Riassuntino: Nella vita dei nostri protagonisti le cose sembrano essersi aggiustate dopo il litigio dovuto al "gruppo studio" di Allen e Chantal, in cui quest'ultima si è dimostrata di più di un'ingenua senza cervello e Allen ha cercato di baciarla, senza successo. Dopo la riconciliazione, attraverso la Lista (delle cose che Allen e Cheyenne non hanno il coraggio di fare, ma che si ripromettono di fare insieme prima della fine delle superiori), il "tanto" atteso Sadie Hawkins (ballo a cui sono le ragazze a dover invitare i ragazzi) è ormai alle porte. Cheyenne ha scelto, con approvazione di sua madre, di invitare Jordan, mentre Allen non sembra intenzionato ad andare, o almeno Cheyenne non ne sa nulla. Chantal dice di voler invitare Rick, e Courtney andrà ovviamente con Brad.
Recap sui personaggi: Jacques Pierre: autista della famiglia Leroy;
Margherita Viscogliesi: cuoca della famiglia Leroy;
Lauren Reinhart: domestica della famiglia Leroy e amica di Cheyenne;
Sam Kennington: domestica della famiglia Leroy e amica di Cheyenne;
Jeanette Rousseaux: capo delle domestiche della famiglia Leroy;
Courtney Dean: capo delle cheerleader e del gruppo dei popolari con Brad;
Chantal Broadway: braccio destro di Courtney;
Bridgette McCormick: cheerleader che non sopporta Amy (era intervenuta alla cena delle cheerleader e della squadra di football e Cheyenne l'aveva messa al suo posto)
Brad Wilson: capitano della squadra di football e capo del gruppo dei popolari con Courtney;
Rick Walker: co-capitano della squadra di football e migliore amico di Brad;
Jordan Peck: giocatore di football (che ha una cotta per Cheyenne);
Cameron Peck: fratello di Jordan e giocatore di football;
Hans Emelrich Wagner: giovane ragazzo conosciuto da Allen e Cheyenne a Cold Spring che sembra interessato a Cheyenne;
Francisco Cabrera: giocatore di football e amico di Allen (non al momento, vd. litigio dovuto alla promessa non mantenuta);
Taylor Parker: migliore amica di Amy.
Cheyenne
È da almeno mezz'ora che muovo senza passione l'archetto sulle corde del violino, con la testa completamente da un'altra parte. Non riesco a smettere di pensare ad Allen, alla lista, a Chantal, Jordan, Courtney e... Hans. Ogni volta che il suo volto mi compare nella mente, nelle orecchie mi risuonano le parole strozzate di Allen: «Non uscire con Hans.»
Non so se voglio farlo, in realtà. C'è qualcosa in lui che mi incuriosisce. Ha ragione Allen quando dice che parte della ragione per cui accetterei di farlo è che mia madre ne sarebbe davvero felice, ma non è solo quello. Un ragazzo come Hans non l'ho mai visto prima d'ora: così posato, elegante... è riuscito addirittura a sostenere una cena faccia a faccia con mia madre, da solo!
In fin dei conti un caffè non ha mai ucciso nessuno, potrei dare una possibilità di essere soddisfatta alla mia curiosità. La realtà è che non vorrei Allen ci rimanesse male. Mentre lo penso, però, mi viene in mente che lui non si è chiesto la stessa cosa quando è andato a cena da Chantal, quindi perché io dovrei farmi remore? Per non dimenticare come mi ha trattato dopo...
Un ticchettio sommesso contro la porta mi distoglie dai miei pensieri confusi.
«Avanti» mormoro senza entusiasmo. Lauren compare sulla soglia, e dalla sua espressione intuisco che per me non ci sono buone notizie.
«Ehi, Cheyenne, tua madre mi ha mandata a dirti che è ora di prepararti.»
«Prepararmi per cosa?» sollevo un sopracciglio, confusa. L'orologio sulla parete di fianco al letto segna le quattro di pomeriggio.
«Per il ballo di stasera, o almeno questo è quello che mi ha detto...» spiega, in evidente difficoltà. Sa che le "attività sociali" non mi piacciono così tanto.
Mi passo entrambe le mani sul volto, dopo aver riposto il violino nella sua custodia. «Mi ero dimenticata che il Sadie Hawkins è stasera» rifletto ad alta voce, la settimana è letteralmente volata. Oh, Dio. Ho chiesto a Jordan se voleva accompagnarmi l'altro giorno, ed ha accettato con piacere. Un po' mi sento in colpa, a dire il vero; credo di piacergli, e non vorrei alimentare delle false speranze, ma diciamo che la ragione per cui l'ho invitato è principalmente mia madre, se fosse stato per me nemmeno ci sarei andata a questo stupido ballo.
«Sam sta preparando la vasca, tua madre ha ordinato un nuovo sapone proveniente dall'Egitto che purifica la pelle, ti consiglia di utilizzarlo» sospira, scuotendo la testa. Si rende conto anche lei di quanto tutto questo suoni ridicolo.
«Arrivo» rispondo soltanto, non ho nemmeno la forza di oppormi.
Lauren si chiude la porta alle spalle dopo avermi rivolto un breve sorriso di incoraggiamento, e io torno a fissare nel vuoto. Impongo ai miei pensieri di smettere di circolarmi nel cervello con tutta me stessa e mi alzo dal letto, tirando il lenzuolo per evitare di lasciarlo stropicciato.
Puoi farcela, mi ripeto mentre attraverso il corridoio ed entro nel bagno, dove Sam sta sciogliendo questo fantomatico sapone egiziano nella vasca.
«Ho quasi fatto» mi dice, senza guardarmi continua a gettare il liquido ambrato nell'acqua.
«Per caso ha anche proprietà omicide? Ne avrei la necessità, ora come ora» scherzo, anche se una punta di verità mi pizzica sulla lingua.
«Non ne ho idea, ma devo ammettere che ha un profumo strabiliante» risponde Sam, divertita. Purtroppo non posso darle torto. È un odore molto delicato e dolce, mi fa pensare a un tipo di nettare pregiato.
Sam sistema l'accappatoio vicino alla vasca, così che possa facilmente raggiungerlo una volta terminato di purificarmi nel sapone d'Egitto. Senza indugiare troppo mi spoglio ed entro in acqua, devo ammettere che la sensazione soffice del sapone contro la pelle non è affatto male, ma non voglio soffermarmi a pensare a troppe stupidaggini. Rimango qualche minuto in più a godere dell'acqua calda, finché non decido che è giunto il momento di spostarmi al reparto "abbigliamento". Lauren e Sam si divertono a dividere il processo in cui mi truccano e mi vestono in fasi, e io glielo lascio fare, è bello essere circondata dal loro entusiasmo, specialmente quando il mio sembra morto e sepolto. Così raggiungo Lauren nella cabina armadio che si trova nella mia camera, già alle prese con il vestito che indosserò. Ho scelto – su consiglio di Courtney e Chantal – un vestito lungo, verde scuro, molto accollato davanti ma che lascia la schiena scoperta, con un profondo spacco sulla parte sinistra, fino a metà coscia. Mentre lo osservo sulla stampella, mi pento amaramente di aver fatto una scelta così audace, come al solito mi sono lasciata convincere dalla loro insistenza. E anche quando Lauren mi aiuta a entrarci dentro e mi dice che sembro una modella di Valentino, mi sento fuori luogo.
«Sei meravigliosa, Cheyenne, non capisco come tu faccia a non vederlo» mi dice Sam entusiasta, ci ha appena raggiunte dopo aver lasciato il ferro a scaldarsi nell'altra stanza.
«Io vedo solo una ragazzina con un bel fisico in un vestito costoso, tutto qui... cosa dice di me?» ribatto, contrariata. Lo trovo anche troppo aderente.
Sam sbuffa alle mie spalle, la vedo incrociare le braccia al petto riflessa nello specchio. «Dice che stai troppo a pensare agli aspetti filosofici: sei una bella ragazza con un bel vestito e stai andando al ballo della scuola per divertirti, mi sembra che questo aspetto ti sfugga troppo spesso.» Guardo Lauren in cerca di aiuto, ma lei scuote la testa.
«Questa volta sono d'accordo con Sam: divertiti con più leggerezza, Cheyenne, stai andando ad una festa con un ragazzo bellissimo a cui piaci e sei meravigliosa, cosa vuoi di più dalla vita? Quanto vorrei tornare al periodo dell'adolescenza!» Esclama teatralmente, gettandosi di schiena sul pouf di fianco a Sam, che scoppia a ridere.
«Fa schifo l'adolescenza» mi lagno, ma loro mi ignorano, continuando a portare a galla i migliori momenti trascorsi al liceo. Mi volto a guardarle con un enorme sorriso, anche se sono più grandi di me a volte si comportano come se le più piccole fossero loro.
«Tra le altre cose» si interrompe Sam, puntandomi un dito contro. «Hai tre ragazzi che ti fanno la corte! Io non ero così fortunata alla tua età, signorina.»
«Non mi fanno la corte» alzo gli occhi al cielo.
Sam e Lauren si scambiano un'occhiata eloquente, poi scoppiano a ridere, io spalanco la bocca per l'incredulità. «Smettetela subito!» Ma loro non fanno altro che ridere più forte e, alla fine, mi lascio andare anche io, dimenticando tutte le paranoie a cui ho dato vita negli ultimi giorni.
***
Jordan parcheggia la sua auto davanti casa mia alle sette meno dieci, è Sam a notarlo dalla finestra proprio mentre lascia andare l'ultimo boccolo, che raggiunge gli altri lungo la mia schiena.
«Il tuo cavaliere è qui!» esclama, emozionata. Osservo ancora un altro po' il mio riflesso nello specchio. Devo ammettere che sono nervosa, se Jordan dovesse provare a baciarmi o qualcosa di simile non so come reagirei.
Con un gran sospiro mi alzo in piedi e vado verso la porta della mia camera, ma sia Lauren che Sam mi bloccano sulla soglia.
«Una foto me la concedi?» Lauren estrae il cellulare dalla tasca e mi fa almeno una cinquantina di foto, finché non la interrompo ricordandole che Jordan mi sta aspettando.
«Hai ragione, scusa, vai!»
«Divertiti!» le fa eco Sam. «O almeno provaci...» Le ringrazio ancora una volta ridendo e scendo le scale. Il cuore mi batte inarrestabile contro la cassa toracica gradino dopo gradino, provo a pensare a tutti i possibili scenari che potrebbero presentarsi stasera e a come affrontarli, ma le mie riflessioni vengono interrotte da alcune risate. Una, inconfondibile, appartiene a Jordan, l'altra, con mia sorpresa, a mia madre. Sono seduti sul divano in salotto e mi danno le spalle, anzi conversano così animatamente che nemmeno si rendono conto del mio arrivo. Mi tranquillizza vedere con quale serenità Jordan interagisce con mia madre, e mi ricordo che è proprio per questo che lo sto facendo: un suo sguardo di apprezzamento, che mi faccia sentire amata per una volta nella mia vita, e non un peso. Mi schiarisco la gola per annunciarmi: la prima a voltarsi è proprio lei, che sgrana gli occhi non appena mi vede. Quando mi rendo conto che il sentimento riflesso in essi è stupore, il sollievo mi investe. È soddisfatta, lo vedo. Il mio cuore si libera di un peso non indifferente. Jordan si volta un paio di secondi dopo, ancora col sorriso sulle labbra per quello di cui stavano ridendo poco prima, ma che scompare non appena mi vede. Rimane a bocca aperta, gli brillano gli occhi. Mi sento leggermente imbarazzata, non è la prima volta che un ragazzo rimane stupito di fronte al mio aspetto, ma il volto di Jordan esprime un sentimento così puro che mi fa male al cuore.
«Cheyenne...» inizia mia madre, sono sconvolta per averla lasciata senza parole.
«Sei meravigliosa» conclude Jordan al posto suo, poi si alza e viene verso di me. Ha i capelli dello stesso colore del grano tirati elegantemente indietro, gli occhi azzurri estasiati fissano i miei, e un sorriso brillante gli illumina il volto. «Ho paura che questa sera mi toccherà fare la fila per ballare con te.»
Ridacchio, il suo umorismo mi fa sentire più a mio agio «Ti concedo il primo ballo, d'altronde sei il mio cavaliere.»
«Ci sto» sorride, ma non smette di analizzare ogni dettaglio del mio volto, e ho paura, perché percepisco dal suo sguardo cosa prova per me. Jordan è una porta aperta, non tenta nemmeno di mascherare i suoi sentimenti, mi fa sentire come se lo stessi prendendo in giro di mia spontanea volontà, come se gli stessi dando una falsa speranza. Forse perché è così. Scuoto la testa per non ascoltare il mio subconscio, e per fortuna si intromette mia madre, che ci obbliga a fare un paio di foto con la parvenza di un sorriso sulle labbra. Quando Jordan inizia ad incamminarsi verso la macchina, lei mi afferra un polso, e mi volto a guardarla. Nei suoi occhi azzurri, normalmente gelidi, noto una scintilla di orgoglio, e il cuore mi si stringe nel petto. Tutta la soppressione del mio volere e della mia personalità non è stata vana.
«Sei incantevole, Cheyenne, sono fiera di te.» E anche se il massimo apprezzamento l'ho ottenuto per una cosa così banale, sono felice, perché per una volta non mi ha guardata come se non fossi abbastanza. In risposta sorrido, non riuscirei a parlare nemmeno se mi sforzassi.
Seguo Jordan fino alla sua Maserati, di cui mi tiene aperta la portiera. Nella macchina cala un silenzio rilassato per tutto il tragitto, durante il quale osservo Manhattan sfrecciarmi di fronte agli occhi, ricca di colori e insegne, persa nei miei pensieri. Quando arriviamo le macchine nel parcheggio sono già una trentina, fra cui riconosco subito quella di Brad, infatti lui e Courtney sono proprio di fronte all'ingresso della palestra e stanno... litigando? Do un colpetto sul braccio a Jordan e glieli indico con un cenno del capo. Lui sgrana gli occhi, sorpreso quanto me, poi mi rivolge un'alzata di spalle. Chissà perché stanno discutendo, li ho sempre visti andare d'amore e d'accordo, un po' per convenienza, un po' perché ormai stanno insieme da sempre. Brad solleva le braccia in aria, scuote la testa e poi entra nella palestra, lasciandola lì. Courtney lo segue immediatamente con passo rapido, e così scompaiono entrambi.
«Strano» commento, Jordan annuisce, ma poi fa un gesto con la mano come a dire "chi se ne frega", ed effettivamente...
Entriamo anche noi nella palestra, decorata minuziosamente con festoni e palloncini rosa e neri, e devo ammettere che l'effetto non è male.
«Vuoi qualcosa da bere?» mi chiede Jordan, la musica non è troppo alta quindi non è nemmeno costretto ad alzare la voce.
«Sì, grazie.»
«Punch disgustoso in arrivo, allora» mi fa l'occhiolino e poi scompare fra la folla ammassata di fronte al tavolo del buffet.
Mi guardo un po' intorno, a disagio, alcune ragazze mi osservano con aria scettica, sono certa sia per il vestito: lo sapevo che sarebbe stato fuori luogo. Decido di allontanarmi e nascondermi in un luogo più appartato, ma proprio mentre sto per darmela a gambe, una voce familiare mi ferma.
«Cheyenne!»
«Amy» la osservo corrermi incontro, indossa un grazioso vestito color pesca che è perfetto sulla sua carnagione non troppo chiara. Mi salta quasi al collo, stringendomi.
«Ehi» mormoro, divertita. «Ci siamo viste di recente, cos'è tutto questo affetto?»
«Grazie, grazie, grazie!» esclama, saltellando sul posto.
«Per cosa, esattamente?»
«Cameron ha accettato il mio invito! È merito tuo se ho avuto il coraggio di farmi avanti, ti adoro, Cheyenne!»
«È merito tuo, non mio» ridacchio, aggiustandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Oh, un'altra cosa: sei la più bella stasera.»
«Grazie, Am» le dico, lei mi sorride, poi corre via quando Cam la chiama. È davvero cotta. Rido quando inciampa sulla tovaglia troppo lunga di uno dei tavoli e lui la afferra al volo.
Jordan torna poco dopo per fortuna, salvandomi da altre occhiate poco amichevoli. Sorseggiamo il punch ridendo ad alcune battute e discutendo del più e del meno, per fortuna la conversazione non è ancora finita sull'argomento che più temo e che sono certa uscirà fuori durante la serata. Più tardi ci raggiunge anche il resto della squadra di football e delle cheerleader, e non posso fare a meno di cercare Allen con lo sguardo. Sapevo che non ci sarebbe stato, eppure una parte di me ci aveva sperato fino alla fine.
Come gli avevo promesso, il primo lento della serata lo ballo con Jordan, che mi guarda negli occhi per tutto il tempo, e di nuovo scorgo quel sentimento per me al loro interno. Inizio a sentirmi a disagio, in special modo quando la musica si fa più leggera, e lui smette di ballare e mi stringe più forte la mano. Ci siamo.
«Jordan?»
«Cheyenne, io devo confessarti una cosa...»
Trattengo il respiro, consapevole delle parole che stanno per lasciare la sua bocca, ma totalmente inconsapevole di come affrontare lo scenario che più temevo.
«Non ci posso credere!» L'urlo stridulo di una ragazza al nostro fianco attira l'attenzione di entrambi.
