Capitolo 27 - Linguaggio nascosto

1.9K 119 13
                                    


«Oh Amelie! Cosa fate in piedi?». Si preoccupò lei, abbracciandomi e toccandomi il viso più volte. «Sono corsa qui appena ho saputo. Come vi sentite?»

Sedetti sul letto, esausta. «Sto bene, sorella».

«Eravamo così preoccupati! Ma che cosa vi è successo?»

Le raccontai tutto, della scomparsa del set da cucito, dell'ago e del malore.

«Pensavo che in questa casa foste al sicuro» rispose, preoccupata.

«E non è tutto. Percy, il giardiniere, ha avvelenato la punta del mio ago da cucito».

«Che cosa?» chiese, del tutto sorpresa.

«È sempre stato un burattino nelle mani di miss Harty».

Estrassi le lettere e gliele porsi. «Queste sono le prove. Ero nel suo laboratorio questa sera».

E così, mentre fuori cominciava a piovere, noi studiammo ogni singola parola e ogni virgola di quei documenti.

«Questa lettera parla di sementi di papavero» mi comunicò Dana. Il suo cipiglio era sconcertato e incredulo.

«La mia chiede consiglio su quali fiori regalare per il matrimonio di lady Artie».

Mia sorella scartò la lettera che aveva in mano e ne prese un'altra. «Un arbusto di menta».

«Deve esserci dell'altro» sussurrai a me stessa, gettando a terra il pezzo di carta inutile.

Ma più ci addentravamo nella lettura e più la ritenevamo inutile e del tutto superflua.

Perfino la brezza notturna non ci aiutò quella sera. Non si sentiva alcun refrigerio all'interno della stanza illuminata da una trentina di candele.

«In quest'altra ancora parla di un albero di limone alto quanto una palma...» 

Sentivo la stanchezza che, piano piano, mi pervadeva e tenere gli occhi aperti era sempre più difficile. Presi allora la candela accanto al letto e l'avvicinai alla lettera che stavo leggendo. Fu allora che Dana ebbe un sussulto eccitato.

«Amelie! Quella lettera nasconde qualcosa! Perché non ci ho pensato prima?! A corte succede molto spesso». Mi rubò la candela di mano e la accostò alla sua lettera. «Il messaggio è stato scritto con il succo di limone!».

«Semplice e astuto» convenni.

«Florence accusa apertamente Enrichetta di averle rubato l'uomo. Il suo destino lo chiama. Ordina a Percy di preparare una bevanda a base di... non riesco a leggere il nome. Provate voi».

Riuscii a scorgere le parole dal colore tenue cariche di amore e devozione verso Percy e di odio verso la Marchesa. Ed ecco che, verso la fine, ritrovai.

«Passiflora» lessi, rabbrividendo.

«Dobbiamo tenere queste lettere al sicuro, Amelie. Nessuno deve sapere della loro esistenza per il momento».

Passammo in rassegna le lettere che avevamo scartato poco prima usando la stessa candela ma in nessuna veniva nominato il mio nome. Sconsolata, sospirai. «Questo dimostra solo che ha architettato la dipartita di Henrichetta. Non la mia».

«Non disperate. Abbiamo ancora queste» mi rivelò, indicando altre cinque lettere che erano ripiegate in modo bizzarro, così simili a piccoli quadratini, che non avevo visto prima. Con il cuore pieno di speranza, aprii il primo foglio di carta e lo passai a Dana. Volevo poi prenderne un secondo quando notai il suo cambiamento.

«Amelie...» sussurrò, drizzando la schiena.

«L'avete trovata, vero?»

Lei annuì e mi passò la lettera. Quei caratteri esprimevano odio e disprezzo nero su bianco, offendendomi e pregando per una malattia permanente che mi tenesse lontano da Edwin.

Intrigo a CorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora