Basta un attimo per perdere tutto quello per cui si è lottato per una vita intera. Una frazione di secondo, in cui sogni, desideri e compromessi, svaniscono come neve al sole. Nulla è sicuro, se non il momento in cui, prima o poi, tutti arriveranno: la morte. Quella parola così tetra e buia, che intimorisce ogni essere umano.
La sirena dell' ambulanza continuava a risuonare initerrottamente, facendo si, che il mezzo, potesse passare tra il traffico delle strade di Lisbona.
Camila era sotto shock: se ne stava immobile in un angolo, a fissare i due paramedici che, provavano di tutto, pur di mantenere in vita Lauren. Mancavano ancora pochi minuti all arrivo in ospedale, eppure, alla cubana, quel viaggio era sembrato un'eternità.
Lauren era svenuta più volte, riprendendo conoscenza soltanto per pochi secondi, neanche il tempo che Camila potesse dirle qualcosa. La prognosi della corvina peggiorava di secondo in secondo, tanto che il suo cuore, smise di battere e i due uomini, riuscirono a riprenderla per pura fortuna. Il proiettile le aveva sfiorato il cuore, danneggiando l'aorta e colpendole un polmone.
Camila, avendo studiato medicina, sapeva quali erano le possibilità che la sua fidanzata si salvasse: una su dieci. Le ferite erano troppo gravi ed i continui avvenimenti ed arresti cardiaci, le danneggiavano sempre più il cervello: anche se avesse dovuto risvegliarsi, le probabilità che fosse la stessa Lauren di prima, erano molto poche.
Nonostante questo, la cubana decise di non basarsi sulle statistiche, sui numeri ma cominciò, per la prima volta nella sua vita, a pregare. Era una donna di scienza e sapeva che i miracoli non esistevano ma tutto era spiegato da una qualsiasi formula matematica; però, in quel momento, quello era il suo unico appiglio per sperare. Credere in una divinità superiore che potesse salvare, qualcosa di apparentemente già scritto.
"L'aorta sta collassando, corri, perché se dovesse cedere, l'abbiamo persa!"
- esclamò uno dei paramedici -
"È in condizioni critiche, se ne potrebbe andare da un momento all'altro" - gli rispose l altro pompando l'ossigeno in mascherina -
Camila sembrava essere dentro ad una bolla, isolata dal mondo esterno. Le voci ed i suoni intorno a lei, li sentiva lontani come se fossero ripetuti tramite eco. Gli occhi offuscati dalle lacrime che non smettevano di scendere ed il respiro corto, che sembrava intrappolato nei polmoni.
L'ambulanza frenò e le porte posteriori si spalancarono, mostrando medici ed infermieri in attesa del paziente.
"Donna, 30 anni, ferita d'arma da fuoco al petto. Colpita di striscio aorta, che sta per cedere e polmone sinistro, che sta collassando. Arresto cardiaco durante il viaggio e perdita di conoscenza multipla" - informò l'equipe uno dei paramedici -
" In sala operatoria subito! Muoviamoci!" - esclamò un uomo in camice bianco -
Ed è così, che pochi istanti dopo, Lauren scomparve dietro due porte scorrevoli, lottando ardentemente per la sua vita.
Camila invece, non si era mossa dal suo posto. Nonostante il frastuono che stava avvenendo intorno a lei, era lì, immobile a fissare il vuoto. La cubana era totalmente sotto shock, lo sguardo perso, di chi non credeva più a niente ed aveva perso tutto.
"Signorina? Mi sente? Sta bene? Venga, che la visitiamo"
Una ragazza l'aiutó a scendere, facendola accomodare su una sedia a rotelle. La cubana non si reggeva in piedi, le gambe l'avevano abbandonata del tutto. I medici continuavano a farle domande, a cui lei però non rispondeva. Il suo unico pensiero era appena entrato in sala operatoria e se anche la cubana, avesse avuto qualche graffio da fare curare, non le sarebbe importato, non sentiva dolore, non fisicamente almeno.
"Signorina, le fa male qualcosa? Come si sente?" - le domandó una ragazza, non appena la fecero distendere sul letto -
Camila la guardó persa, come se nemmeno sapesse dove si trovasse al momento. Intorno a lei, decine di persone correvano avanti ed indietro freneticamente. Al suo fianco, i lettini del pronto soccorso erano tutti occupati da persone con ferite non molto gravi.
La cubana si sentiva stordita, le faceva molto male la testa ed aveva la sensazione di dover vomitare da un momento all'altro. Le sue mani tremavano e non riusciva a smettere. L'infermiera di fronte a lei, se ne accorse e la invitó a stendersi, infilandolo nel braccio una flebo, con qualche sostanza trasparente.
