1956 // We always live in the...

By _T612_

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1956: Russia, base operativa del KGB. La nascita della leggenda di Vedova Nera e Soldato d'Inverno all'ombra... More

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By _T612_

1956, un istinto omicida soppresso a fatica


James sa benissimo che cosa le ha detto, sui vincoli che le ha imposto e sulle tacite regole che hanno concordato, perché scappare da Mosca è un bisogno talmente vitale che non possono permettersi nemmeno uno sbaglio... ci passano sopra da mesi –le brutture, gli abusi, la violenza, i segreti mortali– e chiudere gli occhi per un altra notte soltanto non è poi la fine del mondo, perché se tutto va secondo i piani tra quarantotto ore saranno sufficientemente lontani dal Cremlino al punto che l'idea di dimenticare non sarà più solo una vana illusione decretata nel buio di una stanza, ma diventerà una realtà definita ed incamerata nel concetto nebuloso di "casa" che si regge in piedi con la sola forza dei loro corpi stretti in un abbraccio.

James sa benissimo cosa ha detto a Natalia, ma ora che la sta guardando dall'alto della graticcia impotente, con un fucile da precisione tra le mani che freme per strusciare i colpi in canna a differenza della donna che giace inerte sconvolta dal sangue che la circonda, vorrebbe solamente avere la libertà di correre giù dal punto in cui si trova e stringerla a sé con talmente forza da poter annullarla dentro di lui e nasconderla agli orrori del mondo... ma non può farlo, perché se cede all'impulso loro due si ridurranno ad altri due cadaveri da sommare ai corpi che grondano sangue riversi nella platea e tra i palchetti.

Può guardarla a distanza fingendo indifferenza, intrappolando un grido muto tra le labbra ed inghiottirlo a forza, con la speranza viscerale che si riprenda prima che qualcuno alzi il capo su di lei e capisca... non può aver un crollo ora ad un passo dal sipario infuocato che faranno calare su Mosca, bloccati entrambi sul posto con una mano tesa verso una speranza ancora irraggiungibile, desiderando con tutto se stesso di poter riderci sopra tra un paio di giorni liquidando tutti quei mesi alla stregua di un incubo infinito dal quale si era appena svegliato.

James sa benissimo che vincoli e che promesse ha strappato dalla gola di Natalia, ma ora che Ivan Petrovich1 entra nel raggio d'azione del suo mirino e la tocca –la riscuote– al suo posto con quelle mani luride, trova estremamente difficile dominarsi dal sfiorare il grilletto e far partire il colpo in canna per errore.

Ma lui non commette mai errori, e loro lo sanno.

Cerca di distoglierlo, lo sguardo... ma il profilo aguzzo di Madame B, il ghigno di Lukin ed il sorriso estatico di Karpov gli fanno desiderare di imbracciare un mitragliatore dalle cartucce già srotolate ed infinite1 –pronte all'uso per sedare la sua rabbia un proiettile alla volta– per non lasciare altro che resti irriconoscibili con una quantità di piombo a bucare loro le vene da superare i livelli di sangue in corpo... sa che è terribilmente semplice, basta la perdita di poco meno di due litri per essere certi di spedire qualcuno al Creatore – ammesso che Lui esista, dopo ciò che ha visto e subíto ne dubita fortemente.

Petrovich è riuscito a far alzare Natalia da terra e dall'espressione che ha dipinta sul volto sembra non sospettare nulla, nonostante la donna si avvii verso i camerini senza chiedere il permesso con il passo rigido di un automa... e lui scende sperando di riuscire a nascondersi tra le ombre e raggiungerla per sincerarsi sulle sue condizioni prima che qualcuno lo richiami all'ordine, ma prontamente Karpov sbraita il suo nome e si vede costretto a serrare i ranghi obbligandosi ad un saluto militare obbediente.

«Ottimo lavoro солдат, non credi?»

Tace permettendogli di prendersi gioco di lui, mordendosi la lingua fingendo di essere ancora programmato per eseguire solamente ordini, negandosi la libertà di esprimersi se non sollecitato a farlo da un ordine diretto... ha quasi commesso un errore giorni prima nel tentativo di proteggerla dalle insinuazioni di Dmitri1, l'occhiata del suo Capo era stata molto eloquente in merito, come a sfidarlo ad articolare un'altra sola sillaba senza un permesso diretto.

