Hidewood (Parte 2/2) ↠ [🌈 LG...

By hikoshiki

1.3K 187 322

↻ ↠ [SECONDA PARTE - PUBBLICAZIONI IN CORSO] Una tenda nel bosco, delle labbra che vorrebbero toccarsi. Le m... More

Cose da sapere prima di leggere
{ 1 | 2 | 3 }
{ 4 | 5 | 6 }
{ 7 | 8 }
{ 9 }
{ 10 }
{ 11 }
{ 12 | 13 }
{ 14 }
{ 15 }
{ 16 }
{ 17 | 18 }
{ 19 }
{ 20 }
{ 21 }
{ 22 }
{ 23 | 24 }
{ 25 | 26 }
{ 27 | 28 }
{ 29 | 30 | 31 | 32 | 33 }
{ 34 }
{ 35 }
{ 36 }
{ 37 | 38 }
{ 42 | 43 }
{ 44 | 45 }
{ 46 | 47 | 48 }
{ 49 }

{ 39 | 40 | 41 }

40 4 4
By hikoshiki

39.

A Jonah sembrò fosse accaduto tutto in un sogno. Quando uscì dal bagno si ritrovò davanti i visi di Victor e Julio che lo rimproveravano per averci messo fin troppo tempo. Si voltò, incrociando quello di Simon che lo scrutò sospettoso. Fu il pallore di Jonah a tradirlo: Simon lesse nei suoi occhi che doveva aver sentito ogni cosa di quella conversazione con Tyler.

«Piccolo bastardo!»
Digrignò i denti da lupo e senza che Jonah avesse il tempo di realizzare, le mani di Simon lo spinsero forte a ridosso della porta. Questa si aprì di botto, facendo piombare Jonah per terra col corpo di quella bestia addosso e le fauci spalancate contro il suo viso. Ne poteva sentire il fiato rabbioso avvicinarsi pericolosamente alla giugulare.

Il suo istinto gli venne incontro. Anni e anni passati a fare a cazzotti e a tenere gli occhi aperti perfino nelle ore più tranquille del giorno avevano affinato le sue capacità di prontezza. Se non fosse stato per le sue braccia indebolite, gli avrebbe assestato un destro coi fiocchi; e invece, a stento, riuscì a non farsi mordere.

Victor e Julio assistevano con un filo di sadico divertimento a quella scazzottata. Volevano vedere fino a che punto il loro amico fosse stato in grado di conciare quel bastardo peggio di quanto già non fosse.
Più allarmato di loro, d'altro canto, sembro essere proprio l'Alpha.
Aveva udito dei ragazzini mormorare di pugni e liti in corso, mentre stava facendo un bagno in tutta tranquillità.
Non ebbe bisogno di sporcarsi le mani; gli bastò richiamare l'amico perché lui, come un perfetto automa, si staccasse da Jonah e si tirasse in piedi.

Con uno slancio, afferrò Jonah per le braccia e lo tirò su; irato, si voltò verso Simon in cerca di qualche spiegazione.
L'amico non perse tempo a sbraitargli contro; parlò di come Jonah l'avesse provocato, di come avesse, addirittura, offeso Tyler, cosa che aveva mandato lo stesso Simon in bestia: per questo l'aveva picchiato. 

Col fiato corto, Jonah provò ad obiettare, ma la mano dell'Alpha contro il suo petto parve pesargli come un macigno, impedendone qualsiasi movimento.

«Ti meriti il pozzo, schifoso bastardo!» sbraitò Simon.

Tutti i Falchi si erano avvicinati, incuriositi e intimoriti al contempo. Nello sguardo fiero dell'Alpha che incrociò il suo, confuso e spaventato, Jonah lesse la propria sentenza.

«La mia pazienza ha raggiunto il limite, con te, ragazzino

Toby, con le mani in mano, si sentì scuotere, pervaso dalla freddezza della sua voce.

  «Ma io... non ho fatto un cazzo!» sbraitò Jonah con tutte le poche forze rimaste sul fondo del suo corpo scosso. «Ho solo-» fece per aggiungere, ma perfino in quel momento così delirante, il suo pensiero correva a Tyler, alla sua  sicurezza. Lui rischiava il pozzo -qualsiasi cosa "il Pozzo" fosse- eppure, perfino quando era il suo istinto a prevalere e la sua incolumità a esser messa a rischio, la mente lo riportava lì, ovunque Tyler fosse.

«Guarda che mi ha fatto il bastardo!» continuò Simon mostrando all'Alpha la propria mano, il segno dei morsi incisi sul dorso ancora arrossato.

«Sei stato tu?!»
La voce di Abraham, sprezzante, si scontrò contro il suo viso pallido.

Le spalle tremarono, scosse da brividi di un freddo che non c'era se non dentro lui.

«Sì» disse in un sospiro.


40.

Il viaggio di ritorno ebbe tutto il sapore di un corteo funebre in cui Jonah era sia il conducente che il corpo ancora vivo ma già dentro la bara. Il crepuscolo lo accompagnò e quel giorno gli sembrò che il sole calasse con più velocità, incurante della sorte alla quale lo stava lasciando. Quella sera non sopportò nemmeno il chiacchiericcio preoccupato di Toby dentro la camerata; si mise a letto in fretta ma non chiuse occhio per l'intera notte.

Avrebbe voluto sentire quelle nocche bianche bussare alla sua finestra, riconoscere gli occhietti di Donnie invitarlo a uscire. Il silenzio gli attanagliò braccia e gambe. La luna pallida ne illuminava gli occhi lucidi. Non c'era molto che potesse fare -e questa era la consapevolezza peggiore di tutte.

Insonni, come lui, i Lupi si riunivano nella loro camerata; la luce rimase accesa fino a notte inoltrata. Immaginare di cosa stessero confabulando rendeva il suo cuore un susseguirsi di tumulti; il respiro si fermò quando sentì la luce spegnersi e, poco dopo, qualcuno aprire la porta della camerata. Attese qualche minuto. Le nocche non arrivarono. Non sarebbero arrivate mai, pensò.

Cosa gli rimaneva di fare, quindi?! Fidarsi di una voce che nemmeno la notte lo veniva a trovare per dirgli cosa fare?! Scappare? Rubare un telefono?!

Se Tyler avesse avuto ragione, quel pozzo sarebbe dovuto essere la sua liberazione.

Dal tono severo di Abraham, però, non capiva come questo potesse esserlo.

Un pensiero lo raggiunse in fretta, strisciando silenzioso sopra i corpi delle sue paure: e se Tyler si fosse sbagliato?

Il respiro sembrò venirgli a mancare.
Era un condannato a morte certa.
Non aveva alcuno scampo.
Sarebbe morto lì -era una visione tragica, ma quell'idea sembrava essere più reale di ogni altra cosa. Al pari di un monito, o un sentore, una sensazione viscida e deplorevole, inaccettabile, ma sempre più reale.

La morte lo attendeva.
Non sarebbe sopravvissuto a quell'estate.

A bocca spalancata, si sdraiò sulla schiena.
Tutti dormivano, attorno a lui. Ne percepiva il russare, i brontolii nel sonno, le coperte contro cui le gambe si strofinavano. Lui, già immobile, capì quanto quella brandina fosse la bara dentro cui l'avrebbero tumulato.
Avrebbe voluto salutare qualcuno, prima di andar via.
Un'ultima volta guardò la finestra. Attese quelle nocche come si attendeva la campana all'alba di un'esecuzione. Quando al mattino le prime luci lo raggiunsero, si sollevò dalla lastra gelida che era il suo letto, in cammino per l'ultimo bagno.

L'acqua era gelida. Nessuno gli avrebbe coperto le spalle con un asciugamano quando sarebbe uscito. I suoi vestiti lasciati a riva l'osservavano compassionevoli. Immaginava già i fiori cospargere il pelo dell'acqua su cui galleggiava, accompagnando il suo corpo giovane a un'eternità senza tempo, un'eternità in cui rimanere ragazzino per sempre. Forse, Tyler l'avrebbe ricordato così: un perenne fanciulletto discolo, un viso sorridente che, mentre lui cresceva, si sarebbe sbiadito col tempo.

Un giorno se ne sarebbe dimenticato anche lui.
Un giorno, forse, ci avrebbe ripensato solo per caso, magari riflettendo a cos'avrebbe potuto fare per evitargli una sorte simile.
Un giorno, forse, sarebbe stato troppo tardi, e sempre forse, quel giorno, non sarebbe mai arrivato.

L'alba fu l'unica a ricordarsi ancora di lui, un'ultima volta.
Bussò alle sue palpebre con troppa forza e, in un soffio, quella notte sparì in fretta, lasciandogli dimenticare quanto, ore prima, l'avesse vista come infinita.

Perfino i miei Angeli mi hanno dimenticato?

Gli sembrò impossibile, visto che lui, in tutti quegli anni, li aveva sempre tenuti nel cuore.
Perché, ora, non venivano a salvarlo?! Cosa aveva fatto di male per essere abbandonato lì, fra i prati in fiore e i canini dei Lupi a infilzarsi nei talloni morbidi a ogni passo falso?

Ora che un venticello leggero si era alzato spazzando via il gelo pesante della notte, gli sembrò che gli alberi sussurrassero piano il suo nome, esortandolo ad andare. Il cielo era ancora scuro, la notte tremolava mentre lasciava sempre più spazio a quell'alba che pareva avere fretta di nascere.

Di sicuro, pensò, i Lupi dovevano aver già messo a soqquadro l'intera camerata, furiosi del fatto che lui potesse esser loro sfuggito proprio sul più bello. Avrebbe voluto farsi trovare lì, come un corpo gonfio e privo di vita che galleggiava a faccia in giù in un lago sempre più blu.

L'unica cosa che gli rimase fra le mani avvizzite erano le parole di Tyler.

Devi fidarti.

Se si fosse sbagliato, sarebbe stato spacciato.
Ma non erano poi così diverse le sue alternative.

Allora lì salutò: i suoi angeli, gli amici lontani, Erik e Chris, le poche cose che aveva imparato ad amare in quella vita breve e fugace, conclusasi troppo in fretta e con un finale spiazzante.

Devi andare.

«Sì, vado» disse rivolgendosi ai primi raggi che lo raggiunsero.

Le onde morbide lo sospinsero fino alla riva.
Non badò ad asciugarsi; indossò i vestiti e si sedette a riva a fissare la sua culla.

Dopotutto, Blössom, sembrava un ottimo posto in cui passare l'eternità.


41.

I Lupi erano già raccolti al centro dello spiazzale. Le loro orecchie ben tese ascoltavano attente gli ordini impartiti dall'Alpha: avrebbero dovuto passare ogni singolo metro quadro di Campus al vaglio, nessun luogo doveva rimanere inesplorato; avrebbero potuto fermarsi solo quando il bastardo sarebbe stato riacciuffato.

«Tutto chiaro?»

Il primo dei soldati di quella battaglia strinse le dita attorno al polso, ben nascosto dietro la schiena. Dentro la carne morbida affondò le unghie, fino a sentirle bloccare anche il sangue che scorreva nelle vene sottostanti.

Il forte Sì! che seguì a quella domanda lo ridestò.

Doveva trovarlo per primo. Questo era quanto.
Doveva trovarlo in fretta, se avesse voluto rivederlo vivo.

Nessuno aveva idea di dove Jonah si trovasse, nemmeno Toby che confessò di averlo visto dentro la camerata, l'ultima volta, la notte prima.

I Lupi si divisero in piccoli gruppi, disseminandosi in ogni dove, al pari di un'infezione: come metastasi, invasero ogni angolo del campo.

Solo lui, il primo soldato, quello che occupava le prime file con la sua vigliacchieria e la sua ipocrisia impresse sul volto, fu l'unico a correre da solo in qualsiasi direzione.
Non aveva mai corso tanto velocemente prima di quel momento.
Il fiato gli mancava, non riuscendo a spezzarsi. Ogni passo veniva spinto a suon di devo trovarti, e così le gambe gemevano e scricchiolavano, ma non si fermavano mai.

Solo una cosa avrebbe potuto arrestare quella corsa folle.
Questa arrivò quand'era a un passo dalla recinsione: il rumore della campana si dipanò fra gli alberi, il sottosuolo, e quasi l'intero cielo sopra le loro teste.

Qualcuno l'aveva trovato.

Corse a ritroso, sempre a perdifiato, finché non li vide, oltre le teste dei Lupi, i suoi occhi a mandorla colmi di paura.
La mano di Zack, orgoglioso accanto al suo trofeo, gli stringeva la spalla.

Sembrava così piccolo, così fragile, quando teneva la bocca chiusa e il suo sguardo si perdeva in ogni dove pur di non scoppiare in lacrime.

«Possiamo andare» sibilò Nathan attento a studiare l'espressione dell'Alpha.

«Sì» disse lui, «anzi, siamo già in ritardo.»


I loro passi sembrarono l'unico rumore a esistere entro il bosco.
Tyler si tenne lontano dal branco, marciando in silenzio e fermandosi solo quando loro si fermarono: erano vicino al lago, Abraham si era soffermato a studiare Jonah.

«Dobbiamo bendarlo» disse di rito. Si prese perfino la briga di spiegare al condannato il perché di quel gesto: «Non puoi vedere dove si trova il pozzo. Da lì non si scappa. Mai.»

«Se-se avessi voluto scappare» provò a dire con voce spezzata, «l'avrei già fatto. Non serve bendarmi.»

Il risolino di Abraham sembrò terrorizzarlo.

«Sei un furbetto, tu, sai? Forza, bendatelo.»

Fece per opporsi, ma le mani di Zack e Nathan lo tennero ben fermo mentre Simon gli stringeva una bandana intorno alla testa, coprendogli gli occhi. I primi due furono l'unica guida su cui Jonah poté fare affidamento per non incespicare, eppure i suoi passi si tradivano da soli.
Non una sola indicazione data dall'Alpha riuscì a fargli capire quanto si stessero addentrando. A occhi tarpati, quel percorso gli parve durare un'infinità: aveva perso la cognizione dello spazio e del tempo. Si sforzò di non piangere e mordicchiò le labbra fino a consumarle, nervoso, trattenendo ogni imprecazione e ogni residuo di istinto che gli suggeriva di scappare.
Dopo tre quarti d'ora che a lui sembrarono giornate intere, sentì i passi rallentare, Abraham ordinare di fermarsi e sbendarlo.

La luce l'accecò.

La foresta attorno a lui era tanto fitta da non fargli vedere alcunché oltre a file a perdere di alberi che parevano non condurre a nulla. Si guardò attorno badando quanto meno gli fu possibile a quegli sguardi divertiti che l'osservavano. Notò che c'era un piccolo capannino sbilenco piazzato in un punto in cui la vegetazione si faceva meno fitta. Quello doveva essere il pozzo, immaginò.

«Ti piace il posticino?» lo punzecchiò Simon giochicchiando con la bandana e mimando piccoli colpi di frusta all'aria.

Jonah provò a capire dove potesse trovarsi: non sentiva lo scrosciare del ruscello oltre la rete, né i rumori della strada, né alcun rumore dei ragazzi rimasti vicino le camerate. Il nulla. Solo il nulla. Si guardò attorno e gli altri, sicuri di sé, lo lasciarono fare. Questo lo allarmò ancor di più.

«Iniziamo subito col nostro gioco?» domandò Edward rivolgendosi ad Abraham.

L'Alpha ridacchiò e gli si fece vicino, sussurrandogli all'orecchio: «Sei stanco, Jonah?»

