Ormai ho un unico pensiero fisso nella testa e, ahimè, non si tratta della mia Susie. Quegli antidolorifici mi hanno intrappolato in uno spirale dal quale non riesco a venirne fuori. Ogni volta che il dolore alla spalla si ripresenta, il primo pensiero che sorvola la mia mente è quello di mandare giù una pillola, in modo da non sentire più nulla, nessun dolore, nessun fastidio.
Il medico ha espresso chiaramente la sua disapprovazione riguardo questi farmaci che creano dipendenza, tuttavia non posso permettermi, proprio adesso che la mia squadra è ad un passo dalla vittoria del campionato, di operarmi e rimanere, così, fermo fino al campionato dell'anno prossimo.
Proprio oggi siamo atterrati a New York per giocare, Clary è entusiasta ed io non voglio rovinare questo fine settimana, è la prima volta, da quando stiamo insieme, che visitiamo una città nuova, ragion per cui devo impegnarmi affinché tutto sia perfetto.
«Il coach ci ha concesso la serata libera, a patto che non beviamo e non fumiamo erba» Mi informa William, che si trova appena fuori dalla mia porta.
«Andrò da Clary, passerò con lei la serata e la notte» Rispondo sogghignando, lanciando al mio amico di squadra un'occhiata maliziosa.
«Come preferisci, capitano» Risponde prendendosi un po' gioco di me.
I miei compagni di squadra fanno fatica ad accettare il nuovo me, d'altronde, prima di fidanzarmi con Clary, ero io ad organizzare i festini notturni con tutta la squadra, adesso, tuttavia, ho compreso che quel che facevo prima era soltanto un vano tentativo di non pensare alla mia migliore amica e, in generale, alla mia vita.
Non ho smesso di pensare ai miei problemi, quelli esistono ancora; mio fratello Alex vive insieme a mia madre, ma so bene quanto le manchi la sua. Mio padre è chissà dove, ogni tanto chiama suo figlio minore e lo riempie di false promesse, esattamente come faceva con me. In altre parole, la mia vita è ancora un totale caos, Clary è l'unica nota non stonata della mia esistenza, per tale ragione non voglio deluderla. Io sono quel che sono; un ragazzo con tanti problemi da risolvere e drammi familiari che lo perseguitano da quando aveva sette anni. Lei, invece, è una ragazza che farebbe qualsiasi cosa per le persone che ama, ha alle sue spalle un'infanzia felice e, probabilmente la sua unica nota stonata, nella sua vita, sono proprio io.
«Tutto bene, Blake?»
Al tocco della mano di Will, sulla mia spalla, sobbalzo, lievemente sovrappensiero.
«Sì, grazie amico!» Rispondo abbozzando un sorriso, il quale viene ricambiato con qualche accenno di perplessità.
«Sicuro? Oggi ho notato che non riuscivi a lanciare bene dal lato destro»
Will inizia a farsi insistente e, il mio disagio, diviene più palpabile. Ho poche pastiglie a mia disposizione, qui a New York non ho idea di dove procurarmi questa roba senza ricetta del medico, ragion per cui al momento mi alleno senza assumerne, le conservo per la partita.
«Stanchezza, niente di più. Adesso vado, Clary mi sta aspettando»
Concludo la conversazione con Will, allontanandomi velocemente da quest'ultimo. Clary intanto, mi sta realmente aspettando fuori la palestra del college nostro avversario, infatti, non appena i nostri sguardi si incrociano, attorno a me tutto scompare; i miei dolori, i pensieri assillanti e le varie preoccupazioni.
«Ciao mio bel capitano!» Esclama con vivo entusiasmo, avvolgendo le braccia intorno al mio collo.
«Ciao mia bella capo cheerleader!» Le rispondo, sfiorandole le sue labbra con le mie con tenerezza.
«C'è Harriet» Bisbiglia sottovoce, allontanandosi dalle mie labbra che fremono dalla voglia di baciarla con irruenza.
«A me non importa» Sussurro a bassa voce, lanciando un'occhiata veloce in direzione della mia ex ragazza, la quale si è coalizzata con tre ragazze che fanno di tutto per rendere la vita di Clary un inferno.
«Le odio quelle vipere. E tu ti preoccupi per quella lì?»
Mantengo il tono della mia voce basso, ma è evidente dal mio volto che sono infuriato.
«Sì, perché mi sento in colpa» Afferma la mia ragazza, chinando lievemente la testa.
«Non è colpa tua se ho sempre amato te e solo te. Anzi sai che c'è? Tutti lo devono sapere!» Esclamo sotto lo sguardo strabuzzante di Clary, che afferrando la manica della mia maglia, prova a tirarmi a sé, provando a frenare qualsiasi mia possibile follia, soltanto che non può impedirmi di difenderla da quelle serpi.
«Scusate tutti» Dico riferendomi a tutta la mia squadra, pronta per salire sul pullman che ci riporterà in albergo, affiancato da quello delle cheerleader, le quali mi osservano con cipiglio e stupore.
«Wood che ti prende?» Mi richiama il coach con severità.
«Voglio soltanto chiarire, che amo Clarissa Susenne Jensen da quando eravamo dei bambini, non è colpa sua se ho fatto lo stronzo con le altre ragazze. Ho sempre amato lei, e solo lei, quindi se dovete odiare qualcuno, odiate me, parlate male di me! Ma che nessuno di voi, osi più giudicare la mia ragazza in base ad una mia scelta»
Alcune ragazze presenti, mi scrutano con ammirazione, tranne Harriet, le sue fedeli amichette, e ovviamente, Cheryl. Quest'ultima mi fissa come se fossi un insetto da calpestare e lasciare agonizzante al suolo.
«Bene! E dopo la bellissima dichiarazione di Wood, salite sui pullman che torniamo in albergo» Annuncia il coach un po' divertito e un po' arrabbiato.
Prima di seguire l'ordine del coach, mi rivolgo a Clary, che visibilmente emozionata, si getta tra le mie braccia, questa volta però senza alcun timore di chi ci osserva con rancore.
«Ti amo, Blake. Ti amo tanto» Afferma stringendomi a sé con forza, quasi come se temesse che tutto questo, che noi, e il nostro amore, possa svanire da un momento all'altro.
«Io di più» Le dico, mentre veniamo divisi dal coach, il quale è arrivato a non sopportarci più.
***
Come da regolamento della squadra, è assolutamente vietato, andare a bussare alle porte delle stanze delle cheerleader dopo le dieci di sera, ovvero quando l'allenatore va' a dormire quindi non può tenerci sotto controllo.
Ma nella mia vita da ragazzo ribelle e poco incline a seguire le regole, anche questa volta, eluderò ogni controllo per andare dalla mia ragazza. Cercando di non far alcun tipo di rumore, chiudo la porta della mia stanza d'albergo, guardando freneticamente attorno a me, controllando che non vi sia nessuno oltre me e i miei compagni di squadra.
Mi incammino verso l'ascensore per poter raggiungere il secondo piano, alle mie spalle ci sono Will e Josh, loro vorrebbero uscire e distrarsi un po' prima della partita di domani, non li biasimo per questo, è stata una giornata molto faticosa quella di oggi.
«Sei felice adesso?!»
L'esclamazione proveniente alle mie spalle non sorprende e spaventa soltanto me, ma anche i miei due amici, infatti all'unisono ci voltiamo verso quella pazza di Cheryl. Mi accorgo immediatamente che sul viso della ragazza vi è impresso uno sguardo carico d'odio e dolore.
«Che ti prende?!» Le urlo a mia volta, sotto lo sguardo sconvolto dei miei amici.
«Tu la farai soffrire! Ne sono certa, è solo una questione di tempo» Mi accusa senza alcuna ragione apparente.
«Sei fuori di testa, vattene» Le consiglio digrignando i denti con aria piuttosto minacciosa.
Cheryl è una delle cause principiali per cui ho litigato bruscamente con Clary, per cui non ho intenzione di stare a sentire le sue accuse contro di me.
«Io so chi sei realmente, Blake Wood!» Urla quasi a squarciagola, facendo allarmare i miei amici, i quali non dovrebbero trovarsi qui fuori, e neanche io dovrei. Cheryl con questo suo atteggiamento da pazza furiosa, potrebbe metterci tutti nei guai.
«Anche io so chi sei. Sei innamorata di Clary. Lo sei da sempre, ma lei non ti ama. Lascia che sia felice» Le consiglio, riuscendo a metterla a tacere una volta e per tutta, mentre i miei amici, comprendendo la situazione, decidono di ritornare nella loro stanza.
«Bravo, sei proprio uno stronzo» Mi insulta colma di rabbia.
«Non lo capisci che è inutile odiarmi?» Le chiedo, provando a farla ragionare.
«Tu sei una persona orribile, so che le farai del male»
«Invece ti sbagli. Perché lei è la persona che amo di più al mondo. Mi dispiace che tu stia male per lei, perché la ami, so cosa stai attraversando...»
Provo, un po' goffamente, ad alleviare la rabbia di Cheryl nei miei confronti, ma lei sempre più colma di rancore e odio, tenta di colpirmi con pungo in pieno viso, fortuna che lo prevedo appena in tempo per schivarlo con agilità.
«Sei fortunata ad essere una ragazza. Fottiti Cheryl»
La ragazza, stizzita e ancora furente, mi spinge all'indietro con un'accecante furia, correndo verso l'ascensore. La fisso turbato mentre va via, completamente sconvolto da ciò che è appena successo. Non avrei mai immaginato che Cheryl potesse aggredirmi in questo modo.
«Si può sapere che ci fai fuori dalla tua stanza Wood?»
Esordisce il Coach, appena uscito dalla sua camera a causa del caos che Cheryl ha scatenato.
«Nulla, volevo qualcosa da mangiare» Dico su due piedi, ancora scosso dalla discussione.
«Tornate a letto, adesso!» Mi ordina categorico il mio allenatore, indicandomi con uno sguardo severo la porta della mia camera.
Con lo sguardo chino ed una rabbia accecante, obbedisco, ma una volta raggiunta la porta della mia stanza, una fitta alla spalla mi impedisce di proseguire e, addirittura di aprire la porta. Un rantolo, soffocato, fuoriesce dalle mie labbra, le quali serro per evitare di mostrare al coach, ancora davanti alla sua stanza, il mio dolore intenso.
«Wood che succede?»
Purtroppo, però, come temevo il coach ha notato il mio malessere e si è precipitato da me.
«Nulla. Sto bene» Mento, soffocando il dolore serrando gli occhi e la bocca.
«Ti fa male la spalla dell'infortunio» Deduce preoccupato, toccando delicatamente e facendo attenzione la parte lesa della mia spalla.
«Tu non puoi giocare in queste condizioni! Potresti fotterti l'intera carriera! Da quanto tempo è che prendi antidolorifici di nascosto?»
Impreco sottovoce, allontanandomi con rabbia dall'allenatore.
«Di che sta parlando?»
Continuo a negare l'evidenza, ma è chiaro che ha capito il mio gioco sporco. Il suo sguardo deluso si abbatte su di me con una violenza inaudita, che mi colpisce nel profondo poiché ho sempre ammirato quest'uomo, e lui ha sempre ammirato me, almeno, fino a questo momento.
«Pensi che io sia stupido? Pensi che non mi sia accorto dei tuoi lanci sbagliati? Sono settimane che ti osservo»
Mi sento sprofondare dalla vergogna, ma non avevo altra scelta, io devo giocare, devo vincere.
«Non posso permettermi di non giocare» Mi giustifico tentennate e divorato dalla paura.
«Non hai capito, tu non giocherai finché la tua spalla non sarà guarita. Se dovesse peggiorare la tua carriera andrebbe a finire nel cesso, e so che tu puoi andare lontano»
Con frustrazione e rabbia passo una mano sui miei capelli trattenendo le lacrime che minacciano di solcare il mio viso.
«No, domani è la mia grande occasione!»
«Avresti dovuto pensarci prima di assumere illegalmente quei farmaci, hanno soltanto peggiorato la tua situazione»
«Quali farmaci? Blake che sta succedendo?»
La sua voce mi scivola addosso come lava rovente, la quale mi brucia e mi devasta. Lei non doveva sapere, lei non doveva sapere che in fondo non sono poi tanto diverso da mio padre.
«Amore...»
Dalle mie labbra viene fuori soltanto questa parola, poiché il coach con rabbia, spiega a Clary cos'è accaduto.
«Per quel che mi riguarda puoi tornare a casa. Ne riparleremo con calma una volta rientrati»
Quando il coach va via e rimango nel corridoio da solo con Clary ed il suo sguardo ferito e addolorato, dentro di me qualcosa lentamente muore, lasciando spazio a tanto dolore, decisamente più acuto di quello provocato dall'infortunio.
«Mi hai mentito, e cosa peggiore hai assunto farmaci che creano dipendenza...»
«Lasciami spiegare...» Affermo con un terribile nodo alla gola e gli occhi ricolmi di lacrime pronte a venir giù.
«Mi hai deluso. Ma non per ciò che hai fatto, ma perché mi hai mentito, ti avrei aiutato, ma la tua paura di non giocare è stata più forte di quella di perdere me» Afferma mentre china il capo per nascondere il suo viso rigato dalle lacrime.
«No, non è così. Io ti amo, sei la mia vita. Perdere te sarebbe come morire, anzi peggio» Ribatto provando ad avvolgerla tra le mie braccia ma senza riuscirci, poiché si allontana da me, fissandomi con lo sguardo arrossato come le sue guance.
«Scusa, ma voglio rimanere da sola» Afferma correndo via.
«Clarissa!» La richiamo provando a raggiungerla, ma vengo fermato da quelle maledette porte dell'ascensore che si chiudono proprio davanti al suo viso.
«Perdonami...» Sussurro in lacrime, consapevole che ormai non può sentirmi, gettando la mia schiena contro il muro dell'ascensore, lasciandomi scivolare per terra, completamente annientato dai miei stessi stupidi errori.
Sono io il peggior nemico di me stesso. Rovinerò sempre tutto e rovinerò la ragazza che amo...Forse l'ho già fatto.