Alexei Shostakov li raggiunge sul palco con un mazzo di rose rosse in braccio, il colletto inamidato della divisa su cui risplendono le medagliette delle cariche militari e le suole immacolate dal sangue nauseante che infeltrisce i corridoi della platea... hanno risparmiato la carneficina al loro pupillo, non sia mai che il volto della propaganda di Madre Russia sia associato anche solo per sbaglio ai crimini che portano avanti il Paese.

James vorrebbe fargli saltare i denti al solo pensiero di come Natasha descrive il suo comportamento durante i galà di beneficenza, ai peggiori istinti della donna soppressi per non amputargli le mani quando sconfinano sul fondoschiena esibendo silenziosamente la mercanzia a terzi o strappargli gli occhi quando lo sguardo cadeva viscido con insistenza sul decolté messo in mostra dal vestito, relegata a mero pezzo di carne pregiata messo in vetrina.

James vorrebbe un sacco di cose, ma restano intrappolate dentro la sua testa rinchiuse sotto chiave e finge indifferenza in attesa di direttive, osservando il gesto brusco con cui Karpov afferra il mazzo di rose e glielo caccia contro il petto afferrandolo d'istinto, notando la completa indifferenza di Alexei per l'intera faccenda come se si sentisse costretto in un vestito troppo stretto e desiderasse trovarsi in qualunque altra parte... non da Natalia a differenza sua, è palese come non gli importi nulla della sua promessa sposa, perché se lui fosse al suo posto ed avesse la libertà di fare e dire qualunque cosa sarebbe già corso a perdifiato a tempestare di pugni la porta del camerino perché Natalia non stava bene. Si era bloccata, camminava come un automa... si rifiutava di credere di essere stato l'unico a notarlo, anche se la cosa non lo sorprende come dovrebbe.

«Porgi a Natalia i complimenti di Madre Russia per lo splendido spettacolo, poi sei congedato.» lo liquida il suo Capo con fare quasi frettoloso «Shostakov, noi due dovremmo discutere degli affari per l'indomani, abbiamo una tabella di marcia da rispettare».

«Non dovrei farmi vedere? Almeno per rendere credibile la farsa» suppone Alexei e James si sorprende che riesca a formulare un pensiero autonomo, anche se ha appena spudoratamente definito il matrimonio con Natalia una colossale mossa politica... perché è terribilmente bella, ed evidentemente se un ufficiale aveva una moglie da capogiro da tenere al guinzaglio, gli alti ranghi dell'esercito e i finanziatori che gli pagavano lo stipendio l'avrebbero tenuto in più alta considerazione credendolo al loro livello.

James si chiede se Alexei ne sia consapevole di essere usato, se possiede un minimo di spina dorsale ed umanità per opporsi a tutto ciò che gli sta accadendo intorno... forse è davvero la persona orribile che sembra e guarda seriamente agli orrori che lo circondano con distaccata freddezza come una necessaria conseguenza alla catena alimentare, ma in fin dei conti non lo reputa così intelligente –ma forse lui è di parte– ed Alexei incarna esattamente ciò per cui viene definito sulla carta bollata del suo Capo: un burattino inconsapevole, lusingato dalla promessa di un posto di prestigio nell'alta società dove tutto gli è dovuto e dall'amore vuoto di una donna che non avrà mai sul serio, intrappolato a sua volta in una gabbia dalle pareti più subdole e confortevoli della propria.

James prega con tutto se stesso che Alexei sia una persona orribile perché l'alternativa è rivoltante... ammesso che quel Qualcuno da pregare esista e non sia frutto di una qualche sciocca convinzione.

«Puoi presentarti dopo, ora abbiamo cose più importanti da discutere... momentaneamente facciamo la nostra bella figura, l'unica cosa che le importa sono le adulazioni e chiunque può presentarsi alla porta di Natalia e dirle che è stata brava.» afferma Karpov noncurante, come se l'affermazione appena proferita non si allontanasse anni luce dalla realtà dei fatti, incrociando il suo sguardo vitreo sorprendendosi della sua presenza, ricordandosi distrattamente che non gli ha mai dato l'ordine di eseguire il richiesto impartito. «Puoi andartene, зимний солдат. Esegui gli ordini, da bravo.»

