69 cose che odio di te

By egg___s

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[2012] «Vuoi uscire con me?» mi chiese, lasciandomi di stucco. «Non credo sia una buona idea.» gli risposi, d... More

69 cose che odio di te
uno
due
tre
quattro
cinque
sei
sette
otto
nove
dieci
undici
dodici
tredici
quattordici
quindici
sedici
diciassette
diciotto
diciannove
venti
epilogo

ventuno

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By egg___s

this is such a strange love

caught me by surprise

«Come sarebbe a dire che non posso entrare, Jay?» strillai disperata, osservando la madre di Louis guardami con un’espressione tra il terrorizzato e il dispiaciuto. Ero nervosa, agitata e ansiosa. Dopo  che Jay mi aveva dato la brutta notizia le avevo chiesto maggiori spiegazioni e l’unica cosa che aveva saputo dirmi era che Louis non era grave, che si sarebbe rimesso ma che comunque non si era ancora svegliato. Ero scoppiata in un pianto silenzioso, come se fossi stata morta e appena chiusa la telefonata le mie gambe avevano cominciato a correre nella direzione dell’ospedale. Non avevo nessun diritto per aggredirla in quel modo, lei era quella che stava peggio per quella situazione. Era suo figlio, steso su quel letto d’ospedale… per colpa mia. Strinsi i pugni lungo i fianchi, mentre le parole crudeli di Nathan riecheggiavano nella mia mente colpendomi come pallottole dritte allo stomaco. Sapevo che era stato lui, quella chiamata era solo un avvertimento, era certo che Jay mi avrebbe chiamata, era tutto architettato. Con quale coraggio si era messo al volante, solo per investire un ragazzo? Ero stata io ad innescare la bomba, ero stata io ad accettare che Louis entrasse nella mia vita, sapendo che sarebbe stato a rischio. Nathan, dopo esserci lasciati, aveva sempre spaventato tutti i ragazzi che mi si erano avvicinati. Non sapevo come, ma nessuno mi aveva richiamato, nessuno si era fatto risentire dopo il nostro primo appuntamento e ci avevo messo un poco a capire quale fosse la causa di tutto. Ed ero stata una stupida a pensare che con Louis sarebbe potuto essere diverso, ero stata una sciocca a credere che a lui non sarebbe successo niente. Nathan era crudele e avrebbe usato ogni mezzo per rovinarmi la vita, persino fare del male a delle persone innocenti. In quel momento non sapevo se scoppiare a piangere o cominciare a tirare pugni al muro fino a quando le nocche non avrebbero cominciato a sanguinare. Non potevo vederlo, Louis era stato investito per causa mia e non potevo nemmeno entrare nella sua stanza per chiedergli perdono. Una parte di me mi ordinava di lasciar perdere, di dirgli addio e di lasciarlo andare, che sarebbe stato meglio così per entrambi, ma la parte solitamente inascoltata del mio cervello mi consigliava di non mollare, di non darla vinta a Nathan anche quella volta. Amavo Louis, lo amavo per davvero e non l’avrei perso per colpa di un maniaco che trovava gusto a tormentarmi. Non avrei lasciato che rovinasse ancora una volta il mio futuro. Lo avrebbero arrestato, lo avrebbero preso e sicuramente sarei stata in pace, ne ero certa. Sentivo che non sarei mai stata tranquilla, che il suo ricordo mi avrebbe perseguitato per sempre ma non potevo smettere di vivere a causa sua. Louis era la mia seconda possibilità, dovevo stargli accanto.

«Tesoro - sussurrò Jay prendendomi una mano - Per ora solo i famigliari possono entrare…»

«Non è giusto! - strillai disperata - Devo vederlo, devo dirgli che mi dispiace!»

Mi asciugai frettolosamente gli occhi, deviando lo sguardo da quello di Johanna. «Non è stata colpa tua, Zoe - mi rassicurò - Non è stata colpa di nessuno…»

Scossi la testa, prendendo un respiro e togliendo la mia mano dalla sua presa. «Ho bisogno d’aria!» dissi, voltandomi di scatto e scappando fuori dal reparto, entrando di corsa nell’ascensore che si stava chiudendo lentamente. Schiacciai più volte il pulsante del piano terra, aspettando con impazienza che si fermasse e che le porte scorrevoli si aprissero. Quando ciò accadde mi catapultai fuori, non badando all’infermiera a cui andai addosso la quale perse per un attimo il controllo della carrozzella che stava spingendo. Non le chiesi scusa, uscii dall’ospedale così com’ero entrata, osservando il gigantesco prato all’inglese che mi si presentava davanti. Chiusi gli occhi, cercando di tornare calma ma dentro di me vi era tutto, tranne che calma. Sentii il mio telefono vibrare, immaginando già chi fosse la persona che mi stava chiamando. Lo portai all’orecchio dopo aver schiacciato il tasto di risposta alla chiamata.