"Senta, non posso rimanere qui, de- devo andare a vedere come sta.."
- balbettò Camila con le poche forze rimaste -
"Non è in grado di alzarsi signorina. Si riposi per un po', tanto la sua amica ne avrà per molto.."
Camila avrebbe voluto correggerla: non era una sua amica, era la donna che amava, la sua anima gemella, la persona che amava più di sé stessa ed a cui non l'aveva mai detto. Mille flashback cominciarono a riempirle il cervello. Non riusciva a cancellare il momento in cui la stringeva tra le sue braccia, inerme .
"Ti amo"
Glielo aveva detto per la prima volta ed il suo cuore era esploso di gioia. Tutto sarebbe stato perfetto, se non fosse per il piccolo dettaglio, che Lauren era a terra, quasi morente.
" Devo andare a veder..." - la cubana provò ad alzarsi con scarsi risultati -
"Signorina, le ho appena detto che non può alzarsi. Le sue condizioni fisiche al momento non sono buone, non aiuterà nessuno in questo stato.."
- le ripeté la donna in camice -
"Camilaaaaa!" - la voce della sua sorellina, interruppe la conversazione-
La piccola Sofia saltò sopra al letto, stringendo forte la cubana, che fece una leggera smorfia di dolore, visto l impatto. Anche se non sembrava, Camila era davvero felice di vederla sana e salva. Almeno lei, ne era uscita indenne.
"Dov'è la tua amica?" - domandò la piccola -
" E' in sala operatoria" - le rispose la cubana con la voce spezzata -
" Sai, è davvero simpatica, mentre quella donna ci teneva legate, si è assicurata che non mi facesse niente"
- disse la bambina, provocando un sorriso sul volto della ragazza -
" Starà bene vero? Non mi ha detto come si chiamava il suo cane quando era piccola.." - esclamò con innocenza Sofia -
"Spero di sì Sofi, spero di sì"
Camila rimase su quel letto per circa un'ora, girandosi e rigirandosi tra quelle lenzuola bianche, come se fosse stata punta da qualcosa. Era arrivato il momento di affrontare la realtà e di avere informazioni su Lauren.
La cubana si tolse la flebo dal braccio ed anche se si sentiva ancora molto debole, si alzò dal letto, provando a reggersi in piedi. Cominciò a perlustrare ogni stanza di quell ospedale, cercando informazioni, che nessuno ancora, le riusciva a dare. Sembrava che nessuno sapesse dove fosse stata portata Lauren, sparita nel nulla in una di quelle sale operatorie.
"Stai cercando la dottoressa Jauregui?" - le chiese improvvisamente una ragazza -
" Sì? Sai dov'è?" - le domandó ansiosa Camila -
" Sono una sua ammiratrice da sempre, ho iniziato gli studi medicina solo per lei. È un eroina" - disse sognante la ragazza -
"Sì sì, però sai dove è?" - continuò la cubana -
" Vieni, ti porto da lei. Anche se sono solo una specializzanda al primo anno, ho alcune informazioni. L hanno portata in un'ala isolata dell' ospedale, in modo che la stampa non potesse raggiungerla. Io non posso entrare, ma tu si..." - spiegò - " ah io sono Jessica..."
Camila le sorrise, se non altro per darle quel briciolo di gratitudine visto che sembrava l'unica ad interessarsi alla corvina. Non appena arrivarono di fronte alla sala operatoria, non vi era nessuno. In verità quel luogo, era tetro ed anche un po' spaventoso. Le luci soffuse nel corridoio e le pareti verde scuro, non rendevano migliore la prospettiva.
All' improvviso, videro un uomo avvicinarsi alle porte scorrevoli, togliersi la cuffietta dalla testa ed asciugarsi le gocce di sudore,che scendevano sulla fronte.
"Scusi, lei è il chirurgo di Lauren Jauregui?" - si avvicinò subito la cubana -
" Lei chi è? Non posso dare alcun tipo di informazione, almeno che lei non sia una parente" - disse serio l'uomo -
" Sono la fidanzata! Come sta? Avete tolto il proiettile?" - insistette Camila -
" Le ripeto, signorina, lei non è una parente, quindi non posso dirle nulla! Torni a casa!"
In quel momento a Camila salì il sangue nel cervello e senza pensarci un secondo, si avventó contro il medico, afferrandolo per il camice, spingendolo quasi addosso al muro di fianco. Lo guardò dritto negli occhi.
" Senta, a me non interessa nulla delle politiche ospedaliere. Sono un medico pure io e lavoro per la dottoressa Jauregui. Ora o lei mi dice le sue condizioni, o farò in modo che la sua carriera la finisca a pulirei cessi!"
- lo minacciò dura -
" Lei è pazza! Ho avuto ordini precisi. Nessuno può avere informazioni o vederla. Quindi mi lasci!" - l'uomo si liberò dalla presa, ricomponendo il camice un po' stropicciato -
"Ordini? Ordini da chi?" - chiese confusa Camila -
"Sua madre! E ora mi scusi, ma devo ritornare dentro!"
L'uomo sparì dietro le porte senza darle alcun tipo di informazione. Camila provvide subito a chiamare la madre di Lauren, che però non le rispose al telefono. Non sapeva che fare, non poteva starsene lì con le mani in mano.
Le lancette sull orologio, continuavano a girare imperterrite e nessuno era più uscito da quella sala operatoria, finché ad un certo punto, la cubana vide arrivare Clara Jauregui insieme a suo marito e presumibilmente, alcuni collaboratori.
"Signora Jauregui, finalmente!" - si precipitó Camila -
"Lei chi è?" - la guardò stranita la donna -
"Un'amica di Lauren, ero con lei quando è successo.." - spiegò brevemente -
" Un'amica di Lauren..." - ripeté poco convinta - " ecco! Ora mi è venuto in mente! Lei è la specializzanda con la quale aveva una specie di tresca!" - disse la donna in tono dispregiativo -
"Veramente stavamo insieme e lei mi ha pure conosciuto una volta.." - precisò Camila, sentitasi offesa dall' atteggiamento di Clara -
" Non è importante ora signorina.."
- sapeva benissimo il suo nome ma deve finta di non ricordarlo -
"Cabello signora, Camila Cabello. Lavoro nel suo ospedale come specializzanda in neurochirurgia, ma questo credo già lo sappia.." - le tirò una frecciatina la cubana -
" Non conosco tutti i miei impiegati signorina, soprattutto quelli che non contano nulla.." - ci andò giù pesante la donna -
" Sinceramente dottoressa Jauregui, conto qualcosa per sua figlia e questa, per me, è l'unica cosa importante!"
- affermò Camila fiera -
" Come le pare signorina, ora se mi vuole scusare, devo andare ad accertarmi delle condizioni di mia figlia"
La donna con fare superiore, provò a superarla seguita dal marito che non aveva aperto bocca e la seguiva come un cagnolino. Camila però le afferrò il polso, bloccandola.
"Che diavolo fa?" - esclamò allibita la donna -
" Voglio entrare anche io! Sono più di quattro ore che sono qui fuori in attesa. L'ansia mi sta uccidendo!"
- sbroccó la cubana -
" Se lo scordi proprio! Lei non è un familiare e la situazione clinica di nostra figlia, la gestiamo noi!" - disse la donna riferendosi al marito -
" Clara, lasciala passare, non vedi quanto è agitata! Per una volta che c'è una persona che tiene a nostra figlia senza voler niente in cambio.."
- intervenne l'uomo -
" La prego! Devo sapere come sta!"
- disse Camila implorandola -
" Due minuti, appena avrà saputo, ti voglio fuori!"
Senza dire niente altro, la donna spalancò le porte e come se niente fosse, entrò nei reparti riservati al personale dell ospedale. In un primo momento, le infermiere le sbraitarono contro di tornare indietro, ma non appena riconobbero chi fosse, tutti la lasciarono tranquillamente passare. Più andava avanti e più Camila aveva paura perché di lì a poco, avrebbe saputo la verità.
La donna arrivò davanti allo studio di uno dei primati e senza nemmeno bissare, si precipitò dentro come una furia. La cubana rimase fuori insieme al padre di Lauren, che con un semplice sguardo, sembrava volessero scusarsi del comportamento irruento di sua moglie.
Clara cominciò ad alzare la voce, minacciando di fare causa all ospedale se non le venisse detto subito come stesse sua figlia. Il primario quindi, chiamò subito l'equipe in sala operatoria ed in pochi secondi, ebbe tutte le informazioni.
Camila non riuscì a sentire perfettamente, capì solo che di lì a breve, sarebbe stata trasferita al reparto rianimazione. Questo significava che aveva superato l'operazione, ma le condizioni, non erano di certo poi così buone.
"Allora?" - domandò non appena uscí dall'ufficio -
" Ha perso molto sangue. L'aorta stava per cedere ed il cuore ha faticato molto. Ha avuto un'insufficienza respiratoria a causa del polmone collassato." - la donna si fermò per un istante -
" È in coma e non sanno, se e quando si risveglierà"
Camila sentì le gambe cedere e dovette appoggiarsi al muro per non cadere.
Il suo incubo non era ancora finito.