James gira i tacchi e si obbliga a non correre, trattenendo saldamente il mazzo di rose tra le mani come fosse una reliquia, bussando lieve alla porta prima di aprirla.

Natalia lo contempla devastata attraverso il riflesso dello specchio, il trucco scenico colato ed i capelli in disordine, mentre si volta in preda all'ansia quando James varca la soglia scavalcando il tutù macchiato di sangue abbandonato sul pavimento e la donna lo identifica.

«Che diavolo ci fai qui? Se ti scoprono ti ammazzano.» irrompe in un sussurro esagitato, alzandosi dalla sedia raggiungendolo a metà via, come se fosse terrorizzata all'idea di essere scoperta anche solo nel sfiorarlo... quando James vorrebbe farle di tutto meno che sfiorarla, iniziando deliberatamente dal baciarla come se il tempo potesse magicamente bloccarsi assecondando i suoi desideri repressi.

Per un solo, unico, glorioso momento pensa seriamente che non gliene frega un cazzo di vivere o di morire, che per baciarla e farle dimenticare l'ultimo paio d'ore ne varrebbe la pena di correre il rischio... ma frena l'impulso, perché è troppo rischioso e la vita di Natalia non è barattabile, è una decisione che aveva preso ormai diversi mesi addietro.

Non può baciarla, ma le promette che se tutto va secondo i piani, Dopo –l'intrigante, spaventoso ed incerto Dopo– non saranno più costretti ad uccidere su commissione, domandandole se sia davvero tutto okay.

Si rende conto di averglielo chiesto in inglese quando la risposta ritorna indietro in lingua, insieme ad un bacio ad alto rischio che gli consuma velocemente tutto l'ossigeno in corpo... e si convince del fatto che tra ventiquattr'ore saranno in fuga, che tra quarantotto il Cremlino sarà ufficialmente un brutto ricordo, che il confine con gli Alleati non è poi così difficile da raggiungere – tralasciando il mandato di cattura, i cani e l'esercito che gli sguinzaglieranno contro, anche se sotto nutrito rispetto alla norma.

Evidentemente convincersene non lo concretizza automaticamente in realtà, perché li scoprono il mattino dopo e la scarica di piombo minaccia di ucciderlo al pari delle urla disperate di Natalia che gli perforano i timpani... lo pestano a sangue, gli fondono il cervello innumerevoli volte, ma Natalia resta ostinatamente impigliata tra le pareti della sua scatola cranica e quando si rassegnano a sedarlo per prepararlo alla criostasi, lei è l'unica cosa che vede e rivive fino al risveglio successivo, perché forse i Capi si convincono che il ghiaccio cristallizzerà i suoi ricordi al punto che la prima scossa ad alto voltaggio del reset spazzerà via del tutto il nevischio che gli ottura il cervello.

Ci sono troppe mani a contenerlo quando lo spingono violentemente nella capsula, non importa che lui prema il palmo bionico contro il vetro nel tentativo di incrinarlo... è inutile, mentre il ricordo delle urla disperate ed agonizzanti di Natalia sono l'unica cosa che gli fanno compagnia in quel vuoto sonoro buio e fottutamente freddo.

Quando James riapre gli occhi ignora quanto tempo sia trascorso dall'ultima volta che ha respirato aria non rarefatta, ma non ha tempo di curarsene che gli ordinano di andare a Dallas per assassinare un Presidente, mentre i medici si interrogano se la missione in suolo americano sia effettivamente un rischio, chiedendogli se si riconosce in un nome diverso da зимний солдат, replicando che la loro è una domanda idiota... come diavolo avrebbe dovuto chiamarsi altrimenti?

I medici menzionano preoccupati anche il nome di una certa Natalia... se la figura come un'anima color rosso sangue, con qualche screzio di verde foresta che affiora dalla neve candida, ma è troppo poco per formare un volto, una voce o un ricordo. Vogliono esserne sicuri e gli chiedono di nuovo se la conosce questa fantomatica Natalia, ma lui non ha la più pallida idea di chi sia.