«Hai perso - sussurrò la voce glaciale di Nathan facendomi gelare il sangue nelle vene - Non puoi sconfiggermi.»

«Tu hai perso, schifoso bastardo - sputai, trattenendomi dall’urlare - Sei arrivato al capolinea. E sai perché? Perché sono andata alla polizia, come tu ben sai visto che mi segui ovunque. Ti prenderanno e giuro, giuro che se ci troveremo in tribunale non avrò pietà di te, dirò ogni cosa che mi hai fatto passare in questi anni, dal modo in cui mi trattavi quando stavamo insieme a tutte le minacce quando ci siamo lasciati. Tu hai finito, ti sei rovinato la vita con le tue stesse mani pensando di star distruggendo la mia. Ma sai una cosa? Io sono ancora qui, sono arrivata per prima all’ultimo tassello del tuo stupido gioco, ho vinto. Ti sei fregato con le tue stesse mani. Perché io ancora vivo, la mia esistenza non si basa sul perseguitare un’altra persona, non sono ossessionata da te come tu lo sei da me. E sono felice, Nathan, nonostante tutto quello che mi hai fatto. Addio, stronzo!» finii, buttando il telefono a terra e pestandolo con un piede fino a quando non lo vidi disintegrarsi in mille e più pezzi. Rimasi immobile, a guardare come quel telefono in pezzi fosse come un premio di quella vittoria personale. Sapevo che non era ancora finita del tutto, ma ora iniziava il mio gioco, la mia vendetta.

«Hey Zoe, tutto bene?» sentii una voce famigliare richiamarmi. Alzai lo sguardo per incontrare quello di Fizz. Le sorrisi, mentre lei mi raggiungeva con passo strascicato.

«Sì, decisamente molto meglio.» risposi, pettinandole i lunghi capelli biondi. Lei si strinse nelle spalle, alzando un poco lo sguardo verso la finestra aperta della stanza di Louis.

«Come sta?» le chiesi, stringendomi nella mia giacca da sci.

«Si rimetterà - disse Fizz con il suo tipico tono menefreghista - Mio fratello non ha ancora finito di rompere le palle al mondo, è solo l’inizio…»

Risi, annuendo. «Mi dispiace molto.»

«Zoe non è morto, non devi dispiacerti! Certo, è stato uno shock appena saputo, ma sta bene, sta solo facendo le sue solite sceneggiate per attirare l’attenzione! - mi tranquillizzò lei, dandomi una leggera spinta - E comunque, io andrei a dirglielo.»

«Che cosa?» chiesi confusa, non capendo di cosa stesse parlando.

«Del fatto che almeno un pochino ti piace!»

Sentii le guance andarmi a fuoco in meno di pochi istanti. «Non… non posso entrare.» balbettai insicura. Fizz scoppiò a ridere, buttando un poco la testa all’indietro.

«Mai sentito parlare di Romeo e Giulietta? - mi chiese - Insomma, prova ad invertire i ruoli!»

La osservai per qualche istante, per poi spostare lo sguardo sul balcone della stanza di Louis. Forse non era una cattiva idea…

«Non ascolterò mai più i tuoi consigli, Felicite Tomlinson, sappilo.» borbottai scavalcando la balconata con grande fatica. Guardai la bambina osservarmi con i suoi occhioni azzurri, mi sorrise facendomi l’occhiolino nello stesso modo di Louis. Scossi la testa, facendole un cenno con la mano e voltandomi, osservando la porta finestra semi aperta per lasciar entrare un po’ d’aria nonostante facesse freddo. La aprii lentamente, accertandomi del fatto che nella stanza non ci fosse nessuno a parte Louis. Se ne stava steso sul letto, il volto rilassato e serio che aveva sempre quando dormiva, i capelli erano più pettinati del solito e sulla guancia destra aveva un gigantesco cerotto. Deglutii per mandare via il groppo che avevo in gola. Il suo braccio sinistro era fasciato, così come sembrava essere il petto. Era pallido e vederlo in quella condizione mi faceva sentire ancora più in colpa. Mi avvicinai lentamente a lui, cercando di non fare rumore per evitare che qualcuno mi scoprisse. Ero accanto a Louis e sapevo che non l’avrei più lasciato. Mi sedetti sul bordo del letto, evitando di sfiorare il corpo di Louis per non fargli male. Presi una sua mano, accarezzandola dolcemente con il pollice ed osservandolo silenziosamente, lasciando che le lacrime scorressero lungo le mie guance.

