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ELIA

Mentre Eva mi tiene stretto tra le sue braccia e cerca di trattenere le lacrime per mostrarsi forte, mi rendo conto di quanto io sia stato stupido ed egoista a non dirglielo. L'ho fatto per proteggerla, ma ora sta peggio di quanto potessi mai immaginare. Mi sento estremamente in colpa e sento che non è giusto che lei soffra così. Non è giusto che noi soffriamo così. Così giovani e già in balia dei grandi tsunami che la vita ci riserva. La amo e la voglio al mio fianco, ma odio vederla in questo stato.
Domani andrò dal medico e gli chiederò se è possibile provare a farmi un trapianto. Lo devo a me stesso, lo devo ai miei genitori, a mia sorella e a Eva.

Penso sia passata qualche ora da quando siamo rannicchiati sul pavimento, abbracciati e tristi. Avevamo bisogno di questo, di silenzio e di stare tra le braccia l'una dell'altro. Ci alziamo indolenziti e lei esce dalla stanza per prima, avviandosi in bagno. Prendo i documenti stropicciati e li guardo, che colpo deve essere stato per lei venire a saperlo tramite degli stupidi documenti. Quando sono entrato in camera e l'ho vista in quello stato, il cuore mi si è spezzato. Non la vedevo stare così male da parecchio. Non se lo merita ed io non sono nessuno per darle un dispiacere così grande. Metto in ordine i documenti e li rimetto nell'armadio. Poi mi avvio verso la cucina, aspetterò che lei esca e mi parli.

Guardo l'orologio ed è quasi ora di cena, Tommaso starà per arrivare ed odio pensare a come reagirà Eva quando lo vedrà. Sa che Tommaso sapeva, solo lui sapeva, e non le è andata molto bene questa cosa. Credo si sia sentita offesa e in qualche modo, tradita.

Mentre cammino su e giù, ripenso a quanto sia stato orribile sentirla urlare contro di me in quel modo. L'ho delusa e non poco. A volte si fanno delle scelte, si prendono delle decisioni, credendo di fare il bene di qualcuno, mentre invece si ottiene l'effetto contrario. Vorrei tanto poter tornare indietro nel tempo e sistemare le cose, avremmo sofferto, pianto ed urlato di meno, se solo avessi agito diversamente.

<<Bene, cosa ti va di mangiare?>> Fa Eva entrando in cucina, ha gli occhi gonfi ed ha legato i capelli mostrando il suo viso arrossato.

<<Sinceramente non ho molta fame.>> Ammetto, ma lei non mi guarda. La vedo affannarsi ad aprire i mobili, a cercare di fare tutt'altro anziché guardarmi.

<<Sinceramente nemmeno io.>> Finalmente mi guarda, per un solo secondo i nostri sguardi si incrociano, poi distoglie lo sguardo. E' ancora sotto shock.

<<Tommaso starà per arrivare, magari aspettiamo lui.>> Propongo e lei annuisce.

Passiamo la seguente mezz'ora seduti accanto al tavolo, senza rivolgerci la parola e scambiandoci qualche occhiata rapida.

Finalmente sentiamo la chiave girare nella serratura della porta d'ingresso, Eva si precipita all'entrata ed io la seguo frettolosamente. Non voglio che litighi con Tommaso a causa mia.

<<Ciao stella, mi sei mancata.>> Lui la abbraccia, ma lei rimane impassibile al suo tocco. Immobile. Di ghiaccio. Lui mi guarda, saetta lo sguardo tra me e lei, confuso, cerca di comprendere cosa sia capitato. Poi viene da me e mi abbraccia.

<<Che succede?>> Sussurra.

<<Le ho parlato del cancro.>> Rispondo ugualmente sotto voce.

<<Tu cosa?>> Strilla ed Eva si volta a guardarci. Poi gira i tacchi e va a chiudersi in bagno.

<<Perché lo hai fatto?>> Mi domanda mentre chiude la porta dietro di se.

<<Non lo so, mi sentivo di farlo. Sono uscito e quando sono tornato a casa l'ho trovata con i documenti dell'ospedale tra le mani e lì non potevo mentire, quindi le ho detto la verità. E' sconvolta.>> Sospiro e vado a sedermi sul divano.

<<Hai fatto bene, sai come la penso in merito. Adesso è anche un po' incazzata, sicuramente le passerà.>> Tommaso mi raggiunge e mi da una pacca sulla spalla.

<<Già, lo spero. A te com'è andata? Hai scoperto qualcosa?>> Gli domando cercando di evitare di pensare ai singhiozzi di Eva che provengono dal bagno. Ha bisogno di stare da sola adesso.

<<Purtroppo sì. Mio fratello è Filippo. Filippo Colombo.>> Stringe i pugni lungo i fianchi ed io inizio a tossire, quasi mi strozzo con la mia stessa saliva.

<<Quel Filippo?>> Domando sconcertato. Com'è possibile?

<<Sì.>>

<<Ma com'è possibile? E' solo di un anno più piccolo.>>

<<Lo so, per questo voglio cercare di capire. Non mi importa di avere lui o i miei genitori biologici nella mia vita, voglio solo comprendere perché mi hanno abbandonato per poi procreare nuovamente subito dopo.>> Scrolla le spalle, come se si stesse liberando di un peso.

Ultimamente tutti noi abbiamo le spalle pesanti, ognuno di noi porta un carico diverso di sofferenza e spesso, parlarne, ci aiuta ad alleggerire il peso.

<<Per me devi scavare a fondo. Questa situazione mi è strana.>> Incrocio le braccia al petto e mi accorgo che Eva ha smesso di piangere.

<<Sono tornato con l'intenzione di chiedervi di accompagnarmi a Roma, ma non credo sia il caso adesso.>> Mi confessa indicando poi la porta del bagno, riferendosi ad Eva.

<<Magari tra qualche giorno. Oggi è stata una giornata pesante per tutti e tre.>> Sbuffo e mi chiedo quante notizie orribili dovremmo sorbirci ancora.

<<Sì, per ora lascio perdere.>> Annuisco e restiamo per un po' in silenzio. Poi vediamo Eva venire verso di noi.

<<Io, vorrei trasferirmi qui per un po', non voglio che tu stia da solo e voglio starti accanto il più possibile. Per voi va bene?>> Ci domanda, saettando lo sguardo tra me e Tommaso.

<<Non è necessario, tu hai la tua vita. L'università, le tue amiche, la tua casa. >> Le dico, cercando di tranquillizzarla, ma sembra che questo mio tentativo non serva a molto, visto che alza gli occhi al cielo.

<<Sinceramente, è necessario. Sei più importante tu.>> Quasi urla, ma cerca di contenersi.

<<Okay, okay. Per me va bene. Tommaso?>> Lui annuisce, capendo che ora come ora, non è il caso di aprire l'argomento "relazione".

<<Bene, allora vado a casa a fare la valigia. Sarò qui tra un paio d'ore. Non mi aspettate svegli.>> Ci saluta, prende la giacca e va via, sbattendo la porta dietro di se. Mi passo le mani sul viso sbuffando subito dopo.

<<Che situazione di merda.>> Dice Tommaso, leggendomi nel pensiero.

<<Vorrei che fosse un incubo e basta.>> Ma purtroppo, per quanto le situazioni siano brutte, questa è la vita reale, non un brutto sogno e , in quanto tale, dobbiamo affrontare le conseguenze di ogni nostra azione, belle o brutte che siano.


17 Metri sopra il livello del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora