<ho visto la fine di tutto questo.> esordì Alina in un soffio.
Era seduta accanto ad Erik da diverso tempo ormai. Avevano mantenuto un religioso silenzio da quando erano rimasti soli nel santuario. L'erba fresca le solleticava le piante dei piedi ancora nudi, il resto del corpo avvolto da un abito immacolato che qualcuno le aveva lasciato. Il costante scrosciare dell'acqua aveva lentamente portato la pace nei loro cuori, ma la mente, insensibile alla sacralità di quel luogo, era ancora in tumulto. Qualcosa della visione che aveva avuto l'aveva turbata nel profondo, lasciandole una ferita invisibile ma non per questo meno dolorosa.
<cosa hai visto?> chiese Erik con voce grave.
Anche nel suo animo albergava da tempo la sensazione che qualcosa di terribile e irreversibile fosse sul punto di accadere, ma nell'ultimo periodo aveva attribuito quel dolore sordo in fondo al cuore alle condizioni di Alina.
<ho visto cenere, morte e la fine dell'albero del Silenzio.> rispose semplicemente lei. Non aveva la forza di aggiungere altro né di rivivere quella visione, nemmeno per il tempo necessario a raccontarla.
<Possiamo fare qualcosa per fermarlo?> chiese lui dopo alcuni istanti di silenzio.
<non ne ho idea. Ho visto tante cose da quando ti conosco ma non tutto ha portato a qualcosa di concreto. Non so nemmeno se questo si avvererà o se è solo una delle possibilità.>
La voce che aveva concluso la sua visione continuava a risuonarle nella testa. Poteva salvare una sola vita in tutto quel caos di morte, ma a cosa sarebbe servito salvare uno di loro se tutto il resto del mondo fosse piombato nell'oscurità? C'era forse qualcuno, tra i cadaveri sparsi sul terreno, che aveva il potere di invertire il corso degli eventi? Cercò di riportare alla mente i volti indistinti dei cadaveri, ma una nebbia circondava i suoi ricordi e nessun volto le saltò agli occhi.
<dobbiamo proteggere l'albero, impedire che i Bianchi vi si avvicinino. Sono certa che la creatura del mio incubo è parte delle loro fila. Se quell'essere raggiunge l'albero per noi è la fine.> la voce le si ruppe e una singola lacrima bollente le solcò il volto.
Erik la strinse a sé con tutte le proprie forze, ma il suo sguardo era lontano.
<non ho lottato fino a questo punto per perdere tutto adesso.> ringhiò a un soffio dal suo volto. Gli occhi nuovamente infiammati da un lampo di verde. <darei la mia vita per farti vivere nel mondo che meriti.> dichiarò, mortalmente serio.
I loro sguardi si incatenarono. Incapaci di pronunciare altro, si abbandonarono al brivido che andava crescendo dentro di loro. Le loro labbra sigillarono quel voto solenne. Le dita sfiorarono la pelle bollente, liberandoli da ciò che ancora li separava. I respiri si fusero, senza lasciare più spazio alle riflessioni. In quel momento, sull'erba umida, accompagnati solo dal dolce canto dell'acqua, abbandonarono ogni preoccupazione. Ogni timore scomparve. Non esisteva più differenza tra il corpo dell'uno o dell'altra giacché erano fusi per la prima volta in un unico essere; le loro dita intrecciate, come lo erano state le loro anime fin da principio. Nonostante gli occhi chiusi furono in grado di vedere e memorizzare ogni dettaglio l'uno dell'altro. Le labbra si abbandonarono alla scoperta di nuove sensazioni, percependo il battito del cuore altrui come se fosse il proprio. Si strinsero l'uno all'altra, lasciando il mondo e il destino al loro buio poiché quel momento sarebbe appartenuto per sempre soltanto a loro.
Si addormentarono stretti in un abbraccio, usando gli abiti come una coperta. La luce rossa del sole al tramonto li accarezzava dolcemente, dipingendo ombre morbide dove i loro corpi restavano ancora un tutt'uno. Non ci furono incubi né visioni quella notte, solo il placido riposo di chi dorme tra le braccia dell'amato.
Erik si svegliò assieme al sole. Ancora immerso nel torpore del sonno osservò il cielo schiarirsi lentamente. Assieme a lui si svegliò la foresta, con i suoi suoni e i suoi odori. Nonostante tutto attorno a lui gli suggerisse un risveglio sereno, qualcosa nel suo istinto gli suggeriva di muoversi in fretta. C'era un'urgenza nell'aria, come se qualcosa di importante fosse in atto in quel momento. Si voltò verso Alina, che riposava ancora serena tra le sue braccia. Le accarezzò il volto dolcemente, finché non vide le sue palpebre tremare leggermente.
<l'assemblea comincerà a breve. Dobbiamo andare.> le sussurrò a malincuore.
Una parte di lui avrebbe voluto restare in quel luogo sacro per sempre, lontani da qualunque turbamento. La parte più razionale del suo animo però, sapeva bene quanto irrealizzabile fosse quel desiderio. Quella guerra era la loro guerra. Lo era stata sin dal principio. Ciascuno di loro, così come ogni creatura incontrata fino a quel momento, poteva essere la pedina decisiva sulla scacchiera. Pensarla in quel modo non giovava certo al suo umore, ogni istante più tetro, ma gli forniva una valida motivazione per rivestirsi e presentarsi davanti al suo popolo.
Alina aprì gli occhi del tutto, puntandoli direttamente in quelli verdi del ragazzo. La sua espressione si indurì rapidamente. Avrebbe voluto abbandonarsi ai ricordi della notte appena trascorsa, risvegliarsi accanto alla persona amata e continuare a sognare ancora per un po'. La guerra però non attende nessuno, nemmeno gli amanti.
Si rivestirono rapidamente, senza parlare. Quando i loro sguardi si incrociarono nuovamente videro il proprio rimpianto riflesso negli occhi dell'altro. Alina sfoggiò un mezzo sorriso, sospirò e tese la mano al ragazzo.
<Andiamo.> lo incitò.
Il luogo scelto per l'assemblea era la grande arena dove Alina e Karis si erano affrontate. Parte delle gradinate era crollata a seguito dello scontro e il terreno era ancora smosso. Tutt'attorno si era radunata una gran folla. Non solo le Furie stavano prendendo parte all'evento. Sulle gradinate più in alto si distinguevano chiaramente le ninfe dalla pelle diafana. Portavano tutte i capelli acconciati in piccole treccine decorate da ciò che il loro ambiente di provenienza poteva offrire. Alcune indossavano corone di fiori, altre piccoli fermagli di gemme. Qualcuna aveva fili di perle tra le ciocche, altre piume e artigli.
Accanto a queste sedevano i rappresentanti del piccolo popolo, eternamente giovani nel loro aspetto infantile. La durezza del loro sguardo tradiva però la durata della loro permanenza sulla terra.
Lungo l'anello più esterno, stavano in piedi con fierezza i più grandi guerrieri che la foresta aveva mai generato: i centauri. Metà uomini metà cavalli, come nella leggenda, indossavano archi a tracolla sopra il petto nudo. I capelli lunghi erano tenuti fermi da fermagli di osso. Gli zoccoli duri come diamanti cozzavano contro la roccia degli spalti. Il colore del mantello rifletteva quello di barba e capelli, ma gli occhi erano tutti di un verde scuro e profondo.
Alina, nel rientrare in quell'arena ed essere nuovamente al centro dell'attenzione generale, fu attraversata da un brivido gelido. Questa volta però, c'era la mano calda di Erik a stringere la sua e a darle coraggio.
Entrarono insieme nell'arena, facendosi forza l'un l'altra mentre seguivano la regina verso il centro. Al loro ingresso calò il silenzio.
<La nostra foresta è stata illuminata dall'ingresso di uno spirito antico e benevolo.> esordì la regina, sorridendo. <Vi ho riuniti qui oggi, perché dopo decenni di assenza, una Eir ha fatto la comparsa tra le nostre fila.> annunciò. Mentre un brusio si levava dalle file più in alto, la donna si voltò verso Alina, tendendole la mano.
