Corsi via dalla sala del trono, mentre gli occhi iniziavano a pizzicare. Tutto perché avevo detto quelle tre parole: Adrian è morto. Anche a distanza di mesi facevano male come una dozzina di pugnalate al petto.
Arrivai nella mia stanza e sbattei la porta dietro di me. Finalmente piansi, appoggiando la schiena al legno scuro.
Avevo trattato Cecily e James come traditori, me ne rendevo conto, ma in quel momento il mio desiderio di rivedere Adrian vivo era più che forte. Mi mancava terribilmente e dover dire ai suoi cugini ciò che era successo era stato orribile per me.
Rimasi a piangere seduta vicino alla porta per un tempo che mi sembrò infinito, poi trovai il coraggio di alzarmi per andare verso il bagno e guardarmi allo specchio: avevo gli occhi rossi, le lacrime mi bagnavano le guance e avevo i capelli spettinati.
Ad Adrian piacevano tanto i miei capelli. Ci giocava spesso.
-No! -urlai portando le mani alla testa. Non dovevo pensare a lui. Non dopo che ero riuscita a sopportare il dolore della sua morte fino a quel momento.
Dovevo trovare un modo per non pensare ad Adrian ogni volta che mi capitava di fare qualcosa che per lui era stato speciale. Ma come?
Mi guardai ancora allo specchio, girando la testa a destra e a sinistra per vedere meglio il mio viso.
E all'improvviso mi venne un'idea.
Aprii tutti i cassetti e infine trovai le forbici. Esattamente ciò che mi serviva.
-Che hai fatto ai capelli? -mi chiese Arden stupefatto. Non "come stai?" o "tutto bene?". I miei capelli erano più importanti della mia salute mentale.
-Li ho tagliati. -mi sedetti al tavolo per il pranzo. Avevo tagliato i capelli fin sotto le spalle. Prima mi arrivavano sotto al seno.
-Io trovo che tu sia meravigliosa, Allison. -disse Orfeo. Aveva l'abitudine di parlare come un gentiluomo di epoca vittoriana. Più o meno.
-Vi ringrazio, mio signore. -risposi. Era un onore ricevere complimenti da Orfeo in persona.
-Perché? Andavi così fiera dei tuoi capelli... -fece Adam come se Orfeo non avesse detto nulla.
Scrollai le spalle: -Volevo cambiare.
Poi iniziammo a mangiare.
-Mio signore, se posso chiedere... -dissi. -Quando metteremo in atto il piano contro gli dei?
-Presto, mia cara. -rispose Orfeo mentre una semidea con i polsi ammanettati lo imboccava con l'uva. L'avevamo presa pochi giorni prima. Il nostro signore voleva un esercito di semidei per combattere contro gli dei e quelli che si rifiutavano diventavano servitori. Anzi, schiavi.
-Ve lo illustrerò a breve. -continuò Orfeo. -E sono sicuro che sarà un successo.
-Come tutti i vostri piani. -disse Arden.
-Ah, Arden! A volte mi chiedo come mi sia venuto in mente di mettere quel microchip sotto la tua pelle! -esclamò il mio signore. -Per fortuna Allison mi ha fatto aprire gli occhi. Tu e Adam siete due guerrieri ottimi e fedeli.
-Così ci imbarazza, signore. -disse Adam.
In effetti era merito mio se i gemelli erano lì, seduti al tavolo da pranzo con me e Orfeo. Lo avevo convinto a disattivare il microchip che li teneva sotto controllo e così i miei fratellastri non sarebbero più stati due zombie ogni volta che Orfeo aveva bisogno di loro.
-Sarete in prima linea quando andremo sull'Olimpo per combattere. È giusto che siate ricompensati per le vostre azioni. -disse Orfeo.
-Grazie, padrone. -rispose Arden.
-Non vincerete mai contro gli dei! -esclamò la semidea che era vicina ad Orfeo. -Riusciranno a far resistenza e vi getteranno nel Tartaro!
-Non osare dire queste cose a Orfeo, semidea! -intervenni alzandomi in piedi. La ragazza mi guardò: -Tu dovresti essere dalla mia parte, Allison.
Strinsi i pugni lungo i fianchi e lei se ne accorse.
-Forse tu non sai chi sono, ma io ti conosco bene, sai? -disse lasciando il vassoio che teneva sul tavolo. -Ti ho vista con quel ragazzo, Adrian. Al Campo Mezzosangue.
-Non osare...
-Mi sorprende che tu, che tanto amavi un dio, ora sei contro...
A quel punto persi la pazienza e feci per avvicinarmi alla ragazza, ma Arden mi fermò.
-TU NON HAI IL DIRITTO DI PRONUNCIARE IL SUO NOME! -urlai arrabbiata. Mi dimenai, ma Arden era più forte.
Orfeo si alzò in piedi e diede ordine alle guardie di portare via la ragazza, che se ne stava zitta, ma aveva un sorriso soddisfatto sul volto.
Arden mi strinse a sé, un po' goffo. Smisi di muovermi e feci un sospiro tremante.