***

1957, terzo mese di matrimonio da favola


Il vociare adulante della folla la sovrasta mentre si inchina sulle punte gessate, afferrando il mazzo di rose rosse che qualcuno ha raccolto dal pavimento ed assemblato per lei, sorridendo al pubblico fiera della propria interpretazione... ma c'è qualcosa nei bordi del suo campo visivo che la disturba, che si ramifica e le oscura la vista con dei tentacoli rosso sangue, mentre la sua espressione si cristallizza in un ghigno freddo ed inquietante come una maschera dal sorriso eccessivo. Sbatte gli occhi scoprendo che la platea è vuota e l'applauso si è spento, ma sa di aver ballato per qualcuno... di essere stata mortalmente perfetta per un qualcuno che la spia da dietro le tende tirate dei palchetti, dai spessi tendaggi delle quinte e dalla graticcia sopra la sua testa – anche se lo sguardo che giunge da lì sopra le trasmette un'intensità diversa rispetto agli altri, desiderando di poter sollevare il capo per togliersi lo scrupolo e risolvere il mistero, scoprendosi impossibilitata nel movimento da una paura atavica che le suggerisce che quella non sia per niente una buona idea... il sospetto fondato di essere osservata le causa una stilettata di panico al solo pensiero che quelle ombre misteriose stiano attendendo un suo errore per metterla a fuoco attraverso il mirino di un fucile, iniziando ad iperventilare colta dall'ansia – a differenza dello sguardo che aleggia sopra la sua testa, che conserva una nota calda e rassicurante a cui non sa fornire una spiegazione, quasi a prometterle che almeno lui non farà fuoco.

Solleva lo sguardo perché altrimenti potrebbe morire asfissiata, cercando una salvezza nascosta che teme di essersi immaginata... ma l'unica cosa che c'è sopra la sua testa sono una ventina di faretti accecanti, fissandoli intensamente bruciandosi le retine incapace di serrare le palpebre, intravedendo il fantasma di un'ombra che si fonde nel buio del soppalco.

Qualcuno c'era, ma ora non c'è più.


Natasha si sveglia di soprassalto, tremando, trascinandosi dietro le lenzuola... controllando il respiro perchè reputa stupido piangere per un incubo, stringendosi le ginocchia al petto perchè quella sensazione orribile di immobilità sembrava essersi incollata a lei come una seconda pelle e non riusciva a scrollarsela di dosso.

Probabilmente la sua è solamente ansia da prestazione, perchè sono mesi che non calca un palco per terzi e l'idea che la ferita alla gamba possa iniziare a lanciarle fitte mentre volteggia in scena la paralizza, accompagnando quella paura dal pensiero assillante di arrestarsi in mezzo al palco dimenticando tutti i passi perché non si era esercitata abbastanza durante tutti quei mesi di fermo... e l'idea di bloccarsi la disorienta, perchè equivaleva a stroncare la sua carriera di Prima Ballerina a vita.

Ultimamente si ritrovava spesso e volentieri a dover fronteggiare degli attacchi di panico a dir poco destabilizzanti, al punto che iniziava seriamente a pensare che l'ombra del diverbio violento con suo padre non volesse più lasciarla sfuggire, sentendosi stritolata da quella sensazione opprimente suscitata dalle aspettative che tutti sembravano riporre su di lei... riscontrando un errore di fondo fantasma, perchè quella sensazione di tremore sottopelle la percepiva, ma se si soffermava a cercarne la causa per più del tempo dovuto l'unica cosa che guadagnava era un emicrania.

Forse suo marito aveva ragione, che tre mesi sono troppo pochi per riprendersi completamente da un incidente di quella portata –non parlava a suo padre dal giorno in cui aveva tentato di azzopparla con un colpo di pistola, quando aveva trovato il coraggio di urlargli contro che lei voleva sposare l'amore della sua vita e non l'uomo scelto da lui– ma non cambiava il fatto che a causa di quel foro di proiettile, che le aveva mancato il crociato sinistro di dieci centimetri incuneandosi nel suo quadricipite, aveva dovuto sorbirsi tre settimane di riabilitazione litigando con tutte le infermiere del reparto perchè sforzare i fasci muscolari della gamba con gli allenamenti estenuanti a cui era abituata era un attentato voluto alla sua promettente carriera da ballerina... ma "Romeo e Giulietta" debuttava a giorni aprendo la stagione teatrale primaverile, sul cartellone c'era il nome di Natasha Shostakov a chiare lettere seguito dalla dicitura "Prima Ballerina" e la critica l'avrebbe distrutta se sul quel palco non fosse stata perfetta – ferita da arma da fuoco o meno.

Alexei si rigira al suo fianco cercando il lenzuolo nel sonno, socchiudendo un occhio scrutandola con sguardo annebbiato, scoprendola sveglia e seduta con le ginocchia abbracciate al petto, la schiena che trema appena nonostante sia riuscita ad eliminare completamente i singulti che le comprimevano il petto.

Era solo un brutto sogno, nulla di più.

«Natasha dovresti dormire...» si lamenta allungando una mano verso di lei trascinandola in un abbraccio, posandole il mento sul capo creandole intorno una gabbia calda formata da arti assonnati, mentre lei si divincola e cerca le sue labbra perché vorrebbe un po' di conforto di quello dato da un semplice abbraccio. «Mi sveglio all'alba per andare a lavoro... non sono in vena amore, scusami.»

Natasha trattiene uno sbuffo scostandosi da suo marito, voltandogli le spalle erigendo una muraglia di lenzuola... voleva solo un po' di coccole, non dovevano fare sesso per forza.

«'Tasha...» lo sente biascicare assonnato alle sue spalle, cercandola in punta di dita perché forse si era reso conto di come suonavano le parole che le ha appena proferito, facendo cozzare il petto contro la sua schiena stringendola appena... ma a distanza di un paio di minuti Alexei è tornato a russare sonoramente contro il suo orecchio, mentre Natasha fissa il soffitto insonne attendendo che l'alba lo illumini debolmente prima di decidersi ad alzarsi.

Quando suo marito arranca in cucina alla ricerca della colazione, lei è in piedi da un bel pezzo ed è già al quarto ripasso della coreografia della terza scena del terzo atto, con le punte gessate che dolgono in una maniacale ricerca di perfezione... ne va della sua carriera, ne va della sua vita, e lei non vuole deludere nessuno – lei per prima.

«Non capisco perché lo fai... sai già di essere perfetta.» commenta il suo adorato marito scrutandola dall'alto del bordo della tazza di caffè, lo sguardo sottile che studia i suoi movimenti ipnotici cercando di decifrare il messaggio nascosto dietro di essi, in un tentativo che purtroppo verteva inesorabile verso il fallimentare.

«La perfezione non basta, Alexei... voglio la certezza di essere perfetta.» replica senza conferire un peso specifico all'affermazione appena espressa, convinta che certe cose non dovrebbe spiegargliele per principio, dopotutto l'aveva sposato perché sapeva leggerla.

Si morde la lingua per non esternare il pensiero morboso che nonostante tutto la sua vita sembrava continuare a sfaldarsi tra le sue dita cadendo a pezzi, illudendosi che la Prima costituisca il punto di svolta decisivo nella sua rivalsa... desiderando una sigaretta per placare il crollo di nervi latente, consapevole di non poterla fumare perché Alexei odiava sentirle addosso la puzza di tabacco e in ogni caso teneva i suoi sigari gelosamente sottochiave. A Natasha veniva quasi da ridere al pensiero che suo marito era più geloso dei suoi sigari che di lei, fingendo di non vedere gli sguardi che si calamitava addosso per colpa del suo aspetto fisico, ignorando a fatica il come Alexei sorridesse ogni volta lusingato invece che fulminare gli altri uomini schifato, neanche fosse un trofeo da mettere in mostra.

Natasha sapeva da sempre che l'amore non è perfetto perchè si riduceva tutto ad una questione di attrazione fisica ed abitudine, ma si convinceva ogni volta che con il tempo la situazione sarebbe migliorata, che quella che stavano attaversando era solo una fase... promettendo a se stessa che dopo il suo debutto alla Prima avrebbe smesso di comportarsi da paranoica, che così facendo forse Alexei sarebbe riuscito finalmente ad entrare nell'ottica che non doveva più lasciarsi scivolare addosso il mondo esterno trattandola come un'estranea, soprattutto ora che era riuscito a guadagnarsi il pieno diritto di reclamarla come propria anche in pubblico mettendole un diamante sfavillante all'anulare.

Natasha sa benissimo che il matrimonio è solo una bella favola raccontata alle bambine che desideravano diventare principesse, ma si scopriva ogni volta risentita al pensiero che quando lei lo sognava di nascosto era più bello, diverso... ma tutte le sciocche convinzioni che la assillano restano intrappolate dentro la sua scatola cranica, salutando Alexei con un bacio prima che sparisca attraverso la porta per recarsi a lavoro.

Si ripete che è solo una fase, che migliorerà prima o poi... forse, a forza di ripeterlo, a lungo andare inizierà a crederci per davvero.

***

1957, terzo mese della colossale bugia


Alexei guarda Natasha e non la capisce, come se i sorrisi che gli rivolge siano solamente l'ennesimo ghigno mortifero, come se volesse fuggire da lì e non guardarsi più indietro... ma non può andarsene, anche se nessuno l'ha informata chiaramente e verbalmente di quel vincolo, osservandola a distanza mentre si convince che lui incarni la soluzione a tutti i suoi problemi perché aveva una cicatrice sulla gamba che testimoniava una rivalsa che lei credeva assolta.

I suoi Capi –suo suocero in particolare– gli avevano caldamente consigliato di approfittarne, che una donna bella, affascinante e fedele come Natalia non l'avrebbe mai ritrovata da nessun'altra parte. Gli avevano promesso un posto di prestigio nell'alta società russa, ricoprendolo di soldi e medaglie, garantendogli una moglie follemente innamorata per non farlo sfigurare con le persone potenti che contavano davvero... e lui in cambio doveva solo indossare la bandiera e procacciare soldi per finanziare il progetto spaziale, alimentando il patriottismo e l'odio verso gli americani, incarnando la promessa che la Madre Russia avrebbe ricostruito il Grande Impero in nome del popolo, cancellando l'onta dei Romanov dalla storia in modo definitivo. Da quel punto di vista avevano eseguito un lavoro egregio, Natasha Petrovich1 era ora conosciuta nell'alta società come una Shostakov a tutti gli effetti, mentre la sopravvivenza della Granduchessa era stata relegata ad una bella leggenda delirante che diffondeva calunnie in tutta Europa.

Alexei sapeva fin troppo bene che quello riservatogli era un onore difficile da guadagnare, che l'avere un bell'aspetto, un bel fisico ed un sorriso carismatico contribuiva solo in parte all'aver fatto ricadere la scelta del simbolo della propaganda su di lui, che il valore aggiunto per cui era stato selezionato si concretizzava nella sua predisposizione naturale nel saper plasmare una personalità adattabile ai sacrifici della causa.

Dal giorno in cui erano giunti a prelevarlo all'Accademia militare, Alexei aveva fatto di tutto per rientrare nelle grazie dei suoi superiori, al punto che non riusciva più a capire dove iniziava il ragazzino sopravvissuto ai tumulti di Leningrado e dove finiva l'Ufficiale di tutto rispetto in cui si era trasformato, quello a cui piacevano la fama, gli onori e le donne.

Ogni tanto si ritrovava a pensare che l'aver concordato con terzi le nozze con Natalia lo costingeva almeno su carta a doversi limitare pubblicamente all'ampliamento della sua collezione di esperienze extra-matrimoniali, per poi ricordarsi che in fin dei conti sua moglie non lo seguiva mai nelle trasferte di lavoro e che l'Accademia in cui l'avevano trovata aveva adempiuto egregiamente nell'istruirla in tutto ciò che contava davvero nella vita.

Il problema era che Natalia Romanova si era rivelata fin troppo consapevole di chi era, perchè dopo mesi di galà, eventi mondani e festini agli alti ranghi Alexei non era riuscito a strapparle nulla di più di qualche bacio stronca-fiato con la lingua, finendo per cedere forzatamente alla lusinga della donna che gli aveva promesso l'onore di portarsi a letto una Vedova Nera solo se lui avrebbe avuto la pazienza di aspettare un'occasione speciale. Alla Romanova piaceva giocare e ad Alexei non dispiaceva più di tanto di essere caduto consapevolmente nella ragnatela, dopotutto se si annoiava c'erano sempre le prostitute dei bassifondi e poi doveva ammettere a se stesso che tutta quella attesa era eccitante, soprattutto se veniva mitigata con qualche contentino lasciato per strada fino alla fatidica data della Prima dello "Schiaccianoci"... per forza di cose doveva essere quella l'occasione speciale, sentendosi preso in giro quando Natalia l'aveva cacciato dal camerino propinandogli la scusa opinabile che lei era stanca, insospettendosi al punto da spingerlo a studiare i suoi lineamenti forse per la prima volta da quando l'aveva conosciuta, notando una microscopica sbavatura sul rossetto e sentendole addosso una leggerissima traccia di polvere da sparo, ferro e tabacco... e ad Alexei, che aveva attraversato la platea cosparsa di cadaveri traforati dai proiettili qualche istante prima coprendosi il naso per schermarsi dal tanfo putido delle polveri e del sangue, era scattato un campanello d'allarme perchè riusciva a giustificare solamente due aromi su tre. Aveva fatto rapporto ai suoi superiori dando la spinta decisiva per sfatare gli altarini, alla fine della diatriba Natalia era stata legata al lettino dell'infermeria con un proiettile conficcato nella gamba ed il cervello ridotto ad una brodaglia incoerente che lui si era assunto il compito di riplasmare mettendole un anello al dito, mentre il temibile зимний солдат era stato messo sotto ghiaccio ed impacchettato nella capsula criogenica che era stata spedita in Siberia.