«È davvero lui?» incalza la sua amica, sollevandosi sulle punte per cercare di vedere qualcosa, o forse sarebbe meglio dire qualcuno. Curiosa, con le sopracciglia aggrottate, alzo lo sguardo verso la porta, e quando lo vedo ogni mio senso si paralizza. Smoking nero che avvolge la sua figura come un guanto, camicia rigorosamente fuori dai pantaloni con i primi due bottoni slacciati, i piercing che riflettono le luci stroboscopiche... Allen James è qui. Al ballo della scuola. Jordan segue la direzione del mio sguardo, devo avere un'espressione estasiata, perché quando si rende conto della presenza di Allen mi lascia andare come se scottassi.
«Non ci credo» mormoro, senza fiato, citando la ragazza di prima, che adesso lo osserva con gli occhi a forma di cuore. Però una domanda mi sorge spontanea: con chi è venuto? Nessuna ragazza è di fianco a lui, anche se scommetto che molte vorrebbero starci con piacere.
«Ti dispiace se...» inizio a dire, ma Jordan scuote immediatamente la testa.
«No, no, fai pure, io ti... ti aspetto qui.»
Si gratta la nuca e in un battito di ciglia è scomparso dalla mia visuale, non potrei cercarlo con lo sguardo nemmeno se volessi, perché i miei occhi sono catturati dalla figura che ha appena fatto il suo ingresso nella sala, e che con passo disinvolto sta venendo proprio da questa parte. Quando i suoi occhi incontrano i miei, rimango senza fiato. È come se uno stormo di farfalle mi fosse esploso nello stomaco, svolazzando da tutte le parti. Man mano che si avvicina mi accorgo che sono più scuri del solito. Mi osserva da capo a piedi, soffermandosi sullo spacco sulla coscia sinistra, poi sorride. «Buonasera»
«Ciao.» È tutto quello che riesco a dire, con un filo di voce. Ha i capelli spettinati come al solito, eppure è bellissimo, così tanto che mi fa male il cuore.
«Tutto qui?» mi dice infatti, prendendomi in giro.
«Sono felice di vederti» aggiungo, ridacchiando.
«Già meglio... siccome qui è troppo affollato, che ne dici di una pausa sigaretta nel nostro posto fra una mezz'ora?» propone, facendomi l'occhiolino. Tutto quello che riesco a fare è annuire, rendendomi conto solo quando se n'è andato che lo stavo fissando come un ebete nel bel mezzo della pista, e che tutti hanno potuto assistere. Dannazione, Cheyenne! Devo stare più attenta, o la gente comincerà a sospettare qualcosa. Ci metto un paio di secondi a riprendermi anche dopo che lui se n'è andato, poi vado a cercare Jordan. Il senso di colpa mi stuzzica il petto, misto all'ansia. Di sicuro lui ha notato qualcosa tra me ed Allen. Quando lo trovo a parlare con Chantal, cerco di fare dei profondi respiri per calmare il battito accelerato del mio cuore, altrimenti non farei che dare maggiormente nell'occhio. Non so più come comportarmi, stasera non mi sento la solita Cheyenne, è come se avessi perso quell'autocontrollo che è sempre stato il mio miglior punto di forza.
«Ehi» mi annuncio, Chantal ricambia il saluto e Jordan mi rivolge un sorriso tirato. Vorrei tanto ricambiare i suoi sentimenti: è davvero un bravo ragazzo, eppure non riesco a provare niente al di là di una semplice amicizia.
I minuti seguenti trascorrono troppo lentamente per me che in testa ho soltanto una cosa, o meglio una persona. E quando finalmente il momento arriva, lascio la palestra con lo stomaco in subbuglio e il cuore che sbatte ripetutamente contro la cassa toracica.
Le scale per raggiungere il quinto piano non mi sono mai sembrate così tante, specialmente quando le devo affrontare con questi dannati tacchi. Sarei tentata di levarmeli, ma resisto e raggiungo l'ultimo piano. La porta del tetto si staglia in fondo al corridoio, leggermente socchiusa. Mentre percorro gli ultimi metri che mi separano da essa mi rendo conto di non aver preso la giacca, e che di sicuro morirò di freddo, ma ormai è troppo tardi per tornare di sotto. Esco sul tetto spingendo la porta con delicatezza. Una ventata gelida mi investe e un brivido mi attraversa la spina dorsale. Stasera il meteo ha messo neve e l'aria sembra proprio di quest'idea.
«Ce l'hai fatta, finalmente» la voce di Allen mi fa sobbalzare, e il cuore riprende subito la sua corsa sfrenata nel petto. È poggiato con la schiena al cornicione e mi osserva con un sorriso storto, eppure c'è qualcos'altro nei suoi occhi dello stesso colore della notte, una sfumatura più scura e che mi attrae come un'ape è attratta dal miele.
«Cosa ci fai qui?» Sento il cuore battermi nelle orecchie, la voce non è salda come speravo, trapela un alone di sorpresa, entusiasmo. Non riesco a staccare lo sguardo dalle sue spalle fasciate dallo smoking, la cravatta annodata in modo del tutto errato, perfettamente in linea con la sua personalità. Non ti aspetteresti mai che Allen James sappia fare il nodo alla cravatta.
«Mia madre mi ha obbligato a venire» confessa, con un sorriso sarcastico sulle labbra.
«Vedo che però non ti ha aiutato con la cravatta» scherzo, indicandola come una perfetta idiota. Mi sembra d'improvviso di non riuscire più a far fare al mio corpo quello che voglio io.
«Cos'ha che non va?» esclama Allen, cercando di osservare il nodo dall'alto.
Con una risata mi avvicino a lui e cerco di allentarlo, infilando le dita nel tessuto morbido. Mi sento osservata dai suoi occhi scuri, ma non alzo lo sguardo, ho paura che soltanto guardando nei miei possa capire tutto quello che sto provando in questo momento. Con le mani che tremano leggermente inizio ad annodare la cravatta come mi ha insegnato mia madre, e il risultato è di sicuro migliore di quello ottenuto da Allen. I suoi occhi scuri come la pece non hanno mai abbandonato il mio volto, per tutto il tempo ho cercato di impedire che il punto in cui si sono abbattuti si dipingesse di rosso.
«Ecco fatto.» Sto per allontanare le braccia dal suo petto, quando Allen me le afferra entrambe con un solo movimento, mentre con la mano libera mi tira leggermente le punte dei capelli. Il suo braccio che mi sfiora il fianco mi fa andare a fuoco la pelle. Sono costretta ad alzare gli occhi su di lui, e odio ammettere che da vicino è ancora più bello. D'improvviso il freddo non è più un problema.
«Ahi» sussurro, avrei voluto dirlo in modo stizzito, oppure sarcastico, eppure mi è uscito così, sommesso ed imbarazzato. Sono felice però di sentire, grazie alla mano che ho poggiata sul suo petto in seguito alla presa di prima, che il suo cuore batte allo stesso ritmo del mio: frenetico e incalzante. Allen sorride, uno di quei sorrisi strani che mi ha rivolto nell'ultimo periodo, a metà fra il dolce e qualcos'altro, l'audace e qualcos'altro, il divertito e qualcos'altro. Poi, inaspettatamente, mi bacia. Le sue mani lasciano la presa sulle mie, che finiscono istantaneamente nei suoi capelli morbidi come il velluto. Non ce la faremo mai a stare lontani uno dall'altra, in questo momento di follia è il mio subconscio a darmi il colpo finale. Allen mi circonda la vita con le braccia e mi attira più vicino a sé, assaporando le mie labbra. Anche le altre volte che l'ho baciato aveva il piercing al labbro. Quella sensazione metallica a contatto con la lingua, nuova ed elettrizzante, è il miele di cui parlavo prima, assieme a tante altre cose di lui che mi fanno impazzire. La brezza gelida di gennaio, o forse questo bacio inaspettato, mi fa rabbrividire, Allen se ne accorge e si allontana leggermente da me, senza smettere di guardarmi negli occhi. Si toglie la giacca e me la posa delicatamente sulle spalle, usandola per tirarmi verso di lui. Le mie mani si poggiano sul suo petto, le vedo tremare leggermente con la coda dell'occhio. Sono confusa. Non so più cosa provo, cosa voglio. I pettorali di Allen si tendono sotto i miei palmi quando si protende verso di me. Il mio cuore si ferma all'idea che stia per baciarmi di nuovo, invece con il pollice pulisce il rossetto sbavato sul mio mento. Una leggera risata abbandona le mie labbra quando mi accorgo che metà del mio rossetto si trova attualmente sulla sua faccia.
«Che c'è da ridere?» mi chiede, il tono è leggero, giocoso, ma al tempo stesso intenso, mi fa contrarre lo stomaco.
Senza dire niente, sollevo una mano e gli levo il mio rossetto dalle labbra. «Cheyenne?» Quei due pozzi scuri fanno annegare i miei occhi nella loro acqua nera.
«Dimmi» sussurro, se mi sporgessi un po' riuscirei a sfiorare le sue labbra carnose. Le mani di Allen si spostano dai lembi della giacca alla mia vita. «Vieni via con me.»
«Cosa? Allen, ma-»
«Non era una domanda» mi interrompe, pacato. Mi mordo nervosamente le labbra. Mi dispiace scaricare Jordan, dannazione! Non se lo merita... poi quello che potrebbe pensare mia madre, e quello che direbbero le persone se ci vedessero andare via insieme...
«Non ci devi pensare, Cheyenne, o vuoi o non vuoi, scegli d'istinto» mi incoraggia Allen, e purtroppo so benissimo cosa voglio fare.
«Andiamo.»
Come se stesse soltanto aspettando il mio permesso, Allen mi sorride in quel modo tutto suo, poi mi afferra la mano e mi trascina via dal tetto quasi correndo.
«Allen! Ho dodici centimetri di tacco, vai piano!» rido, sollevando l'orlo del vestito con la mano libera per evitare di acciaccarlo. Allen si ferma di colpo e si volta, dandomi un altro bacio. Il respiro mi si mozza in gola, subito mi guardo intorno per vedere se c'è qualcuno.
«Tu sei pazzo!» esclamo in un sussurro urlato, e lui se la ride di gusto. Non l'ho mai visto così felice, quasi ebbro. Sembra uno di quegli adolescenti dei film, come lui stesso mi aveva detto una volta, quelli che vivono la vita come viene senza pensare a nulla e facendo soltanto quello che gli va. Quelli che li guardi e pensi che sono belli da morire, perché hanno impressa nei lineamenti del volto la libertà più pura. Mi salgono le lacrime agli occhi a pensare alla mia libertà negata, invece.
«Levateli» mi dice con un sorriso, colpendo la punta delle mie scarpe col piede.
«Cosa?!» chiedo, incredula.
«Vuoi correre così?»
«Non vedo perché dobbiamo correre» ribatto.
Allen alza gli occhi al cielo. «Hai mai visto una fuga da qualsiasi posto essere effettuata camminando?»
«Va bene, va bene» borbotto, inchinandomi per togliere le scarpe. È del tutto inutile discutere con lui. Mi afferra di nuovo la mano e riprende a correre. Il pavimento della scuola è gelido sotto i miei piedi, non ricordo di aver mai sentito qualcosa in modo così vivo come in questo momento. Il calore della mano di Allen si irraggia nelle mie vene, facendole ribollire, il freddo del pavimento mi afferra i polpacci, il cuore batte troppo veloce nel petto per essere misurato.
Ben presto, passando per l'entrata principale, dove incontriamo soltanto coppie troppo impegnate a scambiarsi effusioni per notarci e qualche freshman disorientato, raggiungiamo la macchina di Allen. Mi lascia la mano solo per permettermi di salire, poi mette in moto.
«Dove andiamo?» chiedo.
«Scegli tu.» Quest'affermazione mi coglie alla sprovvista. In genere è a lui ad organizzare tutte le nostre avventure, io non saprei nemmeno da dove cominciare. Dunque dico la prima cosa che mi viene in mente: un posto in cui mi sono sentita me stessa, lontana dalla realtà.
«Casa tua.»
Allen si volta a guardarmi di scatto, incredulo, poi scoppia a ridere. «Non ti facevo così diretta.»
«Idiota» ridacchio, alzando gli occhi al cielo. Poi mi ricordo di un piccolo particolare. «Tua madre c'è?»
«No, lavora... in ogni caso sarebbe stata felice di conoscerti, ti adora» mi fa l'occhiolino, e io senza nemmeno sapere perché arrossisco. Non riesco a credere che lui e sua madre possano aver parlato di me.
«Le hai parlato di me?»
«Purtroppo mi è sfuggito, da quel momento non ha fatto altro che tormentarmi» scherza lui, io sorrido senza riuscire a controllarmi. È la prima volta nella mia vita che mi succede una cosa del genere, e mi fa sentire... bene.
In pochi minuti siamo a casa sua, scendiamo dall'auto ed entriamo nel palazzo. Non mi sono fermata a pensare nemmeno un secondo a quello che stiamo facendo, per la prima volta nella mia vita non mi sono chiesta se fosse giusto o sbagliato. 'Fanculo, mi fa stare così bene, come può essere sbagliato?
«Come mai alla fine hai deciso di venire al ballo?» gli chiedo, mentre Allen accende la luce del salotto e si leva le scarpe. Esita un istante, poi scuote la testa e accende lo stereo, una musica jazz si diffonde per tutto l'appartamento, delicata.
«Te l'ho detto: mia madre mi ha obbligato.» Non ci credevo nemmeno prima, ma adesso ho la certezza che sia una bugia.
«Non ti credo» gli dico le stesse parole che mi aveva detto lui quella sera, dopo essere stato da Chantal.
«Vuoi che sia onesto?» chiede, dopo essersi avvicinato a me. I suoi occhi sono fissi nei miei. Annuisco col cuore che va alla velocità della luce.
«Non sopportavo l'idea che Jordan Peck potesse guardarti e toccarti per tutta la sera, e io no» dice, schietto, nessuna ombra di imbarazzo nei suoi occhi. Rimango per qualche secondo senza respiro.
«Allen, ti ho già detto che la gelosia non-»
«Non mi interessa, Cheyenne, di' tutto quello che ti pare, ti ho confessato ciò che provo per te e non cambierà» mi interrompe, con un dito sposta una ciocca di capelli che mi era finita davanti agli occhi. «Puoi negare i tuoi sentimenti» continua, e il mio cuore accelera ancora di più la propria corsa sfrenata. «Ma la tua presenza qui dimostra che ho ragione io.»
«Allen, non possiamo-» provo a dire, ma mi interrompe di nuovo.
«Non voglio sentirlo, Cheyenne, non stasera» scuote la testa, il profondo dolore nella sua voce mi incrina il cuore. Mi rassegno all'idea che ormai ho imboccato la via dell'istinto, abbandonando quella della ragione: il danno è fatto, non c'è più modo di tornare indietro ormai. E non voglio farlo, questa è la verità.
Faccio un passo verso di lui e gli getto le braccia al collo. Per un secondo Allen sembra confuso, poi poggia le mani sulla mia vita.
«Vuoi ballare con me?» gli sorrido. Lui annuisce con una risata, poi mi fa volteggiare sulle delicate note del sassofono, mi sento il più bello degli strumenti fra le sue mani, è come quando suono il violino, solo che lui è il suonatore e io il delicato legno modellato. Le sue mani sono l'archetto che mi conduce, e la sinfonia che ne viene fuori è pura magia.
«Sei bellissima, Cheyenne, non penso di aver mai visto creatura più bella» esordisce ad un certo punto Allen. Smetto di volteggiare e lo osservo guardarmi. Non ho mai visto i suoi occhi indugiare su di me in questo modo, come se vedesse oltre ogni apparenza e mi guardasse direttamente l'anima.
«Questo vestito, poi...» continua, nei suoi occhi ora c'è qualcos'altro, mi guarda come se fossi la gemma più preziosa al mondo.
«Lo odio, mi fa sentire un pezzo di carne da macello» confesso.
«Ti sta d'incanto, Cheyenne, ti guarderei per ore senza stancarmi.» Le sue parole mi fanno aumentare le palpitazioni, il rossore si deposita sulle mie guance come la rugiada su Central Park al mattino.
«Levamelo.» Non posso credere di averlo detto davvero. E non l'ho nemmeno sussurrato, l'ho detto con una fiducia che non pensavo nemmeno di avere. Allen si ferma di scatto, tutti i suoi muscoli si irrigidiscono alla mia richiesta, a partire da quelli del volto per finire con quelli delle gambe.
«Cheyenne...» inizia, titubante, ma questa volta sono io a interromperlo.
«Lo odio, con te non sono questa ragazza ricca con la vita programmata dall'inizio alla fine: levamelo.»
«Non posso spogliarti, Cheyenne, dopo non si torna più indietro» deglutisce rumorosamente, alternando lo sguardo dai miei occhi al vestito.
Non mi capacito di come riesca a farlo, ma trovo da qualche parte dentro di me il coraggio di voltarmi e spostare i capelli dalle spalle, offrendo ad Allen la cerniera del vestito.
«Ora sta a te scegliere, hai cominciato tu questo gioco: ragione o istinto?» Il mio cuore è ormai sul punto di scoppiare. Non so cosa spero che scelga, ormai io ho del tutto abbandonato la strada della ragione. Mi sembra che passino attimi interminabili, prima di sentire le dita calde di Allen sulle mie spalle. Trattengo il respiro mentre afferra la cerniera e comincia a tirarla verso il basso, fino ai glutei. Gran parte della schiena era già scoperta, ma mi sento lo stesso come se mi fossi liberata di una gabbia. Afferro i capelli e li sollevo, scoprendo il collo dove si trova l'ultimo ostacolo: il bottone del colletto. Allen esita, io trattengo il fiato. Non si torna più indietro. Posso quasi sentire lui pensare la stessa cosa, poi d'improvviso l'ostacolo del bottone non esiste più e il vestito si riversa ai miei piedi.
«Porca puttana» sussurra Allen, con voce strozzata. Può vedere solo la mia schiena, i glutei e le gambe. Non me la sento di girarmi ancora, nessuno ha mai visto il mio corpo per intero. Oltretutto non ho il reggiseno, perché il vestito era scollato. Eppure non mi sento in imbarazzo, mi sento al sicuro, so che Allen non farebbe né direbbe mai niente di male.
«Non so se voglio che ti volti» mormora lui, sento il suo sguardo bruciarmi sulla pelle. Rido piano, tornando a sentirmi a mio agio, e con il respiro bloccato in gola e il cuore impazzito, mi volto lentamente verso Allen, con gli occhi chiusi. Ho paura di vedere la sua reazione. Mi hanno detto per tutta la vita che sono perfetta, bellissima e con un corpo da urlo, ma per la prima volta ho paura di non piacere a qualcuno. A qualcuno a cui invece vorrei tanto piacere in ogni mio aspetto.
«Cristo. Cazzo, Cheyenne» c'è una sorta di disperazione nella sua voce.
«Hai detto troppe C» lo prendo in giro, per smorzare la tensione.
«Sei un diamante raro» mormora, a questo punto decido di aprire gli occhi. I suoi sono lì, in adorazione, come se stessero guardando la più bella opera d'arte del Louvre. E per la prima volta nella mia vita mi sento bella. Le lacrime mi salgono agli occhi, non provo nemmeno a controllarle.
«Perché stai piangendo?» mi chiede Allen, apprensivo. «Ho detto qualcosa che non andava?»
Scuoto la testa, asciugandomi le lacrime. «Hai detto la cosa giusta, come sempre, Allen, io... non mi sono mai sentita così bella, me l'hanno sempre detto, eppure solo ora lo sento» gli confesso. Non si è ancora azzardato a toccarmi, non so cosa stia aspettando, se abbia paura che io possa prenderla male oppure se sia semplicemente pietrificato. Decido di sbloccare la situazione e faccio un passo verso di lui. C'è qualcosa che mi arde nel petto, un desiderio che non ho mai provato ma che è lì, mi divora come fa il fuoco quando divampa sull'erba secca. Comincio a sbottonargli la camicia, le linee scure dei tatuaggi si palesano di fronte ai miei occhi man mano che la pelle emerge dal tessuto morbido. Quando anche la sua camicia è a terra, Allen trova il coraggio di toccarmi, mi afferra per la vita e mi avvicina a sé. Il suo corpo perfettamente scolpito dallo sport è caldo, confortevole, non ho mai desiderato rifugiarmi così tanto in qualcuno.
«Fermami Cheyenne, ti supplico» implora, i suoi occhi sono scuri come la notte, eppure densi come la musica che si diffonde per la stanza.
«Non penso che lo farò» mi stupisco io stessa delle mie parole. La presa delle sue mani sui miei fianchi si fa più salda, ma al contempo più delicata, come se avesse paura di farmi male. Lo sguardo mi cade sulla sua clavicola destra, dove c'è tatuata la roulotte e la scritta keep it simple, uno dei miei tatuaggi preferiti fra quelli che sono riuscita a scorgere sul suo corpo. Lo sfioro con le dita, e percepisco gli occhi di Allen abbassarsi ad osservare il mio gesto.
«Ti piace?» la sua voce è bassa, mentre mi disegna dei cerchi con la mano destra sul fianco, metodicamente. Annuisco, incapace di parlare, sono così sopraffatta dalle mie emozioni e dalle sue che non ci riuscirei nemmeno se mi sforzassi.
«Cosa significa?» gli chiedo in un sussurro, dopo un paio di minuti, spostando la mano sul pettorale sinistro, dove ci sono la farfalla e il teschio. Allen sorride, porta una mano sulla mia guancia e mi sposta una ciocca di capelli indietro. «La farfalla è Amy, il teschio sono io: diversi, eppure inseparabili.»
Poggio la guancia contro il suo petto, stringendolo a me. «Vorrei avere con mia sorella il rapporto che avete voi due.»
«Non è mai troppo tardi per costruire una relazione più sana.»
«Non conosci Amélie» sbuffo, poi mi allontano un po' dal suo petto caldo, abbastanza per guardarlo negli occhi. Lui mi osserva per qualche secondo, poi sorride.
«Sei bellissima.»
«Questo l'hai già detto» arrossisco un po'.
«Non mi sembra abbastanza.»
Senza riuscire a smettere di sorridere, avvicino le labbra alle sue, in punta di piedi. Allen azzera la distanza fra noi, impossessandosi di ogni particella del mio essere. Sotto le dita sento i muscoli tonici della sua schiena tendersi, ma so anche che sopra ad essi ci sono quelle delicate lentiggini che mi piacciono da morire. Allen è questo: un caotico concentrato di forza e delicatezza, la persona più determinata e al contempo più fragile che abbia mai conosciuto. E mi ha donato le sue fragilità, mi ha fatto sentire al sicuro con la sua forza, e purtroppo so benissimo che mi piace quanto io piaccio a lui, forse anche di più. Sicuramente di più, perché il cuore non mi ha mai straziato in questo modo per una cotta, c'è una forza dentro di me che mi dilania con una dolcezza sconcertante. Senza nemmeno sapere come, mi ritrovo distesa sul suo letto. Il piumone è fresco a contatto con la mia schiena nuda, gli circondo la vita con le gambe e Allen mi deposita baci delicati sul volto e sul collo, i suoi capelli scuri mi solleticano il viso. Poi d'improvviso si ferma con un gran sospiro. Cosa? Perché? Gli sollevo il mento con un dito, obbligandolo a guardarmi. «Che c'è, Allen?»
