สามสิบสอง (S̄āms̄ib s̄xng)

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Quella per Lhong non sarebbe stata una mattinata a come tutte le altre. La notte trascorsa si era dimostrata più intensa delle altre lasciandolo senza forze e voglia di uscire dal letto. Se ne stava rannicchiato nel piumone mentre i brividi e i sudori della sera precedente appestavano la sua stanza piena di scatoloni con un tanfo terribile.

Doveva almeno trovare il coraggio di alzarsi e lavarsi, poi il calvario del trasloco avrebbe di nuovo occupato la sua giornata. Ma Lhong non riusciva proprio a muoversi in quel momento.

Sapeva che il ritorno in Thailandia era inevitabile prima o poi, ma non immaginava che si sarebbe presentato così in fretta.

In quel momento le urla che provenivano dal piano inferiore gli impedivano di prendere qualsiasi decisione sul da farsi. Inutilmente tentava di scacciare quei suoni tappandosi le orecchie, ma la voce alterata di suo cognato Hans e quella rotta dal pianto di sua sorella lo colpivano nei timpani come tante frustate.
"Non ne posso più! Non voglio passare la mia vita a correre appresso a quel pazzo di tuo fratello" gridava Hans in preda alla collera "Sono stanco! Lo capisci sono stanco. Ho fatto tutto quello che mi hai chiesto, l'ho accolto in casa mia, ho sopportato tutte le sue crisi, e adesso mi chiedi anche questo?" L'uomo in preda ad una collera incontrollabile inveiva contro quel ragazzino che gli stava rovinando non solo il matrimonio, ma l'intera vita. L'ultima goccia era stata la richiesta della moglie di lasciare la Germania per tornare in Thailandia. Secondo gli specialisti per poter affrontare un sano processo di guarigione, Lhong doveva poter tornare a vivere nel suo paese natale. Il cambiamento radicale di nazione, usi e costumi non lo stava portando a raggiungere traguardi positivi anzi il suo stato psicofisico ne stava risentendo parecchio. E così Hans si era trovato a dover abbandonare tutto. Stava ritto davanti alla credenza della cucina ad inscatolare piatti e stoviglie da spedire nella loro nuova casa mentre Jeab non faceva altro che rimbeccarlo sul fare attenzione a non rompere nulla e sulle spese da sostenere per il trasferimento. Infine, pieno d'irritazione l'uomo era scoppiato ed inevitabilmente il pretesto di un bicchiere rotto involontariamente lo aveva portato ad affrontare il nocciolo della questione.

Quel maledetto ragazzino ingestibile, criminale e completamente folle.
"Per colpa sua mi ritrovo in questa situazione, non capisci quanto sia frustante per me tutto questo? Amo il mio lavoro, l'azienda dove sono, la mia città e tu mi stai chiedendo di lasciare tutto per lui. Scusami tanto se non sto facendo i salti di gioia. Almeno io non sono un'ipocrita come te. Fingi che tutto vada bene, ma ammettilo quanto ti costa tutto ciò. Perché devo essere sempre io a passare per il cattivo?" Le parole gli sgorgavano dalla bocca senza filtri.

Jeab continuava a chiedergli di abbassare il tono della voce per evitare che Lhong li sentisse.

Tutto quello di cui aveva bisogno suo fratello in quel momento era di essere amato e compreso e lei, da sorella maggiore e unico membro della famiglia disposta ad occuparsene, si sentiva in dovere di accettare tutte le difficoltà e le privazioni a cui sarebbero andati incontro.

Perché suo marito, che professava tanto ardentemente il suo amore, non poteva accettare quella situazione? Doveva trovare per forza un pretesto per litigare anche quella mattinata a pochi giorni dalla partenza?
"Quello non si degna nemmeno di aiutare, sono più i giorni che resta a letto a poltrire. Senza contare che non ci fa nemmeno dormire la notte" continuava a sbraitare l'uomo. "Devi accettare la realtà
tuo fratello è pazzo, matto da legare! Lo sai dove dovrebbe stare? Lo sai?"

"No! dimmelo tu dove dovrei stare!".

Lhong si era alzato ed ora se ne stava con i pugni chiusi e la rabbia che saliva in piedi davanti a suo cognato.
" Ah... Il principino ci ha degnato della sua presenza" lo canzonò l'uomo "hai deciso di tirare fuori le palle e affrontare il mondo?" "Adesso basta Hans.

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