Sapienza

By Thedgeofbreakingdown

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Il marmo della Sala dell'Olimpo tremò per l'impatto e quando scagliò la lancia verso Ares, il dio non fu velo... More

Prologo
Di mare e di spada
Non ti spezzi (parte 1)
Non ti spezzi (Parte 2)
Un'insegnante (parte 1)
Un'insegnante (parte 2)
Un'insegnante (parte 3)
Fatale (parte 1)
Fatale (parte 2)
Fatale (parte 3)
Fatale (parte 4)
Micene (parte 1)
Micene (parte 2)
Practa Quincia (parte 1)
Practa Quincia (Parte 2)
Crollo (Parte 1)
Crollo (Parte 2)
Senza veli (Parte 1)
Senza veli (Parte 2)
Respirare (Parte 1)
Respirare (Parte 2)
Le parole non dette (Parte 1)
Le parole non dette (Parte 2)
Alleati
Cosa sei disposta a fare?
Chi è stato? (Parte 1)
Chi è stato? (Parte 2)
QUESTA NON È UN'ESERCITAZIONE
Euforia

Micene (Parte 3)

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By Thedgeofbreakingdown

Sofia perse la donna tra la folla e, prima che potesse dirglielo, Percy si portò due dita alla bocca, emettendo un fischiò talmente acuto che sovrastò persino le urla di Micene. In un batter d'occhio, un'ombra oscurò il sole e Creekos atterrò poderosamente davanti a loro,    spaventando ancor di più i poveri malcapitati micenei che stavano correndo lì.

- Ben arrivato, bello – lo salutò Percy, saltandogli agilmente in groppa, porgendo una mano a Sofia perché potesse fare lo stesso alle sue spalle. – Portaci dal drakon, Creekos.

Il pegaso nitrì, iniziando a correre. – Si, che sono sicuro di combattere il drakon. Si, Creekos, lo so che fa paura e sputa veleno – borbottò Percy, un secondo prima che il pegaso d'ebano potesse spiccare il volo.

Sofia si aggrappò al chitone di Percy prima che potesse cadere all'indietro per l'impeto del salto di Creekos, sporgendosi oltre la spalla del ragazzo per poter guardare sotto di sé. A Sofia era sempre piaciuto vedere le cose dall'alto. In qualche modo, vedere quanto tutto risultasse così piccolo da quella prospettiva, la portava a ridimensionare il suo stesso dolore: guarda quanto è grande il mondo e guarda quanto sei piccola tu. Le aveva sempre infuso un senso di calma e pace.

Almeno fino a quel momento.

Mentre volavano sopra al cielo di Micene, la situazione a terra era talmente spaventosa che il cuore le si strinse in una morsa di angoscia. Sofia era sempre stata abituata a vederle su un tavolo le battaglie, con le pedine che rappresentavano i diversi eserciti schierati su un territorio e le poche alle quali aveva preso parte per proteggere Atene, nascosta sotto al velo, le aveva affrontate di petto, senza rendersi conto dell'effettivo impatto di uno scontro. Quella che stava avendo luogo sotto di lei, era una battaglia vera, con uomini che combattevano e morivano ed un drakon sputa-veleno di un verde intenso.

Il ruggito dell'animale la penetrò fin dentro le ossa, facendola tremare e, in tutta risposta, Percy incalzò Creekos a volare ancora più velocemente.

Il drakon stava sputando veleno, impazzito, col collo lunghissimo che sembrava non rispondere a nessun comando specifico se non a quello di creare caos, su tutte le case nella Polis che lo circondavano. Da quella distanza, Sofia riuscì solo a capire la sua lunghezza equivalesse a tre abitazioni poste una accanto all'altra. Non aveva troppa voglia di scoprire quanto sarebbe stato alto.

Sotto di lei, gruppi di soldati in mantelli scarmigliati tentavano di raggiungere la polis, bloccati dalla folla terrorizzata di civili    che correva nella direzione opposta. Un altro gruppo di uomini, già sul luogo dello scontro, aveva creato una barricata con dei carri, scagliando frecce che non riuscivano a colpire il drakon ma, appena si piantavano a terra, rilasciavano un suono talmente acuto da trapanarle le orecchie persino a quella distanza. Mentre Creekos  iniziava a scendere verso i carri, vide radici che spuntavano dal    terreno e che, solo per brevi istanti, riuscivano a bloccare le  zampe enormi del drakon, dandogli soltanto fastidio e portandolo, per la rabbia, a sputare ancora più veleno attorno a lui.

Tra le file di soldati accucciati dietro ai carri, doveva esserci anche qualche figlio di Zeus perché un fulmine cadde dritto sulle scaglie del drakon, rimbalzandoci miseramente sopra e colpendo una casa accanto a lui. Il tetto prese fuoco in un secondo.

- Oh miei dei – mormorò Percy, mentre altre urla si aggiungevano alle    grida dei soldati. – Forza, Creekos! – incalzò il pegaso che, in un nitrito inferocito, si lanciò in picchiata verso i carri. Lei e Percy ne abbandonarono la groppa prima che il pegaso toccasse terra. – Va' via da qui! – ordinò Percy, scuotendo la testa al    nitrito infastidito della creatura. – Sei stato di grande aiuto, amico mio – disse, sorridendogli, accarezzandogli il collo. – Ma va' via da qui. Fischierò se avrò bisogno di te.

Il pegaso socchiuse le palpebre in quella che a Sofia parve la più secolare fulminata di sguardo equina, prima di spiccare nuovamente il volo.

