Dall'Alba fino al Tramonto

By Chiarasaccuta_writer

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{COMPLETA E AUTOCONCLUSIVA} Cina, 1750. La grande dinastia Qing ha trasformato la Città Proibita in un luogo... More

🥀Personaggi🥀
Capitolo Primo
Capitolo Secondo
Capitolo Terzo
Capitolo Quarto
Capitolo Quinto
Capitolo Sesto
Capitolo Settimo
Capitolo Ottavo
Capitolo Nono
Capitolo Decimo
Capitolo Undicesimo
Capitolo Dodicesimo
Capitolo Tredicesimo
Capitolo Quattordicesimo
Capitolo Quindicesimo
Capitolo Sedici
Capitolo Diciassettesimo
Capitolo Diciottesimo
Capitolo Diciannovesimo
Capitolo Ventesimo
Capitolo Ventunesimo
Capitolo Ventiduesimo
Capitolo Ventitreesimo
Capitolo Ventiquattresimo
Capitolo Ventincinquesimo
Capitolo Ventiseiesimo
Capitolo Ventisettesimo
Capitolo Ventottesimo
Capitolo Ventinovesimo
Capitolo Trentunesimo
Capitolo Trentaduesimo
Capitolo Trentatreesimo
Capitolo Trentaquattresimo
Capitolo Trentacinquesimo
Capitolo Trentaseiesimo
Capitolo Trentasettesimo
Capitolo Trentottesimo
Capitolo Trentanovesimo
Capitolo Quarantesimo
Capitolo Quarantunesimo
Capitolo Quarantaduesimo
Capitolo Quarantatreesimo
Capitolo Quarantaquattresimo
Capitolo Quarantacinquesimo
Epilogo

Capitolo Trentesimo

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By Chiarasaccuta_writer

Deming sospirò affannato, mentre Yifan posava nel suo piatto dei chicchi di riso misti a una carne pregiata. L'aria che si respirava nella loro mansione era sempre tranquilla, e lo sarebbe stata anche quella sera se Yifan non avesse continuato ad accusare continui dolori al basso ventre.

«Yifan, tu stai male» constatò Deming, impedendole di servirlo.

La donna strinse la mano libera sul qipao verde, la sua fronte era aggrottata e più volte le sue labbra si erano contratte in smorfie di dolore. «Oh, è inutile attendere. Manda subito qualcuno a chiamare le levatrici, i dolori non si placano...»

Deming si alzò dal seggio e percorse in fretta la sala da giorno, aprendo le ante che separavano l'interno dal giardino. L'oscurità della sera era illuminata da lanterne che spandevano luce calda nell'ambiente. Una dama appostata in veranda, vestita di grigio e coi capelli ordinati in una lunga treccia, si inchinò non appena lo vide. «Dàren.»

«Va' subito a chiamare le levatrici, il travaglio è cominciato e io non potrò restare al fianco della signora ancora per molto» le spiegò frettolosamente il giovane, osservandola mentre si inchinava e correva verso il retro della struttura, ad avvisare le altre dame.

Deming si soffermò per un attimo a guardare il cielo, dove stavano esplodendo vari fuochi d'artificio. Dovevano essere stati preparati dal padiglione della Neve Purpurea, perché illuminavano soprattutto la porzione di cielo che sovrastava l'ultimo piano di quella pagoda.

«Deming!» urlò Yifan, proprio mentre l'immagine di un drago dorato si librava fra le nuvole. Il giovane non perse tempo e corse nella sala da pranzo, trovando la moglie accasciata al suolo, con una mano sotto al ventre e le gonne pregne di sangue. «Dove sono le levatrici?!»

«Arriveranno!» esclamò Deming, aiutandola ad alzarsi. Le passò una mano sotto le gambe e la aiutò a sedere sul letto. In un attimo, le serve con recipienti di acqua calda entrarono nella stanza, aiutando la propria signora a svestirsi. «Yifan, ce la farai. Hai aspettato questo momento per settimane.»