Lui esalò un respiro denso che gli fece tremare le labbra gonfie. Provò ad annuire.

«Allora direi che è arrivato il momento di iniziare. Vuoi che ti descriva le regole o che te le mostri?»

Ora l'aria sembrava farsi più pesante e la testa quasi cominciava a vorticare. Perso in quell'ansia crescente, cercò lo sguardo di Tyler, nascosto dalle spalle dei Lupi, ma non riuscì a scorgerlo in alcun modo.

«Di-dimmele, per favore» sibilò, pregando che un po' di accondiscendenza potesse assottigliare il suo sadismo.

Solo l'Alpha sembrò felice di quella scelta; il resto del gruppo si uniformò in un'espressione che trapelava noia: avrebbero voluto che imparasse sul momento, leggergli il terrore nel volto, sentire le sue urla quando il branco gli sarebbe andato addosso.

Ancora una volta, fu il volere dell'Alpha a prevalere.
«Ora, tu corri, fino allo spiazzale: è semplicissimo... se ti prendiamo prima che tu riesca ad arrivare, ti ficchiamo nel pozzo.»

«E se riesco... se riesco a raggiungerlo?» balbettò.

La grassa risata che seguì quella domanda sciocca bastò per confermare le sue paure.

Le urla di Cane riecheggiavano ancora in quel posto da quando i Lupi, una volta preso a pochi metri da lì, si erano accaniti su lui a suon di sputi e pugni. Perfino Jonah riusciva a sentirle. Eppure, sperò che almeno sentendo la sua angoscia crescere, i suoi angeli si sarebbero ridestati. Si guardò alle spalle. Non conosceva la strada, gli sarebbe stato impossibile arrivare fin lì. In un guizzo scorse il capo di Tyler accennare un flebile no. Sentì i polmoni riprendere a respirare quando bisbigliò: «Sono stanco per correre.»

Non si mosse. Non osò sfidarli. Si limitò ad attendere il responso dell'Alpha, ma la domanda di Victor arrivò prima.

«Quindi?! Che si fa?!»

«Lo si punisce in un altro modo...» ridacchiò Abraham. Gli si avvicinò finché il petto non si scontrò con la spalla di Jonah. Con l'indice tastò la sua mandibola, mentre il viso si avvicinava al suo.

Sentirne il fiato sul collo lo fece sudare. Le dita sembravano graffiargli la carne tenera come se a passarvi sopra fossero degli artigli affilati. Abraham gli accarezzò una spalla e parve avvicinarlo a sé. Tutti gli sguardi dei Lupi si muovevano lenti come i suoi movimenti. Erano affamati, glielo si leggeva in viso. Avrebbero banchettato con lui, pur se ancora non sapeva di preciso come si sarebbe svolto il banchetto.

Una mano di Abraham scese lungo la sua schiena, fino a poggiarglisi sulla natica. L'altra, sul suo petto si mosse verso l'elastico dei pantaloncini. Con un dito fece per insinuarsi al di sotto, finché non sentì un fischio leggero richiamarlo all'attenzione.

Fra gli spettatori, gli stava facendo notare Simon, c'era ancora il suo tenero fratellino.

Non poteva banchettare indisturbato davanti a lui.

Lento, si tirò indietro e cercò di placare la sua fame.
«Suggeriscici tu una punizione, Jonah...» disse schiarendosi la voce, grave per l'eccitazione già crescente. «Come ti puniresti se fossi in noi, sentiamo?»

Il branco scoppiò in una grassa risata.

Jonah tenne lo sguardo basso. Sentì solo che doveva dir qualcosa. Il silenzio lo stava uccidendo lentamente e rimanere a pensare a cosa Abraham gli avrebbe potuto fare se Tyler non fosse stato lì, lo sconcertava.

«Avete detto che... mi spettava il pozzo, no?» balbettò.

«È meno divertente... almeno per noi!» esclamò Simon.

Un'altra risata, fragorosa, li mandò in visibilio.