Quel gesto apparentemente così caldo, provocò nella ragazza l'ennesimo soffio di gelo. Quel sorriso aperto era più simile ad una chiostra di zanne. Quel braccio teso aveva in fondo gli artigli.
Alina non si lasciò prendere dal panico. Aveva affrontato la più temuta guerriera delle Furie, e aveva vinto. Sapeva bene inoltre, di non essere tornata in quell'arena per combattere, ma per mediare. Lanciò uno sguardo ad Erik, e ricevette conferma che la minaccia che aveva davanti non era quella più imminente. Solo allora, con una maschera di sicurezza, occupò il centro della scena.
Non ci fu sguardo che non fosse puntato su di lei. Ogni paio di occhi cercava in lei qualcosa: una conferma, una debolezza, una dimostrazione.
Quando il terreno ai suoi piedi cominciò a coprirsi di erba, come un lago si copre di increspature se un sasso ne colpisce la superficie, il brusio si zittì.
<Ognuno di voi sa, nel profondo, perché sono qui oggi.> esordì la ragazza con voce ferma. <il cuore del nostro pianeta è minacciato da un'oscurità viva e reale. Ha artigli, zanne e diventa più forte ogni giorno che passa. Vive nelle città degli uomini, tenendoli schiavi e ingrossa le sue fila con figli e alleati.>
Nel silenzio, Alina osservò i presenti in volto, uno per uno. Prese del tempo per memorizzare almeno un particolare di ciascuno di loro. Sentiva su di sé il peso della richiesta che stava formulando e non poteva esimersi dal sentirsi in debito.
<Ad ognuno di voi ora chiedo di abbandonare la pace e la sicurezza della foresta per combattere al nostro fianco contro una minaccia la cui entità va ben oltre le nostre più oscure previsioni. Chiedo alle famiglie di dividersi, ed a ciascuno di rischiare la vita al fianco di sconosciuti, tutto questo per lottare per la sopravvivenza dell'intero pianeta.> fece un'altra pausa, mentre le voci si sollevavano nuovamente dagli spalti. Le espressioni grevi sul volto degli astanti riflettevano e amplificavano la sua preoccupazione.
<senza l'Albero del Silenzio la foresta non vivrebbe, le creature che come me e come voi hanno la sua linfa nel sangue non sopravvivrebbero molto più a lungo. I Bianchi daranno la caccia ad ognuno di noi, sia che ci si arrenda sia che si combatta. Allora vi chiedo di tentare, di rischiare e di prendere posizione per nutrire l'unica speranza che abbiamo.> concluse.
La platea esplose. Un'accozzaglia di voci e di suoni riempì l'aria, sovrastando anche il volume dei pensieri. L'agitazione era palpabile.
Alina si voltò verso Erik, in cerca di sostegno.
Il ragazzo osservava la folla con il volto impassibile. Teneva la mascella contratta e il suo sguardo vagava tra le file delle Furie cercando di indovinare che direzione avrebbe preso la situazione. Era ben consapevole che senza le alleanze che stavano tentando di formare, la resistenza sarebbe crollata ancora prima di vedere la luce. Confidava nello spirito di sopravvivenza dei singoli più che in uno spirito di comunità. Nella foresta vige da sempre la legge dell'uno: ognuno sopravvive per sé e da sé. Sperare che tanti popoli diversi e spesso nemici si stringessero attorno ad un'unica causa era pura utopia.
<chi siamo noi per chiedergli di offrire le loro vite in questa guerra?> domandò la ragazza all'improvviso.
La sua voce era così bassa che in tutto quel trambusto fu difficile per lui comprendere le sue parole. Non si era posto quella domanda. Non aveva scelto il posto di leader ma da quando si trovava ad occuparlo non si era mai posto quel problema.
<La guerra è nostra quanto loro. Non siamo noi a chiamarli alle armi ma il loro istinto di sopravvivenza. Noi stiamo solo accorciando i tempi.> si limitò a rispondere con una calma glaciale.
