Quando questo vecchio mondo ti abbatte, quando il tuo spirito è a terra, ricorda solo che ci sarò sempre, basta che tu salga sulle ali del mio amore
Michael Jackson
• 25 Febbraio 1984 - 22:56 •
Il film era quasi finito e io sbadigliai premendo una mano contro il mio labbro, coprendo la mia smorfia di sonno.
Dovevo ammettere che non avevo mai avuto l'occasione di guardare il film di Pinocchio, anche se è una storia che fu scritta da un italiano.
In verità, non avevo mai guardato molti film Disney, nonostante mi rendevo conto che quel nome faceva ormai parte della cultura americana e mondiale.
Michael non se lo aspettava per niente, infatti mi confessò che credeva che ogni persona al mondo dovrebbe guardare ogni film firmato Disney almeno una volta.
Insieme guardammo Biancaneve, Peter Pan, Cenerentola ed infine Pinocchio, uno subito di seguito all'altro.
Inoltre, prima di cominciare il primo, Michael mi promise che un giorno mi avrebbe addirittura portata a Disney World, dove lui amava passare il suo tempo libero, quando possibile.
Io in risposta semplicemente sorrisi ed annuii, non potendo, come sempre, dirgli di no.
Egli spense la televisione. Ci fu qualche secondo di silenzio, poi, subito dopo che Michael ebbe posato il telecomando, ci guardammo negli occhi. Gli sorrisi dolcemente.
Ricambiò e si alzò dal divano, avvicinandosi ad un mobile sul quale erano posati diversi vinili ed un giradischi.
Afferrò un vinile da dodici pollici [1*] e lo mise attentamente sul giradischi, posizionò la testina di lettura e lo fece partire.
Delle dolci note classiche cominciarono a risuonare nella stanza, mi chiesi che canzone fosse, visto che non avevo mai sentito una melodia come quella, ma non feci domande. Mi limitai semplicemente a stare seduta su quel divanetto comodo, rilassando i muscoli che avevo tesi e facendo un lieve respiro, alzai gli occhi verso lui.
Si era avvicinato di nuovo e si era seduto di fianco a me, facendo sfiorare le nostre cosce.
Mi osservò di sfuggita e con un pacato movimento, alzò il braccio, posandolo attorno a me, stringendomi a lui.
Non opposi resistenza, anzi, mi mossi dal mio posto così da poter essere ancora più vicina a lui, per poi posare finalmente il capo alla base del suo collo.
Lui canticchiava dolcemente le note della melodia che proveniva da quel giradischi, mentre io lo ascoltavo, assorta nei miei più profondi pensieri. Quasi non mi appisolai, tanto l'atmosfera era rilassata e tranquilla.
Percepii lui spostare di poco il capo per osservarmi ma io non mossi un muscolo, ero talmente stantia che sembravo addormentata. Solo il mio petto si muoveva, si alzava ed abbassava a ritmo del mio respiro. Fu proprio quello a permettermi di percepire il magnifico profumo che emanava Michael, ed ora che ero ancora più vicina a lui, esso si era intensificato.
Tutte le volte mi facevo la stessa domanda, alla quale non riuscivo mai a dare una risposta.
In ogni caso, per quel momento, decisi di non pensarci e di godermi quei pochi minuti di pace che avrebbero graziato la mia esistenza, anche se per brevi attimi.
La musica rimbombava dolcemente nei miei timpani; era molto che non ascoltavo un'opera classica, quasi mi ero dimenticata della loro esistenza.
Tutti i grandi del passato tornarono, sebbene per poco, nel nostro tempo e si fecero quasi vivi attraverso le loro stesse note. Era questo il potere di una melodia, di una semplice sinfonia, una canzone. Riportare in vita quelli che l'avevano persa molti anni prima. Era incredibile quello che poteva la musica.
Michael sembrava anche lui rapito e, come me, si mosse poco, era concentrato sul quel suono così soave che quasi riuscì a curare alcune ferite, a scacciare alcuni brutti pensieri. La nostra mente era pulita da ogni enigma, almeno in quel momento, ed entrambi stavamo percependo le note nella loro profondità e completezza.
L'ambiente intorno era talmente tranquillo che mi indusse a chiudere gli occhi, ed, essendo stanca per la lunga giornata passata, mi accorsi che mi stavo quasi addormentando.
Odiai me stessa per aver interrotto quel magnifico momento, ma non potei far altro che allontanarmi di poco da Michael per poi avvisarlo che sarei andata a dormire.
Si notava che anche lui era esausto, quindi non si oppose ma si limitò ad annuire ed alzarsi dal divano, per spegnere il giradischi e cessare quella musica.
Mi avviai alle scale seguita da lui, il quale mi stava molto vicino.
Notai che mi seguì al mio piano fino alla porta della stanza nella quale avrei dormito.
Sorrisi leggermente, essendo girata di spalle, lui non poteva vedermi.
