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Celine strizzò gli occhi, percependo la tequila bruciarle nella gola. Aveva perso il conto dalla quarta ed era sicura di aver passato il limite. Sentiva sempre quelle dannate fitte allo stomaco, quell'orribile dolore, e non sapeva più che fare. Stava soffocando e voleva solo stare meglio.
Voleva che lui la facesse stare meglio. Invece, si trovava in un bar ad affogare i dispiaceri nel suo buon vecchio amico, El Patron. E in un certo senso riusciva a sentire un po' di sollievo.
"Lo odio." Si lamentò ordinando un altro giro di shottini. Il barista le rivolse uno sguardo contrariato, ma lei lo ignorò solamente, appoggiando il peso del viso sul palmo della mano. Lui non capiva cosa potesse rattristare una ragazza tanto bella, ma facendo quel lavoro, nel corso degli anni, aveva imparato a non giudicare mai un libro dalla copertina.
"Sei mai stato innamorato?" Celine domandò di punto in bianco, sbattendo il bicchierino ormai vuoto sul marmo duro. Il barista annuì. Certo che era stato innamorato, anzi, lo era ancora, "Una volta anche io." Mormorò lei, dando voce al flusso dei suoi pensieri e bevendo subito dopo un altro sorso di liquore. Lui aggrottò la fronte.
"E guarda dove mi ha portato." Aggiunse, le palpebre iniziavano a farsi pesanti e si stava sforzando di tenerle aperte in ogni modo. Gli occhi lucidi e selvaggi, "Vorrei quasi non averlo mai incontrato."
Il barista non disse niente, ma le versò altra tequila. Aveva ascoltato centinaia di storie di cuori infranti, ma questa volta era diverso. Celine aveva un cuore grandissimo, che sanguinava dalle ferite ancora aperte e implorava di ricongiungersi al suo pezzo mancante.
E quel pezzo mancante era Paulo.
La ragazza sospirò, desiderando fosse vicino a lei, in quel momento, "Lo amo ancora." Sussurrò.
L'uomo guardò verso la bottiglia mezza vuota, decidendo mentalmente se versargliene ancora l'avrebbe aiutata a stare meglio, "Non lo odiavi?" Chiese, pulendo frattanto il bancone.
Celine gettò la testa all'indietro scoppiando a ridere. Gli occhi marroni lo fissavano intensi. Lui non doveva capire nemmeno un po' cosa fosse l'amore. Lei al contrario lo sapeva bene; era questa montagna russa, che nel suo caso si trovava da tempo in un punto fermo, ma quando capitava che scendesse, in discesa – era una delle migliori sensazioni che qualcuno potesse mai provare, "È così che funziona l'amore," Aveva pronunciato le stesse parole con Luca, un giorno di qualche tempo prima, "Gliela fai passare liscia anche quando è colpa loro."
E lui rimaneva lì, sforzandosi di ascoltarla senza però riuscire ad immedesimarsi troppo in lei e in ciò che provava. Non capiva quanto fosse ferita la donna seduta di fronte a lui. Che stava affogando se stessa in un liquido amaro, permettendogli di essere il veleno di cui aveva bisogno, "Quindi che farai?" Chiese, cauto, continuando la conversazione.
Celine ingoiò il sapore di acido che l'aveva nauseata, sentendo un'orribile sensazione di vomito, ma bevve ancora, "Mi allontanerò da lui."
Il barista scosse la testa, "Perchè?" La osservò, "Stai bevendo per lui, e ti vuoi allontanare?"
Lei non rispose. Ma bevve il milionesimo sorso di tequila, passando le dita sul bordo del bicchiere, su cui era rimasto un po' di sale, "Ho aspettato per tutto il tempo una sua chiamata." Confessò, fissando il vuoto di fronte a sé. Aveva trascorso alcune notti senza dormire, sperando che da un momento all'altro si facesse vivo per scusarsi, nel bel mezzo della notte, per pregarla di concedergli un'altra possibilità. Non l'aveva fatto, "Sto ancora aspettando una sua chiamata."
Il barista versò finalmente l'ultimo goccio di liquido nel bicchierino e poi chiuse il bar per quella notte. Erano passate ore, intanto, da quando il bar era stato chiuso ma Celine era ancora lì, "Vai a casa." Anche se giovane, lui qualcosa sapeva dell'amore, sapeva come molte volte tutti i problemi derivassero solo da stupide questioni di orgoglio, "Vai da lui. Una volta ho letto che se è destino tutto si risolve. Ma tu devi lasciare che ciò accada."
