Ora c'era solo da aspettare e vedere. In fondo sapevo esattamente cosa sarebbe successo e questa certezza colorava di amaro ogni nostra vittoria. Vedevo IA allentarsi nel buio: tra poco non sarebbe rimasto molto di quella grande enorme mente che aveva impugnato lo scettro del mondo negli ultimi duemila anni. Ora toccava di nuovo agli uomini , non sapevamo se noi ci saremmo state , ma ora sarebbe toccato di nuovo a loro...
- Appoggiamolo lì - Trinity e Liz portarono Neo in sala comando.
- Come sta?- osai chiedere. Trinity sospirò. -E' molto debole, non so se sopravviverà all'atterraggio. - disse poi. Probabilmente nessuno di noi sarebbe sopravvissuto all'atterraggio. Questo non lo disse Trinity, ma lo pensammo tutte e tre.
- Perché sei andata a prenderlo?- osò chiedere Liz.
- Non lo so, forse per salutarlo un'ultima volta - aggiunse Trinity con le lacrime agli occhi.
- So perché l'ha fatto, so che cosa sperava di regalarmi, ma se io non la volessi questa vita senza di lui?- aggiunse Trinity. Io e Liz abbassammo solo lo sguardo a terra. Pensai a Peter. Guardai l'oblò coperto da uno spesso strato di metallo, mi immaginai le stelle al di là, immobili eppure così belle.
- Se mai dovessi tornare dirò alla Caster che io e suo figlio stiamo insieme. In fondo non potrà essere peggio del pugnale che le ho piantato nella pancia poco fa per la libertà degli uomini!- aggiunsi all'improvviso. Trinity mi guardò stupita: - Dettagli: sono curiosa, morbosamente curiosa - aggiunse venendo a sedersi di fianco a noi.
- In realtà nemmeno la vedevo quando l'ho fatto: vedevo solo numeri - alzai le spalle.
- Hai tolto l'interfaccia! Così non vale!- protestò Liz.
- Non ho pugnalato lei, ho pugnalato uno specchio, che rifletteva l'immagine che io ho nella mia mente di lei - riflettei ad alta voce.
- Uno specchio?- ripeté Liz.
- In fondo, l'intera Matrix era uno specchio - disse Trinity.
- Noi abbiamo infranto l'ultimo specchio, nient'altro - aggiunsi.
- Chissà se l'uomo ne costruirà mai altri...- sospirò Trinity.
- Chissà...- le fece eco Liz.
- Sarò sincera ragazze, perché è la cosa migliore a questo punto - disse Trinity tornando seria.
- Non arriveremo mai abbastanza lontano - la precedette Liz.
- Già. Non so a che punto saremo né ho idea di che resistenza può porre un'astronave in stato di riparazione a una esplosione di quel tipo. Non so cosa succederà qui dentro e non so nemmeno l'esatto momento in cui esploderà, il quadrante che mostrava il conto alla rovescia è stato distrutto. Non ci rimane che guardare un orologio digitale e fare due conti - allargò le braccia Trinity e lanciò un'occhiata a Neo.
- Non ci rimane che morire quindi?- dissi deglutendo a fatica.
- Mi piacerebbe dirvi che non accadrà, ma non ve lo posso promettere - sospirò lei.
- è una promessa che nessuno può fare, nemmeno alle persone che ama - continuò Liz.
- Ogni missione ha i suoi problemi, i suoi imprevisti. C'è sempre qualcosa che non va, e non sempre è colpa di qualcuno in particolare - ci disse Trinity.
- Nessuno poteva sapere di quella password o di Neo. E' andata così...- alzò le spalle. Poi si alzò per andare a controllare la rotta.
- Liz, l'altra sera a Zion quando sei uscita, hai per caso visto Michael? - osai chiederle dopo un lungo attimo di silenzio. Liz mi guardò decisa, rossa in volto, coi pugni contratti. Lo presi per un sì, ora capivo meglio perché Michael si era arrabbiato con me.
- Non nominerò mai più il suo nome, non voglio più vederlo! Non parliamone più ti prego - aggiunse meno duramente dopo qualche istante. Io non le risposi. Ovviamente avrei voluto che me ne parlasse, ma tacqui. Era un verdetto definitivo e non negoziabile e conoscendo Liz non sarebbe tornata facilmente sulle sue idee. Trinity tornò dal suo controllo. Si sedette senza dire una parola.
La tv stava ancora trasmettendo in diretta erano le tre passate. Mary Jane si era addormentata sul divano. - Ora abbiamo la conferma. La bomba è stata attivata: non sappiamo a che ora esploderà né tanto meno se la navicella riuscirà ad arrivare abbastanza lontano per non essere colpita dall'onda d'urto -. Mary Jane aprì gli occhi, si asciugò il viso: allora c'eravamo riuscite?! Morpheus le aveva telefonato quando aveva visto attivarsi le connessioni.
Michael era ancora sul balcone, stringeva forte la ringhiera. Sentiva dei graffi nel cuore e non sapeva più come fare a respirare. La rabbia aveva lasciato posto alla frustrazione e allo sconforto e al senso di colpa. Sapeva che molte cose erano andare storte prima e durante la missione, ma se gli avessero detto quanto gli sarebbe costato prendere quella pillola: non era più sicuro di volerlo fare. Aveva perso Liz per sempre. Aveva perso la mia amicizia. La nostra bolla era esplosa: non esisteva più. Non importava molto di chi fosse la colpa: si sentiva perso, vuoto.