Lentamente il caos andò scemando. Sui volti dei presenti era dipinta una rinnovata preoccupazione. Gli sguardi scuri erano tutti puntati verso il centro dell'arena, in attesa. Ciascuno aveva preso la propria decisione. Il silenzio tombale che a poco a poco scese sulla platea sottolineò la solennità del momento. Quei volti, quei battiti, quelle anime, stavano scrivendo un'altra pagina di storia.
<l'assemblea ha votato.> annunciò la voce limpida della regina.
Erik strinse la mano di Alina, attirandola al proprio fianco. Qualcosa nell'aria lo rendeva ogni istante più teso.
<i rappresentanti delle tribù si facciano avanti.> ordinò la donna.
Dalla platea si levarono in piedi otto figure, una in più di quante ci si sarebbe aspettato. Le Furie quel giorno, per la prima volta, avevano due rappresentanti distinti: un maschio sulla quarantina, con il volto tagliato da tre segni di artigli, e una giovane femmina con la metà dei suoi anni e gli occhi color dell'acciaio.
<il nostro popolo è diviso, figlio mio.> fece notare la donna, volgendosi verso Erik. <proprio come tra noi due esiste una spaccatura insanabile nonostante tu sia parte di me, così oggi le Furie si dividono.> continuò.
Il volto di Erik assunse il colore della roccia. Era evidente come non avesse calcolato quella situazione e quanto questa lo mettesse in difficoltà.
<non fartene un cruccio Erik, è nella natura delle cose.> gli disse con un sorriso. <i giovani hanno sete di conoscenza e vogliono correre sulle loro zampe, gli anziani vogliono proteggere ciò che hanno costruito perché così esisterà sempre un luogo dove i loro piccoli potranno tornare.> aggiunse a bassa voce. Il tono dolce amaro lasciava chiaramente intendere come sarebbe finita la votazione quel giorno.
<mia signora.> a prendere parola era stato l'uomo col volto sfregiato. La sua voce era profonda e spiccava sugli altri per il fisico possente. <mia signora, non tutte le Furie desiderano unirsi a questa guerra. Alcuni di noi hanno già versato sangue a sufficienza per difendere i nostri domini sulla foresta e non desiderano altro che terminare i propri giorni in pace. Siamo per natura un popolo fiero e bellicoso, ma non siamo sprovveduti. Questa guerra è persa in partenza. L'esercito dei Bianchi va oltre ogni aspettativa e hanno già dimostrato di essere in grado di piegare altri popoli alla propria volontà senza troppi sforzi.> dichiarò con la massima calma.
Un brusio di approvazione si levò dalle prime file, mentre il gelo andava espandendosi su tutte le altre.
<nonostante ciò, noi combatteremo.> annunciò un'altra voce. La ragazza dagli occhi grigi si fece avanti, e con lei si mossero i volti di tutti i giovani membri del branco. <A rischio c'è il futuro di tutti noi. La nostra vita e la nostra libertà sono in gioco come mai prima d'ora. Siamo stati addestrati a combattere, siamo cresciuti nel sangue e nella polvere perché è parte dello spirito dl nostro popolo. Ora abbiamo udito la chiamata alle armi e non rinunceremo. Se anche questo fosse un conflitto dal risultato certo è nostro dovere almeno tentare. Non potrei più guardare il mio riflesso negli occhi se mi arrendessi senza lottare. Venderemo cara la pelle e difenderemo l'Albero con le nostre stesse vite perché possa esserci un futuro per tutti.>
Le sue parole, pronunciate con sicurezza crescente, infiammarono la folla. Negli occhi dei più giovani brillava la smania febbrile che accompagna una nuova impresa.
Erik fremette. Sulle sue spalle era appena stato caricato il peso di guidare tutti i giovani del suo branco. Aveva in mano tutte le loro vite e improvvisamente sentì la necessità di doverli proteggere. Li guardò negli occhi e chinò il capo, prendendo atto delle proprie responsabilità nei loro confronti.
<combatteremo anche noi.> annunciò lapidaria un'altra voce profonda dalle file più lontane. <i centauri onoreranno l'alleanza che vige tra i nostri popoli. Combatteremo al fianco delle Furie e di quanti si uniranno a loro.>
A farsi avanti era stato un centauro più giovane di quanto ci si sarebbe aspettato. A giudicare dal volto privo di rughe o cicatrici doveva avere non più di trent'anni. Il mantello palomino rispecchiava il biondo grano dei capelli e ella barba curata. I muscoli guizzavano sotto la pelle ad ogni suo movimento e gli occhi tenevano lo sguardo ben fisso in quelli di Alina.
Qualcosa in lei si agitò. Era come se ogni suo segreto, ogni sua paura fossero stati esposti alla luce del sole. Lo sguardo profondo del centauro sembrava voler scavare a fondo nella sua anima.
<I nostri occhi vedono a fondo, le nostre orecchie sentono ogni fruscio.> le disse, come a rispondere ad una sua domanda inespressa.
Sembrava che in quel momento ci fossero soltanto loro. Tutto il resto era coperto da un velo di nebbia grigia. Il verde scuro di quegli occhi brillava in profondità, attirandola fino a farla annegare, completamente inerme.
Un ringhio basso e familiare spezzò l'incantesimo.
<Lascia andare la mia compagna.> la voce di Erik era mutata dalla parziale trasformazione del volto. Le zanne erano in bella mostra e gli occhi erano completamente verdi.
<non ti sembra un po' scortese rivolgersi così ad un alleato?> lo schernì il centauro, sorridendo apertamente.
<non ti sembra un po' scortese frugare nella coscienza di qualcun altro senza permesso?> ribatté Erik, invertendo la trasformazione. Sorrideva.
Alina fece passare lo sguardo dall'uno all'altro. L'improvviso cambio di direzione dell'atmosfera l'aveva lasciata interdetta.
<non dovresti guardare un centauro negli occhi, mia cara.> le si rivolse il biondo. <non riusciamo proprio a trattenerci dal curiosare nelle menti altrui.> le rivelò con un sorriso. <per fortuna io e il tuo cavaliere abbiamo cacciato insieme molte volte, altrimenti avremmo rischiato un incidente diplomatico.> scherzò.
Alina guardò Erik in cerca di conferme. Aveva un'espressione confusa sul volto. Un altro tassello del passato del giovane le era stato servito davanti senza che lei nemmeno se ne accorgesse. Per di più i due riuscivano a scherzare anche in un momento così solenne e questo la mandava ancor più in confusione.
Erik ricambiò lo sguardo con un mezzo sorriso impertinente. Guardandola in quel momento non poteva far altro che sorridere divertito.
<Alaric è un mio vecchio compagno di avventure.> le spiegò. <durante i periodi che ho trascorso con le Furie ci siamo visti spesso e siamo cresciuti insieme. Si può dire che la nostra amicizia non proprio convenzionale abbia spinto i nostri genitori a stringere un'alleanza storica.>
Sembrava orgoglioso di aver raggiunto quel risultato. A giudicare dal modo in cui i due si comportavano e si rivolgevano l'uno all'altro, il loro rapporto doveva essere solido.
Alina fu felice di poter annoverare un altro volto amico tra i propri alleati. I centauri sono ottimi guerrieri, prudenti e coraggiosi al tempo stesso, pensò. Sono leali e affidabili, in sintesi degli alleati preziosi.
<la prossima volta ti prego di chiedermi apertamente ciò che vuoi sapere.> si rivolse ad Alaric con tono informale. <sarò ben felice di rispondere.> concluse con un sorriso.
Il giovane centauro si inchinò su un anteriore, con lo stesso sorriso impertinente che aveva illuminato il volto di Erik.
Scese nuovamente il silenzio. Mancavano ancora cinque voci all'appello: quattro rappresentanti delle ninfe, ognuna per una zona diversa della foresta, e un rappresentante del piccolo popolo. Avevano assistito al siparietto con interesse, studiando i tre senza proferire parola. I loro sguardi taglienti non erano sfuggiti a nessuno dei presenti. Nonostante l'atmosfera si fosse fatta più leggera per qualche istante, le loro espressioni erano rimaste solenni.
