L'allieva 3 - Il tempo di un...

By katherine__1995

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"Hai fatto bene a riavvicinarti a lui, sai?" l'allontano leggermente da me, quel tanto che basta affinché le... More

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Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
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Capitolo 53
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Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59

Capitolo 60

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By katherine__1995

3 mesi dopo...

Alice's pov

Fisso la sua immagine riflessa nella specchiera, oltre i riccioli scuri e folti.

I suoi occhi, smarriti ed incapaci di restare fermi, tradiscono la tensione che ormai da giorni ci tiene tutti prigionieri.

È elegantissimo nel suo completo blu notte, che gli cade a pennello rendendo fiera la nonna dei suoi ritocchi dell'ultimo minuto: "L'ho sempre detto che quella sarta era un'incapace" blatera Amalia, in preda ad un delirio mistico di notevole entità "Giusto due ritocchini andavano fatti, e che ci voleva?"

"Mamma per favore, potresti smetterla di lamentarti della sarta dell'atelier?" la rimprovera Susanna, agitata quanto e più di lei.

"Con tutto quello che l'abbiamo pagata..." s'intromette papà, dando man forte alla nonna.

"Alice, Alice, ti prego!" la voce implorante di Marco cerca di sovrastare il chiacchiericcio continuo e fastidioso in sottofondo, le mani giunte a mo' di preghiera "Falli smettere, per favore..."

È stata proprio la disperazione di mio fratello a convincermi a passare la notte precedente il matrimonio qui a Sacrofano, insieme a lui, non senza un certo disappunto da parte di Claudio.

Alice, la notte separata la devono fare gli sposi non gli invitati alle nozze!

Per una volta però, il rapporto fraterno ha vinto sui tentativi sensuali e molto persuasivi di CC, tutti volti a farmi restare a casa.

So già che mi farà pagare lo scotto per questa decisione ma adesso non voglio pensarci; anche perché, conoscendolo, il prezzo potrebbe risultare piuttosto piacevole ed appagante.

"Tutti fuori per favore!" sentenzio cercando di far uscire dalla stanza di Marco i componenti della famiglia, per poter godere della dovuta tranquillità di cui dovrebbe poter godere un futuro sposo.

"Grazie" mi sussurra sedendosi sul letto mentre si massaggia le tempie quando la famiglia Allevi è ormai scesa al piano inferiore per controllare che tutto fosse perfettamente in ordine, visto l'arrivo imminente degli invitati e del fotografo.

Mi inginocchio davanti a lui, cercando un contatto con i suoi occhi.

"Marco, sta' tranquillo" cerco di consolarlo senza risultato.

"Vorrei vedere te, sorellona, fossi al posto mio" ribatte senza darci troppo peso "Non sai che ansia..."

Forse non la conoscerò mai questa ansia, considerando la refrattarietà di chi dovrebbe sposarmi all'istituzione del matrimonio.

"Alice..." mi richiama notando il mio sguardo pensieroso "Guarda che prima o poi succederà... ne sono sicuro"

Gli sorrido sebbene non ne sia poi così convinta.

"E poi, anche non dovesse succedere, non significa che ti voglia meno bene" aggiunge, un sorriso malizioso a decorargli il volto "Ho inavvertitamente ascoltato parte della vostra telefonata di ieri sera e credimi, si capiva benissimo quanto ti volesse"

"Marcooooo! Ma possibile che nessuno qua dentro riesca a farsi gli affari suoi?"

Torno in piedi mentre cerco i tacchi che non so dove ho lasciato, lisciandomi la gonna in tulle del mio vestito da testimone.

L'ho scelto insieme a Silvia e l'ho tenuto qui a Sacrofano fino ad oggi, impedendo a CC di vederlo, manco fossi io la sposa.

La parte superiore, semitrasparente e senza maniche, si restringe legandosi intorno al collo e lasciando scoperte le spalle e buona parte delle scapole, celando un corpetto con scollatura a cuore.

Fittamente intarsiato, le decorazioni argento spiccano sul color blu petrolio dell'abito mentre una fascia in vita separa il busto dall'ampia gonna, lunga fino al ginocchio e vaporosa, composta da diversi strati di tulle.

Sto infilando le scarpe, proprio quando sento il citofono squillare per la prima volta.

"Sono già qui?" domanda Marco terrorizzato, vedendo avvicinarsi sempre più il momento tanto temuto.

Mi affaccio alla finestra, da cui si gode ampia veduta sull'ingresso della nostra villetta, per capire di chi si tratti.

Una SLK grigio metallizzata è fieramente parcheggiata sul piazzale mentre il suo proprietario, bello oltre ogni immaginazione, aspetta che gli venga aperto il cancello.

"Falso allarme, è soltanto Claudio"

"Allora scendi, non voglio che mi accusi di averti trattenuta lontano dal lui più dello stretto indispensabile" replica "Però mi raccomando, Alice: puntualità. Sei pur sempre la testimone: senza di te non possiamo celebrare un bel nulla"

"Tranquillo, Marco. E poi lo sai che mister precisino odia arrivare in ritardo" dico riferendomi all'affascinante medico legale il cui sguardo è ancora celato da un paio di occhiali da sole con lenti molto scure.

"Smettila di mangiarlo con gli occhi dalla finestra e vai giù, Alice!" mi rimprovera "Muoviti"

Scendo le scale di corsa, per quanto le scarpe me lo consentano, arrivando in salotto giusto in tempo per sentire la nonna urlare il mio nome.

"Sono qui, nonnina" la avverto arrivandole alle spalle.

"Oh bene, tesoro" risponde lei abbassando il tono "C'è il tuo dottorino. Io vado, così vi lascio un po' di privacy" confabula complice, facendomi l'occhiolino.

Esco, andandogli incontro nell'aria calda di un generoso sabato di primavera, caldo e confortevole.

"Ciao"

Mi fermo a guardarlo, impeccabile nel suo smoking nero con rever sciallato, in tinta con il resto della giacca ma in raso lucido.

Mi ricorda il primo giorno che ci siamo incontrati, sotto casa di nonna, ma questa volta ha preferito la cravatta, color canna di fucile e satinata, al papillon.

Taglio delle tasche asimmetrico, due sul lato destro ed una sola su quello sinistro, la giacca è chiusa da un bottone in pendant con il bavero, di un eleganza classica ma insormontabile.

Pantalone stretto, con una pince accennata sul davanti, il tutto accompagnato da un paio di scarpe in vernice, stringate e leggermente a punta.

"Sacrofano, tutto bene?" mi prende in giro, sfilandosi gli occhiali ed appendendoli al taschino, mentre mi fissa a lungo, studiandomi da capo a piedi, la testa leggermente piegata di lato.

"Benissimo" ribatto, cercando di non farmi cogliere impreparata.

"Tu non me la conti giusta" millanta, mentre si avvicina pericolosamente.

Sono sul punto di credere che mi baci, in realtà si avventa sul mio collo, lasciando che le sue labbra giochino per un istante con il lobo dell'orecchio.

"Se ogni volta che stai fuori una notte poi ti fai ritrovare vestita così, quasi quasi potrei anche prendere in considerazione l'idea che non sia poi tanto male questa distanza forzata... Peccato che manchino ancora parecchie ore prima di poter avere la giusta privacy, a casa nostra"

Avrebbe potuto dirmi che ero bella. Che quella mise mi donava, facendomi sembrare una principessa, ma non sarebbe stato da lui.

Eppure, il brivido che quelle parole mi scatenano, non mi permette di lamentarmi sul suo approccio decisamente poco verecondo. Non se non voglio che me lo rinfacci per i prossimi sei mesi.

"Anche tu stai molto bene" mi limito a dire, cercando un contatto con la sua bocca.

Lo bacio a lungo, castamente, fin tanto che lui non si ribella per rendere il tutto più pepato.

Mi separo da lui prima che qualcuno venga a controllare perché ci stiamo mettendo tanto ad entrare.

"Vieni" affermo prendendolo per mano e trascinandolo dentro, accorgendomi che Susanna sta risalendo le scale verso il piano superiore "Andiamo a salvare Marco dalle grinfie di mia madre"

Claudio's pov

"Scordatelo, Sacrofano!"

Mi guarda con i suoi occhi imploranti, sperando di far leva sulla mia debolezza nei suoi confronti.

È splendida nel suo vestito blu petrolio, lungo fino al ginocchio, con il corpetto semitrasparente intarsiato da decori argentei e luminosi.

"Non ti sposerò solo perché non vuoi rassegnarti all'idea che afferrare al volo un bouquet non abbia alcun valore" affermo tracannando l'ultimo sorso di vino nel mio flûte.

Il mazzo di delicati fiori color pesca, che fino ad un attimo fa apparteneva a Lara, ora è stretto fra le sue mani con eccessiva devozione, dopo averlo agguantato per puro caso, a detta sua.

La verità è che ha aspettato con impazienza quel momento fin dal primo istante in cui ha messo piede nel giardino della villa in cui suo fratello e Proietti hanno deciso di tenere il loro rinfresco di nozze.

"Allora sposami perché mi ami" mi provoca, più per assistere alla mia reazione che per una vera e propria speranza.

"Facciamo che non ti sposo affatto e non ci pensiamo più?" replico assottigliando lo sguardo e cercando di mettere fine a quell'assurdo discorso.

"Sei più acido del solito"

"Dev'essere l'effetto dei matrimoni su di me... un po' come la kryptonite per superman" ipotizzo "In fondo anche i migliori hanno i loro punti deboli"

"Certo, come no..." commenta poco convinta mentre cerca un posto dove poggiare il mazzo senza sciuparlo.

"Quindi Conforti?" Anceschi ci raggiunge, dandomi una pacca amichevole sulla spalla "Quando sposiamo questa fanciulla? Ha pur sempre agguantato il bouquet: la tradizione è tradizione..."

Lo squadro in malo modo, sperando che basti a farlo desistere.

"Le tradizioni sono fatte per essere infrante" Silvia, anch'ella invitata in qualità di amica di famiglia, mi viene inaspettatamente in aiuto, in mano un bicchiere colmo di vino.

"Silvia, ma da che parte stai?" si lamenta Alice, zittendola prima che possa continuare a darmi ragione.

Vorrei tanto poter sentire il proseguo del discorso ma la rossa si porta via la mia allieva sottobraccio, parlottando sul fatto che la sua presenza è assolutamente indispensabile in qualche fase dei festeggiamenti.

"Caro Claudio, tu sì che sei fortunato" ci pensa Giorgio ad affondare il coltello nella piaga mentre i miei occhi sono ancora puntati sulla schiena di Alice "Sei diventato Supremo, lavori fra Roma e Parigi, hai accanto una ragazza meravigliosa e ancora dubiti su un possibile matrimonio? Potrei capire solo se avessi una suocera come la mia... diversamente è follia"

"In effetti la suocera non è proprio il massimo" la voce di Amalia, alle nostre spalle, mentre inforca una tartina cercando di non farsi vedere, ci fa sorridere entrambi.

"Vi lascio soli" si congeda Giorgio, lasciandomi in balia delle perle di saggezza della nonna Allevi.

"Se ti sentisse Susanna..." controbatto.

"Oh ormai ci è abituata" risponde senza alcun timore di dare contro alla nuora "Ma suocera a parte, il tuo collega ha ragione"

Mi raggiunge appoggiandosi a me e facendosi prendere sotto braccio.