Nel frattempo, un soldato scagliò una freccia, nascondendosi poi velocemente dietro ai carri. Il suono acuto, a quella distanza, le perforò i timpani, costringendola a coprirsi le orecchie. La freccia si conficcò davanti al drakon prima di esplodere con un assordante boato. Istintivamente, lei e Percy si abbassarono sulle ginocchia e quando il fumo grigio si dissolse, il drakon era arretrato solo di un paio di passi e pareva semplicemente stordito.

- Perseo! – esclamò poi il soldato sorridendo quando lo vide, stringendogli la mano felice. – è bello vederti!

Parlò come se si stesse divertendo un mondo e non come se un drakon, a pochissima distanza da lui, non stesse facendo strage nella sua città.

Percy gli strinse la mano. – Avrei preferito in circostanze migliori, Erasto – sorrise però il figlio di Poseidone. – Lei è Annabeth – fece poi, presentandola.

Il  ragazzo spostò gli occhi scuri su di lei, sorridendole. Aveva i capelli scuri e lo sguardo vispo da furetto; dalla precisione con cui tirava le frecce, doveva essere, o più grande di quanto non sembrasse o allenato da prima che imparasse a camminare.

Che fosse un figlio di Apollo era dato certo. Anche a giudicare dal sole inciso sulla sua armatura di bronzo celeste.

-  Quella era la mia ultima freccia sonora –. Il drakon, in risposta, ruggì ancora. Sofia lo vide mentre si liberava dall'ennesimo ramo che tentava di bloccarlo al terreno.

Una coppia di satiri, nascosti dietro ai carri, iniziarono a suonare una melodia incalzante, affrettata ed il drakon esitò, le enormi fauci    aperte in confusione, come se non avesse bene idea di cosa fare a quel punto. Degli spessi rami iniziarono ad avvilupparsi attorno al  suo corpo massiccio mentre le pupille verticali cominciavano ad arrotondarsi lentamente.

Sofia trattenne il fiato prima che un'asse di legno del tetto che aveva preso fuoco, piombasse a terra. Le pupille tornarono perfide, verticali ed il drakon ruggì oltraggiato, continuando a sputare veleno.

- Se avete qualche idea per sconfiggere il nostro nuovo amico, fatevi  pure avanti – sorrise Erasto, tirandosi l'elmo scivolatogli sul naso, sulla testa. – Nessun arma sembra riuscire a penetrare le sue scaglie. In più..

-Ha pietrificato dalla paura i pochi che l'hanno guardato fisso negli occhi – disse Sofia, tenendo lo sguardo puntato sulla bestia.

Erasto corrugò la fronte, divertito. – Esatto. Come facevi a..

Chiudete gli occhi e fategli aprire la bocca.

- Ho un  piano – esclamò Sofia, acchiappando il suo coltello e slegandosi il velo dell'invisibilità dalla vita.

Percy ed Erasto si voltarono verso di lei talmente velocemente che, per un attimo, Sofia pensò gli si potesse staccare la testa. – Cosa vuol dire che hai un piano? – esclamò il figlio di Poseidone. – Come puoi avere un piano contro quell'affare? – borbottò.

- Quello è lo stesso drakon che ha affrontato Cadmo. Non so perché sia a Micene e non a Tebe e non so neanche perché stia attaccando una città ma so come ucciderlo. Riuscite a tenerlo impegnato? – fece, spostando velocemente lo sguardo da Percy ad Erasto.

Erasto  poi sorrise. Sembrava non riuscire a perdere il buon umore neanche nelle situazioni più disperate. – E che abbiamo fatto fino ad adesso? Spero tu non ti sia sbagliando, Annabeth ma puoi contare su di me, i miei fratelli ed il mio esercito.

Percy la guardò. Gli occhi verdi erano seri, concentrati, fissi nei propri. – Cerca solo di non morire.

Sofia non riuscì a nascondere un piccolo sorriso. – Quello è sempre il primo piano – disse, tornando velocemente seria, spostando lo sguardo sul drakon.

Il drakon ruggì ancora e Percy estrasse la spada, voltandosi con Erasto, verso quell'orribile rettile. Lei si calò il velo dell'invisibilità sul capo, scomparendo.

-  Annabeth! – esclamò Percy, cercandola con lo sguardo ma Sofia non ebbe tempo di guardarlo ancora, scavalcando velocemente i carri, stando ben attenta a non alzare mai troppo lo sguardo sul muso del mostro.

-  STUPIDA BESTIA! – sentì urlare Percy un attimo dopo e si concesse di voltarsi verso di lui solo per vederlo, con la sua spada di bronzo celeste sguainata, agitarsi difronte al drakon che, per un attimo, si fermò anche, confuso. – Lucertolone! Dico a te!    Conosco gechi che fanno più paura di te! – lo schernì,    recuperando poi una pietra da terra e lanciandogliela dritta sul muso.

Per il drakon quello dovette essere abbastanza perché ruggì, sputando una scia di veleno.

- A  terra! – gridò qualche soldato dietro ai carri. Consiglio che Percy decise di non seguire.

Sofia aveva visto diversi soldati in azione ma non aveva mai visto Percy.

Il ragazzo rotolò a terra, facilmente via dalla scia di veleno, avvicinandosi al drakon abbastanza per poterlo colpire con la spada sulle scaglie del muso. Il rettile ruggì e Percy rotolò via ancora una volta, colpendo poi sotto al naso, alla zampa ancora una volta,    evitando con quella che sembrava estrema naturalezza, tutte le spruzzate di veleno.

Era talmente veloce mentre rotolava da una parte all'altra, colpendo un drakon sempre più infuriato, che Sofia aveva quasi difficoltà nel vederlo.

Il drakon era enorme. Alto, squamoso ed anche un po' puzzolente e lei aveva un'unica possibilità di riuscita per evitare di farsi ammazzare quindi spostò faticosamente lo sguardo via da Percy, saltando sulla zampa della bestia, scivolando sulle scaglie lisce e    ruvide e facendo perno col coltello e con la mano libera per evitare di cadere.

Il drakon si agitò, voltò il capo, cercandola sul suo fianco ma Percy dovette continuare a svolgere un buon lavoro perché l'odore rancido    del suo fiato si allontanò da lei, ruggendo poi verso la direzione dove doveva essere il figlio di Poseidone.

- Sei una lucertola in sovrappeso! – gridò Percy e, se non fosse stata in equilibrio precario, sospesa a chissà quale altezza dal terreno sul fianco di un rettile che non si capiva il perché stesse attaccando una città invece di sorvegliare una qualche sorta di  pozzo, magari (per dirne una), avrebbe anche riso.

Saltò sulla groppa del mostro, correndo velocemente verso il mostro, allargando le braccia mentre si muoveva per evitare di cadere. Il rettile ruggì, piegando il capo all'indietro, scuotendo il corpo infastidito e Sofia si lanciò verso una delle sue orecchie, aggrappandovisi con tutta la forza che aveva nella mano sinistra, sbattendosi contro le scaglie di pietra. I denti cozzarono gli uni    contro gli altri e sentì il sapore ferroso del sangue mentre il drakon scuoteva la testa. Allargò le gambe nel tentativo di potersi reggere il più possibile, cercando poi un'apertura tra le scaglie verdi dove infilare il coltello. Quando la trovò, affondò la lama nella pelle più incredibilmente morbida ed il drakon lanciò un urlo penetrante, così oltraggiato e ferito che quasi le distrusse il cuore, iniziando a muoversi come un ossesso.

Il velo le scivolò via da sopra il capo e lei spinse con entrambe le mani sull'elsa del coltello, spingendo la lama più in profondità. Sentì le frecce sibilare nell'aria, sbattendosi inutilmente contro la pelle del mostro che ruggì ancora, agitandosi e sputando veleno.

- Guardami, stupida lucertola! – urlò Percy, in modo talmente autoritario che, se Sofia non fosse stata troppo impegnata a non morire, avrebbe sicuramente ubbidito.

Ed il drakon dovette essere della stessa idea perché abbassò il muso.

Esattamente ciò che serviva a Sofia.

Estrasse il coltello con forza dalla pelle del drakon, che non ebbe il tempo di ruggire per il dolore perché Percy lo colpì ancora, concentrando la sua attenzione su di lui. Si spinse verso il suo muso mentre il drakon sputava veleno ancora una volta e lei imprecò, costretta ad aggrapparsi precariamente ad una delle scaglie per  evitare di venir lanciata via dal mostro a velocità massima. Gridò, appesa tra gli enormi occhi gialli del drakon che, a quel punto, non solo la sentiva ma l'aveva anche vista, iniziando a muovere la testa come un ossesso, impennandosi sulle zampe posteriori nel tentativo di disarcionarla. Sentì la scaglia del muso alla quale era spasmodicamente aggrappata, tagliarle il palmo della mano e conficcò  con forza il coltello sotto una seconda, piegando le gambe per  evitare di venir catapulta all'indietro mentre la bestia rimaneva    sollevata sulle zampe.

-  Guarda qua giù, stupido mostro! – urlò Percy e, qualsiasi cosa  dovesse aver fatto fu efficacie abbastanza perché il drakon ruggì ancora, piombando a terra con un tonfo.

Sofia si sbatté contro il muso di pietra, gridando per il dolore,  sputando sangue via dalla bocca prima di conficcare il suo coltello dritto nell'occhio giallo del drakon.

L'urlo fu straziante, ma lungo abbastanza perché Percy potesse saltagli dritto sulla mascella, conficcandogli la spada sul palato. Il drakon gridò ancora e mosse un altro paio di passi lenti, stentati, prima di cadere, in un tonfo, su un fianco.

Sofia, priva di forze, scivolò via da lui, rotolando priva di controllo, scontrandosi contro al muro di una casa lì vicino, stringendo con forza il coltello nel palmo della mano destra, ignorando il dolore della sinistra.

Un  boato si levò dalle file dei soldati micenei mentre lei si metteva a sedere. Vide gli uomini agitare lance, scudi, persino le faretre dei loro archi.

Sofia si voltò verso il drakon. Il corpo aveva perso il suo spessore, riducendosi in polvere ma la pelle era ancora a terra, le sue scaglie lucide e verdi riflettevano ancora la luce del sole. Un bottino di guerra.

- Annabeth! – esclamò Percy, piombando al suo fianco. – Stai bene? – domandò mettendogli le mani sulle spalle, controllandola con gli occhi concentrati e con le sopracciglia aggrottate nell'ormai familiare espressione preoccupata. – Tu sei pazza, Annabeth. Pazza da legare – esclamò, senza riuscire a nasconderle un sorriso. – Ma come hai fatto? Dove sei sparita? Come sapevi come ucciderlo?

Sofia sorrise, abbandonando il coltello al suo fianco. – La leggenda di Cadmo. Anche lui aveva ucciso questo drakon conficcandogli la lancia nella bocca ma serviva che la aprisse per il dolore e non per il  veleno.

Grazie per esserti  fidato di me e del mio piano suicida.

Ma non glielo disse. Si limitarono a guardarsi per un attimo, prima che Percy potesse notare fosse ferita. Le prese la mano sinistra, esaminandola. Oltre il sangue, Sofia non riusciva a vedere la profondità dei suoi tagli.

- Quando ero aggrappata alla scaglia del drakon – spiegò.

Percy annuì, – Forza, andiamo a cercare un po' di nettare ed ambrosia.

Micene però, prima che loro due potessero alzarsi, esplose in un nuovo grido.

Sofia sussultò, guardandosi attorno mentre Micene urlava di gioia, sbattendo le spade sugli scudi e le lance sul terreno, mentre i centauri galoppavano veloci in cerchio, gridando ed i satiri intonavano nuove melodie allegre ed incalzanti.

Sofia fece un piccolo sorriso, voltandosi verso Percy, distogliendo per un attimo l'attenzione da Micene in festa. – Prenditi i tuoi applausi! – esclamò, battendo le mani.

Percy si voltò di scatto verso di lei, osservandola con gli occhi verdi ed impenetrabili per la prima volta. – Per me? – domandò confuso.

- A Percy ed Annabeth! – esclamò Erasto, facendo voltare Sofia verso Micene in festa talmente velocemente che il collo le fece anche male. – Figli della Grecia ed uccisori del drakon!

Due ninfe corsero veloci verso di loro, sistemandogli delle corone di fiori colorati sul capo, portando con loro il profumo delicato della primavera.

Sofia sbarrò gli occhi, prendendo il coltello da terra prima di alzarsi  al fianco di Percy, pulendo poi la lama sporca sulla gonna del suo chitone e reggendosi con attenzione la corona sul capo.

Percy ritirò Anaklusmos, infilando poi lo stilo sotto la sua cintura mentre le ninfe ridevano, roteando su loro stesse e lasciando un sentiero di petali al loro passaggio.

Micene intonò i loro nomi in un unico coro e Sofia sbarrò gli occhi, senza riuscire a trattenere un sorriso mentre si guardava attorno. Era anche per lei. Micene urlava il suo nome. Urlava Annabeth.

Annabeth, figlia della Grecia ed uccisore del drakon.

Annabeth.

- È per noi, Sapientona, non solo per me! – esclamò Percy, prendendole la mano in un impeto di gioia e sollevandogliela in aria, facendo esplodere Micene in un grido ancora più poderoso.

Sofia sbatté gli occhi, talmente incredula che si passò il pugno libero sulle palpebre. C'era lei, davanti ad una città intera che gridava anche il suo nome.

- Ce lo siamo meritati, Sapientona! – sorrise Percy, voltandosi a guardarla con gli occhi luminosi. – Adesso preparati al banchetto più ricco della tua vita – esclamò euforico, senza lasciarle la mano e Sofia, mentre lo guardava, col cuore gonfio di sconosciuta  felicità, quasi scoppiò a ridere.

***

Erasto li aveva invitati per cena ed anche a trascorrere lì la notte prima di entrare al Campo Mezzosangue. Erano stati i due re stessi ad accoglierli durante un banchetto ufficiale, congratulandosi con Percy ed Annabeth, gli eroi di Micene. E tra carne, pasteli, pane e vini da tutto il Peloponneso, la popolazione di Micene li aveva coperti di regali e cibo che loro si erano visti costretti a rifiutare. Creekos non avrebbe potuto portare tutto quell'oro sulla sua groppa e,comunque, l'aiuto non necessitava di nulla in cambio. Anche se non erano riusciti a scampare ai doni di una donna che aveva sistemato al polso di Sofia un bracciale d'oro e una collana sul collo di ciascuno di loro due. Aveva anche tentato di regalare a Sofia dei trucchi fatti con l'oro e le more e, seppur la donna avesse finalmente ceduto, le aveva comunque colorato le unghie con una miscela luminosa.

La notte era già calata quando Erasto li aveva accompagnati da Creekos che,carico di mele ed altri cibi di ogni tipo, li aspettava fuori dal padiglione dove si era svolto il banchetto. Erasto, libero dall'armatura e dall'elmo sembrava addirittura più piccolo. Era più basso sia di lei che di Percy ma, nonostante il volto da furetto e dil sorriso perenne sulle labbra, aveva sempre gli occhi attenti di chi è abituato a vedere un bersaglio sulla schiena di chiunque gli passi davanti.

- Ancora sicuri di non voler rimanere? – gli domandò, mentre Percy dava una pacca sul collo di Creekos che nitrì, spingendo il muso    verso di lui prima di riprendere a mangiare.

- Grazie, amico mio, ma dobbiamo davvero andare. Siamo invitati a Roma per i giochi. È bene che partiamo dal Campo tutti assieme – gli rispose Percy, posandogli una mano sula spalla mentre sorrideva.

Erasto annuì. – Va bene, allora. Fate buon viaggio – poi si voltò verso di lei. – è stato un piacere conoscerti, Annabeth. Anche se avrei decisamente preferito in circostanze migliori di questa.

Sofia  fece un cenno col capo. – Anche io – poi, aggrappandosi alla criniera di Creekos, salì sul suo dorso.

Percy abbracciò il suo amico. – Stammi bene, amico mio e, se mai avrai bisogno di Sparta, sai bene che potrai contare su di me.

- E tu di me e Micene – rispose Erasto, lasciando andare Perseo che, agilmente, salì su Creekos dietro Sofia, allungando le mani oltre di lei per potersi tenere alla criniera del pegaso.

- A presto, Erasto. Hi-ya! – esclamò, dando una pacca al fianco di Creekos che, in un nitrito, iniziò a correre nella notte.

- Buon viaggio! – furono le ultime parole del figlio di Apollo, un attimo prima che il pegaso potesse spiccare il volo verso il cielo.

Era una fortuna che, oltre ai gioielli, qualcuno avesse anche pensato di regalargli dei veli. L'estate della Grecia era bollente ma in volo sul pegaso a velocità che Sofia non riusciva neanche a contemplare, faceva incredibilmente freddo.