<il nostro è un popolo pacifico.> esordì la prima rappresentante delle ninfe. Occupava un posto all'estrema destra dell'arena. Stava in piedi sopra una grossa radice sporgente diritta come un fuso. I capelli acconciati in treccine erano adornati da una ghirlanda di edera dalle foglie verde scuro. Il taglio allungato degli occhi le conferiva al suo sguardo un tocco ancora più profondo. A guardarla, si percepiva la sensazione di osservare qualcosa di antico e immutabile.
<il nostro è un popolo pacifico.> ripeté <ma la situazione richiede misure che vanno oltre le nostre abitudini.> si fermò e scambiò un lungo sguardo con le altre tre rappresentanti. <la foresta grida ogni giorno la sua sofferenza. I Bianchi e le loro città danneggiano gli alberi al confine e si spingono ogni giorno più all'interno, aprendo una ferita sanguinante nella nostra casa. Gli alberi non sono solo abitazioni e strumenti, non per noi. Gli alberi sono parte della nostra comunità. Parlano e chiedono aiuto ogni giorno più intensamente. Il nostro spirito è connesso con ogni albero di questa foresta. Ogni nostro respiro è al ritmo degli alberi, ogni nostro battito è all'unisono con lo scorrere della linfa. Per questo, nonostante le ninfe siano un popolo pacifico, faremo del nostro meglio in questa guerra.> concluse.
Alina sentì come se un enorme peso le fosse stato rimosso dal petto. Prese un respiro profondo e trattenne un sorriso. Cercò gli occhi della ninfa con i propri e, quando li incrociò, chinò il capo in segno di rispetto.
<le tribù dell'acqua saranno al vostro fianco.> disse un'altra.
<così quelle delle montagne.> aggiunse la terza.
<e quelle delle steppe.> si accodò l'ultima.
Alina chinò il capo davanti a ciascuna di loro, esprimendo con uno sguardo il rispetto e la profonda gratitudine che non sarebbe riuscita ad esprimere a parole. Piccole ondate di energia, calda e confortevole, le sfiorarono la pelle. Ognuna di loro stava cercando di conoscerla e di saggiare i suoi poteri. Era noto che le ninfe non scambiassero alcun tipo di contato fisico con creature di altre razze, quindi Alina le lasciò fare. Rilassò completamente i muscoli e aprì il più possibile la mente. Lasciò che le coscienze delle ninfe la sfiorassero. Era come essere accarezzate da una brezza tiepida che portava con sé di volta in volta un profumo diverso in base alla ninfa con cui entrava in contatto. Lo scambio non durò molto, ma lasciò alla ragazza una piacevole sensazione di benessere.
Nonostante il loro aspetto leggiadro e la loro scarsa propensione al conflitto, le ninfe potevano rivelarsi avversari temibili. Si trattava di creature in grado di manipolare gli elementi e di introdursi indisturbate nelle menti altrui. Potevano modificare i ricordi, creare illusioni e cancellare la memoria senza che il mal capitato se ne accorgesse. Preferivano però non interferire con gli affari delle altre creature, agendo solo se disturbate nel proprio territorio. Il prezzo da pagare per aver utilizzato troppo i propri poteri era fin troppo elevato perché potessero permettersi il lusso di essere un popolo bellicoso. Si comportavano come guardiane dei luoghi più remoti e sacri della foresta, quelli in cui l'energia si faceva più intensa e il velo col mondo degli spiriti più sottile. Impalpabile ed eteree assumevano un aspetto completamente umano solo in occasioni di grandissima importanza.
Il piccolo popolo, d'altra parte, aveva tutto un altro temperamento. Curiosi ed energici, era facile trovarli ad organizzare qualche scherzo a discapito dei viandanti, di qualunque razza fossero. Il loro rappresentante sembrava non avere più di undici o dodici anni, ma non bisognava farsi trarre in inganno. Il piccolo popolo è il più longeva fra tutti i figli della foresta.