La donna annuì, pallida in viso, mentre i suoi capelli venivano sciolti e il suo corpo spogliato. La sottoveste gocciolava sangue, così come i larghi pantaloni che portava sotto le gonne. Deming sapeva di doversene andare, ma non voleva. Sentiva che qualcosa non stava andando come avrebbe dovuto e abbandonare la moglie nel momento del bisogno era escluso.

Yifan spinse d'istinto mentre veniva costretta a sdraiarsi sul letto. Quando le dame le aprirono le cosce, Deming indietreggiò. Le donne più anziane cercarono di infilare le dita dentro la sua fessura, per capire a che punto fosse giunto il bambino. C'era troppo sangue, le lenzuola ne erano ormai invase e la donna si dimostrava sempre più sofferente.

«Deming!» lo chiamò di nuovo, allungando una mano fuori dal letto. Il giovane si inginocchiò e intrecciò le sue dita alle proprie, cercando di infonderle forza. Dopo pochi istanti, un'anziana levatrice entrò nella camera da letto insieme alla signora Dinggiri Hala. Quest'ultima aveva uno sguardo severo, le sopracciglia aggrottate e le labbra sottili incurvate in una smorfia di disgusto.

«Per quale ragione sta sanguinando così tanto?» domandò la signora, dalla preziosa acconciatura. Delle basette corvine erano state incerate ai lati delle orecchie, rendendo il suo viso ancora più gonfio. Deming non aveva mai provato particolare rispetto per la suocera, anzi, l'aveva sempre trovata disgustosa.

La dama che aveva controllato la situazione dall'interno si inchinò seduta stante, con lo sguardo rivolto sul pavimento e la lunga treccia che penzolava su una spalla. «Furen, sospetto che il bambino non sia nella corretta posizione.»

«Cosa?» domandò la donna, sbalordita quanto Deming. Il giovane non lasciò la mano di Yifan che, stravolta, continuava a contrarsi sul materasso in preda alla sofferenza.

La signora Dinggiri Hala si voltò verso la levatrice e la schiaffeggiò sul viso, con una violenza tale da farla cadere sul pavimento. «Avevi detto che il bambino era al sicuro, razza di bugiarda. Va' subito ad aiutare mia figlia!»

La donna si mise in piedi a stento e si inginocchiò sul letto, aprendo le gambe di Yifan per cercare di far uscire quell'erede che Deming aveva atteso per troppo tempo.

«Yifan» la chiamò il giovane, accarezzandole la fronte madida di sudore. Lei fissò gli occhi nei suoi, stava piangendo, era spaventata. «Tu ce la farai e anche nostro figlio ce la farà. Pensa solo a spingere.»

Yifan annuì e, quando la figura della signora Dinggiri Hala si impose su di loro, Deming si voltò a guardarla. La donna aveva gli occhi leggermente ingialliti, per via dell'oppio che amava fumare ogni giorno. «Non è bene che un uomo assista al parto di sua moglie. Aspettaci nella sala adiacente, ti verrò a chiamare io stessa quando il bambino sarà nato.»

Deming sapeva di non potersi opporre, non avrebbe mancato di rispetto a quella mancese. Così si alzò e si inchinò appena. «Confido nelle vostre parole» sussurrò, scoprendo di avere la gola secca. L'odore del sangue copriva quello dell'incenso e le grida di Yifan erano come schiaffi.

La signora sollevò un braccio verso le porte, che Deming attraversò rintanandosi nel suo studio. Sedutosi dietro la scrivania, il giovane posò i gomiti sul tavolo e adagiò la testa contro le nocche unite, chiudendo gli occhi. Quel parto sarebbe andato bene, forse Yifan avrebbe sofferto, ma suo figlio sarebbe nato ed entrambi avrebbero ricordato quella notte come il preludio della loro felicità.

Eppure, nulla sembrava migliorare.

Yifan continuava a strillare, le voci delle serve che le chiedevano di spingere si facevano sempre più incerte, e nessun pianto si elevava da oltre le porte.

Deming strinse le dita in un intreccio talmente ferreo da fargli sbiancare le nocche, con la mente sgombra di pensieri e ripiena di paura. Passarono ore interminabili, che il giovane non riuscì a sopportare. Non poteva muoversi, né lasciare la stanza, le sue gambe erano immobili e i suoi occhi serrati. Poi, inconsapevolmente, si ritrovò a pensare a Meizhen. Al modo in cui l'aveva costretta a guardare mentre la sua famiglia veniva impiccata, e si sentì come lei: impotente, vulnerabile, di fronte a eventi che non poteva, ma voleva, controllare.

Quando Yifan smise di urlare e le dame di affannarsi, Deming schiuse gli occhi. Attese per lunghi istanti qualcosa, il suono di un pianto che non arrivava, poi le ante del suo studio si aprirono e la signora Dinggiri Hala apparve sulla soglia, rivolgendogli un'espressione delusa. Deming si alzò di scatto e si avvicinò alla suocera, ma lei sollevò una mano e gliela posò sul petto. «Non così in fretta.»

«Fatemi andare da lei!» Deming non aveva più pazienza, voleva sapere come stavano sua moglie e suo figlio, ma quella donna era un intralcio. Un intralcio troppo grande da poter scavalcare.

«Il bambino è nato morto» gli rivelò, facendo crollare ogni sua certezza. Deming appoggiò una mano allo stipite della porta e chiuse gli occhi, sentendoli inumidirsi, mentre la suocera continuava a parlare in tono mesto. «La levatrice dice di essersi sbagliata, ma io non le credo. Sta di fatto che il neonato è soffocato. Pur di salvare Yifan, abbiamo sacrificato lui.»

Deming ascoltò quelle parole dure con l'amaro in bocca. Ricacciò le lacrime indietro e si chiese che cosa avesse fatto per meritarsi quella disgrazia, anche se, in fondo, lo sapeva. Sapeva bene qual era stato il peccato che aveva provocato quel lutto. «Credete che tutto questo sia accaduto solo per una menzogna?»

«Voglio crederlo, oppure ti senti responsabile?» gli chiese la donna, inclinando il viso da un lato. I tre orecchini che le pendevano da ogni lobo tintinnarono fra loro e la sua voce gutturale si fece più velenosa. «Hai forse compiuto qualche azione poco virtuosa, Deming? Se così fosse, pentiti adesso e pulisci la tua condotta. Yifan non dovrà più soffrire per colpa di un Han come te.»

Detto ciò, la donna se ne andò, uscendo con violenza nel giardino. Deming ingoiò degli insulti e si diresse nella camera da letto, venendo di nuovo invaso da quell'odore ferroso che si innalzava dalle pozze di sangue. Le dame si stavano occupando di ripulire il pavimento, mentre Yifan, sdraiata sul letto, aveva perso i sensi.

La levatrice stringeva fra le mani un fagotto paffuto, da cui sbucavano due manine cineree. Deming si morse la lingua e sedette al fianco della moglie, sfiorandole le lunghe ciocche corvine. Come le avrebbe raccontato la verità, quando si sarebbe svegliata?

«Dàren» si inchinò la levatrice, guardandolo intimorita. «Era un maschio...»

Deming non riuscì a parlare, perché Yifan lo fece prima di lui. «Era?» domandò, con le palpebre socchiuse e le dita tremanti. A discapito delle sue condizioni, drizzò la schiena e gattonò sul letto, osservando quel fagotto di coperte con occhi vitrei. «Mio... Mio figlio è...»

«Mi dispiace, furen» si inchinò la levatrice, stringendo il piccolo cadavere al petto. «Il bambino non respirava. Credo sia soffocato durante il travaglio e...»