Si legò il suo sul petto, stringendo le gambe attorno ai fianchi di Creekos per non cadere prima di sollevare il capo, guardandosi attorno. Il cielo era libero dalle nubi e ricco di innumerevoli stelle luminosissime. Sofia si soffermava spesso a guardare il cielo ma, dal volo del pegaso, sembravano un po' più vicine, più reali, creando davanti ai suoi occhi, uno dei disegni più stupefacenti che avesse mai visto, circondando una mezzaluna alta e brillante. Vide l'Orsa Maggiore che guidava i figli di Ermes, la massa luminosa e caotica della Via Lattea, la cintura di Orione e la costellazione    dei Gemelli Castore e Polluce. Era facile perdersi nel cielo. C'era sempre qualcosa di nuovo da osservare o qualcosa per cui valesse la pena tenere la testa alta e smettere di guardarsi attorno almeno un attimo.

- Sei sparita – la voce di Percy arrivò quasi attutita, un po' per la velocità di Creekos ed un po' per la sua distrazione.

- Come? – domandò Sofia, voltandosi abbastanza per poterlo vedere con la coda dell'occhio oltre la sua spalla.

- Sei sparita oggi. In battaglia contro quel drakon. Un momento c'eri ed il momento dopo non c'eri più. Come hai fatto? – le domandò. Non c'era una sfumatura accusatoria nella sua voce, tanto meno una qualsiasi forma di sospetto. Sembrava soltanto curioso e Sofia, riportando il capo davanti a sé, sollevandolo appena per poter continuare a guardare il cielo, pensò una spiegazione dovesse dargliela.

- Mio padre – mentì, – quando ero bambina, mi ha portato un dono dall'Oriente. Il dono di una regina ricevuto direttamente dalla.. – si leccò le labbra, abbassando il volto, – dea Atena. – Mezza verità.

Percy, dietro di lei, fischiò e le sue braccia le sfiorarono i fianchi, strappandole un brivido. – Una regina riceve un dono dalla dea Atena e lo da a tuo padre – poi, le parve quasi di sentirlo    sorridere. – Lo avevo detto io, Pericle fosse un grand'uomo.

Sofia guardò sotto di sé la Grecia che scorreva veloce. Se si concentrava, le pareva di riuscire a sentirne la consistenza della pelle abbronzata ed il suo profumo mentre l'abbracciava o le stava semplicemente vicino.

-Voleva tenerti tutta per sé – scherzò allora il ragazzo, irrigidendosi però dietro di lei, suggerendole un'affermazione che voleva però lasciare tra le righe.

Ci aveva pensato spesso nel corso della sua vita, al fatto che lei fosse arrivata ai piedi delle casa di Pericle avvolta da un velo che la rendeva invisibile e, da quel momento in poi, era stato tutto ciò che il padre aveva sempre tentato di fare, renderla invisibile. Nasconderla agli occhi di tutti, facendola vedere a pochi, pochissimi, limitati alla servitù. Non era mai stata abituata ad altro se non a nascondersi, ad essere vista solo dalla sua famiglia e, seppur non le fosse mai davvero pesato, l'emozione che aveva provato mentre Micene acclamava il suo nome (seppur fosse quello sbagliato), non avrebbe mai potuto dimenticarla.

- Lo usi spesso in battaglia? – le domandò, con la stessa curiosità genuina che le aveva palesato prima.

Sofia scosse la testa con un piccolo sorriso che lui non poté vedere. – Ricordi? Nascosta. Le prime battaglie che ho mai affrontato sono state da quando voi spartani avete gentilmente deciso di entrare nella mia vita.

In realtà, anche quella era una bugia. Le mura di Atene erano alte abbastanza da tenere fuori i mostri ed i figli di Apollo che facevano da vedetta avevano la mira perfetta per poterli fare fuori a colpi di frecce prima che potessero minacciare la città. C'erano stati però dei mostri che erano riusciti a valicare le mura ed altri che, invece, avevano razziato la polis abbastanza da costringere i guerrieri semidivini ad intervenire e lei, al fianco dei fratelli, col velo dell'invisibilità calato sul capo, aveva distrutto talmente tanti minotauri, segugi infernali e telchini da averne perso anche il conto.

Forse però mentire era qualcosa a cui stava diventando avvezza al punto tale da non rendersi neanche più conto di quando fosse il caso di smettere.

E, quasi, poté immaginarselo Perseo-Percy, mentre si grattava la nuca, rivolgendole un sorriso imbarazzato. – Quindi niente drakon cattivi sul suolo ateniese? – domandò il ragazzo e Sofia si irrigidì di colpo, corrugando la fronte.

Certo che non c'erano drakon sul suolo ateniese. I drakon sorvegliavano sempre qualcosa. Il drago Peleo sorvegliava l'albero delle mele d'oro ed adesso il Vello d'Oro del Campo e quello che li aveva attaccati a Micene, doveva essere a Tebe a sorvegliare un pozzo, non a chilometri di distanza. Non ad attaccare una popolazione intera senza proteggere nulla.

Era stato facile riconoscere il drakon che aveva affrontato Cadmo perché, nelle storie che raccontavano gli aedi, si dilungavano sempre nella descrizione degli occhi giallastri e le scaglie di un verde terribilmente bello e luminoso, in contrasto con la natura così cattiva della creatura.

Meno facile sarebbe stato capire il perché fosse a Micene e perché proprio in quel momento. Perché un drakon, protetto dal dio della guerra, attaccava una città-stato che, per altro, era alleata di    Sparta.

E c'era una sola spiegazione plausibile che non avrebbe mai potuto dire ad alta voce.

