai le braccia in aria in un gesto spazientito «io non voglio questa stramaledetta vendetta, ok? Voglio solo vivere una vita tranquilla. Possibile che nessuno lo capisca?» quasi urlai, sempre più frustrata.
«Ah, non vuole la vendetta, lei. E che cosa succederà quando quelli che hanno ucciso i tuoi genitori ti verranno a trovare? Gli offrirai te e biscotti? Una collana di margherite?».
«Ma a cosa ti servo io, si può sapere? Guardami! Non so combattere, non sono né forte né veloce e di sicuro non ho qualche potere di distruzione di massa...» mi intristii appena, ammettendo ad alta voce, che non ero in grado di difendermi da sola.
«Ma sei la compagna dell'Alpha» mi ricordò con ovvietà.
«E da quando in qua si rapisce la moglie di un politico per fare accordi con lui?» forse era pazzo tanto quanto Cale.
«Il tuo adorato cagnolino deve dare alle fate la libertà perché loro mi aiutino a combattere quello che è anche il tuo nemico, ma credi che lo farà senza essere... stimolato?» ora il suo volto era distolto da un ghigno malefico.
Feci un passo indietro, incampando sul tronco e cadendo a terra.
Mi rialzai velocemente, ma d'un tratto mi accorsi che non avevo più in mano il sasso.
Maledizione!
«C-che vuoi dire?».
«Ci servi tu ragazzina. Vedi» mi illuminò «quando diventerai la Luna del branco, la regina, per così dire, avrai tanto potere quanto l'Alpha. Soprattutto se l'Alpha in questione... sparisse» mi si avvicinò lentamente «dico bene?».
«Vuoi ucciderlo?» sentii qualcosa di caldo scorrermi sulle guance ma non realizzai di cosa si trattasse fino a quando Massimo, ad un palmo dal mio viso, disse «non c'è bisogno di piangere, ragazzina. Ricorda che quello è lo stesso lupo che ti ha rapita e imprigionata. E poi, ti darò un grande potere» promise.
Io scossi la testa, ormai incapace di parlare.
Quello che diceva era vero.
Trent mi aveva portata via da tutto quello a cui tenevo: i miei amici, la mia famiglia, dall'università e il mio futuro.
Ma aveva anche cercato di proteggermi quando Calengol era apparso dal nulla, nel bosco. Ed ero certa, anche se non sapevo bene il perché, che mi stava cercando anche in quel momento.
Poi c'era quella strana emozione che mi destabilizzava e mi squoteva. Qualcosa che provavo solo quando ero con lui.
Magari non volevo rimanere con lui, ma non desideravo la sua morte.
E non desideravo il suo potere.
«Io non sono un licantropo» singhiozzai dopo un po', nel tentativo di far rinsavire l'uomo.
«Lo diventerai» lo disse con sicurezza, come se fosse scontato.
«Che?».
«La licantropia si trasmette, sai?» m'informò «e scommetto che dopo la tua breve scomparsa, la prima cosa che farà quando ti vedrà, sarà proprio trasformarti per renderti più forte».
Avevano programmato tutto.
Nei minimi dettagli.
Continuai a fare di no con la testa, guardandolo con occhi spaventati «io non vi aiuterò a fare questo».
«In effetti sembri determinata» si fece riflessivo «ma esiste anche un piano b, mia cara».
Non diedi segno di voler intervenire, quindi continuò «ora siamo in un posto... possiamo dire, protetto? E non ti può percepire. Nessuno di loro può. E tu non puoi uscire. Si tratta di un incantesimo molto intelligente, sai? Chi non sa la strada non può trovare l'uscita. Mai. Vagheresti per la grotta a vita, se provassi a scappare da noi».
Deglutii a disagio.
«E quindi?».
«E quindi, ti potrei fare qualsiasi cosa» sussurrò, avvicinando il viso al mio «e il tuo lupacchiotto pagherebbe qualsiasi prezzo, ci scommetto, per riaverti».

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