0. Prologo

3.1K 236 336
                                    


Regge il Diavolo i fili che ci muovono!
Baudelaire 




Lesath ha l'impellente bisogno di ucciderla. Ha gli occhi iniettati di sangue, ha perso la sua parte umana e insegue quella animale, sadica. Aspetta l'arrivo della carne da dilaniare, divorare.

Lesath è follia, magia e inganno. Non ha idea di quale trucco l'abbia spedito in vacanza all'inferno, lui che è abile a far comparire e scomparire oggetti con menzogne deboli, ma studiate nel dettaglio, apprese con l'esercizio, fino a quando le carte e le monete sono diventate un'estensione di sé.

È confuso, sente il cervello pulsare contro le ossa del cranio e avverte quella sete, quel bisogno di sfamarsi di lei.

Non sa nemmeno chi diavolo sia, lei, però sa che danza con le meduse e con i mostri degli abissi.

Continua a sognarla da tre mesi.

Lo distrae quando è sul palco e i suoi trucchi tentennano. I ricordi di quei crepuscoli troppo lunghi salgono in superficie e Lesath vede solo il sangue, si confonde con il rosso del sole che muore e si scioglie nell'acqua torbida dei sogni.

In quella dimensione onirica tutto è possibile. Gli basta immaginare un'arma per averla fra le mani; quello che fa comparire ogni volta è qualcosa di letale, capace di tagliare e uccidere, spezzare e distruggere.

In quei tre mesi le ha provate tutte. L'ha uccisa un centinaio di volte e ha compreso che quella sete non si eclisserà mai.

Pensava che sarebbe bastato uccidere quel demone dall'aria angelica per liberarsi dal limbo onirico.

Non funziona mai. Lei è tornata, torna ogni notte.

Quando cala il buio Lesath sente le sue lacrime, gocciolano oltre le ciglia scure, graffiano il viso bianco e scuriscono le guance rosa, perdono colore e si spengono in un paio d'attimi.

Lei scappa, fugge lontano, corre fino a non avere più fiato. E lui la segue, la cattura, la stringe.

La uccide.

La uccide ogni notte, dopo ogni tramonto.

E lei ritorna sempre, ha paura.

Vorrebbe starle lontano invece è sempre lì, nella sua testa; è una cupa ossessione, un malsano cancro che divora i sentimenti e le stelle, lascia solo il buio placido.

Ci saranno nuovi giorni, ma anche nuove notti.

Ci saranno nuovi sguardi confusi, nuove pupille tremolanti, nuove urla, nuove morti. Lesath lo sa, sono tre mesi che questa storia va avanti.

Profumo di vuoto e di morte. E di fiori, di crisantemi bianchi.

Questa notte non è diverso. Lesath è in piedi, le iridi trasparenti come il vetro saettano da una parte all'altra dell'abisso. È tutto buio, ma c'è lei con il suo vestito a quadri rossi e bianchi, e Lesath ha freddo quando vede la pelle pallida e ha caldo quando le dita si stringono intorno alla gola.

È stanco, non ha più voglia di lottare con lei – di nuovo. Ha bisogno di dormire. Domani potrà essere più aggressivo, ma questa notte vuole solo sentire la sua pelle sotto le unghie e chiedersi se sia reale, se da qualche parte lei esista davvero.

Non parla mai, urla soltanto. La sua bocca si spalanca, annaspa in cerca di aria. Le mani di Lesath premono con forza, le mozzano il respiro. Le gambe scalciano, cercano di colpirlo – ci riesce, fa male.

Sembra reale, ma Lesath continua a stringere, e stringere, e stringere. La guarda negli occhi. Sono neri, scuri, ombre e chiodi sporchi di ruggine. Assiste al modo in cui il tono rosato delle guance svanisce, muore, soppresso da un grigiore che inizia a stargli stretto.

Lei è un caleidoscopio di colori che si spengono nel bianco, nel nulla.

Muore, ancora, e allora Lesath è libero di tornare indietro.

Non ricorda nemmeno come quei sogni siano iniziati, quando hanno cominciato a tormentarlo.

Lo hanno trasformato in un guscio vuoto. Ogni notte si addormenta consapevole di doverla uccidere. Non ne conosce la ragione, sa solo che appena la vede ha bisogno di farla a pezzi. Vuole distruggerla, disintegrarla una volta per tutte ed essere liberato da quella tortura.

Lesath sa che lei non esiste, nel mondo reale. Non l'ha mai vista, non l'ha mai incontrata fuori dal limbo. Se esistesse, forse insieme sarebbero un miscuglio così insolito da danzare nei cimiteri, da bere una birra su una lapide anonima e ridere leggendo com'è morto l'individuo d'ossa e polvere che giace sotto il terreno e la neve. Sarebbero folli, dannati e senza limiti.

Lesath ruberebbe i fiori secchi sulla tomba di un cadavere per regalarli a lei.

Non esiste, ne è certo, ma se esistesse allora dovrebbe trovarla e ucciderla.

Ha bisogno di una soluzione prima che si assopisca tutta la sua sanità mentale.

Non riesce più a essere lucido, non riesce a fare i trucchi di magia con la stessa concentrazione di prima.

Lei è nella sua testa. È torbida ossessione, è cupa follia, è insano desiderio di disintegrarla ogni notte, e al tempo stesso vuole divorarla per impedire che possa tornare indietro e farsi spezzare ancora e ancora, in un ciclo infinito e ricolmo di sangue che sgorga da ogni arteria strappata. Vorrebbe lacerarle la pelle con i denti. Forse lo farà, la notte successiva. Se la divora e non ne lascia nemmeno una goccia non potrà rigenerarsi, non potrà tornare.

Lesath ci spera, ma sono solo speranze amare.

Ormai vive tutto il giorno chiedendosi come la ucciderà. Aspetta il crepuscolo per annientarla, quasi come se fosse uno specchio di vetro da mandare in frantumi. Nient'altro sfiora i suoi pensieri, solo lei, lei e i suoi capelli sottili e scuri, lei che è così lontana dai tratti tipici del Nord, lei che non ha gli occhi pallidi ma neri, abissi in cui smarrisce i sentimenti.

Ha provato a farla tacere, ha tentato di sopprimere i sogni e il sangue.

Ha tentato con vari rimedi, persino fumare una canna insieme a Elias – un ragazzo smilzo e gracile, capace di camminare su sottili corde sospese nell'aria – e non ha funzionato.

Ha detto a sua madre che di aver bisogno di vedere un medico. Ha creduto di avere il cancro al cervello, finché non è stato rassicurato dai dottori: non ha niente di sbagliato, malato, marcio. Anzi, è sano, anche troppo.

Gli hanno suggerito di vedere uno strizzacervelli, ha tenuto in considerazione quella possibilità per un paio di giorni. Ha detto a sua madre che di sentirsi meglio, gli incubi sono spariti. Non è vero, ovviamente; non ha funzionato.

Lesath è stanco, non vuole più vederla, non vuole che le entri ancora in testa e al tempo stesso non vede l'ora di ucciderla un'altra volta, un'altra ancora.

Gli incubi di chi non dorme | WATTYS 2020 WINNERWhere stories live. Discover now