Non aveva senso che fosse stato il dio Apollo a lanciare l'epidemia su Atene quando, non appena aveva potuto, l'aveva avvertita non solo del pericolo imminente ma anche di come scongiurarlo. Ma non aveva neanche senso che il dio della guerra avesse rubato le frecce epidemiche di Apollo, visto che era uno dei peggiori crimini che gli dei potessero compiere. Ed allora, perché c'era un drakon a Micene, ad attaccare una città-stato alleata con Sparta, eterna protetta del dio della guerra, proprio quando c'era lei?

Ares voleva una guerra. Era plausibile. Ne era il dio ma sua madre, recitandole quella profezia e donandole il velo dell'invisibilità, le aveva suggerito di rimanere nascosta il più a lungo possibile. Era forse probabile che i desideri di Ares cozzassero con quelli di sua madre al punto tale da rischiare tutto rubando una freccia epidemica del dio Apollo, scoprendo l'oracolo di Delfi e scatenando una guerra tra Atene e Sparta?

-  Riesco quasi a vederti i pensieri vorticarti nella testa – sorrise Percy dietro di lei, strappandole un sorriso.

- Niente drakon cattivi, comunque – rispose Sofia, lasciando andare un sospiro. – Almeno, per adesso. È da un po' che sono fuori Atene. Sai com'è – lo prese in giro, accorgendosi di essere meno amara di quanto avrebbe pensato. Per la prima volta da quando pensava alla sua città ed alla sua gente, non sentì lo stomaco ribollire per la rabbia ed il fastidio d'essergli lontani. Come se fosse una condizione che, lentamente, iniziava a scemare sempre di più.

- Quale sarebbe stato il prossimo eroe di cui ci avresti raccontato? – le chiese poi il ragazzo a bruciapelo, spingendola a voltare il capo verso di lui il più possibile.

Per quanto la domanda fosse inaspettata, Sofia non era impreparata. Sorrise, lasciando che il velo potesse accarezzarle il viso mentre rispondeva. – Perseo.

Percy dietro di lei non trattenne uno sbuffo divertito. – Ma davvero?

Sofia annuì, affondando le dita tra i crini scuri del pegaso. – Davvero.

- Perché proprio lui come primo eroe?

Sofia scrollò le spalle. – Perseo.. conosci la sua storia? Perseo viene gettato in mare dal suo adorabile nonno, al tempo re di Argo perché, secondo una profezia dell'Oracolo di Delfi, lui sarebbe stato ucciso da suo nipote. Non riusciva ad avere figli, la moglie era morta ed    aveva riposto tutta la sua speranza nell'Oracolo che però non aveva predetto altro che la sua fine.

Percy, dietro di lei, sbuffò. – Oh miei dei. Ma non dovrebbero saperlo ormai che è inutile tentare di scappare alle profezie?

Lo stomaco di Sofia si strinse in una morsa. Erano umani. Erano fallibili. Un insieme di fragile terracotta che gli dei avrebbero potuto schiacciare con un solo dito quando avrebbero voluto.

Avrebbero sempre tentato di scappare o di trovare una soluzione. Era così che facevano e, dopo secoli, pur consapevoli della loro fallibilità, continuavano a non arrendersi.

Stupidi e caparbi.

Sofia non rispose alla domanda di Perseo, limitandosi a continuare il suo racconto. – In ogni caso, Acrisio, il re, fece rinchiudere sua figlia Danae in una cella per impedire che potesse mai avere figli. Ovviamente Danae..

- Era bellissima – la interruppe Percy, fintamente annoiato. Chissà perché, ogni volta che parlava, a Sofia sembrava di averlo più vicino. – E Zeus si è innamorato perdutamente di lei.

Sofia sorrise, lanciando istintivamente uno sguardo al cielo ricoperto di stelle. Non che al padre degli dei dovesse comunque qualche favore visto che la sua famiglia era stata sterminata, lei quasi violata e si ritrovava a mentire continuamente per poter far finta di sopravvivere. – Esatto. Ma non indovinerai mai come ha fatto ad entrare in una cella interamente bronzo e sorvegliata da guardie in ogni istante.

Quasi poté immaginarsi la fronte di Percy corrugarsi mentre ragionava, accarezzandosi la nuca come se lo aiutasse a pensare. – Si è trasformato in un un insetto?

- No.

- Un uccello?

- No.

- Per Poseidone! Un topo?

Sofia sorrise, scuotendo la testa. – Meglio ancora. Si è trasformato in un fascio di luce.

- In un fasci.. oh dei onnipotenti – borbottò qualcosa a proposito di una pazzia latente e secolare prima di esortarla a continuare con un sospiro comicamente rassegnato.

- Acrisio decide allora di metterli dentro una scatola di legno ma Danae prega Zeus che ha pietà di lei e del suo bambino appena nato e li fa approdare in una terra governata da un re chiamato Polidecte.

Percy sospirò ancora. – Tanto lo so che le cose si mettono male.

Sofia gli diede un colpetto al braccio. – Aspetta! Tua madre non ha scelto il nome Perseo perché è l'unico semidio che ha una fine felice?

Percy sbuffò. – Certo. Ma ciò non esclude che abbia sofferto tutte le pene dell'Ade prima di essere felice.

Sofia sorrise. – Quelle, Era le ha riservate solo ad Eracle.

- Povero Eracle – sospirò Percy mesto, dietro di lei.