«Odio il modo in cui cerchi di proteggermi - sussurrai, conscia del fatto che non poteva sentirmi - Cosa ti è saltato in mente, eh? Chiedermi di uscire e convincermi a fare questa stupida lista. Ti avevo detto di no, ma tu sei troppo testardo ed orgoglioso per accettare un rifiuto, vero? Ti sei messo in un gigantesco pasticcio, ma credo che te ne sia reso conto da solo. Ho chiuso con Nathan, credo definitivamente. Non ci darà più fastidio, dopo quello che ti ha fatto se lo vedessi in giro lo ammazzerei con le mie stesse mani… un po' come avrei voluto fare con te appena ci siamo rincontrati. Eri insopportabile… in realtà lo sei ancora adesso, credo lo sarai sempre. È possibile cambiare così rapidamente opinione su una persona? Forse le persone non sono davvero come ci si aspetta che siano. Per quanto Nathan fosse carino e gentile nei miei confronti all’inizio del nostro rapporto, si è rivelato essere uno stronzo senza cuore. Mentre tu, sebbene ti odiassi e non ti sopportassi per niente, sei diventata la persona più importante per me in questo momento… è possibile, vero? Non è mai troppo tardi per ricredersi, no? Non mi aspettavo una svolta così improvvisa nella mia vita, sei stato come una ventata di aria fresca Louis Tomlinson, per quanto fastidio mi dia ammetterlo!»

Risi, sentendomi una stupida a parlare da sola. Ma sapere che avrei potuto perderlo, che Louis non mi sarebbe più stato accanto mi dava coraggio per ammettere quello che avevo tenuto nascosto persino a me stessa. Stava dormendo, Louis, eppure sapevo che se non glielo avessi detto in quel momento non ne sarei stata più in grado. «Odio il modo in cui metti a rischio te stesso per me, odio il fatto che tu sia un irresponsabile e odio il fatto che tu sia così coraggioso. Non ci sarei mai riuscita senza di te, senza il tuo aiuto, senza la tua forza. Sei sempre stato lì a sorreggermi, sei stato una spalla su cui piangere quando ne avevo bisogno. Sei stato tutto questo e molto di più.»

Strinsi la sua mano, come a volergli infondere quel poco del calore che lui mi aveva dato in tutto quel tempo, come a volergli far capire che ero accanto a lui e che non me ne sarei andata, mai. Presi un respiro, stringendo ancora di più la sua mano. «Odio non essere in grado di dimenticarti, perché lo so, rimarrai nella mia testa per sempre. Odio non riuscire ad odiarti veramente, odio il fatto che sia troppo facile volerti bene. Odio il fatto che non ci siano motivi per odiarti davvero, perché dannazione, sei maledettamente perfetto! Odio dover ammettere di essermi innamorata di te.»

Chiusi gli occhi senza riuscire a trattenere un sorriso. Immaginavo il mio futuro e l’unica cosa che potevo vedere era lui, Louis. Era l’unica mia certezza, in quel momento. Era la mia fiamma che illuminava il buio che avevo intorno e non avrei permesso a nessuno di spegnerla. Avrei protetto ciò che provavo per lui come il più prezioso dei tesori.

«Sei a sessantanove…» sentii improvvisamente. Spalancai gli occhi, osservando il suo viso disegnato in un ghigno malandrino. Chiusi e riaprii gli occhi più volte per essere sicura che non stessi sognando, che Louis fosse davvero sveglio e mi stesse parlando. I palpebre si alzarono lentamente e le sue perle cristalline mi guardarono lucenti. Tossì, cercando di sistemarsi e stringendo la mia mano intrecciando le dita con le mie.

«Hai sentito tutto?» chiesi speranzosa. Lui annuì, ridendo.

«Diciamo che le tue urla verso mia sorella non sono passate inosservate - spiegò - E non avrei mai voluto interromperti nel bel mezzo del tuo monologo.»

Mi sentii avvampare, ripensando a tutto ciò che gli avevo confessato. Mi sentivo una sciocca, ma ero sollevata. Ora lui sapeva tutto, sapeva persino… che lo amavo.

«Sei arrivata a sessantanove motivi che odi di me.» continuò notando che non ero intenzionata a parlare, troppo persa nei miei pensieri. Mi morsi il labbro, trattenendo a stento un sorriso.

«Ed ora cosa facciamo?» chiesi, avvicinandomi a lui.

«Beh, un patto è un patto, li hai raggiunti e ti lascerò in pace - disse lui con un leggero tono ironico - Ero certo del fatto che non saresti riuscita a trovarli tutti…»

«Beh è vero - ammisi, alzando le spalle - Ma posso sempre chiederti io di uscire!»

«Beh, non saprei… sai, sono parecchio impegnato!»

«Voglio sessantanove motivi.» sussurrai ad un suo orecchio, ridendo.

«Sessantanove motivi?» mi chiese lui, fingendosi confuso come se non capisse di cosa stessi parlando.

«Sessantanove cose che ami di me, così ti renderai conto di quanto io sia perfetta per te.» dissi scoppiando a ridere. Lui mi attirò a sé, zittendomi con un bacio.

«Non ho bisogno di sessantanove motivi, io ti amo e basta.»

Sorrisi sulle sue labbra, dandogli un altro interminabile bacio. «Ti amo anch’io.»

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