All That Matters

By SpreadYourWingsEFP

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SEQUEL DI "THE WORDS I NEVER TOLD YOU" «Tu la ami?» gli chiese in tono innocente. Vidi il ragazzo leccarsi le... More

Introduzione
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Epilogo

Capitolo 26

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By SpreadYourWingsEFP

NB: Se potete (e soprattutto volete) quando nel capitolo viene citata una canzone, ascoltatela mentre leggete :)

~

28 Ottobre 2017, Los Angeles.

Dal momento che, quando eravamo andati a mare quella mattina, gli altri ragazzi avevano visto me ed Harry ridere e scherzare, abbracciarci e ad un certo punto persino baciarci in acqua - Niall ci aveva interrotti con un fischio che ero sicura avessero sentito per tutta Malibù, mostrandoci i pollici in su quando ci eravamo voltati verso di lui - nessuno si sorprese o fece domande quando Harry annunciò che io e lui saremmo andati al Long Beach music festival per conto nostro e non nelle macchine insieme agli altri.

Durante il mini torneo di lotta sulle spalle che avevamo organizzato insieme a Rachel e Liam e Louis ed Elise - a vincere erano stati questi ultimi - Harry mi aveva infatti detto che prima di andare a Long Beach mi avrebbe voluto mostrare qualcosa; non avevo chiesto di cosa si trattasse poiché sapevo che non avrei ricevuto risposta, quindi avevo semplicemente accettato.

Era ormai tardo pomeriggio quando, dopo aver fatto una doccia ed aver infilato una top ed una gonna lunga e leggera e, sotto ad essi, di nuovo un costume - «E' una festa in spiaggia, il costume è d'obbligo!» era stata la risposta di Rachel quando le avevo chiesto cosa indossare - raggiunsi Harry nel cortile della villa per trovarlo a bordo di un'auto decappottabile bianca, occhiali a coprirgli il viso e capelli ancora bagnati dalla doccia.

Aveva guidato per circa mezz'ora per una strada che costeggiava il mare superando ogni limite di velocità esistente, ed ero sicura che se avessimo incontrato la polizia sulla strada gli avrebbero ritirato direttamente la patente senza nemmeno permettergli di aprire bocca. Per questo tirai un sospiro di sollievo quando arrivammo in un centro abitato, percorrendo un lungo viale costeggiato da ville dall'aria piuttosto costosa; solo dopo un altro quarto d'ora svoltò nel vialetto di una di queste ville, fermando l'auto sulla ghiaia che conduceva a quello che doveva essere il portone del garage. Pensai che volesse aprirlo e portare la macchina all'interno, invece spense semplicemente il motore e tolse le chiavi, riponendole nella tasca dei jeans che indossava - «A che mi serve il costume? Se voglio fare il bagno posso farlo con i boxer.» mi aveva risposto quando gli avevo chiesto del suo abbigliamento - mentre scendeva dall'auto.

«Vieni.» mi esortò, facendomi segno con la testa di seguirlo verso il vialetto che conduceva all'entrata della villa.

Chiusi velocemente la portiera alle mie spalle e corsi per qualche metro per raggiungerlo, poggiando la mano sulla sua schiena per aggrapparmi alla sua camicia sbottonata, la quale copriva una maglietta bianca a mezze maniche.

«Dove siamo?» cominciai con la domanda più facile tra quelle che avevo in testa.

Il suo braccio si avvolse intorno alle mie spalle mentre mi rispondeva.

«Beverly Hills. - con la mano libera si aggiustò gli occhiali, poi si voltò verso di me per rivolgermi un sorriso - Precisamente, a casa di Connor e Meredith.»

Sollevai le sopracciglia, spostando nuovamente lo sguardo sull'enorme villa. Era meravigliosa, senza ombra di dubbio, ma se avevo capito bene e la coppia non aveva figli e ci viveva da sola, non era un po' troppo grande solo per loro due?

«E che ci facciamo qui?» chiesi ancora.

«Devo prendere una cosa.» rispose vagamente, il sorriso ancora fisso sulle sue labbra.

Non gli feci altre domande, anche perché non ne avrei avuto il tempo: non appena arrivammo davanti alla porta d'ingresso, infatti, non dovemmo neanche preoccuparci di bussare, poiché la donna dai lunghi capelli castani che avevo visto il giorno prima al molo ci accolse subito con un grande sorriso sulle labbra.

«Harry, Eveline, ciao! - fummo costretti a separarci quando Meredith strinse prima me e poi Harry in un abbraccio - Che piacere vedervi insieme.»

Proprio come il giorno prima, alle parole della donna aggrottai leggermente le sopracciglia: ero ormai abbastanza sicura che Harry le avesse raccontato qualcosa riguardo me e noi due in generale, perché altrimenti non si spiegava la sua reazione di quando ieri mi ero presentata oppure la familiarità con cui mi si era rivolta ora.

E, proprio come il giorno prima, appena annusò quella troppa familiarità, Harry intervenne e fece un passo avanti come per mettere una distanza tra me e Meredith, spingendo la donna verso l'interno della casa.

«Si, si, anche per me è un piacere vederti. - disse frettolosamente, facendomi segno con la mano di seguirlo all'interno della casa - Dov'è Connor?»

«Nel suo studio, sta sviluppando le foto del photoshoot di ieri di qualche cantante.» rispose la donna.

«Okay, lo raggiungo che andiamo di fretta. - disse guardando l'orologio che aveva al polso, poi sollevò lo sguardo verso di me e mi porse una mano - Eve?»

Feci appena un passo per affiancarmi a lui e cominciai ad alzare la mano per raggiungere la sua, quando Meredith si mise nuovamente in mezzo tra noi due.

«Non preoccuparti, tu vai. Noi ti aspettiamo qui.» propose, un sorriso enorme sulle sue labbra.

Tuttavia il suo entusiasmo creò un grande contrasto con l'espressione quasi spaventata e sicuramente contrariata di Harry.

«No, vuole venire con me. - superò Meredith per afferrare saldamente la mia mano - Giusto Eve?»

Non ebbi neanche il tempo di aprire bocca.

«Andiamo, non essere un rompipalle! Vai a fare quel che devi fare, io mi occupo di lei.»

«Non ce n'è biso...»

«Harry.»

I due si guardarono per un tempo che parve infinito, entrambi convinti a non essere il primo a cedere: era chiaro dalla mascella serrata e dalla piccola ruga tra le sopracciglia di Harry che Meredith stesse testando pericolosamente la sua pazienza, ma il sorrisetto furbo sulle labbra della donna mi fece capire che quella non era la prima volta che discutevano o che volessero entrambi affermare la propria idea.

In ogni caso, situazione normale oppure no, decisi che fosse meglio intervenire.

«Vai, ti aspetto qui.» dissi ad Harry, nel tono più conciliante che mi riuscì.

Lui si voltò di scatto verso di me, guardandomi come se fossi impazzita.

«Devo solo chiedere a Connor di darmi una cosa, puoi venire con...»

«Non preoccuparti. - lo interruppi, districando la mia mano dalla stretta della sua - Posso rimanere sola per un paio di minuti.»

Il sorriso rassicurante che gli rivolsi sembrò tranquillizzarlo un po'; non avevo idea del perché fosse così restio dal lasciarmi da sola con Meredith, ma sinceramente non ero nemmeno sicura di volerlo sapere.

«Okay. - si arrese infine, sospirando prima di rivolgersi a Meredith - Ci metto solo un paio di minuti. Un paio. Poi torno di nuovo qui.»

Ignorai anche il fatto che quelle ultime frasi sembrassero avvertimenti più che semplici affermazioni; invece, non appena lui sparì lungo un corridoio, mi voltai verso la donna.

«Allora, Eveline. - esordì, sedendosi su uno sgabello nella cucina e invitandomi con una mano a fare lo stesso - Vuoi qualcosa da bere?»

«No, grazie mille. - ricambiai il suo sorriso, ma non ci voleva un genio per capire che fosse molto più tirato e forzato rispetto al suo - Bella casa.»

«Grazie. Harry ha una stanza tutta per sé al secondo piano, visto che fino a qualche mese fa passava molto tempo qui.»

«Si, me l'ha detto.»

In realtà della stanza proprio per lui me ne avevano parlato le ragazze, ma Harry comunque mi aveva detto che era solito passare parecchio tempo in quella casa.

«Ovviamente se vuoi portare qualcosa di tuo per lasciarlo qui non ci sono problemi. - a quelle parole ricatturò interamente la mia attenzione, portandomi a sollevare le sopracciglia - Sei la benvenuta.»

...Okay, questo era imbarazzante.

«Ehm, grazie mille, davvero, però... - mi schiarii la gola - Però non credo che verrò spesso qui a Los Angeles. Cioè, ora ci sono venuta per un viaggio insieme agli altri, ma altrimenti normalmente io lavoro e non...»

«Si si, lo so che hai un lavoro fisso e, lasciatelo dire, a ventitré anni questa non è una cosa da poco. - normalmente mi sarei stupita del fatto che sapesse anche quelle informazioni, ma arrivati a quel punto mi chiedevo se c'era qualcosa di me che non sapesse già - Era solo per dire. Considero Harry come un nipote, e Dio solo sa quanto quel ragazzo abbia fatto a me e Connor una testa enorme su di te, quindi ora sono contenta di aver finalmente conosciuto la leggendaria Eveline.»

Lei ridacchiò a quelle parole ed io mi costrinsi a fare lo stesso, ma abbassai lo sguardo mentre le ripetevo ancora e ancora nella mia mente.

Così Harry aveva parlato di me e di noi due anche a Meredith e Connor. Con Emily l'aveva fatto per sfogarsi, ma con loro perché? Per chiedere consiglio?

Probabilmente il fatto che fossero più grandi di noi gli aveva fatto pensare che avrebbero potuto aiutarci, e chissà se qualche consiglio che gli avevano dato aveva effettivamente avuto successo oppure no.

«Eveline.»

Sbattei più volte le palpebre e sollevai lo sguardo, voltandomi verso il corridoio quando sentii la voce di Harry provenire proprio da quel punto; infatti, lo vidi farmi cenno con la mano di raggiungerlo lì.

«Già fatto? - dissi, più a me stessa che non a qualcun altro; mi voltai poi verso Meredith - Anche a me ha fatto piacere conoscerti.» le dissi, riprendendo il filo del discorso.

La donna mi rivolse ancora un altro sorriso e a quel punto constatai come, nonostante fosse un po' ficcanaso, l'allegria che Meredith riusciva a diffondere naturalmente la rendeva comunque una persona in cui era facile riporre la propria fiducia.

Ci salutammo un'ultima volta prima che raggiungessi Harry, seguendolo lungo il corridoio ed incrociando per la strada anche Connor, che salutammo velocemente prima di scendere le scale verso un piano interrato.

