38. Min-Ho

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Fisso la distesa di fango sotto di me senza emettere un fiato. 

La natura si è fermata e con lei anche il mio cuore.

I ragazzi sono seduti attorno a me come se volessero proteggermi, ma sanno anche loro che oramai quello che era stato deciso è già successo. Eppure non riesco a smettere di credere che ci sia ancora una speranza seppur flebile. 

"Min". Mi scuote Hyon. "Dovremo...". 

Non finisce la frase, non ce n'è bisogno. 

Lascio cadere la testa ormai vuota di tutto e con il tremore nelle mani compongo quel numero che non avrei mai voluto usare per una questione così importante. 

Solo uno squillo e poi ecco apparire quel viso che me ne ricorda un altro troppo bene. 

"Oddio Min. Stavo morendo, Eros non mi rispondeva. State bene?". 

E nella sua voce una montagna russa di emozioni che tra poco vedrà lo schianto davanti a sé. Avrei dovuto sapere che la notizia della catastrofe appena successa avrebbe fatto il giro del mondo, ma non immaginavo che lei l'avrebbe appresa prima da degli sconosciuti che da me.

"Emma". La voce mi esce debole, come se non mi appartenesse nemmeno.

Gli occhi le si riempiono in un istante di lacrime che traballano indecise se cadere o tornare indietro. Ma lei lo sa, ha già capito. 

"Min". Mi chiama, un suono rotto, spezzato. Ed ecco che il cuore torna a essere schiacciato dal rimorso. Avrei dovuto proteggere quell'unica persona che mi ha fatto brillare e invece non ne sono stato capace. 

"Vieni qui". Le dico solamente, incapace di ammettere i miei errori. "Ti faccio trovare i biglietti in aeroporto per il primo volo disponibile". 

La vedo annuire, le guance ormai bagnate. "Non vengo sola". 

Ed è il mio turno d'annuire. Devo delle spiegazioni a tutta la sua famiglia nonostante questa sia una catastrofe che non avrei mai potuto prevedere. 

La saluto accennando un sorriso che non mi appartiene e che non sento e poi chiudo la chiamata stremato. Perso nel rumore assordante delle lacrime che le ho visto cadere dagli occhi. 

E quando sento il braccio di Hyon stringersi attorno alle mie spalle mi butto su di lui e ricomincio a piangere. 

"Shhh". La mano sulla schiena che mi accarezza. "Ora calmati. I primi soccorsi sono già partiti".

Tiro su con il naso e poi mi asciugo il viso. "Voglio andare a cercarlo". 

Scuote la testa. "Impossibile. Nessuno te lo permetterebbe". 

"Ma...". Provo a dire, a contrastare le sue parole. Perché restare fermo a guardare e ad aspettare qualcosa mi sta logorando il cuore e la mente. 

"No. Io per primo non ti lascio andare. Non è un gioco, non puoi rischiare anche la tua vita". 

Le sue parole fanno male. E la vita di Eros allora? Non vale niente? Lui è lì fuori. L'amore della mia vita è disperso chissà dove in mezzo ai detriti e non voglio nemmeno pensare che sia sommerso dal fango, soffocato. "Io devo cercarlo". Ripeto, più duro. 

"Andremo a vedere nei campi allestiti per i soccorsi e negli ospedali. Chiederemo in giro, ma non ti permetterò di andare alla cieca in mezzo a quel disastro".

Mi strofino il viso, stremato. 

Non voglio dargli ragione perché farlo sarebbe come tirarmi indietro nei miei intenti, ma buttarmi alla ricerca di Eros senza sapere dove possa trovarsi è un'impresa per lo più impossibile. 

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