Sorrisi alla sua gentilezza; nonostante egli fosse stato stanco, decise comunque di accompagnarmi alla stanza per darmi la buonanotte.
Appena arrivati davanti alla porta, la quale era leggermente socchiusa e dove si intravedeva l'interno della stanza, mi voltai verso di lui, sorridendo.
Non sapeva cosa dire, stava semplicemente lì in piedi, senza fiatare, mi osservava il viso con un dolce sorriso stampato sulle labbra ed il respiro calmo, quasi impercettibile.
Titubante, alzò una mano e la posò sulla mia spalla, per poi strofinarla lentamente avanti e indietro.
«Mi sono divertito oggi.» parlò con il sorriso.
Ricambiai ed annuii lentamente.
«Anche io.» mi feci avanti timidamente. «Grazie mille, Michael.» posai la mia mano sulla sua, la quale si bloccò dalle lente mosse che stava compiendo vicino alla mia clavicola.
Lui semplicemente sorrise, come faceva sempre, ma mi bastava questo, un solo suo sorriso era abbastanza per farmi stare pacata, per farmi stare tranquilla e per capire che anche lui stava bene.
Avvicinò le nostre dita e le intrecciò le une con le altre, non opposi resistenza.
Quest'uomo davvero mi attraeva a sé in un modo incomprensibile.
Non credevo di essere innamorata di lui, ma allora perché mi sentivo così talmente vicina a lui che ogni volta che egli mi era di fianco, era come se mi esplodesse il cuore.
Non sapevo cosa fare, cosa dire, quale mossa sarebbe stata la prossima, ma non c'era bisogno di saperlo, i nostri occhi ed i nostri sorrisi stavano facendo tutto.
Le mie iridi erano timide, lo guardavo dal basso all'alto come si osserva una statua in un museo, mentre il suo sguardo era deciso, concentrato su di me e nient'altro.
Mi guardava dall'alto, come se fossi stata la cosa più piccola e preziosa che lui avesse mai visto.
Si vedeva che sentiva l'urgente bisogno di toccarmi, ormai, le nostre dita concatenate non erano più abbastanza. Voleva di più.
Infatti, non molto dopo, egli allungò l'altra mano e la posò lentamente sulla mia guancia, non volendo affrettare troppo le cose. Con il pollice mi toccò dolcemente lo zigomo, carezzandomi con l'attenzione di un genitore per il figlio appena nato.
Spostò il dito e mi carezzò poi il labbro inferiore. Esso non tremava più, esplorato superficialmente dal suo pollice.
Tornò sull'angolo della mia bocca, il quale era leggermente alzato, a descrivere un lievissimo sorrisino.
Mi guardava il mento e il punto dove aveva posato il suo pollice, esplorava la mia pelle come un radar esplora i cieli, non ne tralasciava neanche un millimetro.
I miei occhi, invece, vagavano insistentemente per il suo viso, contemplandone la perfezione, cercando, talvolta, anche lo sguardo suo, impegnato, però, in altro.
Mi osservò le labbra per ancora qualche istante, per poi sollevare di poco il capo e riuscire ad unire di nuovo il suo sguardo con il mio.
Lentamente, scostò la sua mano da poco sopra la mia mascella, per poi farla cadere a lato del sul corpo.
Era una mossa inaspettata, ma giusta.
Anche le nostre dita, le quali erano unite insieme, si divisero.
«B- Buonanotte, Michael.» balbettai per le forti emozioni che egli mi aveva fatto provare in quei pochi istanti.
Mi prese di nuovo la mano nella sua e la alzò, portadosela poco sotto al suo viso.
«Buonanotte, Dalila.»
Ne baciò il dorso, chiudendo di poco gli occhi, per poi riaprirli subito e guardare nei miei.
Nessun uomo prima di allora aveva fatto quel gesto con me, solo lui. L'aveva già fatto, ma era come se fosse stata la prima volta. Non capivo perché mi agitavo così tanto, del resto, era un semplicissimo gesto, ma lui, lui era diverso.
Michael mi trattò come una regina, più che una semplice ospite.
Mi sentii estremamente apprezzata e questo sentimento mi fece sentire una vera donna.
In ogni caso, ero in conflitto con me stessa perché non sapevo davvero come trattare Michael, se provavo davvero qualcosa per lui o se tutto quello che sentivo era solo un falso allarme o semplice amicizia. Ero molto confusa, e più stavo con Michael, più la mia confusione aumentava.
Sapevo che lui provava qualcosa per me, lui stesso aveva avuto modo di darmene la certezza, ma a volte sembrava che tentasse di tenere le distanze da me, sembrava che cercasse di allontanarsi, nonostante mi avesse invitata a casa sua.
Era più distaccato del normale ed era strano vederlo così, forse cercava di convincersi che io non provavo niente per lui e che sarebbe stato inutile continuare a provare, ma la verità era che io non sapevo che cosa provavo per lui, non lo capivo.
Come facevo a capire se ero innamorata di lui o no?