Non appena passammo una porta, Harry toccò il muro alla ricerca dell'interruttore facendo sì che la stanza si illuminasse, rivelando un garage in cui erano parcheggiate un fuoristrada, un'auto sportiva e una berlina, giusto per essere sicuri che non mancasse nulla. Lo seguii mentre si addentrava nel grosso spazio, avvicinandosi poi ad uno sportellino e aprendolo per recuperare un paio di chiavi.

«Eveline, ti presento Dana. Oppure Trisha. O Wilma. - scosse la testa divertito - Non mi ricordo mai come cazzo la chiamo, quindi ogni volta le do un nome diverso.»

Il suo impaccio momentaneo mi fece ridere, nonostante non avessi la più pallida idea di chi stesse parlando.

Tutto però mi fu più chiaro quando tirò via un grosso telo grigio, sollevando un po' di polvere mentre scopriva quella che si rivelò essere una motocicletta.

«Però. - mi avvicinai, sfiorandola con le dita - E' tua?»

Harry annuì fiero.

«La tengo qui perché non ho dove altro metterla. - spiegò, scrollando le spalle - Non posso portarla a Londra, altrimenti a mia madre verrebbe un infarto.»

Risi al tono convinto con cui parlò, afferrando poi uno dei due caschi che pendevano dal manubrio.

«Mi porteresti a fare un giro?» gli chiesi, piegando leggermente la testa di lato mentre lo guardavo.

«Questa era esattamente la mia intenzione.» rispose, facendomi un occhiolino.

Mi passò anche il secondo casco prima di afferrare il manubrio, gettando una gamba dall'altro lato della motocicletta prima di togliere il cavalletto ed inserire le chiavi. Il motore rombò per tutto il garage, il suono rimbombò tra le pareti facendo sì che si amplificasse ancora di più; aprì con un telecomando il cancello del garage e mi disse di aspettarlo fuori, così mi avviai verso l'esterno mentre lo lasciavo allo slalom tra le auto costose per poter uscire da lì dentro senza commetter danni.

Quando mi raggiunse sul ciglio della strada poggiò i piedi a terra e raddrizzò la schiena, io gli passai uno dei caschi mentre indossavo il mio. Nel frattempo osservai quell'immagine per me così inedita di Harry su una motocicletta e dovetti costringermi a tenere a freno gli ormoni: io lo consideravo sexy anche quando guidava normalmente, ma non potevo negare che vederlo su una moto faceva tutto un altro effetto.

«Allora? Ti sei incantata?»

Sbattei più volte le palpebre prima di focalizzarmi sul sorriso furbo che gli curvava le labbra, ovviamente consapevole dei miei pensieri rimasti inespressi.

«No, ci sono.»

Poggiai una mano sulla sua spalla mentre lui tornava a stringere il manubrio, sollevando la gonna lunga per far sì che non rimanesse impigliata da qualche parte mentre salivo sulla motocicletta alle sue spalle e avvolgevo subito le braccia intorno al suo bacino.

«Pronta?» domandò, la voce camuffata dal grosso casco.

Strinsi la sua maglietta tra le dita e mi avvicinai a lui il più possibile, annuendo infine per dargli la mia conferma. Harry a quel punto non aspettò altro prima di partire, accelerando nelle strade di Los Angeles con il tramonto che faceva da sfondo all'orizzonte.

*

Trovare gli altri nel casino del festival si rivelò essere un'impresa, così come lo fu anche il riuscire a non perdersi mentre camminavamo tra la folla: per questo, ad un certo punto, avevamo deciso di dividerci e andare in giro ognuno per conto proprio, mettendoci d'accordo sul sentirci poi più tardi per poterci ritrovare per tornare insieme alla villa.

Il lungo stradone che costeggiava la spiaggia era stato chiuso al traffico per poter montare dei palcoscenici, su cui band e cantanti per lo più poco conosciuti si succedevano senza sosta per poter intrattenere il pubblico e farsi conoscere a quello che era considerato uno dei festival più importanti di tutta la California; tra un palco e l'altro, poi, erano stati allestiti numerosi stand, alcuni adibiti alla vendita di souvenirs, bigiotteria e capi d'abbigliamento, altri invece alla vendita di roba da mangiare di tutti i tipi. La spiaggia, invece, pullulava di falò, bar arrangiati che per lo più vendevano alcolici, tende in cui alcuni avrebbero passato la notte e gente che ballava al ritmo della musica che riempiva tutto il lungomare di Long Beach.

Gli altri ragazzi, per evitare di farsi vedere in giro e rischiare così di essere riconosciuti da eventuali fans, avevano deciso di passare la serata sul retro dei palcoscenici, in cui la strada era stata trasformata in una sorta di privée per le celebrità ma resa molto simile alla parte aperta al pubblico, piena quindi di stand di vario tipo. Dal momento che però i fans già sapevano che Harry era a Los Angeles, dopo la prima mezz'ora passata nel lato privato avevamo deciso di spostarci nella parte in cui la festa era più viva ed il vero festival stava avendo luogo. Tutto ciò, però, non prima che Harry indossasse uno snapback verde e giallo che, secondo lui, lo avrebbe "aiutato a mischiarsi tra la folla e a non essere riconosciuto". Avevo voluto ridergli in faccia non appena mi aveva dato questa motivazione, ma il fatto che con un semplice snapback sulla testa fosse ancora più bello del normale mi mise a tacere.