«Tu credi?!» strillò Yifan, provando ad agguantare la levatrice, ma il dolore era forte e la costrinse a piegarsi in due sul letto. Deming si affrettò ad afferrarla, cingendole la schiena con un braccio. Lei si aggrappò alle sue spalle e cominciò a piangere, calde lacrime scivolavano dalle sue ciglia e si affollavano sul suo viso, rendendola fragile come Deming non l'aveva mai vista.

L'uomo le accarezzò i lunghi capelli e la baciò sulla fronte. Era stata colpa sua. L'anno prima si era macchiato di un crimine orribile, facendo in modo che tutta la famiglia di Meizhen fosse giustiziata, e quel giorno aveva ripagato il suo debito con la vita di un bambino.

Era stato uno stupido, uno sciocco e stupido uomo che aveva giocato a fare l'imperatore.

«Yifan» la chiamò in un sussurro, mentre lei urlava e si dimenava, pur di sfogare un dolore che sembrava averla travolta. «Yifan! Devi calmarti!»

La donna si strattonò dalla sua presa e ricadde fra i cuscini, puntando gli occhi affilati sul suo bambino. «Calmarmi? Tu non capisci, Deming. Non sai che cosa sto provando... L'ho tenuto in grembo per dieci mesi. Ho sentito quel bambino muoversi dentro di me. Lo amavo, anche se non lo avevo ancora incontrato. E adesso non c'è più!»

A quel punto, la levatrice cercò di portare con sé il fagottino oltre la veranda, facendo innervosire Yifan. La donna scese dal letto e provò a rincorrerla, ma era troppo debole e cadde inciampando sulle vesti macchiate di sangue, sbattendo i gomiti per terra. «No! Ridammi mio figlio!»

«Yifan, ora basta! Stai dando spettacolo!» la rimbrottò Deming, afferrandola ancora, così che non si muovesse. Quando la levatrice scomparì, la donna appoggiò la testa al suo petto e singhiozzò, con le spalle scosse e i segni delle lacrime sul viso affilato. «Nostro figlio non c'è più, ma non temere. Ne avremo un altro. Quando ti sarai ripresa...»

«Un altro?» mormorò Yifan, guardandolo con gli occhi pieni di una tristezza dolorosa e disperata. «Io volevo lui. Volevo solo... il mio piccolo Yongle» ansimò, prima di chiudere gli occhi e svenire ancora, per via della stanchezza. Il parto l'aveva privata di ogni forza, e aveva risucchiato gli ultimi frammenti dell'anima di Deming.

L'uomo sapeva di dover far ammenda con il passato, perché non voleva che un altro bambino risentisse dei suoi sbagli. Non l'avrebbe permesso.

🥀🥀🥀

«Su, svegliati» mormorò Wentian, accarezzando con due dita la guancia della moglie, distesa sul letto con gli occhi chiusi e i capelli abbandonati sulle spalle. Il medico di corte, Yentan, era venuto a ricucirle la ferita, drogandola con un olio di papavero affinché non si risvegliasse durante il trattamento.

«Meizhen.» La chiamò di nuovo il principe, terrorizzato all'idea che non potesse ridestarsi. Forse l'olio somministratole era stato troppo. «Svegliati, per favore.»

Il pianto di Longfeng, oltre le porte, si fece più forte. Il bambino si lamentava già da un'ora, svegliatosi a causa del trambusto che Wentian e Ai Lun avevano compiuto, correndo nel corridoio per aiutare Meizhen a distendersi. Ora la sua seconda moglie era ferma sulla soglia della porta, con il viso stanco e i capelli sfatti, preoccupata quanto lui.

«Portarla al padiglione della Neve Purpurea è stato un errore» asserì alla fine Wentian, passandosi una mano sulla fronte. Non si sentiva in colpa per aver ucciso Shuolun, anzi, il suo cuore era talmente soddisfatto da farlo sentire leggero. Ma Meizhen era stata ferita per colpa della sua negligenza.