Fin dal primo giorno di quella farsa Alexei si era tolto lo sfizio accaparrandosi tutto ciò che gli era stato promesso dalle lusinghe della donna, ricucendo le ferite al suo orgoglio con un matrimonio da favola, siglandone la proprietà durante la prima notte di nozze e quella che tuttora considerava la migliore scopata della sua vita. Se fosse stato per Alexei Natalia sarebbe ritornata per strada la mattina dopo, realizzando con rammarico che lei non era l'ennesima prostituita che si era trascinato a letto e che il matrimonio prevedeva dei doveri a cui non aveva mai propriamente pensato fino a quel momento... il che era un problema, era pur vero che Natalia aveva il pregio di non essere per niente timida tra le lenzuola ed assecondava volente o nolente ogni sua più piccola perversione, ma per lui la donna restava solamente un pezzo di carne un po' più carino degli altri, nulla di più. Natalia paradossalmente ricambiava il suo amore occasionale con un sentimento sconfinato perché, a differenza sua, credeva di essere sposata ad un uomo completamente, incondizionatamente, follemente innamorato di lei... aveva saputo dalle voci di corridoio del Cremlino che зимний солдат aveva continuato a chiamarla caparbio nel sonno anche dopo che gli avevano fuso il cervello con una scarica elettrica così potente che i medici temevano di avergli bruciato definitivamente tutte le terminazioni nervose del corpo. Alexei doveva reggere il confronto con un automa di carne che aveva rischiato di ridursi a un vegetale pur di non dimenticarla, che era stato congelato con un brodo di sinapsi intatte perché erano stati incapaci di azzerarlo completamente... e la consapevolezza aveva trasformato la vita di Alexei in un calvario, perché lui non l'amava – non così almeno – e scoparsela a piacimento quando uno dei due ne aveva voglia, lui per sfogarsi e lei per cercare una riconciliazione, non equiparava un sentimento che il più delle volte doveva fingere da zero.

La musica era cambiata quando l'aveva vista sul palco del Bol'šoj agghindata e messa in tiro nei panni di Giulietta, in una allegoria raccapricciante ed inconsapevole della sua vita, rendendosi conto che Natalia era anche perfetta – non bella, non seducente, non ipnotica – e suscitava quel genere di sentimento che spingeva le persone al cambiamento, alla volontà di aspirare alla quella stessa perfezione.

Quando Natalia scende dal palco le porge un mazzo di rose rosse e la idolatra per la sua bravura, facendole affiorare un sorriso malizioso che prometteva una notte indimenticabile tra le lenzuola... ed Alexei inizia seriamente a pensare che quella situazione è tutto fuorchè un calvario, che tutto sommato fingere di amarla non è poi così male se quella è la ricompensa a tutte le sue fatiche.

Alexei dubita di potersi innamorare di lei dall'oggi al domani, ma si scopre fiducioso nel concedersi quella possibilità... forse con il tempo riuscirà davvero a capire cosa diavolo ci sia di così speciale in Natalia al punto da spingere qualcuno a sfiorare il suicidio cerebrale pur di non permettere che il suo ricordo si dissolva nel vasto nulla dell'incoscienza.

Forse tra qualche anno quello a desiderare di morire pur di non perderla sarà proprio lui.

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