Dopo aver passeggiato lungo i vari stand d'abbigliamento e bigiotteria ed esserci fermati per un po' a guardare qualche band che ci era piaciuta, ci ritrovammo in una parte del viale in cui su ogni stand era presente una bandiera di un qualche paese in giro per il mondo e, quando ci avvicinammo, ci rendemmo conto che si trattava di stand in cui era possibile provare i piatti tipici di ogni paese.

«Assaggia, è buono.» disse Harry, la bocca ancora piena del cuscus che gli era appena stato dato dall'uomo marocchino dietro il bancone.

Raccolse un altro po' di riso sul cucchiaio, avvicinandolo alle mie labbra invece che alle sue per lasciare che provassi l'ennesimo piatto tipico della serata.

«E' buono. - confermai annuendo, leccandomi le labbra una volta aver ingoiato - Ma la paella spagnola mi è piaciuta di più.»

Gettò il piatto vuoto nell'apposito contenitore, roteando gli occhi al cielo.

«Questo conferma come tu di cucina non ne capisca assolutamente nulla.» mi accusò, cercando di trattenere un sorriso mentre riprendeva a camminare.

Spalancai la bocca, offesa da quell'insinuazione.

«Detto da qualcuno che preferisce il foie gras alle fajitas, questo commento diventa il più stupido che io abbia mai sentito.» ribattei, tenendo il suo passo.

Lui sollevò le sopracciglia con aria divertita.

«Se avessi bevuto il vino insieme al foie gras, non ti avrebbe fatto così schifo.»

«Lo sai che il vino non mi piace.»

«Peggio per te, ti perdi parecchio.»

«Sopravviverò senza vino e foie gras, ne sono sicura.»

Harry rise, scuotendo la testa quando capì che non l'avrebbe avuta vinta in quel battibecco.

«Che vuoi fare? Provare il churrasco o qualcos'altro?»

Arricciai le labbra mentre ci pensavo qualche secondo, guardandomi intorno mentre osservavo i vari stand; tuttavia, ciò che attirò la mia attenzione fu l'ammasso di gente appostata sotto al prossimo palco che avremmo raggiunto, e solo quando mi concentrai sulla canzone che stava venendo suonata e cantata ne capii il motivo.

Mi bloccai di colpo e mi voltai verso il ragazzo al mio fianco, vedendolo aggrottare le sopracciglia quando spalancai gli occhi.

«Harry ti prego, andiamo lì!»

Indicai con un dito il palco poco distante, un po' più grande rispetto agli altri e l'unico ad affacciare completamente sulla spiaggia.

Harry si voltò nella direzione da me indicata e rimase in ascolto per qualche secondo, poi sorrise.

«Andiamo.» disse, poggiando una mano dietro la mia schiena per guidarmi verso la spiaggia.

Improvvisamente mi sentii come una bambina il giorno di Natale, emozionata al solo pensiero di vedere uno dei miei gruppi preferiti in assoluto. Io e Louis, in passato, li avevamo visti numerose volte in concerto a Londra, così come li avevo visti anche una volta a New York, ma, beh, dei Coldplay non ci si stanca mai, no?

Affondai i piedi nella sabbia senza preoccuparmi di sfilare i sandali, ma non mi fermai nemmeno quando sentii Harry imprecare per il fatto che lui indossasse delle scarpe da ginnastica che nella sabbia si sarebbero ovviamente rovinate; afferrò il mio polso per non perdermi tra la folla quando cercai di avvicinarmi almeno un po', nonostante fosse impossibile superare il mare di gente. Una volta soddisfatta mi fermai, sentendo Harry finirmi addosso per la frenata improvvisa ma non importandomi neanche di quello; invece, lasciai scivolare in automatico la mia mano nella stretta della sua e feci in modo da intrecciare le nostre dita, sollevando la mano libera in aria per unirmi al resto della folla che cantava a squarciagola.

'Cause you're a sky, cause you're a sky full of stars

I'm gonna give you my heart

'Cause you're a sky, 'cause you're a sky full of stars

'Cause you light up the path

Mi girai tra le sue braccia, vedendo subito un sorriso aprirsi sulle sue labbra che si muovevano esattamente come le mie e come quelle di chiunque altro lì intorno. Poggiai una mano dietro il suo collo e cominciai a muovere i fianchi al ritmo della musica, camminando all'indietro mentre lo trascinavo più in mezzo alla folla; lui mi seguì senza opporre resistenza, la sua mano libera dalla mia aveva una presa salda sul mio fianco prima che si spostasse sulla mia schiena, avvicinando il mio corpo al suo.

I don't care, go on and tear me apart

I don't care if you do

'Cause in a sky, cause in a sky full of stars

I think I see you

Un sorriso enorme era fisso sulle labbra di entrambi mentre continuavamo a muoverci, cantando e ballando e divertendoci senza nessun altro pensiero nella testa: in quel momento sentii la mia mente leggera, libera, e se solitamente una sensazione del genere si prova quando si è ubriachi, io la stavo provando semplicemente grazie alla musica che riempiva l'aria e alla persona con cui stavo. E quello, senza ombra di dubbio, era il mio modo preferito di sentirmi libera e spensierata.

Harry avvicinò le labbra al mio orecchio ed io chiusi gli occhi, mordendomi le labbra per evitare che il mio sorriso esplodesse quando sentii le parole della canzone da lui mormorate solo per me.