Solo una voce dura e sprezzante li interruppe di colpo, staccando la musica che animava la festa.

«Stiamo solo perdendo tempo!»
Tutti si voltarono a guardarlo, compreso Jonah.
«Così gli stiamo solo dando tempo, quando in realtà andrebbe punito!» continuò Tyler avanzando fra i compagni. «Noi stiamo perdendo tempo, quando ci sarebbe ben altro da fare. Non vuole correre?! Bene, sbattiamolo dentro! Che stiamo aspettando?!»

Sembrava irato e profondamente irritato. I tratti del suo viso somigliavano molto a quelli del fratello quando parlava in tono tanto sprezzante da risultare irriconoscibile agli occhi di Jonah. Lui, ancora sbigottito, boccheggiò. Al suo fianco, l'Alpha era tornato a calmarsi, sfoggiando con lussuria quanto autocontrollo riuscisse ad avere sopra i suoi istinti più infimi.

«Cosa suggerisci, Tyler?!» lo esortò fiero.

Il sorrisetto che comparve sul viso del fratellino non sembrò preannunciare nulla di buono per Jonah. Tyler avanzò e fece cenno ad Abraham di dargli qualcosa. Lui scrollò la sacca che teneva sulle spalle. Tyler vi cercò dentro, trovando la bandana nera.

«Parla troppo e fa baccano, no?! Stare zitto e legato non gli farà del male, almeno così capirà che ci si comporta bene qui. Direi che possiamo iniziare da questo.»

I Lupi avevano avuto ben altri piani in mente, ma l'Alpha sembrò fiero per quella presa di posizione e volle assecondarlo. Tyler gli si avvicinò. Jonah lo fissò come se non capisse in quale assurda trappola l'avesse cacciato. Quello sguardo gelido e infernale lo spaventava più di quanto lo stesso Alpha aveva puntato gli occhi su lui. Mai si sarebbe sognato di aver voglia di scappare da Tyler.

Quest'ultimo si frappose fra Jonah e il fratello, costringendo entrambi a fare qualche passo indietro. Stirò la bandana fra le mani e si lasciò sfuggire una risatina piena di una cattiveria che non sembrava appartenergli.

«Hai paura, Jonah?» sussurrò vicino al suo orecchio abbastanza forte da farsi sentire dai Lupi, gli stessi che risero forte. Lo stesso Alpha sogghignò.

Non era la voce di Tyler, Jonah ne era sicuro. Era la stessa che aveva parlato a Simon, dura e fredda, gutturale, come se provenisse dalle sue viscere.

Fra quelle risate che lo spiazzavano, sentì una seconda voce fuoriuscire debole dalle labbra di Tyler.
«Scappa» sussurrò tanto piano che nessuno poté udirlo. Quel tono lo annientò. Lo sentì, nelle orecchie come nel proprio petto. 

Il fiato gli venne a mancare. Non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi e correre, che un piede, quello di Tyler, fermo sul suo, ne bloccò i movimenti, facendolo ruzzolare per terra. Altre risate di scherno lo investirono in pieno, passando sul suo corpo disteso con la forza di un tir.

«Legatelo, forza!» ordinò Tyler imperterrito.

Poco capì di quanto gli accadde, fra le mani che lo sollevavano e la benda che Tyler gli legò alla bocca, facendogli un gran male, mentre le mani e i piedi venivano immobilizzati da una corsa spessa che i Lupi, come abili marinai, si passavano di mano in mano in un sincronismo esemplare, quasi fossero abituati a far quello ogni singolo giorno della loro vita.
«Stringete bene il nodo!»

Abraham, tronfio, gli diede una pacca sulla spalla.
«Vedo che stai imparando...» commentò.
«Gli servirà» rispose Tyler osservando i compagni. «Gli serve del tempo per capire come si rispettano le regole. Lo capirà anche lui, ne sono sicuro, anche se dubito che lo farà presto.»
«Tu dici?» mormorò il maggiore.
«Una settimana al pozzo non ha mai ucciso nessuno. No?»

Gli occhi a mandorla si sgranarono increduli e cercarono i suoi, trovandovi solo due biglie nere di ghiaccio. Jonah fu preso di peso e portato dentro quella capannina sbilenca dalle zampe possenti dei Lupi.

L'abitacolo era diviso in due metà, una più ampia con delle sedioline e un tavolinetto basso, e un'altra stretta e cupa, pochi metri quadri in una fitta penombra estenuante e bollente.

Lo sbatterono lì dentro, lanciandolo per terra, e chiusero la porticina che separavano le due stanze, abbandonandolo al buio più assoluto. Jonah si dimenò e provò a slegarsi, ma cadde esausto sulle sue stesse gambe. Da una fessura, Abraham vi guardò dentro e si compiacque di quel risultato. Più il ragazzo veniva assalito dal panico, più il sorriso gli si allungava sul volto, sfregiandone la bellezza eterea in una maschera da fiera.

«Bene...» commentò soddisfatto. «Chi vuol rimanere a far qui da guardia? Voi, Zack e Victor? O Nathan? Su, proponetevi!»

I Lupi, che avevano sogghignato per tutto il tempo, si ammutolirono davanti alla sola idea di rimanere lì a far da baby sitter a un salame. Intanto, Jonah aveva acquietato ogni rumore pur di sentire che piega ripida avrebbe preso la sua sorte già meschina.

Si fissarono gli uni con gli altri, rimbalzandosi di sguardo in sguardo quella responsabilità.
Quando una voce accorse a rompere il silenzio, tirarono un sospiro di sollievo.

«Posso farlo io, non è un problema. D'altronde ne ho proposto la punizione... purché mandiate Toby verso pranzo. Ho solo un pacco di biscotti con me e nient'altro. In fin dei conti, saranno solo i primi giorni. Poi rimarrà solo, com'è giusto che stia.»

Di nuovo, Tyler avanzò, poggiando il proprio zainetto sul tavolo.
Quel gesto sembrò sancirne la volontà dell'intero branco e, quando l'Alpha annuì, quello fu il sigillo di cera che decretava che ogni cosa era stata portata a termine -almeno per quel giorno.

«Per qualsiasi emergenza, ci chiami. Organizziamo le attività e stiamo più tranquilli così, va bene?» disse consegnandogli un walkie-talkie che conservava nella sacca.

«Va benissimo.»

Tutti i Lupi uscirono lentamente e Tyler ne approfittò per sistemare le proprie cose sul tavolo: un libro e le cuffiette dell'mp3, insieme a qualche album da disegno. Si guardò attorno. Sarebbe stato un luogo tranquillo se le sue mura in legno non avessero contenuto tante urla strazianti nel corso degli anni.

«Chiudiamo la porta e andiamo?» mormorò il fratello.

«Sì. L'aprirò appena farà caldo. Avete una bottiglietta d'acqua?»

L'Alpha gli mostrò un bottiglione da cui avrebbe potuto bere e quando il fratellino annuì, glielo consegnò.

«Fate arrivare Toby prima delle tredici. Non ho fatto una buona colazione e continuo ad avere fame...» fu il suo ultimo ordine.

«Ti portiamo subito qualcosa?» domandò Edward.

«No. Ho un pacco di biscotti. Domani mi attrezzerò meglio, però.»

Abraham gli diede una seconda pacca sulla spalla, prima di indietreggiare di qualche passo verso l'uscita.
Quando Tyler si voltò verso Simon, un sorrisetto che il ragazzo conosceva bene gli solleticò la schiena.
«Ne sei ancora convinto, Simon?!» mormorò con tono sprezzante, facendogli contrarre la fronte. Quando realizzò il significato di quella domanda, non poté che rimanere in silenzio.

«Di cosa?» domandò Abraham titubante, inserendosi nel campo visivo di entrambi.

Il fratello rispose per l'amico: «Pensa non abbia il carattere per far le cose giuste. Non è così, Simon? Be', spero di averti dimostrato che ti sbagliavi.»