Entrambi, per qualche strana combinazione del destino, rimaniamo immobili con lo sguardo fisso davanti a noi, puntato esattamente sul soggetto delle nostre conversazioni.

Sorride mentre complotta con Silvia, radiosa come non mai.

Forse la sacralità del suo compito di testimone, oppure la gioia di vedere realizzato il coronamento d'amore di suo fratello e della sua amica, o chissà cos'altro, la rendono ancora più bella.

Non sono riuscito a staccarle gli occhi di dosso neanche un momento durante la funzione, neppure quando ha lasciato il suo posto per andare in sagrestia a firmare i documenti, insieme al fido Paolone, testimone di Lara e finalmente, almeno a detta di Sacrofano, felice ed innamorato di una ragazza siciliana come lui, conosciuta durante una disavventura al pronto soccorso.

"Vedere i miei nipoti, felicemente sposati, è sempre stato un sogno per me" sussurra emozionata Amalia, alla mia sinistra "Certo, avrei creduto che la prima a compiere il grande passo fosse la mia adorata Alice, anche perché sulla vita sentimentale di Marco nessuno ha mai avuto troppe speranze, ecco..."

"Amalia, io..."

"No, non voglio dirti che devi sposarla" mi blocca, intuendo la mia possibile risposta "Non è con una fede che si crea un rapporto duraturo e sincero. E poi nessuno può imporvi cosa fare, solo voi potete sapere cosa sia più giusto. Una cosa però devi promettermela"

"Che cosa?" domando, leggermente intimorito dal suo tono così serio ed inflessibile.

"Amala ogni giorno come il primo"

Mi guarda questa volta, cercando di sincerarsi che la mia risposta sia la più veritiera possibile.

"Lo sto già facendo"





L'aria della notte è frizzante, il tasso alcolemico nel sangue di Alice, forse, perfino un po' troppo alto.

"Sono distrutta" afferma lamentosa mentre scende dall'auto "Mi fanno male i piedi e..."

"Sacrofano, smettila di lagnarti" la riprendo raggiungendola e cingendole il fianco con un braccio.

"Attento, attento!" recrimina proteggendo a sé il bouquet di fiori che ha sudatamente conquistato qualche ora fa "Si sciupa"

"Sono soltanto fiori"

Mi fulmina come se avessi appena pronunciato un'eresia.

"Sono i fiori che mi ricorderanno che non mi sposerò mai" afferma seria mentre saliamo le scale che portano al mio ex appartamento, divenuto ormai a tutti gli effetti e da più di un anno il nostro.

"Alice, possiamo evitare di toccare l'argomento matrimonio per la..." mi fermo davanti all'ingresso, il mazzo di chiavi stretto in mano, pronto a contare sulle dita tutte le allusioni fatte in merito nella giornata di oggi "...settima volta?"

"Io ne ho contate solo sei"

"A quanto pare ti sei persa la migliore" dico aprendo finalmente la porta e lasciando che lei entri per prima.

"Quale?"

"Poco importa, Sacrofano" cerco di svicolare, lasciando le chiavi nello svuota-tasche sul tavolino "Quello che importa è capire perché ti preme così tanto. Che cosa cambierebbe, Alice? Non ti amerei certo di più... forse sposarti servirebbe solo a farti amare meno"

"Perché meno?" domanda senza capire, mentre io approfitto della sua momentanea défaillance per far scivolare via dalle sue spalle la stola che ancora indossa.

"Perché sposarsi implica darsi per scontati" dico mentre le accarezzo le braccia con la punta delle dita "E darsi per scontati significa perdere quel brivido, quella piccola ma costante percentuale di rischio di perdersi, pericolosa, ma che al tempo stesso tiene in vita tutto quanto"

Non risponde, si limita a fissarmi a lungo negli occhi, incapace di ribattere.

"Non voglio che sia un'istituzione a legarmi a te" continuo, iniziando a lasciare baci sul profilo della sua mascella, dall'orecchio fino al mento "Voglio che quello che unisca me a te e te a me, sia solo ed esclusivamente questa irrefrenabile, istintiva ed impulsiva voglia di appartenersi"

"Ammettiamo che tu abbia ragione" mi sfida, ritrovando tutta la lucidità che il vino ed i miei baci, iniziavano a farle perdere "Chi mi assicura che rimarrà così? Che il non essere legati da un'istituzione non sia solamente un modo per rendere incredibilmente più facile scappare quando qualcosa non va come si vuole?"

"A quest'ora sarei già scappato mille volte, Alice" le faccio notare "Altri meravigliosi aspetti positivi dell'essere sposati?"

"La prima notte di nozze" butta lì, cercando qualcosa a cui appigliarsi "Il poter entrare in casa in braccio al proprio marito"

"Ti ho portato in braccio a letto tante di quelle volte da aver perso il conto" la spingo verso il corridoio, appropriandomi della sua bocca "E se è solo questo, ho tutta l'intenzione di accontentarti"

La sollevo da terra, facendo passare le braccia sotto il suo bacino, le sue cosce che si allacciano attorno al mio, lasciandosi trasportare senza ripensamenti.

"Claudio..."

"Sì?"

"Non credere che te la darò vinta" minaccia "Per ora mi prendo semplicemente una pausa..." afferma tornando a divorare le mie labbra.

Alice's pov

"Ti senti bene?" lo sguardo scettico di CC, con un sopracciglio alzato, mi mette davanti all'evidenza che sono uno straccio "Sei pallida..."

Sono scompostamente abbarbicata su uno sgabello, i gomiti appoggiati al tavolino dell'area relax dell'Istituto, la testa ciondolante sorretta dalle mani ed il bicchierino di caffè ancora colmo.

"Credo di non aver digerito molto bene ieri sera" affermo, sentendomi lo stomaco in subbuglio.

