Vi è mai capitato di guardarvi indietro e di non ricordare con esattezza chi eravate prima di lui? A me sì. Credo succeda quando la tua essenza si mischia a quella di qualcun altro, è strano ma ciò accade all'improvviso eppure così gradualmente. Senti perfettamente come di giorno in giorno, quel legame frutto di una serie di fortuite coincidenze si fa più intenso, senti quanto è forte eppure non fai nulla per arrestarlo. Pendi da quelle labbra invisibili e brami quella presenza più di qualsiasi cosa tu abbia mai bramato prima. È così che nascono due metà della stessa mela. Indissolubili e imprescindibili. Spesso mi sono chiesta se questa mia attitudine non fosse mia soltanto, se c'entrasse la giovane età, la mia scarsa conoscenza del mondo, o se magari una mia essenza io non ce l'avessi affatto. La mia è sempre stata una visione romantica, romanzata dell'amore. E quanto alla mia indipendenza, mi stavo solo illudendo. Io non mi percepivo affatto come un intero. Vagavo inconsciamente alla ricerca di quella metà mancante, strappata alla nascita, vitale per la mia stessa sopravvivenza. Questo si traduce essenzialmente in dipendenza. Io non stavo cercando l'amore nella sua forma più pura e disinteressata, ma qualcuno che colmasse il mio vuoto interiore, e questo non mi avrebbe mai permesso di amare, non nella maniera sana a cui si auspica. Finché lui sarebbe stato l'altra metà della mela, e non una mela e basta, io non mi sarei sentita appagata e felice. Avevo incanalato male le mie energie, e la piega che la mia vita stava prendendo era piena di grinze, imperfezioni sorte solo dopo, a viaggio intrapreso. E così mio malgrado ho compreso una triste verità. L'amore non costituisce un vuoto da colmare bensì una congiunzione, il famoso incastro perfetto, e tutto questo è possibile in un caso soltanto: rispettando la regola della triade. Unicità, libertà e completezza. Solo allora, si potrà parlare di amore.