- Ovviamente, quando Polidecte vede Danae, che è bellissima, la vuole sposare –. Percy sollevò le braccia in aria per la frustrazione ma Sofia gli chiuse i polsi tra le dita, riportandolo sul collo di Creekos con un sorriso, trattenendo una risata. – E crede che    Danae possa cedere facilmente ma, dopo diciassette anni, non solo Danae continua a snobbarlo, ma Perseo è diventato un giovane e    fortissimo guerriero, che protegge la madre a vista d'occhio. – Percy non trattenne un verso compiaciuto e Sofia sbadigliò, sbattendo le palpebre un paio di volte. Il volo di Creekos la    cullava con la stessa dolcezza del suo mare ad Atene, il velo la proteggeva dal vento ed il corpo di Percy, vicino al proprio, dal freddo dell'aria e della notte. – Fino a che Polidecte non decide che l'unico modo per avere Danae è quello di sbarazzarsi di Perseo e ci riesce eccome. Perseo era giovane, forte, orgoglioso ed era anche un semidio. E noi abbiamo sempre la necessità assurda di far vedere alla Grecia quanto valiamo.

Sentì Percy sollevare le spalle dietro di lei. – In realtà, io sarei volentieri rimasto a Tebe con mia madre ad arare i campi – esitò e Sofia aspettò perché l'aveva capito avesse altro da dire. – Se potessi, farei di tutto per non essere una pedina nelle mani degli dei – si fermò ancora una volta, come se lui stesso stesse tentando di pesare le sue parole. Poi lo sentì sorridere. – Continua, su. Altrimenti non finisci più.

Sofia scrollò le spalle, allargando abbastanza le braccia perché potesse toccare quelle di Percy. – Durante una cerimonia dove venivano raccolti regali per una principessa di un regno vicino, Polidecte sfida Perseo. Lui era povero. Non aveva niente a parte sua madre e    Polidecte decide di umiliarlo, di prenderlo in giro perché non aveva alcun regalo per lui.

Percy si agitò dietro di lei, talmente tanto da spingerla a voltarsi verso di lui il più possibile solo per assicurarsi andasse tutto bene. E quando si girò, tenendosi con una mano ai crini di Creekos per non cadere, gli occhi del ragazzo erano scuri ed arrabbiati come non li aveva mai visti. Come se fosse stato lui il Perseo figlio di Zeus che fronteggiava un prepotente che si approfittava della sua condizione.

Si chiese quanti Polydecte Percy avesse dovuto affrontare nella sua  vita. – Perseo era il guerriero più forte dell'intera Sefiro. Tutti dicevano gli avrebbe portato il regalo più bello di tutti ed il giovane Perseo ci casca con tutti i calzari perché, dopo aver giurato sullo Stige..

- Oh no – mormorò Percy.

Sofia annuì. – Già. Polidecte gli chiede la Testa di Medusa.

Percy trattenne il fiato. Quella parte di storia di Perseo la conoscevano tutti, eppure pareva sentirla per la prima volta tanto era coinvolto. – Polidecte è pazzo.

Sofia sorrise, intrecciando le dita nella criniera di Creekos. – Perseo, costretto ad una sfida impossibile, si reca sulla cima di una collina e prega suo padre Zeus che invia in suo soccorso, Ermes con dei doni magici, un elmo dell'invisibilità, un sacco per mettere dentro la testa di Medusa e dei calzari alati.

Percy, dietro di lei, rabbrividì. – Che orrore.

Sofia sorrise. – Cosa? I calzari?

- Già. Io odio volare.

Sofia corrugò la fronte, voltandosi nuovamente verso di lui perché, o era pazzo e non si era accorto di essere sospeso a chissà quale altezza sopra un pegaso o aveva semplicemente preso un colpo troppo forte alla testa durante la battaglia di quel pomeriggio. – Percy. Tu stai volando. – Scandì bene le parole. – Proprio adesso.

Il ragazzo sorrise, serrando la presa attorno a lei mentre rimaneva voltata verso di lui. – Ma sono su un pegaso che è stato creato da mio padre. È una sorta di compromesso.

Sofia ci pensò un secondo e dopo aver deciso avesse senso, si sedette nuovamente composta. – Dopo essere andato dalle sorelle Grigie ed averle convinte a farsi indicare la strada per il covo di Medusa e le armi che gli sarebbero stati utili per combattere, con una nuova spada e l'Elgida, della dea Atena, era finalmente pronto a tagliare la testa alla Gorgone. – Sofia sbadigliò, tentando inutilmente di lottare contro i muscoli del corpo che si rilassavano lentamente. – E quando arriva nel covo del mostro, ciò che nessuno gli aveva detto era che Medusa fosse incinta.

Percy sobbalzò talmente improvvisamente che per poco non la fece rotolare giù da Creekos per lo spavento. – CHE COSA?!

Sofia lo fulminò con lo sguardo, sedendosi poi nuovamente bene, sbattendo le palpebre un paio di volte. – Be', la rivalità tra Atena e    Poseidone è iniziata con Medusa in fin dei conti. Loro erano amanti  e si incontravano nel tempio di mia.. di Atena – si corresse velocemente, mordendosi la lingua, portandosi una mano al petto.

Il cuore le batteva all'impazzata. Possibile che stesse per fare un errore così grossolano?

- Si – fece Percy, senza fare caso all'orlo della catastrofe che aveva appena sfiorato Sofia. – Sapevo fossero amanti e che Atena avesse punito Medusa con lo sguardo di pietra ed i capelli di serpenti ma non avevo idea fosse incinta, che fosse stata maledetta fino a quel punto.

Sofia corrugò la fronte, stringendo i pugni.

Non era un dettaglio sul quale le piaceva soffermarsi. Atena era sua madre eppure non aveva mai sentito nessuno più distante di lei. Atena era sua madre, eppure aveva maledetto una donna che, come unica colpa, aveva quella di essersi innamorata di uno stupido dio, a non poter mai mettere alla luce suo figlio.

- è per quello che Perseo esita, comunque. Guardarla dal riflesso dell'Egida e vedendo quanto fosse brutta, l'unica cosa che prova è solo tanta pena, non paura e Medusa, a quel punto, si sveglia. Riesce a decapitarla un attimo prima che possa ucciderlo con i suoi    artigli.

Percy, dietro di lei, trasalì come se quella testa l'avesse appena tagliata lui e Sofia mosse le braccia, quasi impercettibilmente, perché fossero ancora più vicine a quelle del figlio di Poseidone.

- E, dal cadavere di Medusa..

Creekos mosse la testa, nitrendo e Percy per poco non la sbalzò via dal suo dorso per una seconda volta. – CHE COSA?!

Sofia rise. – Immagino ti abbia detto Pegaso sia appena nato.

Creekos continuò a muovere il muso nitrendo ilare.

Percy fece un verso di disgusto talmente forte dietro di lei che Sofia quasi scoppiò a ridere. – Ma che schifo.

A quel punto, il nitrito del pegaso sotto di loro si fece improvvisamente più minaccioso.

- Lo so, bello – fece Percy, dando un paio di pacche al collo del pegaso, – ma è una nascita davvero disgustosa.

Sofia sorrise, gli occhi pesanti mentre si sistemava meglio sul dorso di Creekos e contro al petto di Percy. A quel punto, era talmente    stanca che era l'unico modo per riuscire a dormire un po'. – Ed ecco a te la storia di Perseo. Con la forza bruta non avrebbe ottenuto niente se non una bella statua per il giardino di Polidecte ma è stato più saggio.

- È nato tutto da un conflitto, però. Da un capriccio degli dei.

Sofia sollevò le spalle, sbattendo le palpebre pesanti. – Atena e Poseidone litigano, si contendono Atene prima che fosse Atene e quando ci sarebbe stato da punire un dio, viene punita solo la mortale. La guerra di Troia, la più grande mai registrata nella nostra storia, nasce per un conflitto tra gli dei. Eris non viene    invitata ad un banchetto e quindi, a chi va il pomo dorato se non alla dea più bella? – sbadigliò. – Ma la guerra di Troia è terminata. Voi spartani avete vinto e, anche questa volta, è stato grazie all'intelletto. Grazie ad Ulisse che ha capito che mille spade non avrebbero potuto niente contro le mura di Troia. La conoscenza è tutto ciò che ci rimane. Quello che studiamo, che impariamo, ciò che abbiamo nella nostra testa non potrà mai portarcelo via nessuno. Neanche gli dei – provò a scacciarsi il sonno dagli occhi con i pugni, senza sortire alcun tipo di effetto. – Ed è così che vinciamo le guerre e vinciamo anche gli dei. Perché qualcosa la conosciamo anche noi ed è esattamente ciò che    ci rende indispensabili per loro. – Sbadigliò. – Ed anche migliori –. Si aggiustò naturalmente contro al petto di Percy che allargò le braccia per permetterglielo, prima di stringergliele    attorno al corpo ancora una volta, tenendosi con le mani alla criniera di Creekos. In un contesto normale, quello non sarebbe mai    successo ma Sofia era stanca e stavano viaggiando a chissà che stratosferica velocità. – Mi svegli tra un po'? Facciamo i turni così puoi riposare anche tu – mormorò, chiudendo lentamente gli occhi.

- Certo – rispose Percy ma Sofia si addormentò prima di riuscire a farglielo giurare sullo Stige. Una parte di lei sapeva non l'avrebbe mai svegliata.    


Angolo Autrice:

Ma ciao fanciullini miei!

Aggiorno adesso perché, chi lo sa che mi segue già da tempo, oggi è il mio compleanno! è il 5 giugno e compio 22 anni. Era secoli che aspettavo questo momento perché, finalmente, potrò dedicarmi 22 di Taylor Swift senza ritegno ed ascoltarla tutto il giorno.

Poi, tralasciando il fatto che ho due esami di mattina, la sera posso comunque godermela con i miei amici ahahhaa In ogni caso, tornando al capitolo, è importantissimo, raga. Ma proprio fondamentale.

Prima di tutto, abbiamo un primo scorcio di Percy che combatte che lascia Annabeth assolutamente esterrefatta e poi, possiamo parlare del momento stupendo su Blackjack/Creekos? Cioè, non riesco manco ad essere super partes perché ho amato scrivere di Percy ed Annabeth così, amato alla follia. Ovviamente, ci sono tanti piccoli dettagli da non sottovalutare per cui, scrivetemi quali pensate siano, se avete voglia, che suggeriscono quanto Annabeth stia piano piano cambiando ehehehe

Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto tanto quanto è piaciuto a me scriverlo.

Vi ringrazio tanto per tutto l'amore che mi date.

Vi voglio bene,

Eli:)

P.s. ci sono un sacco di motivi per cui amo il mio compleanno ed uno dei principali è che, coincidenza vuole, lo condivida con un sacco di cose che amo. Federico Garcia Lorca (uno dei miei poeti preferiti) è nato il 5 Giugno del 1898, un secolo esatto prima di me; Rick Riordan, che ha regalato a me ed a tutti voi Percy, è nato il 5 Giugno del 1964 (anno di nascita di mia mamma); Mulan, il mio cartone preferito in ASSOLUTO, è uscito il 5 Giugno del 1998, esattamente quando sono nata io; e Teen Wolf, il mio primo amore per quanto riguarda le serie televisive, è uscito il 5 Giugno del 2011. Avrebbero anche dovuto fare una reunion oggi ma è stata giustamente rimandata a seguito degli avvenimenti drammatici in America.

In ogni caso, piccole coincidenze che rendono il mio compleanno proprio speciale per me e che mi andava di condividere con voi adesso.

Ora concludo sul serio.

Vi voglio bene!

P.p.s. missa dovrò anche cambiare la bio, o no?

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