<Il piccolo popolo combatterà.> annunciò con voce squillante. Sembrava di udire il suono di piccole campane di metallo mosse dal vento. <possiamo spiare i Bianchi senza essere percepiti, lo abbiamo fatto tante volte. L'entrata del nostro regno è vicina all'Albero del Silenzio, se i Bianchi la trovassero per noi sarebbe la fine.> disse.
<Tutte le voci sono state ascoltate.> annunciò la Regina. <Coloro che desiderano unirsi al Popolo Libero facciano d'ora innanzi riferimento a mio figlio, coloro che invece non lo desiderano possono tornare alle loro case e riprendere le proprie attività.>
A quelle parole la platea si animò nuovamente. Quasi tutte le Furie più anziane lasciarono i propri posti. Le delegazioni degli altri popoli presenti si smembrarono, lasciando sugli spalti i propri rappresentanti e un piccolo manipolo di fedelissimi.
Con l'arena quasi del tutto vuota, Alina ed Erik ricominciarono a respirare. Avevano ottenuto il risultato sperato e non potevano che esserne sollevati, nonostante quello fosse soltanto un altro passo verso il conflitto.
<le nostre strade si dividono ancora.> disse la Regina, voltandosi verso Erik. <non desidero combattere in questa guerra. Non è la mia. Sono certa che sarai un ottimo comandante e un buon re quando tutto questo sarà finito.> aggiunse, stringendo il figlio in un abbraccio.
<non desidero il peso della corona, quello della spada è già troppo oneroso per me.> sussurrò lui di rimando. Strinse la madre tra le braccia, consapevole che quello avrebbe potuto essere il loro ultimo incontro.
<sono fiera dell'uomo che sei.> gli sussurrò in un orecchio prima di separarsi da lui. <abbi buona cura del mio principe e torna a trovarci, Eir.> disse rivolgendosi ad Alina. Chinò il capo davanti ai rappresentanti degli altri popoli e si dileguò.
<qual è la prossima mossa?> chiese Alaric, superando gli spalti con quattro agili salti e piombando nell'arena come se niente fosse.
Gli altri rappresentanti lo seguirono a modo loro. Si trovavano tutti in cerchio sulla terra smossa del campo di battaglia. In un istante di silenzio si studiarono l'un l'altro. Era raro che i loro popoli venissero in contatto e avessero modo di lavorare fianco a fianco.
<i centauri raggiungeranno il grosso dell'esercito sulla strada verso l'Albero. I miei uomini sono con Adrian, che tu hai già incontrato. Raggiungeteli e studiate la situazione.> rispose Erik.
Era entrato nel ruolo di comando e si comportava già grande sicurezza.
<le ninfe passeranno la notizia del conflitto in tutta la foresta e se qualcun altro desiderasse unirsi a noi lo indirizzeranno verso l'esercito. Nel frattempo terrete d'occhio la situazione generale. Una parte di voi seguirà gli spostamenti dei civili sulle montagne e li terrà al sicuro come ultima linea di difesa.>
Le quattro ninfe annuirono all'unisono.
<il piccolo popolo invece sarà la nostra fonte di informazioni. Ho bisogno di sapere i movimenti dettagliati dei Bianchi, da dove riceveranno l'approvvigionamento per il loro esercito e quali creature li supportano. Quante più informazioni riusciamo ad ottenere, meglio saranno organizzate le difese.>
<sarà fatto.> rispose il diretto interessato. Detto ciò scomparve in un istante, davanti agli occhi di tutti.
Alina fissò il punto in cui era sparito e batté le palpebre un paio di volte.
<ti ci abituerai.> le disse Alaric, facendole l'occhiolino.
Erik liberò un ringhio sommesso pur mantenendo un atteggiamento rilassato.
<per oggi abbiamo finito, ci aggiorneremo strada facendo.> disse la Furia, concludendo ufficialmente l'incontro.
Le ninfe rivolsero loro un cenno del capo, poi si allontanarono. Sembrava che si muovessero una spanna sopra la terra. I loro passi non lasciavano alcuna traccia.
<A presto amico.> salutò il centauro <è stato un piacere fare la tua conoscenza.> disse ad Alina. Le rivolse un sorriso impertinente e trotterellò via prima che Erik potesse aggiungere altro.