Mi svegliai intorpidita tra le lenzuola bianche del mio letto e alzai leggermente la testa per guardare l'orario mentre un raggio di sole mi colpiva gli occhi passando attraverso le finestre che erano rimaste aperte dalla sera prima. Sprofondai di nuovo nel cuscino constatando che mancavano ancora due ore all'autobus e che avevo tutto il tempo per rimanere altri dieci minuti a letto. Girai il viso dall'altra parte del materasso e lì, ancora nudo, dormiva beatamente il mio ragazzo. Sorrisi ai suoi respiri profondi e mi sollevai per vedere in che condizioni avessimo lasciato la camera dopo la notte di fuoco.
Vestiti per terra, cuscini sbatacchiati, quaderni e libri che erano sulla scrivania aperti sul pavimento, le mie mutandine appese alla maniglia della porta. Tutto nella norma come ogni post sesso con Louis. Speravo tanto avrebbe rimesso a posto lui quel casino, perché quel giorno sarei rimasta tutto la mattina e pomeriggio a scuola, a iniziare a provare balletto a due con Jason.
Cazzo. Jason.
Mi era completamente passato dalla testa il putiferio in cui mi trovavo. Non avevo ancora minimamente accennato a Louis il fatto che avessi accettato di ballare con il suo rivale numero uno. Né tanto meno che il suo rivale numero uno mi stesse pure simpatico.
Mi alzai dal letto e presi i vestiti da indossare quel giorno, sgattaiolando fuori dalla stanza per andare a farmi una doccia, nella speranza di lavare via anche i sensi di colpa.
***
Uscii dal bagno bella pulita e profumata e tornai nella mia camera per vedere se Louis si fosse svegliato. Mi stava aspettando mezzo seduto sul letto con il cellulare in mano. Appena mi sentii entrare, si voltò verso di me e mi mostrò il suo bellissimo sorriso. Si era anche già vestito con un paio di pantaloncini blu al ginocchio e una t-shirt nera, ma i capelli rimanevano il disastro di sempre, senza che ci mettesse nemmeno un minimo di sforzo per farli sembrare per lo meno presentabili. A me, d'altronde, facevano impazzire così.
-Ciao amore.-
Gli feci una smorfia in risposta, sporgendomi verso di lui per lasciargli un bacio sulle labbra. Mi prese tempestivamente i fianchi con le mani e, sollevandomi come una piuma, mi posizionò sulle sue gambe. Mise le dita tra i miei capelli ancora bagnati e mi attirò piano verso di sé per baciarmi in modo più approfondito.
-Come siamo espansivi questa mattina.- dissi sorridendo vicino alla sua bocca.
-Sei così bella in mezzo alle lenzuola bianche. Forse ci passerei una vita a guardarti cosí.-
Arrossii come una scema. Amavo e odiavo Louis contemporaneamente quando diceva queste cose, perché adoravo come mi faceva sentire ma non sopportavo che mi facesse andare totalmente in tilt con il cervello.
-Amo quando diventi timida.- si sporse verso il mio orecchio -Ieri sera, però, non lo eri così tanto mentre ti sfondavo.-
Alzai gli occhi e lo spostai da me con una manata.
-Coglione.-
Si mise a ridere e, insieme a me, si alzò finalmente dal letto per andare a svegliare le piccole, dato che ormai era ora di mettersi in moto. Erano, infatti, già le nove e alle dieci dovevo essere alla fermata.
-Viene qualcuno oggi, Lou?- chiesi entrando nella cameretta di Anne, Christine ed Elizabeth e iniziando a tirare su le tapparelle per far entrare la luce del sole.
-Sì, Niall, Zayn e Liam in teoria.- mi rispose tirando su dal letto senza tante cerimonie una Cristina mezza addormentata. -Forza, piccole! Sveglia!- disse poi ridendo, vedendo il volto della piccola che cercava disperatamente di tornare tra le lenzuola.
-Desi, voglio dormire.- iniziò a piagnucolare Anne.
-Ti avremmo lasciata riposare ancora se tu avessi finito i compiti delle vacanze. Invece, come le tue sorelle sei ancora indietro. Quindi muoviti ad andare in bagno a prepararti prima che lo facciano le altre.- risposi andandole a lasciare un piccolo bacio sulla fronte.
Sbuffando alla mia risposta, si trascinò fuori dal letto e iniziò a togliersi il pigiamino. Risi vedendola in difficoltà e Louis subito accorse a liberarla dalle maniche prima che rimanesse incastrata.
Uscii dalla loro stanza e, una ad una, entrai nelle altre urlando buongiorno alle mie piccole intimandole a sbrigarsi. Entrai, alla fine, nella stanza dei maschietti e, come previsto, Jordan non era nella sua culla, dal momento che, come concordato, quella mattina se ne sarebbe occupata mia madre. Sentivo che mi mancava già, ma, d'altronde, non potevo fare altrimenti. Svegliai anche Cody e Luke, gli unici due che scattarono subito giù dal letto senza lamentarsi e mentre aiutavo Luke a cambiarsi, il campanello trillò al piano di sotto.
-Vado io.- urlò Louis, ma subito Luke e Cody mi sfuggirono dalle mani e corsero fuori dalla stanza per correre giù dalle scale e vedere chi fosse. Al solito, insomma.
Sbuffai spazientita e uscii dalla loro cameretta disordinata. Come mi aveva anticipato Lou, probabilmente Niall, Zayn e Liam erano già alla porta, addirittura in anticipo rispetto all'orario in cui di solito arrivavano. Erano davvero degli angeli e ancora non mi capacitavo del fatto che facessero così tanto per me. Ovvio, sicuramente non ero solo io il punto: i ragazzi erano affezionati alle mie sorelle e ai miei fratelli tanto quanto me visto che li avevano visti tutti nascere e crescere. Ancor di più perché li avevano cresciuti loro insieme a me. Eravamo una famiglia, in fin dei conti. C'eravamo sempre stati l'uno per l'altro in un modo che non avevamo mai sperimentato nelle nostre famiglie biologiche. Si dice che il sangue sia più forte dell'acqua, ma è anche più difficile da togliere se viene versato.
Mi affacciai per le camerette a controllare che le mie sorelline si stessero preparando per iniziare la mattinata e, vedendo che erano tutte praticamente vestite e lavate, dissi loro di iniziare a scendere in cucina per fare colazione.
-Va beneeeee.- mi risposero all'unisono.
Sorrisi e corsi giù per le scale dirigendomi in cucina.
-Ciao amici!- urlai aprendo le braccia verso Niall che, non appena mi aveva vista, aveva iniziato a saltellare verso di me per abbracciarmi. Si abbassò appena e mi circondò le gambe per prendermi in braccio e io assecondai il suo gesto allacciando le braccia intorno al suo collo, sapendo quello che voleva. Lui lo chiamava "pandabbraccio", un abbraccio, appunto, che doveva ricordare un panda. Non avrei mai saputo bene come spiegare quel tipo di affetto, ma nella testa di Niall funzionava a meraviglia e, per questo, anche nella mia. Risposi ridendo al pandabbraccio e subito Cody cercò di saltarci addosso per partecipare a quel momento di dolcezza.
-No, Cody, mi dispiace. Desi è solo mia.- disse Niall stringendo la presa su di me e cercando con la gamba di allontanare il mio fratellino. Per tutta risposta, Luke si unii alla causa di Cody ed entrambi cercarono di farmi scendere.
-Anche noi vogliamo il pandabbraccio!- iniziarono ad urlare. Niall allora mi rimise con i piedi per terra e avvicinandosi ai miei fratellini iniziò a scherzare con loro.
-Ah, anche voi volete un pandabbraccio? Va bene!- e iniziò a rincorrerli fuori dalla cucina per tutto il salone mentre Cody e Luke ridevano come forsennati cercando di scappare.
Mi voltai per salutare anche Zayn e Liam con un bacio sulla guancia e iniziai ad aiutarli a spalmare la Nutella sulle fette biscottate aspettando che tutte le bimbe arrivassero per la colazione.
***
-Ciao amore, ci vediamo stasera.-
Mi presi il bacio di Louis sulle labbra e gliene posai un altro sulla guancia alzandomi sulle punte dei piedi.
-Fate i bravi, miraccomando. Voglio trovare la casa come l'ho lasciata.- gli sussurrai nell'orecchio.
-Il problema non è come la lasceremo noi con i bambini, il problema sarebbe come la lasceremmo io e te se fossimo soli per una settimana.-
Guardai quegli occhi celestini pieni d'amore e passai una mano tra i suoi capelli.
-Sfasciata, immagino.- gli feci l'occhiolino e uscii di casa posizionandomi meglio sulla spalla il borsone di danza.
Sentii Louis ridere mentre chiudeva la porta e sorrisi percorrendo il vialetto di casa. Mi incamminai poi per le stradine di Doncaster decidendo di avere abbastanza tempo per raggiungere la Railey a piedi invece che con l'autobus.
Dunque, dovevo assolutamente decidere come comportarmi con Jason. Avevo fatto pace mentalmente con me stessa per aver trovato quel ragazzo simpatico. D'altronde, nessuno sarebbe sconvolto nel constatare che la persona che si odia, in realtà, è perfettamente umana e che, quindi, ha anche un lato buono. O no? Okay, il mio errore forse non era tanto quello. Il mio sbaglio era stato non parlarne con Louis. Cazzo, non avevo nemmeno le scuse del "non ho avuto tempo", "non c'è stata occasione", "era già arrabbiato con me, non volevo peggiorare la situazione", perché le avevo passate in rassegna tutte quante la sera prima. C'era stato sia tempo, sia occasione, sia il momento giusto per dirla tutta, quando ci eravamo chiesti scusa a vicenda per tutto ciò che era accaduto. Letteralmente, non avevo scuse. Ancor di più, ero nel torto marcio comunque si girasse la situazione.
Se non potevo, quindi, cercare una soluzione sul versante Louis, a cui avrei potuto porre rimedio in secondo luogo, mi sarei dovuta principalmente occupare del versante Jason. Dovevo dirgli come stavano le cose, che tipo di limiti e confini c'erano tra noi due e che il nostro rapporto era puramente e semplicemente lavorativo. Niente di più. Dopo la competizione di gennaio, se ci saremmo arrivati, avremmo potuto poi interrompere la condizione neutrale di Svizzera e tornare ad essere Germania e USA. Semplice, efficace, facile da ricordare.
-Ei Desi!-
Persi un battito dallo spavento e mi voltai per vedere il volto sorridente di Jason che mi salutava dall'altra parte della strada. Parli del diavolo.. Lo guardai per qualche secondo mentre aspettava che passassero le ultime auto per la carreggiata. Quella mattina indossava una semplicissima maglietta bianca a maniche corte su un paio di jeans al ginocchio. Vans nere e, se in tutto questo non ci fosse stato già abbastanza sex appeal, aveva allacciata intorno alla testa una bandana nera per tenere indietro i capelli castani tendenti al biondo.
-Ei!- dissi poco convinta aspettando che attraversasse la strada.
-Come stai?- mi chiese sporgendomi per lasciarmi un bacio sulla guancia. Profumava.
No, cazzo. Perché era difficile tutto questo? Basta, dovevo porre fine a quella storia. Non era difficile, dopo tutto.
-Tutto bene, grazie, Jason. Senti, prima di entrare- mi fermai davanti a lui prima che iniziasse a salire per i gradoni che conducevano alla porta principale della Riley -vorrei parlarti di una cosa.-
Lui, senza scomporsi più di tanto, fece un cenno con il capo e si piazzò davanti a me con i suoi due metri d'altezza.
-Sono tutto orecchi.-
Sembrava più che altro incuriosito, ma, secondo me, aveva già nasato ciò di cui volevo parlargli.
-Senti, vorrei essere trasparente con te. Mi ha fatto davvero piacere ieri ascoltare la tua storia, specialmente perché sono perfettamente consapevole del fatto che non sia stato semplice per te. Credimi, anche io ho avuto un'infanzia davvero complicata e siamo molto più simili di quanto non mi piaccia ammettere. Per questo, ti sento molto vicino, ma, allo stesso tempo, Jason, vorrei ricordarti la situazione in cui mi trovo io al momento. Non mi posso permettere di essere per te più di una collega e sto rischiando molto già solo così.-
Dissi tutto guardandolo negli occhi. Dal canto suo, Jason non aveva battuto ciglio. Un penny per i suoi pensieri, davvero.
Rimase qualche secondo in silenzio. Spostò gli occhi per terra, poi di nuovo su di me e incrociò le braccia al petto mettendo ancora più in risalto i suoi muscoli.
-Va bene, Desiree. Solo colleghi.- disse semplicemente alla fine del suo lungo silenzio.
Lo guardai. Sembrava sincero, eppure notai un guizzo di divertimento nei suoi occhi. Forse me l'ero solo immaginato, ma, in ogni caso, non sembrava né sorpreso, né dispiaciuto, né arrabbiato, né felice, né niente. Solo Jason con un non so che negli occhi. Intuendo che stavo pensando a qualcosa, mi sorrise.
-Ei, tutto bene? Lo capisco, davvero. Sono a conoscenza della tua situazione e se avessi potuto evitarla, l'avrei evitata. Purtroppo, come ti ho già raccontato ieri, non sapevo che la Pichler stesse cercando un ballerino per te. Mi dispiace che, alla fine, sono io quel ballerino.-
Non sapevo perché, ma quelle parole un pochino mi fecero andare il cuore in fiamme. Non volevo che si sentisse dispiaciuto. In fondo, lui voleva solo ballare. Mi ripromisi che non gli avrei dato filo da torcere, anzi, avrei cercato di rendere quella esperienza bella e tranquilla per entrambi. Sarebbe passata nei migliori dei modi e, dopo gennaio, di quella competizione sarebbe rimasto solo un ricordo.
-Non parliamone più. Era solo per chiarire le cose.- dissi abbozzando un sorriso.
Mi guardò con una certa intensità, poi spostò lo sguardo verso l'entrata e fece un cenno in quella direzione.
-Entriamo ora?-