Because you're a sky, you're a sky full of stars

Such a heavenly view

You're such a heavenly view

In quel momento il battito del mio cuore sembrò quasi sovrastare la batteria della musica dal vivo, facendomi provare quella sensazione di completezza e felicità incontrollata che da tempo non provavo. Almeno per una volta, la mia mente ed il mio cuore erano in completo accordo: entrambi sapevano che non c'era niente di più giusto di quel momento, niente di più gratificante e paradisiaco del sentire Harry così vicino non solo fisicamente, ma anche e soprattutto mentalmente, niente di più perfetto delle sue braccia intorno al mio corpo, della sua voce al mio orecchio e della musica che le faceva da sottofondo, oppure delle sue dita ancora intrecciate saldamente alle mie.

In qualunque altra occasione avrei considerato comico il fatto che entrambi spostammo nello stesso momento le teste all'indietro per poter guardare l'altro, ma data la magia che sembrava circondarci quella mi sembrò una cosa del tutto naturale: feci giusto in tempo a vedere il grande sorriso sincero che adornava le sue labbra così come le mie prima che queste si incontrassero a metà strada, completando definitivamente la perfezione di quel momento. Lasciai andare la sua mano solo per avvolgere le braccia intorno al suo collo, ridendo nel bel mezzo del bacio quando, con quel movimento, rischiai di fargli perdere il cappello se non fossi riuscita a bloccarlo prima che cadesse; per un attimo pensai di lasciarlo cadere per scoprire quale sarebbe stata la sua reazione, se si sarebbe affrettato a riprenderlo per coprirsi o se non se ne sarebbe importato, ma quando lo sentii ridere insieme a me, senza preoccuparsi di nulla se non di continuare a baciarmi, capii che sarebbe stato inutile perché la risposta era già chiara.

Avvolse le braccia intorno al mio corpo e mi strinse talmente forte da farmi mancare il respiro, ma il fatto che già facessi fatica a respirare non me ne fece quasi rendere conto; le nostre labbra si cercavano insistentemente nonostante i sorrisi costanti ci resero impossibile riuscire a baciarci come si deve, ma anche se quel bacio fu probabilmente uno dei più caotici e disordinati che ci fossimo mai dati, per me fu anche uno dei migliori di sempre.

Ci allontanammo solo quando ci rendemmo conto che in quel modo non avrebbe funzionato, scoppiando a ridere mentre ci muovevamo al ritmo della canzone mixata che partì in successione.

Mi girai nuovamente nella sua stretta e lasciai andare la schiena contro il suo torace, sentendolo intrecciare le dita delle nostre mani prima di sollevare le braccia per avvolgerle intorno alle mie spalle, riavvicinando le labbra al mio orecchio.

«Resti con me, stanotte? - sussurrò, facendo saltare un battito al mio cuore; prima che potessi rispondere, aggiunse - Non voglio fare niente, voglio solo dormire insieme a te.»

Sorrisi, sentendo un calore concentrarsi nel mio petto a quelle parole così sincere.

«Solo se mi dai una tua maglia per dormire.» risposi, sfregando il viso nel suo collo e sentendo il suo petto vibrare quando ridacchiò.

«Affare fatto. - rimase in silenzio per qualche secondo, ma poi gli venne in mente un'altra idea - E che ne dici di dormire qui?»

Sollevai le sopracciglia a quella proposta, girando la testa per poterlo guardare.

«Qui dove?»

Harry sorrise alla mia espressione confusa.

«Vieni con me.»

Districò le nostre braccia prima che potessi protestare, continuando però a tenere ben stretta una mia mano mentre cominciava a camminare all'indietro nel fiume di persone che ci circondava. Non tornò sulla strada come avevo pensato avrebbe fatto, invece proseguì sulla spiaggia anche quando la folla si diradò, dirigendosi verso uno dei numerosi falò che illuminavano tutta la spiaggia; cominciò poi a guardarsi intorno, soffermandosi sulle varie persone presenti e arricciando le labbra di tanto in tanto mentre cercava chissà chi o che cosa.

«Che stai facendo?» gli chiesi, ma lui non mi diede retta.

Invece, sollevò le sopracciglia quando sembrò aver individuato ciò che stava cercando, mormorandomi un «Vieni.» prima di continuare a trascinarmi in giro per la spiaggia. Si fermò solo quando raggiunse un ragazzo dai capelli castani e decisamente più basso di lui, il quale aveva appena recuperato una birra da una borsa frigo poggiata sulla sabbia ai piedi di una ragazza seduta su una sedia poco distante dal falò.

«Ciao, scusa, posso chiederti un favore?» gli chiese, andando dritto al punto.

Il ragazzo rimase per un attimo stordito, tanto che si guardò indietro per capire se Harry stesse parlando proprio con lui oppure no.

«A me?»

«Si, a te. - si aggiustò lo snapback con la mano libera dalla mia e si leccò le labbra prima di parlare in tono deciso - Mi daresti quella, con tutta la roba che c'è dentro, per 500 dollari?»

Sia io che il ragazzo ci voltammo alla mia sinistra quando Harry indicò quel punto con un dito, e appena individuai l'oggetto del suo interesse spalancai gli occhi.

Il ragazzo tornò a guardarlo ancora più confuso di prima.

«Fai sul serio?» gli chiese poi, scambiandosi un'occhiata con quella che doveva essere la fidanzata, rimasta ancora più stralunata di lui.

«Già, fai sul serio?» mi intromisi, probabilmente più stupita di quei due messi insieme.

Harry scrollò le spalle.

«Tu mi dai la tenda completa della roba che c'è dentro, io ti do 500 dollari.» ripeté, come se non fosse stato abbastanza chiaro.

Quando il ragazzo capì che era serio e non stava scherzando, si lasciò andare ad una piccola risata nervosa.