"Ah, Allevi, Allevi..." mi deride facendo il giro intorno al tavolino per buttare il suo bicchiere nella pattumiera "Io l'avevo detto che non era saggia l'idea che fossi tu a preparare la cena ieri sera..."

"Ma tu stai benissimo" mi lamento, alzando il volto per guardarlo negli occhi "E avevi detto che era buona: voglio dire, ho seguito alla lettera le istruzioni della nonna! E la sua parmigiana è una meraviglia"

"Il problema non è la ricetta, Sacrofano, ma chi la esegue"

Mi viene voglia di lanciargli addosso il bicchierino ma è ancora pieno e quindi evito.

Si dilegua in fretta, lasciandomi da sola a finire la mia pausa caffè. L'odore pungente mi invade le narici dandomi il disgusto; ci manca poco che mi venga voglia di vomitare.

Forse sto covando l'influenza.

Mi dirigo verso il mio ufficio, attualmente tutto a mia disposizione visto che Lara si sta beatamente godendo il suo viaggio di nozze.

"Alice, stai male?" la voce di Anceschi, ormai il mio vicino di studio, riecheggia nel corridoio silenzioso.

"Si vede così tanto?"

"Beh, un po'..." si giustifica "Va' a casa, tanto c'è calma piatta qui in Istituto oggi. Così ti riprendi"

"In effetti non sarebbe una cattiva idea"






"Tu hai un ritardo di due mesi e me lo dici così?"

La voce di Silvia mi trapana le orecchie senza preavviso, lasciandomi stordita.

"È stato un periodo estenuante..." cerco di difendermi "Il lavoro, i preparativi per il matrimonio, le ansie di Marco, le paranoie di Lara, lo stress di mia madre... voglio dire, non ci ho dato più di tanto peso"

"Tu sei matta" decreta senza mezze misure "Ora noi scendiamo, andiamo in farmacia a comprare un bel test di gravidanza, chiamiamo Yukino come supporter morale e ci richiudiamo a casa mia finché non avremo un risultato certo"

"Ma Silvia, non è detto che sia..." cerco di protestare.

"Hai la nausea, l'odore del caffè ti dà il voltastomaco, non hai il ciclo: che altro potrebbe essere?"

Mi duole ammetterlo ma la deduzione di Silvia non fa una piega.

Il problema è che non credo di essere pronta ad ammettere tale eventualità.

"Ma..."

"Niente ma, Alice! Alzati da quel divano e muoviti!"





"Forza, che ci vuole?" mi sprona la mia amica d'infanzia, indicando il flacone di urina appoggiato sul lavandino del bagno di casa sua.

"Magari Alice ha un poco di paura..." cerca di venirmi incontro Yuki, accorsa appena Silvia l'ha chiamata per quella che ha definito la notizia del secolo.

"Ma di che cosa? Mettere un test di gravidanza in un po' di pipì? Al massimo è disgustoso ma considerando che affetti i cadaveri..."

"Silvia!" la richiamo, incredula "Ho paura che sia positivo" ammetto in un sospiro.

"Alice, tu adori i bambini" ripete "Aspetta... non vorrai mica dirmi che hai paura perché temi non sia di Claudio?"

"Ma sei impazzita? È proprio perché sarebbe di Claudio che ho paura" dico stringendo ancora fra le dita il test di gravidanza "E si dà il caso che lui non ami affatto i bambini"

"No, ma ama te" mi ricorda "e tanto anche. Vedrai che gli basterà per iniziare ad amare anche i poppanti"

Mi lascio convincere dalle sue parole prima di chiudere gli occhi, prendere un lungo respiro, e infilare il test all'interno del barattolo.

Il tempo di reazione dello stick alla presenza di HCG nelle mie urine è il più lungo della mia vita.

"Guardate voi" dico quando ormai il risultato dovrebbe essere pronto per essere letto.

"No, no" si rifiutano entrambe, facendo un passo indietro "L'onore alla madre"

"Belle amiche che siete" mi ritrovo a commentare, prendendo il coraggio a quattro mani.

Sul piccolo bastoncino di plastica campeggia serio un grande +.

"É..." realizzarlo è un misto di terrore e felicità che non saprei descrivere "è... positivo"

Percepisco solo urla di gioia e abbracci intorno a me mentre la realtà si sfoca e l'idea di quello che si prospetta mi si para davanti in tutta la sua portata.

"Sarò ziaaaa" afferma entusiasta la rossa, prima di correggersi "Anzi: saremo zie! Non è fantastico?"




Sono tornata a casa il prima possibile, cercando di precedere l'arrivo di Claudio dall'Istituto.

Sono così confusa che mi sembra di vivere in un sogno, aspettando l'attimo in cui mi sveglierò.

Il rumore delle chiavi nella toppa mi fanno scattare come una molla, rendendomi incredibilmente nervosa.

Non so come dirlo.

Voglio dire, come posso rivelare all'uomo meno incline del mondo ad avere un figlio, che sta per diventare padre senza nemmeno averlo desiderato?

Mi sudano le mani, in modo incontrollato e snervante.

È così che mi trova: in salotto, mentre cerco di asciugare i palmi sulla stoffa dei jeans che indosso.

"Sacrofano, che fai?" mi domanda venendomi incontro.

"Niente"

Si acciglia, indeciso se credermi oppure no; poi sembra arrendersi.

"Stai un po' meglio?"

"Uh...uh" mugugno, risultando incomprensibile perfino alle mie orecchie.

Mi bacia, prolungando quella lenta agonia che è il mio continuare a tenergli nascosto ciò che vorrei e dovrei dirgli.

"Vuota il sacco, Sacrofano" mi ordina appena si stacca da me, quasi lo avvertisse il peso di quel segreto che mi sto tenendo dentro.

"Come?" confabulo presa alla sprovvista.

"Devi dirmi qualcosa, non è così?"

Annuisco, terrorizzata.

"Allora fallo" replica con sicurezza "Perché tutta questa ritrosia?"

"É che..."

"Che cosa?" cerca di spronarmi, visto che tentenno senza dire nulla di sensato.

"Ho scoperto una cosa... una cosa importante" confesso mentre cerco il contatto con le sue mani, quasi ne avessi bisogno come l'aria che respiro.

Resta in silenzio, lasciando che le mie dita s'intreccino alle sue e le stringano con forza.

"Io... sì, ecco io sono..."

Incinta.

Non è difficile, Alice. Dillo e basta.

"Aspetto un bambino" rivelo in un fiato, così velocemente da rimanerne stordita, e con ogni probabilità anche lui lo è.

"Sei... sei incinta?"

La presa sulle mie mani s'allenta, fino a sparire del tutto.

"Sì" trovo il coraggio di confermare "è per questo che stavo male oggi"

Inspira a lungo, muovendo gli occhi senza riuscire a darsi pace.

"Claudio..."

Per un attimo mi sembra assente: "Claudio, ti prego, potresti dire qualcosa?"

Claudio's pov

Basta un istante per stravolgere una vita.

Una parola o poco più, sussurrata nel tempo di un battito.


Aspetto un bambino.

Non può essere vero.

O meglio, può, ma è così assurdo da sembrarmi irreale.

"Claudio... Tu non lo vuoi, non é così?" mi domanda, la voce tremante e piena di paura.

"No, non è che non lo voglia, Alice. È solo che..." annaspo, cercando le parole più delicate possibili per esprimermi "Non me lo aspettavo e... non so se sono pronto. Non ti lascerei mai da sola ad affrontare questa cosa ma, se devo essere sincero, l'idea di diventare padre mi spaventa"

Anche io ho paura, Claudio!

Ma sono anche felice, maledettamente felice! Perché non puoi esserlo anche tu?

"Lo so che non mi lasceresti da sola ma... non voglio che tu ti senta obbligato a far alcunché nei miei confronti" dico dura, ma in fondo è quello che penso davvero.

"Aspetta, non saltare a conclusioni affrettate" la trattengo per un polso mentre lei sta già cercando di scappare via.

"Non sono conclusioni affrettate, Claudio" replica, incredibilmente lucida "Tu non sei felice ed in fondo non dovrei nemmeno stupirmene così tanto. Mi hai sempre detto che detesti i bambini"

"Io non detesto i bambini" cerco di correggere il tiro "Solo non ho mai sentito il desiderio di diventare padre, tutto qui. Perché fondamentalmente non credo di esserne all'altezza. Ma..."

"Claudio, non sforzarti di fingere" m'interrompe senza darmi modo di proseguire "Ho capito. In fondo non posso pretendere che tu sia felice di qualcosa che non vuoi. Ad ogni modo, mi hanno fissato un appuntamento per la prima ecografia, fra cinque giorni. So che sei a Parigi ma non c'erano altri posti e non volevo aspettare tanto a lungo per il primo controllo"

Sembra essere diventata di ghiaccio, come se nulla più riuscisse a scalfirla.

"Fra cinque giorni?"

"Sì"

"Alice, lo sai che viene il dottor Brown dall'università di Baltimora per il nuovo progetto di ricerca. Non posso disdire l'impegno con così scarso preavviso..."

"Non preoccuparti. Mi farò accompagnare da Silvia" replica atona.

"Invece sì che mi preoccupo, Alice!" ribatto alzando il tono di voce "Io voglio esserci..."

"Ma se hai appena detto che non ti senti pronto!"

"Il fatto che io non lo sia non significa che non lo voglia"

"Allora forse faresti meglio a schiarirti le idee, prima di parlare" il suo tono cinico e distaccato mi mette i brividi, lasciandomi attonito "Ora scusami ma sono stanca, voglio andare a riposare"




"Alice..."

Le sfioro le spalle con la punta delle dita ma lei fa finta di nulla, come se avesse improvvisamente smesso di sentirmi.

Lo so che non è così. Lo so che lo sta facendo appositamente per farmi sentire in colpa e, forse, ha perfino ragione.

È solo che non riesco a fingere che tutto vada bene quando non è così.

La paura è cento volte più grande di tutto il resto che provo, surclassando ed inghiottendo anche quella dose di insensata felicità che mi circola in corpo senza una ragione valida.

Poi il raziocinio ritorna a prendere il sopravvento mettendomi di fronte alla realtà dei fatti.

Io, padre?

No, non ne sarei capace: sarei un disastro.

Vorrei dire qualcosa, qualunque cosa pur di cancellare quel silenzio angosciante che è caduto fra noi, ma la lingua mi s'incolla al palato, rendendomi impossibile anche solo pronunciare il suo nome.

Figuriamoci scusa, sono un'idiota: voglio te ed il nostro bambino e sì, saremo felici.

Il mio pensiero naufraga prima ancora di salpare alla ricerca delle parole giuste, andando a morire sulla sua pelle come un piccolo bacio sul collo.

Non reagisce.

Tiene gli occhi chiusi e le spalle verso di me, rimanendo sdraiata sul fianco.

La stringo a me, coricandomi accanto a lei: la mano che le sfiora il ventre, il capo dietro il suo e il naso affondato nel suo collo.

Respira lieve e profondamente, segno che si è addormentata prima del previsto.

Solo quando sento una piccolissima goccia inumidirmi la pelle, capisco quanto in realtà io le abbia fatto male.

Una singola dolorosa lacrima solca il suo viso, scendendo cauta lungo la mandibola e arenandosi al principio del collo.

Mi dispiace tanto, Alice.

Basta un attimo per spezzare un anno intero di felicità.
Il tempo di un battito.


"Stai lavorando alacremente in questi due giorni" constata guardandomi con aria interrogativa, le mani curate che picchiettano sulla mia scrivania "Sembra quasi che tu stia facendo di tutto per concludere al più presto i tuoi compiti e tornartene a casa il prima possibile. Tre giorni a Parigi ti stanno stretti?"

Sospiro, smettendo di digitare al computer la richiesta per i fondi per un nuovo progetto di ricerca e decidendo di dare il giusto peso a quella domanda.

"Il problema non é Parigi, Andrea" spiego sorreggendo il suo sguardo "Ma non posso negare che sì, vorrei tornare a Roma appena possibile; se con un intero giorno di anticipo ancora meglio"

"E perché mai? Se non sono indiscreta..."

"Un impegno imprevisto" mi limito a dire, senza sbilanciarmi troppo.

"Ed é uno di quelli improrogabili a cui proprio non puoi non partecipare?"

"No, non é che non posso. É che non voglio perdermelo"

C'è una sottile ma sostanziale differenza fra le due cose e me ne rendo perfettamente conto solo ora che sono qui, lontano da Alice.

Mi manca terribilmente, come e più del solito.

Forse é il modo in cui ci siamo congedati a lasciarmi quel retrogusto amaro come il fiele, rendendomi difficile gustare appieno il mio amato lavoro oltralpe.

"A proposito di questo..." tentenno, cercando di raccogliere le idee "c'è una cosa di cui vorrei parlarti. Una cosa molto importante"

"Dimmi" acconsente ma un attimo mi sembra che il suo sguardo tradisca un velo di preoccupazione.

"Sai bene quanto ami questo incarico e quanto abbia fatto tutto quello che era nelle mie capacità per riuscire a conciliare il lavoro qui con la guida dell'istituto a Roma"

"Sì. Ed è segno della tua grande professionalità" afferma "Ma non hai di certo bisogno che venga a dirtelo io quanto vali nel tuo campo..."

Annuisco, grato della sua stima, nonostante tutto: "Proprio per questo non vorrei iniziare ora a svolgere uno dei due in maniera approssimativa. Credo che sia meglio rendersi conto quando è il momento di fare un passo indietro..."

Mi fissa senza dire nulla, in attesa.

"La mia vita è a Roma e credo sarà sempre più piena ed impegnativa d'ora in avanti" confesso, senza girarci troppo intorno "Vorrei lasciare questo incarico in favore di Anceschi... è giusto che il mio posto passi a lui"

"Sei sicuro? Voglio dire... ci hai messo tutto te stesso per questo lavoro ed ora vuoi rinunciare a questa grande occasione così?"

"Sì" ribatto convinto "So perfettamente quello che lascio ma so anche quello che troverò da qui in avanti. Ed è ciò che desidero. Ovviamente non voglio creare disguidi, ragion per cui sono disposto a tenere la carica fino a quando Giorgio non sarà pronto per sostituirmi a pieno regime"

"Se è davvero ciò che più ritieni giusto, per me non ci sono problemi. Giorgio è un ottimo medico e credo che sarà perfettamente all'altezza del compito"

"Ti ringrazio" mi ritrovo a dire, sollevato "Ora scusami ma devo proprio riprendere a lavorare..."

Si alza senza dire niente, almeno fino a quando non arriva davanti alla porta.

Si volta all'improvviso, sentendo la necessità di pronunciare a voce alta quel dubbio che forse l'attanaglia da quando ha varcato la soglia del piccolo ufficio che mi hanno concesso per le mie trasferte in territorio francese.

"Lo fai per Alice, non è vero?"

"No" sussurro "Lo faccio per la mia felicità"

Basta un istante per rendersi conto di essere rimasti soli.
Claudio, Emmanuel, e tutti gli altri prima di lui.
Ti volti e non trovi nessuno; nessuno a parte Pierre.
Ma spesso basta il tempo di un battito per capire che in fondo, chi conta davvero, é l'unico ad essere sempre rimasto con te.


Alice's pov

La sala d'attesa dell'ospedale mi infonde uno strano senso di inquietudine, accentuato dalla vista di donne felicemente incinte, accompagnate dai rispettivi compagni.

"Alice, tutto bene?"

"Non che non va bene. Lui non è felice, Silvia!" ribatto adirata "E questa cosa io non la sopporto! Sapere di essere causa della sua infelicità mi fa troppo male..."

"Alice, guarda che non è mica colpa tua" cerca di farmi riflettere "Se sei rimasta incinta è anche causa sua"

"Ne parli come se fosse una disgrazia" commento a bassa voce.

"No, non è questo. È solo che se l'aveste preventivato tutto questo dolore forse ve lo sareste potuti risparmiare..."

"Non sei di aiuto così" protesto.

"Me ne rendo conto, ma indorarti la pillola non servirebbe" persegue la via del suo solito cinismo, senza dare segno di voler rallentare "Poi, se ci pensi bene, Claudio non ti ha mai detto di non volere il bambino. Solo ha paura... e credo che tu possa anche concederlo ad uno che ha sempre affermato di non volere niente della vita di coppia e che ora convive felicemente da più di un anno"

"Ha detto di non sentirsi pronto"

"È uguale" taglia corto "Ora smettila di autocommiserarti e preparati. La donna prima di te è entrata da almeno cinque minuti: fra non molto sarà il tuo turno ed io, se proprio dobbiamo piangere, preferirei farlo davanti alla prima foto del mio nipotino, piuttosto che per Conforti"

Sorvolo sul fatto che tecnicamente non è il suo nipotino, ma su CC non posso proprio farlo: "Sono io che ho paura. Paura che Claudio non ci stia vicino come ho sempre immaginato che avrebbe fatto il futuro padre dei miei figli... ma in fondo per quello avrei dovuto scegliere accanto un altro tipo di uomo, dare magari seguito ai miei sogni da bambina, quelli dove c'era una persona premurosa accanto a me"

"Claudio è premuroso. A modo suo, certo, ma lo è" replica la mia amica d'infanzia "Io comunque sono grata che tu non abbia seguito i tuoi sogni da bambina altrimenti a quest'ora saresti appiccicata ad Arthur, con una fede, e magari d'altra parte del mondo. Decisamente meglio Roma con Conforti. E poi cosa te ne importa: magari non avrà il padre più amorevole del mondo ma di sicuro avrà la zia migliore della storia!" cerca di sdrammatizzare indicandosi con entrambe le mani, i pollici rivolti verso sé stessa.

Mi scappa da ridere e le sono immensamente grata per questo.

"È libero qui?"

Una voce spezza il silenzio della sala d'attesa, deserta ad eccezione di me e Silvia, cogliendomi di sorpresa.

Sento scivolare la sua presenza accanto a me, proprio sulla sediola in plastica immediatamente alla mia sinistra, e la cosa ha dell'irrazionale se penso che tutto il resto della stanza è pieno di posti vuoti a sedere.

Mentre il mio cervello processa velocemente tutte quelle informazioni, il mio cuore inizia a battere forte. Perché lui lo sa a chi appartiene quella voce.

Mi volto, notando anche lo stupore sul volto di Silvia, e finendo inevitabilmente occhi negli occhi.

Il suo nome muore sulle mie labbra, impercettibile ed emozionato.

"Che ci fai qui?" domando appena realizzo quello che davvero sta succedendo.

"Ho un appuntamento importante. Anzi, in realtà, lo avevo dieci minuti fa ma per fortuna si può sempre contare sul ritardo della sanità italiana" ironizza ma è palese quanto sia nervoso "A Fiumicino ho quasi creduto mi avessero perso i bagagli, per questo ci ho messo tanto"

"Claudio che..."

Non ho il tempo di chiedere nulla perché la porta dell'ambulatorio si apre, mostrando sulla soglia un'infermiera di mezza età, pronta a leggere il nome del prossimo fortunato sulla cartella medica: "Allevi?"

"Siamo noi"

La sua voce sicura parla per me, la sua mano calda stringe la mia e mentre mi alzo insieme a lui, tutto sembra tornare magicamente al suo posto.

Non ho paura adesso.

Non ne ho mai quando lui è con me.

"Prego" la donna ci indica l'entrata, facendosi da parte mentre io rimango ancora frastornata.

"Vai, vai, Alice!" mi sprona sottovoce Silvia, dandomi una spintarella sulla schiena "Io vi aspetto qua fuori"

Basta un gesto per rimettere tutto quanto in ordine.
Basta il tempo di un battito accelerato per capire quanto si ami.

Freddo.

Il gel sulla pelle mi fa rabbrividire acuendo i miei sensi e rendendomi ancora più ricettiva ad ogni singola emozione.

Come se ce ne fosse bisogno.

Sono semi sdraiata sul lettino, in una situazione surreale, senza precedenti.

L'unico punto di riferimento, immutabile ed insperabile fino a qualche minuto fa, è la sua mano stretta alla mia.

"Eccoci qui" la voce calma della dottoressa inizia ad illustrare ciò che vede attraverso lo schermo, seguendo i contorni di quello che sembra poco più che una chiazza appena abbozzata.

Mi ci vuole qualche istante prima di iniziare a riconoscere le forme accennate del suo corpicino.

"Posso dirle che sta entrando nella nona settimana di gravidanza" spiega con gentilezza "Il feto sta bene, non sembra esserci nessuna particolare situazione da segnalare. Non posso ancora dirvelo con certezza perché è ancora precoce ma sembra iniziare a capirsi il sesso del nascituro... sempre che lo desideriate sapere"

"Sì"

"No"

Le nostre risposte arrivano nello stesso istante, discordanti ed apparentemente divertenti visto il sorriso che nasce spontaneo sul viso della donna.

"Non preoccupatevi: è più frequente di quanto possiate immaginare che le coppie non siano d'accordo su questo aspetto"

Forse, per quel che ci riguarda, le cose in disaccordo sono parecchie.

Eppure, in qualche modo inspiegabile ed a volte alterne, uno dei due riesce sempre a trovare il coraggio di fare un passo verso l'altro.

"Se la mamma lo vuole sapere, mi sa che dobbiamo accontentarla"

Non è il significato di quella frase, pronunciata con il sorriso sulle labbra, a farmi rischiare la più tipica delle commozioni, bensì la sua voce morbida che pronuncia per la prima volta quella parola.

Mamma.

"Allora, posso dirvi, con un ragionevole margine dubbio, che si tratta di una splendida bambina"

Non so dire se davvero sarebbe cambiato qualcosa, maschio o femmina che fosse, ma il mio pensiero non può che finire a Chiara ed ai suoi grandi occhi curiosi.

Chissà se avrà un po' della sua energia instancabile, o anche solo metà della sua furbizia.

"Questo che potete sentire ora è il suo battito" continua mentre io ho ancora lo sguardo rivolto verso Claudio, che per contro, non riesca a staccare gli occhi dal monitor.

Sembra rapito, come se non esistesse altro che quel piccolo esserino pronto a stravolgerci la vita.

E considerando che ho trascorso tre giorni d'inferno ipotizzando le più atroci possibilità per un'imminente fine della nostra relazione, direi che ha già fatto parecchi danni.

Tum. Tum. Tuttum.
Basta il battito di un essere indifeso a stravolgere la vita.
Basta per far desiderare, anche ai più disincantati del mondo, tutto quello che non hanno mai voluto.

Esco dall'ambulatorio stordita, leggera e pensierosa al tempo stesso.

Mi sembra di vivere in una dimensione parallela in cui tutto è meraviglioso, pieno di vita e speranza.

Gli occhi emozionati di Claudio.

Quello sarà forse il ricordo più bello che custodirò gelosamente nel mio cuore per i prossimi anni, così ammaliati da qualcosa che mai avrebbe pensato di poter desiderare e che ora invece sembra volere con tutto sé stesso.

È così bello che se quella magia dovesse finire credo ne uscirei distrutta.

Ho paura a guardarlo.

Lo sento chiudere la porta dietro di noi e camminare al mio fianco per qualche insicuro passo.

È tornato all'improvviso, senza dire niente.

Senza accennare al nostro diverbio, senza voler ricordare quel retrogusto amaro mai dissolto che entrambi abbiamo percepito in questi giorni di lontananza forzata.

È proprio questo che più mi turba: il suo silenzio.

Cammino davanti a lui, rientrando nella saletta d'attesa dove avrei sperato di rivedere Silvia ma lei non c'è.

Dove si sia cacciata, onestamente, non ho idea.

Forse ha tagliato la corda, visto l'arrivo di Claudio. Forse ha pensato che in fondo fosse giusto così, per lasciarci modo e tempo di parlare.

Parlare appunto.

Ciò che più sembra lontano dalle sue intenzioni in questo momento.

Non sento più i suoi passi dietro di me mentre m'incammino nel corridoio e la sola idea che voglia lasciarmi proseguire da sola mi attanaglia lo stomaco con una morsa dolorosa ed insopportabile.

Claudio's pov

Questo silenzio fra noi è incolmabile ed opprimente.

Lo so che lo stai pensando, Alice.

So che sta aspettando che io dica qualcosa, qualcosa che giustifichi il mio essermi presentato a sorpresa, con un giorno d'anticipo, quando avevo spergiurato che non sarei mai potuto arrivare in tempo.

So anche che vorrebbe delle risposte che non avevo prima di partire ma che ho trovato adesso e che, invece di rasserenarmi come dovrebbero, mi preoccupano ancora di più.

Non ho mai desiderato niente di quello che sto vivendo oggi.

Non desideravo una relazione stabile.

Non volevo condividere i miei spazi.

Non avrei mai pensato di andare a convivere.

L'idea di un matrimonio mi avrebbe fatto scappare a gambe levate, senza ripensamenti.

Non avrei mai creduto di poter venire a patti con il mio lavoro per una donna.

Mai e poi mai mi sarei visto padre.

Certo, so prendermi le mie responsabilità ma volerlo, quello no.

Eppure ora mi sento così diverso da non riuscire quasi a riconoscermi.

Rallento, lasciando che mi preceda di qualche passo lungo il corridoio.

Resto ferma a fissarla, cercando di capire cosa davvero di lei mi abbia indotto a cambiare così tanto.

Non so darmi una risposta. Forse nemmeno la voglio.

È successo e basta.

Forse sarà stata colpa dei suoi occhi o delle sue labbra. Magari della sua distrazione cronica al limite della goffaggine, oppure della sua incredibile determinazione nei momenti meno auspicabili.

Probabilmente del suo modo di tenermi testa sebbene poi, alla fine, io spesso sia riuscito ad impormi con la mia strafottenza.

Magari del suo modo sognante di affrontare la vita, che tanto cozza con il mio disincanto.

Della sua forza mascherata sotto un velo d'ingenuità.

Forse è stata colpa di tutto oppure di niente, ma tant'è.

Resto con gli occhi incollati sulla sua figura che a poco a poco s'allontana, incerta e tremante.

Si è accorta che non la seguo più ma è troppo testarda ed orgogliosa per girarsi indietro ed ammettere che vorrebbe che fossi al suo fianco.

In un attimo arrivo alla sua schiena, restando un passo indietro, le mani che circondano i suoi fianchi.

Non dice niente, solo respira un po' più forte.

Alice's pov

Lo sento agguantarmi alle spalle.

Il suo profumo, la sua presenza forte contro la mia schiena.

Mi stringe, cingendomi la vita ed abbracciandomi stretta, come l'ultima sera sotto le coperte prima che partisse, con tutto l'amore che possiede.

Il suo viso accanto al mio, la sua indecisione nel voler dire qualcosa, colmata con quei gesti lenti e controllati che riempiono l'attesa.

Le sue labbra contro il mio orecchio, la barba che mi sfiora la pelle pizzicandola.

Resterei così per sempre, con quella speranza che mi colma il cuore.

Perché in fondo mi accontenterei di un semplice scusa, o anche solo ci ho ripensato. Desidero averlo con me, comunque, purché sia felice di rimanere al mio fianco.

Poco importa se mi ha deluso, se lo abbiamo fatto a vicenda, tenendoci a distanza.

Non m'interessa nemmeno più la questione matrimonio che spesso ci ha infervorati senza mai portare a niente.

Mi preme solo sapere che vorrà questa vita insieme a me, qualunque cosa essa porti in serbo.

Prende aria fra i miei capelli, espirando forte sulla mia pelle.

"Alice..." si decide finalmente a dire, sussurrando il mio nome nel modo più dolce che io abbia mai sentito.

Basta un secondo per temere che tutto si distrugga.
Basta un secondo per sperare che tutto si risolva.
Ma serve il tempo di un battito per capire che cosa succeda davvero.


"Sì?"

Passano frazioni di istanti, eterni, prima che io riesca ad articolare quel suono, straripante di sogni che non hanno alcuna voglia di infrangersi.

Sussurra ma l'eco che arriva dritto al mio cuore ha la stessa entità di un grido profondo e disperato.

"Vi amo"

Fine

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