Celine scosse la testa, "È troppo rischioso." Dichiarò. Aveva troppo da perdere, "Perderei."
"Perderesti comunque." Rispose lui a tono. Prese poi gli ultimi bicchieri di plastica vuoti rimasti di fronte a lei, per buttarli, bicchieri che non le avevano affatto migliorato l'umore.
Celine, d'un tratto, si alzò, cercando la borsa. Se avesse dovuto rischiare tutto ciò che aveva per qualcuno, lo avrebbe fatto per Paulo. Era persino disposta a distruggere se stessa se ciò significava riaverlo al proprio fianco.
Il barista sorrise, asciugando il bancone con un panno, mentre lei tremava sui tacchi a spillo che indossava, "Qualunque cosa accada, so che siete fatti l'uno per l'altro." Gridò abbastanza forte, affinchè lo potesse sentire.
Lei si voltò di scatto, rischiando seriamente di perdere l'equilibrio e cadere a terra. Le sopracciglia corrugate in un'espressione di pura confusione, "Che intendi?" S'incupì un po'.
Lui alzò le spalle, mettendo a posto alcune bottiglie, "Hai uno sguardo particolare negli occhi." Rivelò, "Quando parli di lui. È uno sguardo sincero, innamorato."
Celine sospirò profondamente e se ne andò. Le notti si stavano facendo sempre più fredde a Torino, mano a mano che Dicembre si avvicinava. Appoggiò i palmi della mani contro un muro e si sfilò una scarpa, poi l'altra. Cominciò a camminare lentamente sul marciapiede gelido, le dita della mani che accarezzavano gli edifici.
Iniziava a pentirsi di aver bevuto in quel modo, ma era sembrata una buona idea, all'inizio.
Dopo una decina di minuti si fermò ed inciampò di fronte al suo portone. Attese qualche secondo e bussò, un attimo dopo essersi ricomposta. Sperava che non le avrebbe aperto Salomé, l'ultima cosa che voleva era che sua figlia la vedesse in quello stato.
E invece aprí lui.
In piedi sull'uscio e senza maglietta, con le mani intente a sfregare via il sonno dagli occhi. Lei non sprecò neanche un secondo e lasciò che le lacrime le cadessero libere sulle guance, mentre si avvicinò a lui e prese a colpirgli il petto con dei leggeri pugni.
"Ti odio." Pianse, e Paulo si lasciò colpire, facendo in modo che si sfogasse nel modo che preferiva. Lasciandosi ferire come lui aveva ferito lei anni prima. Dopo un po' Celine smise e si abbandonò a terra, singhiozzando ancora più forte.
"E invece dopo tutto questo tempo non ci riesco, ad odiarti." Paulo si inginocchiò e la circondò con le braccia, "Perchè non mi hai chiamata?" Domandò lei.
"Io–" Paulo non riusciva a trovare le parole per spiegarle che sì, avrebbe voluto chiamarla, ma che ogni volta che ci provava, si bloccava. Si pentiva di averla lasciata andare, "Non sarei riuscito a sopportare di sentire quanto fossi distrutta."
Celine cessò finalmente di piangere, rimanendo con il respiro affannato. La testa appoggiata al petto di Paulo come anni prima, "È tutta colpa tua. Non sarei mai dovuta entrare in quel supermercato. Non avrei mai dovuto incontrarti."
"L'unica cosa di cui mi pento io è averti fatto del male." Sussurrò lui, "Non mi pento di averti amata. Tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata e ora mi hai regalato Salomé, la mia felicità." Celine alzò lo sguardo, incontrando il suo. Voleva baciarlo, fare l'amore con lui, tutto in quel preciso momento.
"Non me lo sono mai tolto." Mormorò lei, sollevando un dito in modo da mostrargli l'anello che le aveva regalato per il suo compleanno, "Ho mantenuto la promessa."
"Ti amo fino alla luna e indietro, e intorno al mondo e indietro?"
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Come promesso, ho aggiornato, e l'ho fatto precisamente nell'intervallo di una Juve - Bologna che mi fa stare già malissimo, in termini d'ansia.
Speriamo bene! Fino alla fine. ❤️
Comunque spero il capitolo vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate, al solito.
Muchos besos,
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