«No, certo che no. Ci ho messo un'ora a costruirla.» rispose, ed era chiaro che credeva quasi che Harry fosse pazzo.

E, ad essere sincera, in quel momento lo credevo anche io.

«Puoi dormire per una notte al Mauritius, resort a cinque stelle che sta qui vicino. E ti avanza anche qualcosa.»

«No!»

«700. Ultima offerta.»

Spalancai la bocca a quella proposta davvero assurda, ma lui non spostò lo sguardo su di me nemmeno per un secondo mentre provava a persuadere ancora il ragazzo. Lui fece per rifiutare ancora una volta, ma si bloccò e ci pensò per qualche secondo; alla fine, la ragazza si alzò dalla sedia e rispose al suo posto.

«E' tua, prendila.» disse, un sorriso enorme sulle sue labbra mentre annuiva verso il ragazzo, contenta di aver appena concluso quell'affare.

Io, invece, ero di tutt'altro parere.

«No, stava scherzando. - l'espressione della ragazza mutò di colpo - Vero che stavi scherzando?»

Per niente perturbato, Harry scrollò le spalle e cacciò il portafogli dalla tasca dei jeans.

«No. - contò le numerose banconote presenti nell'oggetto in pelle, poi le tirò fuori - Spero per te che ci siano almeno i sacchi a pelo, perché mi hai lasciato senza un dollaro.»

Lasciò le banconote nella mano del ragazzo, il quale le guardò con bocca spalancata prima di controllare se fossero vere oppure no, e quando capì che lo erano la sua mascella toccò la sabbia.

«Divertitevi.» gli disse poi con un sorriso soddisfatto, dirigendosi verso la tenda che aveva appena acquistato per ben 700 dollari.

Io rimasi a guardare i due ragazzi abbracciarsi, completamente increduli di fronte a quello che era appena successo; ringraziarono anche me che non c'entravo assolutamente nulla prima di andarsene, dimenticando persino la borsa frigo piena di bibite nell'euforia del momento.

Chiusi gli occhi giusto il tempo di prendere un respiro profondo, poi afferrai la borsa frigo prima di dirigermi anch'io verso la tenda; mi piegai per passare dall'entrata, gettando la borsa frigo sul pavimento di tela prima di voltarmi verso Harry con le braccia incrociate al petto, trovandolo seduto su uno dei sacchi a pelo con ancora un sorriso furbo sulle labbra.

«Sei per caso impazzito? - fece per rispondere, ma scossi la testa e lo interruppi - No, non mi rispondere. E per quale diavolo di motivo avevi 700 dollari nel portafoglio? - fece di nuovo per rispondere, ma lo bloccai ancora una volta - No, non voglio sapere nemmeno questo. Non voglio sapere niente.»

«Ti sei arrabbiata?» mi chiese, premendo le labbra tra loro per trattenere il sorriso.

«Certo! Certo che mi sono arrabbiata! - allargai le braccia, facendole ricadere in un gesto esasperato lungo i miei fianchi - Che diavolo ti salta in mente? Dare 700 dollari in mano a qualcuno in cambio di una stupida tenda?!»

«Okay, vedila così. - si alzò in piedi, dovendo comunque tenere la testa piegata per evitare di colpire il soffitto; afferrò le mie mani ed io provai a divincolarmi, ma lui strinse la presa - Ho dato a quel povero ragazzo la possibilità di fare un bel regalo alla fidanzata.»

«Non bisogna per forza portare una ragazza in un resort a cinque stelle per farle un bel regalo!» controbattei, provando ancora a liberarmi invano.

Harry roteò gli occhi al cielo.

«Andiamo, hai visto la ragazza? Era al settimo cielo appena ho pronunciato la parola "resort". - sbuffai sonoramente, lui piegò una gamba dietro le mie ginocchia per farmi perdere l'equilibrio, ma prima che potessi cadere mi afferrò e si sedette a terra, facendomi sistemare di lato sulle sue gambe - Pensa che passeranno una serata diversa e speciale, proprio come la stavamo passando noi due prima che ti arrabbiassi.»

Presi un ennesimo respiro profondo, più per provare a non cedere subito alle sue parole che per provare a calmarmi di nuovo.

«Mi dà fastidio che regali centinaia di dollari così, come se nulla fosse.» dissi, un po' più tranquilla rispetto a poco prima.

«Allora non lo farò più. - avvolse le braccia intorno al mio corpo, lasciando un bacio sulla mia spalla ed uno sulla mia clavicola che mi fecero sciogliere all'istante - Ora possiamo goderci questa tenda da 700 dollari?»

Continuò a lasciare piccoli e per lo più scherzosi baci sulla mia spalla, salendo lungo il mio collo fino ad arrivare sulla mia guancia. Provai in tutti i modi a mantenere un'espressione arrabbiata o per lo meno seria ancora per qualche minuto, ma quei gesti affettuosi e giocosi resero ogni mio tentativo vano; lo sentii sorridere contro la mia guancia quando ridacchiai, allontanando il suo viso con il palmo della mano solo per vederlo riavvicinarsi all'istante, lasciando un bacio all'angolo della mia bocca quando girai la testa per non farlo arrivare alle labbra. Questo però non lo fermò e, anzi, lo incitò ancora di più, tanto che dopo essersi lasciato andare ad una piccola risata afferrò i miei fianchi e mi fece distendere sul sacco a pelo, seguendomi subito dopo per premere un bacio deciso sulle mie labbra.

«Harry! - lo richiamai in mezzo ad una risata, sentendo le sue labbra premere ancora una volta sulle mie anche quando girai la testa lateralmente - Chiudi la tenda, almeno!»

Mi diede un ultimo, veloce, bacio sulla punta del naso prima di sollevarsi, gattonando verso l'entrata della tenda per chiuderla con l'apposita zip; nel frattempo mi misi a sedere e afferrai i lembi del top con le mani, tirandolo su oltre la mia testa e gettandolo da qualche parte nella tenda. Quando Harry si voltò, i suoi occhi praticamente si spalancarono per la sorpresa.

«Se mi giro di nuovo perdi un altro capo e così via fin quando non rimani nuda?» scherzò, voltandosi e rimanendo girato per qualche secondo prima di tornare a guardarmi, fingendosi deluso quando mi ritrovò esattamente come mi aveva lasciata.

Roteai gli occhi al cielo, non trattenendo un sorriso mentre gli davo un leggero schiaffo sul braccio.

«Idiota, dammi la tua maglietta.» dissi, indicando con il mento l'indumento bianco a mezze maniche coperto dalla camicia.

Harry scosse la testa divertito, poi si tolse il cappello e la camicia dalle maniche lunghe - così che coprisse i tatuaggi, come mi aveva spiegato ore prima - afferrando il colletto della maglia sulla nuca e tirandola verso l'alto.

«Ecco, tutta per te.» disse poi, lanciandomi l'indumento.

Mi trattenni dal gongolare quando ebbi la sua maglia tra le mani, infilandola subito e non potendo fare a meno di notare come fosse impregnata del suo profumo, esattamente come gli altri suoi vestiti che avevo a casa e che non avevo alcuna intenzione di restituirgli. Afferrai il cappello e me lo misi in testa, pensando che se fossi andata in giro indossando sia quello che la maglia fin troppo larga, mi avrebbero probabilmente scambiata per un rapper.

Spostai la mia attenzione su di lui quando si distese nuovamente sul sacco a pelo, poggiando la testa sul piccolo cuscino ma piegando ben presto anche il braccio dietro la nuca per potersi rialzare ancora un po'; non potei non notare a quel punto come i suoi pettorali, i bicipiti e gli addominali diventassero più evidenti ad ogni movimento, così come non potei non rimanere ancora un po' sorpresa dai tatuaggi che gli adornavano il corpo. Gli feci separare le gambe prima di infilarmi tra di esse, incrociando le braccia sul suo stomaco e poggiandovi il mento mentre lasciavo andare il mio corpo sul suo; la sua mano libera raggiunse il mio viso e mi spostò i capelli dietro le spalle, il pollice mi sfiorò delicatamente la guancia prima di poggiarsi sul mio braccio, continuando ad accarezzarlo mentre mi guardava con un sorriso dolce sulle labbra carnose.

Non saprei dire per quale motivo, ma scelsi proprio quel momento così pacifico per porgergli una delle domande che ormai mi tormentavano da mesi.

«Cos'hai pensato quando hai saputo che ero tornata a Londra?» domandai a bassa voce.

Harry rimase immobile per diversi secondi, ma non feci nulla per forzare una risposta da parte sua: sapevo che sarebbe arrivata e che stesse solo pensando a come formularla, quindi rimasi semplicemente in attesa.

«Non lo so, ad essere sincero. - disse infine, prendendo un respiro profondo - Inizialmente sono andato in panico, forse.»

Rimasi sorpresa da quella risposta, ma provai a non darglielo a vedere «Perché?»

Lui scrollò le spalle «Non avevo idea di ciò che pensavi di me. Non sapevo se avresti finto di non avermi mai conosciuto o se mi avresti urlato contro, ma sapevo che avrei preferito mille volte la seconda opzione alla prima. - si lasciò scappare una piccola risata, scuotendo la testa - Non so come avrei reagito se mi avessi ignorato o odiato per il resto della tua vita, Eveline.»

Mi presi il tempo di assorbire le sue parole ed il loro significato, poi annuii. Capivo il suo punto di vista, infondo l'ultima volta che avevamo parlato io ero stata furiosa con lui ed il mio atteggiamento e le mie parole gli avevano fatto pensare che non ne avrei mai più voluto sapere nulla di lui; forse in quel momento era così, davvero non avrei voluto averci più niente a che fare, ma infondo avrei dovuto sapere che non sarei mai riuscita ad odiarlo in modo così profondo come lui aveva creduto, non dopo l'amore sconfinato che avevo provato proprio per quello stesso ragazzo.

«E quando sei venuto a New York?» chiesi ancora, dopo diversi minuti passati in totale silenzio.

Si irrigidì impercettibilmente a quella domanda, e sapevo che il motivo era che aveva ripensato al giorno in cui mi aveva vista nel cortile del college. Accarezzai il suo petto con i pollici, premendo un delicato bacio sulla farfalla sul suo stomaco per farlo calmare prima di riprendere la posizione precedente; questo sembrò funzionare, poiché dopo aver preso un altro respiro profondo si decise a rispondere.

«La prima cosa che ho pensato è stata che ti avevo persa per davvero. Fino ad allora probabilmente non avevo voluto ammetterlo, perché vederti con un altro fu una doccia fredda.» confessò.

Aggrottai le sopracciglia «Ma hai detto che sei stato con altre ragazze prima di venire a New York.»

Se era stato a letto con altre vuol dire che sapeva che tra noi era definitivamente finita, no?

Harry sorrise in modo quasi triste, scuotendo lentamente la testa.

«Non hanno significato assolutamente niente per me, Eve, la maggior parte neanche le ricordo. - disse, e nonostante il pensiero che fosse stato con altre mi infastidiva, le sue parole me lo resero un po' più facile da digerire - In quel periodo ero solo... Perennemente incazzato, una vera palla al piede soprattutto per gli altri ragazzi. Dovevo solo trovare un modo per sfogarmi, ma nella mia mente ci sei sempre stata solo tu.»

Il mio cuore saltò un battito, e se non fosse stato che c'erano ancora un paio di domande che avrei voluto fargli e che quindi avessi bisogno che rimanesse sincero e concentrato, lo avrei prima preso a parole per essere stato uno stupido e aver creduto di poter risolvere i nostri problemi facendo sesso con altre ragazze, e poi gli sarei saltata addosso per baciarlo per il fatto che mi avesse confessato che ero sempre stata nella sua mente, nonostante infondo già lo sapessi.

«E tu? - mi chiese lui, prima che potessi fargli un'altra domanda - Cos'hai pensato quando ti ho chiamata al tuo compleanno?»

Pensai diversi secondi a cosa rispondere. Avevo pensato talmente tante cose, quel giorno: avevo pensato a quanto lo odiassi per avermi chiamata proprio al mio compleanno, oppure a quanto, nonostante lo avrei negato all'infinito, fossi contenta di poter sentire la sua voce dopo tutto quel tempo. Tuttavia c'era un'unica cosa che volevo che lui sapesse, anche se ormai non avrebbe fatto alcuna differenza.

«Che ti credevo. Forse non in quel preciso momento, ma quando ho chiuso la chiamata e ho ripensato a tutta la nostra conversazione... Ti credevo.» confessai, sentendo il mio cuore battere improvvisamente più veloce quando mi resi conto di che argomento stessimo toccando.

Vidi il suo pomo d'Adamo salire e scendere nella sua gola quando deglutì.

«Riguardo cosa?» mi chiese, ma sapevo che la risposta gli era già ben chiara.

«Sapevo che mi amavi ancora, Harry. Non volevo ammetterlo, ma infondo sapevo che eri sincero quando me l'hai detto.»

Quella consapevolezza mi aveva tormentata per mesi e mesi, ma non avevo mai avuto il coraggio di pensarci per più di pochi secondi prima di trovarmi qualunque altra cosa da fare per distrarmi.

«E perché non ti sei fatta sentire dopo quel giorno?» mi chiese, il suo tono vulnerabile.

«Perché il modo in cui sei sparito è stato terribile. - lo vidi serrare la mascella e rivolgere lo sguardo verso il soffitto della tenda a quelle parole - Non importava cosa provassi per te, non avevo il coraggio di riprovarci e rischiare di stare di nuovo male come dopo che sono partita.»

«Ora cos'è cambiato, invece? - mi chiese, i suoi occhi nuovamente nei miei - Perché ora si e qualche anno fa no?»

«Perché ora mi stai dimostrando di volerci provare davvero. Non ti sei arreso alla prima volta che ti ho detto no, mentre dopo la telefonata... Tu sei sparito di nuovo.»

«Se avessi continuato a chiamarti e ad insistere sarebbe cambiato qualcosa?»

«Non lo so. - risposi sinceramente, scrollando le spalle - Forse. Mi avresti dimostrato stesso allora di tenerci a noi due.»

«Ci ho sempre tenuto a noi due, Eve. Magari non l'ho sempre dimostrato, ma è così.»

«Lo so. - gli rivolsi un sorriso, allungando una mano per accarezzargli la guancia - Ma dopo quel che era successo avevo bisogno che me lo dimostrassi, così come ne ho avuto bisogno ora.»

Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, pensando intanto a chissà cosa. Forse si stava pentendo di non aver insistito abbastanza anni fa, o forse, come me, stava pensando a dove saremmo ora se le cose si fossero aggiustate già in passato, senza che avessimo dovuto ricostruire completamente il nostro rapporto solo una volta che ero tornata a Londra.

Sorrisi quando girò il viso per lasciare un bacio nel palmo della mia mano, aprendo successivamente gli occhi per guardarmi con aria dolce.

«Sei sempre stata l'unica per me. Lo sei tutt'ora e sempre lo sarai, Eveline.» disse, quasi in un sussurro.

Ma quelle parole pronunciate a bassa voce, come se nessun altro avesse il bisogno o il diritto di sentirle a parte me, costituirono tutte le conferme e le certezze che mi erano mancate in quegli anni ma che avrei dovuto sapere che erano sempre state lì.

«Anche tu sei l'unico. - mormorai, sentendo il cuore battere all'impazzata - L'unica cosa che importa, per me.»

Vidi un sorriso aprirsi sulle sue belle labbra quando ripetei le parole che lui stesso aveva pronunciato qualche sera prima, rendendomi conto solo in quel momento del significato che avevano sia per me che per Harry.

Ricambiai quel sorriso meraviglioso, poggiando le mani a terra ad entrambi i lati del suo torace per sollevarmi dal suo petto, chinandomi poi per lasciare un bacio delicato sulle sue labbra, sorridendo ancora di più quando, nel momento in cui mi allontanai, alzò la testa per darmene ancora un altro, poi un altro ancora.

Tornai poi nella posizione in cui ero stata fino ad allora, questa volta poggiando la guancia sul suo petto e tenendolo stretto tra le braccia quando lui avvolse le sue intorno alle mie spalle, intrecciando le nostre gambe prima di addormentarmi per la prima volta dopo anni al fianco dell'unica persona che avrei sempre voluto vedere come prima cosa al mio risveglio.


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