Che cosa avrei dovuto fare per capire se la scintilla era scattata o no?
Quando c'era lui, mi sentivo strana, diversa, ma non capivo se essa fosse stata una sensazione positiva, o se semplicemente mi sentivo in soggezione, a disagio.
Avevo ancora bisogno di tempo.
Mi lasciò lentamente la mano, la quale cadde a lato del mio corpo, per poi tirarsi dritto e sorridermi. Era alto, molto più alto di me, la sua figura sovrastava decisamente la mia. Ero minuscola in confronto a lui, ma forse era la cosa migliore; in questo modo, mi sentivo anche protetta quando ero intorno a lui.
I nostri sentimenti eguagliavano le nostre altezze. Io ero timida, chiusa in me stessa, il quale mi rendeva ancora più piccola, invece Michael, lui era sicuro di sé, attento, il suo sguardo cercava il mio, ma in un modo dolce, comprensivo, non risoluto, non voleva spingermi a fare nulla, voleva solo che mi degnassi di guardarlo, ma non era facile.
Espirò e si arrese all'idea che i miei occhi non si sarebbero alzati.
«Buonanotte.» quasi sussurrò, facendo un passo indietro per poi darmi le spalle ed avviarsi verso le scale per andare in camera sua.
Ero stata scortese, lo avevo praticamente evitato, lo avevo ignorato e lui, probabilmente, si era offeso, ma non lo meritava, era un uomo troppo buono per provare sentimenti negativi.
Dovevo fare qualcosa.
«Michael!» lo chiamai, e lui si bloccò prima che facesse il primo scalino. Si voltò verso di me e mi fece un lieve sorriso.
Mi avvicinai a lui facendo un piccola corsetta.
Molto probabilmente non si aspettava mi avvicinassi più di tanto al suo corpo, ma lo feci in ogni caso.
I nostri nasi si sfiorarono e gli baciai la guancia, lentamente, dolcemente.
Egli sospirò ed anche io ero agitata.
Avvicinai le labbra al suo orecchio e sussurrai «Grazie, Michael.»
Lui avvolse inaspettatamente le braccia attorno a me e mi spinse più vicina a lui, il che mi fece appoggiare i palmi delle mani sul suo torace.
Quando capii che mi stava abbracciando, le feci scivolare sulla sua schiena e lo strinsi delicatamente a me.
L'uomo che stavo tenendo attaccato al mio corpo era lo stesso uomo che pochi giorni prima mi aveva confessato il suo amore per me.
Spostai di poco la testa e posai la guancia sinistra sul suo petto, lui mi teneva stretta, non voleva lasciarmi andare e neanche io volevo lasciarlo.
Inspirai il suo dolce profumo e rilassai i miei muscoli, chiudendo gli occhi. Stavo bene abbracciata a lui, non provavo più ansia o agitazione, stavo bene, ero tranquilla.
Per me, quell'abbraccio significava molto.
Ero contenta che lui riusciva a darmi tutte quelle attenzioni, ma allo stesso tempo mi sentivo in colpa.
Avevo paura che tutti quei gesti, quegli abbracci profondi, quei baci sulla guancia e le rare effusioni che ci facevamo potessero essere un modo attraverso il quale Michael potesse illudersi. Ma io non lo stavo prendendo in giro, non volevo illuderlo, non era assolutamente mia intenzione. Io gli volevo bene, e quello era un modo per farglielo capire, per comunicarglielo.
Volevo che sapesse che gli ero vicina e che poteva contare sempre su di me.
E che forse in futuro, ci sarebbe stato più di una semplice amicizia tra di noi.
Rimanemmo chiusi in quell'abbraccio per qualche minuto, forse dieci o quindici, non ci feci molto caso. Egli mi lasciò un bacio tra i capelli e io alzai la testa per poi guardarlo negli occhi. Ci allontanammo di poco e lentamente ci separammo, sorridendoci timidamente.
«Va a riposarti, Dali. Ci vediamo domani mattina.» mi sfiorò la guancia e mi toccò una ciocca di capelli per poi portarmela dietro l'orecchio.
Annuii lentamente ed abbassai lo sguardo.
Lo alzai di nuovo e ci guardammo negli occhi per qualche secondo per poi sorridere ancora e tornare nella mia stanza, con un sorriso a trentadue denti.
Eravamo come due amanti segreti, che dopo un incontro amoroso, si separavano per tornare alla loro normalità; la ragazza tornava alla sua solitudine completata dalle memorie che egli le aveva donato, mentre lui, tornato dalla fastidiosa moglie, passava la notte sveglio a bramare il tocco della pelle della fidanzata segreta con la sua, sognando solo ed esclusivamente lei, nessun altro.
Arrivai alla porta della mia stanza, entrai e la chiusi dietro di me.
Mi morsi il labbro, essendo consapevole che Michael mi aveva seguita con lo sguardo per tutto il tempo.
Espirai e mi sentii libera da un grande peso.
Ero sicura che quella notte avrei dormito felice.
[1*]