Capitolo 26- Serra

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«Amelie»

Thomas Dowen mi stava osservando.

"È ancora più bello di come ricordavo".

«Siete l'ultima persona che avrei pensato di trovare qui».

Lo osservai attentamente. Provavo sentimenti contrastanti in quel momento: mi sentivo gioiosa e intimorita nel trovarmelo davanti così bello e profumato ma anche irritata e nervosa perché non mi aveva più cercata.

«Prendevo una boccata d'aria, milord» risposi, appoggiandomi all'ombrellino.

«Come vi sentite? Mi hanno riferito del vostro malore» chiese, avvicinandosi.

«Mi sento ancora debole» mormorai.
In verità il senso di spossatezza era sparito così come la paura.

Solo la ruvida carta che sentivo sul mio petto mi ricordava cosa stessi facendo nella serra a quell'ora tarda. "Per di più in compagnia di un uomo".

«Con il vostro permesso, tornerei nelle mie stanze ora».

Feci per passargli accanto ma Thomas mi afferrò per il braccio. «Dov'è la vostra cameriera?»

«Sono sola, milord».

«Posso accompagnarvi allora? Lasciate che mi occupi di voi» si offrì, del tutto inaspettatamente.

«Milord, sto bene» ma lui sembrò non sentire le mie parole. O non volle.
Mi prese la mano e se la portò alle labbra. «Mi siete mancata».

Le parole mi uscirono di getto. «Anche voi, milord. Vi eravate forse perso?»

«Ciò che importa è che abbia ritrovato la strada. E la percorreremo insieme» rispose, serio.

«Che cosa intendete?»

«Fuggiamo Amelie» rivelò guardandomi negli occhi.
Il tono imperativo e la sua espressione risoluta, così come la luce nel suo sguardo, mi sorpresero e mi frenarono.
«Sarete finalmente libera».

«Milord...»

Ma lui mi zittì posando un dito sulle mie labbra. «Penserò a tutto io, ma chèrie. Voi dovete solo accettare».

«Non vi siete fatto sentire per tutto questo tempo ed io ho dovuto...»

«Ho certamente le mie colpe Amelie, ma vi prometto che non me ne andrò più da ora in poi. Staremo insieme. Per sempre».

Mi afferrò delicatamente per le spalle ed il suo viso si avvicinava sempre più ma, questa volta, fui io ad interromperlo.

«Milord, devo rivelarvi una cosa. Ci sono buone notizie».

Egli si fermò all'istante e mi rivolse tutta la sua attenzione.

«Ho le prove. L'amante di vostro fratello è un'assassina e sono sicura che Edwin ne sia coinvolto. Nessuno potrà più obbligarmi a sposarlo»

Il nobiluomo mi lasciò andare. «Oh Amelie, non illudetevi. I nostri genitori non vi lasceranno mai libera».

Mi diede le spalle e percorse a grandi passi il piccolo laboratorio. «Se solo le cose fossero andate come dovevano» mormorava di tanto in tanto.

«Thomas?» chiesi, usando il suo nome di battesimo. In quel piccolo spazio dove eravamo solo noi due, qualcosa mi spinse a dargli quella confidenza che il Ton non ci avrebbe mai permesso in altre situazioni.

«Voi eravate destinata a me».

«Come?»

Un sorriso amaro e dolce allo stesso tempo. «Prima che Enrichetta morisse, c'era il mio nome su quel contratto»

Dovetti ripetere più volte quell'affermazione tra me e me perché potessi capirla appieno. «Voi ed io...»

«Saremmo diventati marito e moglie. Poi Henrichetta morì e tutto cambiò».

Thomas tornò ad abbracciarmi. «Per questo dovremmo scappare. Il destino ci aveva scelto ancor prima che ci conoscessimo, Amelie».

«Ci ha giocato un brutto scherzo però».

«L'amore vince su tutto. Ed io vi amo».

Questa rivelazione era troppo: troppo immediata, troppo superficiale. Troppo.

«Disse il mio quasi cognato» replicai ironica. «Un innamorato sarebbe venuto a farmi visita o per lo meno avrebbe scritto. Voi invece mi avete abbandonato in questa situazione».

«Ve la siete cavata più che bene».

«Ho cucito ben cento fazzoletti, creato e organizzato le decorazioni per non parlare del vestito che è già pronto da settimane. Perfino il sacerdote sta già diffondendo l'annuncio tra i suoi paesani e voi cosa mi dite? Che me la sto cavando bene?» risposi, furente.

Lui alzò le mani. «Calmatevi, Amelie. Vi chiedo perdono per la mia assenza ma posso giurarvi che non v'è passato giorno che non pensassi a voi».

«Oh di grazia e cosa avete mai pensato?»

«All'unica possibilità. Fuggire».

«Impossibile» risposi, testarda.

«Non lo è, ma chèrie. Potremmo agire proprio a ridosso del matrimonio quando tutti saranno occupati. La sera della cena. Perfino Elizabeth stessa e mio padre saranno impegnati nell'accogliere gli ospiti. Nessuno farà caso a una donna che esce dal maniero a cavallo, magari vestita da cameriera» ipotizzò.

Dovevo scappare?

Cosa ne sarebbe stato poi di mio padre e della reputazione della mia famiglia? Valeva la pena scappare solo per poter stare con Thomas?

«Vorreste abbandonare le nostre famiglie?»

«Non credo che possiate dare alcun dispiacere a vostro padre. In fin dei conti sposerete comunque un Dowen».

«Sposare?». Non riuscivo a credere alle mie orecchie.

«Amelie. Mi sembrava chiaro. Non vi farei mai fuggire se non avessi idee serie e onorevoli»

"Come complicare le cose" riflettei, ironica.

Sposare lui e non Edwin. Certamente la cosa mi sarebbe piaciuta alquanto e a mio padre non sarebbe poi cambiato molto.
Ma...avremmo potuto sfidare così tanto il destino? E il Ton del Paese e le malelingue?

Ero in preda a timori e dubbi mentre Thomas sembrava del tutto tranquillo.
Mi prese la mano, se l'appoggiò al gomito e mi diresse verso l'uscita della serra.
«Attendete mie notizie, Amelie».

Il nobiluomo mi riaccompagnò in camera e, prima di lasciarmi per la notte, mi diede un delicato baciamano.

La serata però non si poteva definire conclusa poiché, seduta sul letto, mi attendeva Dana.

Angolo autrice
Boom! Il contratto matrimoniale fu cambiato subito dopo la morte di Henrichetta! Ve lo sareste immaginato? E poi...vogliamo parlare del piano folle di Thomas? Far scappare Amelie? Che ne pensate??

Intrigo a CorteWhere stories live. Discover now