Ormai il suo destino non era più nelle sue mani. E questo lo faceva sentire impotente, lo irritava al punto che avrebbe voluto tirare calci al nulla. Non poteva sopportare l'idea che Liz morisse, al pari di vederla felice con un altro. E non aveva più nessuno con cui parlarne. E allora? Cosa poteva fare? Nulla. Steven lo raggiunse sul balcone:- come va?- gli chiese.
- Come vuoi che vada?- gli rispose senza guardarlo.
- Tutti ci sentiamo così: è normale, credo. In fondo tutti volevamo loro bene, chi in un modo, chi in un altro. - disse Steven battendogli sulla spalla.
- Già - ammise Michael.
- Dai, vieni dentro! Fa freddo qua!- gli disse lui.
- Arrivo - rispose. Guardò Zion nel silenzio, poi chiuse gli occhi, ricacciando una lacrima e rientrò.
I minuti diventarono ore sommandosi come sabbia che scorre attraverso una clessidra, tale io lo vedevo davanti ai miei occhi: guardai uno dei monitor esterni che inquadrava lo spazio. Avrei voluto essere a casa: nella mia vecchia casa. Sdraiata sul mio letto a guardare per aria. Liz e Trinity giravano intorno a me, ma nessuna di noi aveva più molta voglia di parlare. L'intera mia vita mi scorreva davanti agli occhi, come un vecchio film e io che guardavo, più passavano i secondi, più scorreva la pellicola e più mi accorgevo di essere stata così poco capace di godermi ogni attimo, come se ci fosse sempre stato uno specchio tra me e la realtà, come se avessi sempre vissuto la mia vita di riflesso dietro a quel vetro. Volevo tornare nella mia strada, volevo partire in bici da casa mia, volevo imparare a guidare, godermi il paesaggio, le montagne lontane, il cielo azzurro e luminoso, volevo vivere.Il problema non era trovare qualcuno per cui morire, era trovare qualcuno per cui valesse la pena di vivere e di resistere.
Peter accostò la porta. Sua madre era svanita. Il divano era deserto. Si sentiva come un ladro, eppure non aveva potuto resistere. Accese la TV: l'immagine era ferma su un cielo nero carico di stelle. Una notte così lui era corso a Zion per rubarmi un bacio. Quella sera Zion gli era sembrata bellissima. Ora si sentiva soffocare... E se non fossi più tornata?Se quella notte, quel bacio fossero stati la sua ultima possibilità. Scacciò il pensiero, ma i miei occhi lo tormentavano. Migliaia di chilometri più in alto io mi ero trascinata su una sedia della console e toccavo uno schermo coperto di stelle. Di quelle stesse stelle che anche lui stava guardando. E pensavo a quella notte. All'ultima notte che mi aveva regalato. Era stato senza dubbio uno dei momenti più belli della mia vita, nonostante l'oscurità che avevamo intorno, nonostante la guerra, nonostante la missione, nonostante il sogno e l'ineluttabilità di un destino a cui sapevo ormai di non potermi sottrarre. Tra poco tutti quei miei pensieri sarebbero stati nulla. Il nulla non piange, ma per lui, per Peter come sarebbe stato? Che diritto avevo io di portargli tanto dolore o tante lacrime? C'era un oscura pace in quell'universo. Un silenzio, come quello che ognuno di noi portava nel cuore quella notte. Quante occasioni, sentimenti avevamo perso per quella guerra, per la libertà? Era quello il prezzo da pagare? Ai suoi occhi, io non avrei mai saputo resistere. Sorrisi asciugandomi una lacrima. Per lo meno sarei morta sapendo di poter amare, davvero.
In fondo non ho già ricevuto abbastanza dalla mia vita? Mi tornarono in mente le parole scritte dalla Caster in quella lettera di addio di 2000 anni prima. Come poteva essere così tranquilla, così rassegnata? Il mio cuore batteva più forte che mai ora nel petto: forse perché io avevo ancora qualcuno per cui tornare a vivere? Forse perché io non avevo il suo coraggio, la sua determinazione? Forse perché amavo in lei, ciò che io non avrei mai potuto avere: la sicurezza, o meglio la certezza che qualsiasi cosa avevo fatto o vissuto, l'avevo fatto al meglio.
D'un tratto fui distolta dai miei pensieri.
- Trinity - la chiamai allarmata. Lei lasciò Neo e corse verso di me.
- L'orologio, si è fermato - dissi incredula.
- Quanto tempo fa?- chiese impaurita.
- Non lo so, non l'ho guardato quando mi sono seduta al monitor - confessai.
- Cosa c'è?- chiese Liz.
- Si è fermato - dissi indicando l'orologio. Segnava che ci mancava poco più di mezz'ora.
-E ora?- chiese Liz.
Io mi alzai in piedi. Un rumore fondo e basso venne dal nulla, mi voltai verso l'oblò. Trinity scivolò accanto a Neo preparandosi al peggio. Fu questione di un attimo.Esplose tutto, vetri, circuiti. Tutto in mille pezzi, l'astronave si cappottò. Venni sollevata da terra e sbattuta contro un vetro. Gridai dalla paura e dal dolore, poi tutto divenne scuro intorno a me.