«Sciocchezze» lo rimbrottò Ai Lun, avanzando nella camera per sedere sul letto. «Se non fosse venuta con noi a quest'ora saresti morto. Ti ha salvato la vita.»

«Sì, mettendo a rischio la propria» replicò Wentian, mentre Xun'er appariva sulla porta, con il bambino piangente fra le mani e l'acconciatura sfatta. «Ancora non si calma?»

«Altezza» ansimò la piccola dama, sull'orlo di una crisi di pianto. «Non riesco a fare niente. Abbiamo provato a fargli un nuovo infuso, ma non accenna ad addormentarsi. Credo percepisca la tensione.»

Wentian sospirò affaticato e fece cenno a Xun'er di portargli il figlio. Di solito ritrovava la pace fra le proprie braccia, e il principe sperava che anche quella volta sarebbe stato così. Quando Xun'er adagiò il bambino sul suo petto, Wentian si alzò dallo sgabello e cominciò a camminare per la stanza, cullandolo con calma, senza farlo sobbalzare. Il piccolo singhiozzò, lacrimoni veementi scivolavano lungo le sue guance paffute, che si calmarono nel momento in cui si abituò alle carezze di Wentian.

Longfeng smise finalmente di piangere e Xun'er cadde al suolo, venendo derisa affettuosamente da Ai Lun. «Piccola Xun'er, spera che non ti nascano due figli in una volta, o ti sarà difficile controllarli.»

La dama sbuffò impettita e si avvicinò al letto, posando le mani sul braccio di Meizhen. «Cos'è successo alla mia signora? Perché è ridotta in questo stato?»

Wentian avrebbe voluto rispondere, ma né lui né Ai Lun trovarono la forza di spiegare alla ragazzina quella incresciosa situazione. Grazie al Cielo, non ci fu bisogno di attendere una loro risposta, perché le ciglia di Meizhen vibrarono e i suoi occhi si schiusero. «Furen!» esclamò Xun'er, sorridendo, mentre Wentian si avvicinava in poche falcate al letto, potendo finalmente sospirare di sollievo.

Ai Lun si alzò soddisfatta e richiamò a sé la serva. «Vai subito a preparare del cibo per la tua signora, deve riprendere le forze. Io penserò al bambino. Wentian, cercherò di cullare Feng'er proprio come te, nella speranza che non reclami le attenzioni di sua madre.»

«No, lasciatelo a me...» mormorò Meizhen, portandosi una mano alla testa. Quando provò a sollevarsi, sgranò gli occhi a causa del dolore che scaturiva dalla sua spalla sinistra, là dove la spada si era conficcata. «Ah...»

«Sarebbe meglio che tu non lo prenda in braccio, per adesso» le suggerì Wentian, sedendo sullo sgabello dopo aver lasciato il piccolo alle cure di Ai Lun, la quale si affrettò ad abbandonare la stanza. Meizhen si voltò a guardarlo in cerca di risposte, il suo viso era pallido e le membra intorpidite. «Sei stata un'incosciente, Zhen'er.»

Lei abbozzò un sorriso e sprofondò sui cuscini, aveva le labbra secche. «Ho agito d'istinto. Non appena ho visto Shuolun brandire la spada contro di te, le mie gambe si sono mosse da sole. Non potevo perderti e non potevo neanche restare a guardare. L'ho già fatto una volta, con la mia famiglia, e tu lo sai bene.»

Wentian la guardò severo e posò una mano sul suo mento, costringendola a voltare lo sguardo verso di sé. «Ascoltami. Quand'anche la mia vita fosse in pericolo, non devi mai mettere a rischio la tua. Come potrei vivere sapendo di essere la causa della tua morte?»

Meizhen abbozzò un sorriso e prese la sua mano, baciandogli il palmo. «E io come potrei vivere sapendo di aver lasciato morire l'unica persona che mi sia rimasta in questa vita?»

«E a Longfeng non pensi?» le chiese Wentian, lasciando andare un sospiro pesante. «Devi promettermi che non rischierai mai più la tua incolumità per me. Promettimelo, adesso.»

La donna lasciò andare la sua mano e si sollevò, mettendosi con fatica a sedere. «Non lo farò.»

«Meizhen.»

«No, Wentian. So che pensi che io sia fragile, e forse lo sono, ma questo non è un buon motivo per trattarmi come se potessi rompermi da un momento all'altro. Non puoi mentirmi, non puoi pretendere che io resti a guardare mentre un uomo cerca di ucciderti! Tu mi hai sempre protetto, perché io non posso farlo?!» la giovane aveva assunto un tono particolarmente nervoso, la sua voce sembrava tremare, ma il suo volto era integerrimo. Wentian si chiese da dove provenisse tutta quella determinazione, perché era riuscita a schiacciarlo, a metterlo con le spalle al muro di fronte una consapevolezza che si era ostinato a non accettare.

«Mi dispiace» ammise alla fine l'uomo, alzandosi dallo sgabello per sedersi accanto a lei. «Sono solo... spaventato. Temo di perderti come ho perso Diaochan, e se accadesse davvero non so se riuscirò a uscire dalla tristezza. Tu sei la mia famiglia, adesso, e voglio continuare a proteggerti. Costi quel che costi.»

Meizhen rise appena e incrociò le braccia sotto i seni. «Sono davvero la tua famiglia?»

«Sì, sciocca. Tu e Longfeng siete la mia famiglia» la rassicurò Wentian, posando la fronte sulla sua. Lei lo baciò, per poi ricadere di nuovo sui cuscini. Wentian la seguì, sdraiandosi al suo fianco e ritrovando la pace dopo quella lunga nottata.

«Shuolun è morto davvero?» gli chiese in un sussurrò Meizhen, posando la testa sulla sua spalla.

«Dopo una caduta del genere, chi sarebbe sopravvissuto?» mormorò Wentian, masticando amarezza fra le labbra. «Non mi pento di averlo fatto fuori, per quattro anni ho dovuto sopportare le sue provocazioni. Da oggi in poi sarà solo un lontano ricordo.»

«Lui ha detto di avere un ritratto di mia madre nella sala dello Spirito, voglio vederlo.»

«Ti ha raccontato di Yanran?» le chiese Wentian, sperando che la sua donna non avesse provato pena per quell'uomo in punto di morte. Come le aveva già detto, non voleva che lo guardasse con occhi diversi. Avrebbe percorso vie lastricate di sangue pur di arrivare al potere, senza mai voltarsi. E lei doveva accettarlo, se voleva essere messa a parte delle sue intenzioni.

Meizhen comunque annuì, senza approfondire il discorso, sebbene sembrasse turbata. «Mi ha raccontato com'era mia madre, e che le somiglio nel carattere. Poi, quando l'hai colpito, ha detto che muqin si sarebbe vergognata di me, se avesse saputo che avevo fatto parte del vostro piano.»

«Tipico, quell'uomo sa solo rinfacciare. Non fare caso a lui, Zhen'er, né alle sue parole. Ormai è morto, non può più ferirci. Niente può farlo» provò a rassicurarla Wentian, cullando stavolta la moglie, anziché il figlio. Entrambi avevano bisogno di lui, e non li avrebbe mai lasciati.

Questa era l'unica cosa di cui era certo.

🥀🥀🥀

Allora, Deming è stato punito abbastanza? Secondo me sì, ha avuto quel che si meritava e possiamo dire di essere soddisfatti. Anche lui da oggi in poi capirà come ci si sente a essere impotenti.

Comunque, vi annuncio che questo sarà l'unico capitolo per questa settimana. Avrò un esame a breve e non riesco per il momento a mantenere il ritmo di tre capitoli a settimana, quando sarò libera torneremo a un aggiornamento assiduo, per il momento aggiornerò solo il lunedì e, forse, il venerdì.

In ogni caso vi sprono a lasciarmi un commento e una stellina per sostenermi! Alla prossima!

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