-Shh, tutto bene. -mi sussurrò il ragazzo.
-Lei non può...
-Lo so, Ally. Ora stai tranquilla.
Riuscii a tranquillizzarmi e così mi risedetti al tavolo.
Poi i gemelli iniziarono a parlare tra loro e così mi rivolsi al mio signore.
-Mio signore, quando esaudirà il mio desiderio? -domandai timidamente. Mi stavo riferendo ad Adrian e alla promessa che mi aveva fatto Orfeo di riportarlo in vita.
-Presto, Allison. Non appena l'Olimpo sarà nostro. -rispose lui.
E poi non parlammo più né di Adrian né dell'Olimpo.
Entrai nella stanza, mi richiusi la porta alle spalle e mi diressi verso l'unico arredamento che era presente: un letto a baldacchino con un corpo adagiato sulle coperte. In quei mesi tutto in quella camera mi era diventato familiare.
Mi sedetti sul materasso accanto al corpo e osservai i tratti del viso resi ancora più belli dal colore pallido della pelle.
-Finalmente posso stare un po' qui. -dissi prendendo una mano di Adrian, che era appoggiata sul materasso. -Ancora poco tempo e sarai di nuovo con me, sai? Orfeo me l'ha detto poco fa.
Gli sistemai i capelli biondi. Non ero sicura che fosse vero, ma avevo sentito dire che le persone in coma possono sentirti parlare. Perciò ogni giorno mi dirigevo in quella stanza e parlavo ad Adrian, anche se non era esattamente in coma.
Sembravo pazza, ma era così che riuscivo a tranquillizzarmi nelle giornate no. Perché, credetemi, da quando ero in quel castello ne avevo spesso.
-Io sto bene. Anche se ogni tanto mi torna in mente quella notte. -continuai. Mi stavo riferendo a quando avevo perso l'unica cosa che mi aveva legata ad Adrian: il nostro bambino.
Quando lo avevo scoperto ero rimasta sorpresa. Non è da tutti i giorni scoprire di aspettare un bambino a diciassette anni. Ma nonostante tutto avevo deciso di tenerlo. Era pur sempre una vita preziosa.
E poi era di Adrian. Magari in quel bambino avrei potuto rivedere gli occhi blu che amavo. Ero così contenta che quando l'avevo perso, cinque mesi prima, ero rimasta chiusa nella mia stanza per giorni a piangere. Arden e Adam erano stati gli unici a riuscirmi a consolare e a farmi uscire.
Non avrei mai dimenticato il dolore che provai quella notte. Fu orribile.
-A volte mi chiedo come sarebbe stato. -dissi ad Adrian. -Crescere un bambino a diciassette anni. Se fosse stato un lui, credo che Arden e Adam gli avrebbero insegnato a giocare a calcio o a fare cose pericolose. Ormai li conosco. Andreste sicuramente d'accordo.
Rimasi in silenzio e guardai il viso di Adrian: aveva un'espressione rilassata e gli occhi chiusi come se fosse stato addormentato. Era morto da cinque mesi, eppure il corpo era integro. Non so con quale strana magia, ma Adam era riuscito a tenerlo in perfetta forma (se di "perfetta forma" si può parlare).
Poi guardai le mani: ai pollici c'erano i suoi anelli che si trasformavano in pugnali. Non ero sicura che Orfeo ne fosse a conoscenza, ma in ogni caso non volevo che li usasse per suoi scopi. Erano una parte di Adrian e non avrei mai permesso a nessuno di portarli via. Neppure al mio padrone.
Accarezzai con il pollice il dorso della mano che gli stringevo.
-Mi manchi tanto, Adrian. -dissi sentendo gli occhi pizzicare. -Se sapessi quanto ti vorrei qui con me...
Qualcuno bussò. Mi asciugai le lacrime e cercai di assumere un tono autoritario: -Avanti! -dissi senza staccare gli occhi da Adrian.
-Ally. -disse la voce di uno dei gemelli. Purtroppo non si riconoscevano dalla voce, così mi voltai verso la porta. Era Adam.
-Che cosa c'è? -chiesi.
-Dobbiamo allenarci, ricordi?
Ah, vero. Era lunedì e il lunedì a quell'ora mi allenavo sempre con il mio amato arco nella sala adibita agli allenamenti insieme ai gemelli.
-Tra pochi minuti sono da voi. -dissi tornando a guardare Adrian. Quando sentii la porta chiudersi, mi portai la mano di Adrian alle labbra e ne baciai le dita. Erano gelide, ma ormai ci ero abituata. Ogni volta che le toccavo, mi tornava in mente quando Adrian mi aveva offerto la sua felpa quando credeva che avessi avuto freddo, ma invece avevo visto Echidna con la sua Chimera trasformata in chihuahua. Era sempre stato così dolce con me...
-Ora devo andare. -dissi rimettendo la mano del ragazzo sul materasso. -Tornerò presto.
Mi alzai dal letto, diedi un bacio sulla fronte di Adrian e mi diressi verso la porta. Guardai il letto un'ultima volta, poi uscii.