A denti stretti, trattenne la voglia di rispondergli a tono; con lo sguardo dubbioso dell'Alpha su di sé non avrebbe voluto rispondere mandando all'aria ogni cosa.

«Puoi andare» fece Tyler come se lui avesse bisogno del suo permesso per schiodare i piedi dal pavimento.

Dentro l'angusto spazio buio, Jonah continuò a rimanere in silenzio finché lo sghignazzare dei Lupi e le loro voci mischiate non cessarono. Il suo cuore batteva già forte e prese a impazzire quando sentì la porticina schiudersi e un leggero filo di luce giungere fino a lui. Un filo d'aria fresca lo raggiunse. Un altro rumore, quello della porta principale, gli fece capire che ogni Lupo tranne uno era uscito fuori. Fu investito dal rumore di una canzone; Tyler aveva acceso una radiolina vecchia più del doppio dei loro anni. Gli sembrò strano sentire una canzone tanto allegra mentre la sua vita stava svanendo insieme al sudore copioso che usciva dalla sua fronte.
D'un tratto, l'aria più fresca non fu l'unica cosa a provenire dalla fessura.

«Conta fino a sessanta, poi inizia a fare chiasso, okay?»
La riconobbe al volo.
Era Donnie a parlare.
La sua voce, riconoscibile fra mille, si sedette vicino a lui, nella più totale oscurità.

Fuori, i Lupi, erano rimasti ad attendere in ascolto: lo sentirono gemere e mormorare a denti stretti per un paio di minuti, implorare di liberarlo, bestemmiare perfino, e maledirlo con tutte le forze della sua disperazione; il tutto, senza che il suo sadico guardiano avesse alcuna pietà di lui, anzi, alzò ancor di più il volume e si mise a sedere, aprendosi il pacco di biscotti -Abraham lo scorse dalla finestrella impolverata.

Lo stesso Alpha si voltò e scrutò fra i visi dei compagni l'ammirazione che provavano -o fingevano di provare- verso il suo fratellino. Fra tutti questi, scelse di parlare con Simon.
Picchia uno per insegnare a tutti.
«Non voglio che tu abbia dubbi su lui, Simon. Sentirglielo dire mi spezza il cuore» confessò l'Alpha scrutandolo. «Se la prossima volta avrai altri dubbi su mio fratello, potrai parlarne direttamente con me e ci penserò io a risolverlo. Va bene?»

L'amico non poté che annuire e tutto il branco sembrò cogliere il messaggio.

«Quindi...» fece Julio. «Ne hai piazzati due in un colpo solo?»

Abraham sorrise soddisfatto e cominciò a incamminarsi.
«Avete presente Corbin, il ricciolino degli Orsi?»

Il branco annuì.

«Ieri è stato il suo compleanno. Ha compiuto diciott'anni. Mi ha fatto un bel regalino, ma penso di volerne un altro po'... Ho così voglia di sapere cosa mi aspetta, che quasi mi stavo lasciando andare con quel bastardello...»

Rise forte, e il branco con lui.

«Io ho un po' fame. Voi no?!»

Continue Reading

You'll Also Like

Un destino By Veronica F

General Fiction

1.4K 201 33
∞ VOLUME I ∞ La storia vera di Veronica si vuole come una riflessione sulle problematiche di attualità con cui si confronta l'essere umano, ris...
41.4K 818 30
{non fa riferimento alla serie} ciao sono Vicky e sono la sorella gemella di JJ Maybach E questa e la storia di come mi sono innamorata di una person...
FEELING By Pio Desiderio

General Fiction

29.5K 316 25
Due cugini, distanti in tutto. Geograficamente, caratterialmente, sessualmente. Lorenzo ha 19 anni. E' estroverso, disinibito, sfacciato, gay. Silvio...
1.6K 59 24
Beatrice una modella molto giovane appassionata di calcio conosce il suo vero padre, l'allenatore della sua squadra del cuore. Kenan Yildiz la nuova...