Lui sospira profondamente, colgo nei suoi occhi l'incertezza e il desiderio che si danno battaglia. «Cheyenne, tu sei tutto ciò che voglio, però non-»
«Non si torna più indietro, lo so.» Gli accarezzo i capelli morbidi, lui chiude gli occhi. «Chi l'ha detto che bisogna tornare indietro? Io voglio andare avanti, Allen.»
Mi guarda negli occhi, probabilmente cercando di capire se lo voglio davvero, e io sono sicura che non troverà un briciolo di incertezza. D'improvviso però il suo sguardo si indurisce. «E poi?»
«Cosa?»
«Poi cosa faremo? Continueremo a nasconderci da tua madre per altri tre mesi? Sei? Un anno? Dieci? Tutta la vita?»
Lascio scivolare la mano dai suoi capelli, finché non ricade sul letto. «Non capisco, Allen...» Una sensazione sgradevole spegne il fuoco che fino a questo momento ha alimentato il mio cuore. Lui scuote la testa e si lascia cadere di fianco a me sul letto. Il suo volto è cupo, contrae ripetutamente la mascella, i muscoli tesi. «Non c'è niente da capire, Cheyenne, è la verità e basta.»
Sollevo il busto quel tanto che basta per guardarlo negli occhi. Ha la fronte corrucciata e l'espressione dura. «Che stai cercando di dire?»
«Sto cercando di dire che non troverai mai il coraggio di opporti al volere di tua madre, di scegliere per te.»
Mi sento punta nel vivo. «Questo non puoi saperlo.»
Fa una risata amara e si mette seduto sul letto dandomi le spalle. «Il fatto che stasera sei andata al Sadie Hawkins con Jordan ne è l'ennesima prova. Sono io che continuo ad essere cieco e nutrire speranza per qualcosa che non esisterà mai.»
Una sensazione strana all'altezza del petto mi lascia senza fiato, seguita da un dolore acuto che si irraggia in ogni singola parte del corpo. È questo che si prova quando il cuore si spezza?
«Come puoi... io non...» le lacrime mi salgono agli occhi, eppure non ho nulla da obbiettare, perché in fondo so che ha ragione: non ho il coraggio di oppormi a mia madre, ed Allen non è il tipo che passa la vita a nascondersi, questo me l'aveva detto tempo fa, me lo sarei dovuto aspettare. Eppure fa male, desiderare qualcosa che non si può avere.
«Mi dispiace, Cheyenne» mormora, le sue parole sono la stoccata finale che mi distrugge. Calde lacrime mi rigano le guance, piango come forse non ho mai pianto in vita mia, perché mi rendo conto di ciò che ho perso. Allen si alza in piedi e fa per uscire dalla stanza. «Aspetta!» grido.
Si volta con un gran sospiro, come se gli costasse uno sforzo immane. «Possiamo ancora essere amici, non voglio rinunciare a te.»
Una risata priva di divertimento abbandona le sue labbra carnose che poco prima erano incollate alle mie. «Amici? E cosa cambierebbe, esattamente? Lo sai cosa provo per te, Cheyenne.»
«C'è qualcosa di speciale fra noi, Allen, è innegabile, e io non sono disposta a rinunciarvi» mi sforzo con ogni briciolo di determinazione che mi è rimasto per mantenere salda la voce, eppure una crepa si insinua fra le mie parole, spezzandola. Lui sembra esitare, così decido di insistere su questo punto. È l'unica persona che mi ha fatta sentire viva, che mi ha fatta sentire speciale in questi diciassette anni, e non ho intenzione di arrendermi così facilmente. Forse non potremo mai stare insieme, ma egoisticamente lo voglio nella mia vita. «Ti prego, tu saresti disposto a rinunciare a me, a noi, a quello che abbiamo?»
Scuote vigorosamente la testa, come se volesse scacciare le mie parole. «Non lo so, Cheyenne, non sono abbastanza lucido per pensarci sul serio... rimandiamo questa conversazione a domani, per favore.»
Il fatto che mi stia liquidando in questo modo mi ferisce non poco, ma capisco che ha bisogno dei suoi spazi, e lo rispetto
«Va bene» concedo, sentendomi improvvisamente piccola e sola, priva di ogni energia. Allen annuisce e scompare oltre la porta, tornando poco dopo col mio vestito. Senza dire nulla lo deposita ai piedi del letto e se ne va di nuovo. Mentre lo indosso, percepisco ancora sulla pelle il fuoco ardente provocato dalla pressione dei suoi polpastrelli. Eppure non ci potrà mai essere niente fra di noi, tale consapevolezza mi fa male come non avrei mai immaginato. Questa sera ho lasciato che l'istinto guidasse tutte le mie scelte, ed è stata la prova che invece dovrei lasciar fare alla ragione il suo lavoro.
Tra me ed Allen James sembrano essersi intromessi non solo gli astri, ma la Via Lattea intera.
Ciao fiori di campo! 🙊
Sono tornata.
Innanzitutto voglio ringraziarvi per i bellissimi messaggi che mi avete lasciato in questi lunghi mesi, non sempre ho risposto immediatamente, per un periodo non ho nemmeno aperto Wattpad, però vi ho letti tutti.
Siete strepitosi, e vi auguro di essere sempre grati per la vita che vi è stata data, perché sempre felici non si può esserlo, però si può apprezzare un dono di cui noi c'è nulla di più grande.
Tornando a Misfits... sono successe parecchie cose in questo capitolo, cosa ne pensate?
Allen e Cheyenne rimarranno davvero amici?
Cosa sta nascendo fra di loro?
Vorreste vederli insieme o siete #teamHans?
Tra poco tornerà anche lui! 😌
Grazie, di tutto. 💛
Al prossimo capitolo!🔜
-A✨