♥A me che mi sono sentita in colpa,
che mi sarei voluta lamentare un po’ meno e agire un po’ di più, anche se non si può nulla contro la morte.
A me che non ho assaporato appieno e fino all’ultimo una persona.
A Sirius e Remus, che mi stanno aiutando, come io sto aiutando loro.
A te, che non hai mai saputo e saprai mai che scrivevo, ma questo capitolo l’ho scritto con te, per te e senza di te.♡«Scusami per ieri sera» disse Remus, entrando nella stanza.
Sirius era accovacciato per terra, girato di spalle. La schiena era contro il suo letto, il letto nel quale aveva dormito per sedici anni e che poi un giorno aveva abbandonato, sperando di non dormirci mai più.
«No, avevi ragione tu. Perdonami. Con la mia ironia del cazzo, ti ho ferito e mi dispiace ancora per come sia finita con la Vance, non avrei dovuto costringerti a parlare.»
«Non scusarti per quello. Non mi sono arrabbiato per la Vance, o meglio forse quello mi ha fatto scattare, ma poi ci ho riflettuto, mentre parlavo con Harry e ho capito tante cose.»
Remus raggiunse Sirius e gli si sedette accanto. «La prima è che sono arrabbiato con me stesso per come sono andate le cose.»
«Anche lei però…»
«Non parlo di Emmeline, parlavo di noi.»
Sirius guardò l’amico e sussurrò: «Remus, mi dispiace non so se posso ricambiare il tuo amore, sai mi piacciono le donne…»
«Sei un idiota!» esclamò Rem, dando una spallata all’altro. Sirius ricambiò, ridendo. «Stavo cercando di fare un discorso serio.»
Non era arrabbiato, anzi rideva anche lui.
«Mi dispiace di averti considerato la spia per tanti anni. Dodici anni precisamente. Ho dato peso alle voci che ti incolpavano, dopotutto non sapevo niente della storia del Custode Segreto…»
«Per colpa mia, James voleva dirtelo.»
«Sirius è andata così, non si può cambiare il passato. Non sto facendo questo discorso per accusarti di non esserti fidato, ti sto solo chiedendo scusa per quello che ho pensato io.»
Gli occhi grigi trovarono quelli marrone- dorati. Si guardarono per un attimo, poi Sirius mormorò: «Sai… in parte ho pensato che avresti capito…»
«Ho dubitato, non sono James…»
Gli erano tornate in mente le parole che aveva detto a Harry.
Lui era James. Io sono solo Remus.
«Ma sei Remus.»
Remus lo guardò non capendo. Sirius sospirò. «Sei Remus e tu perdonavi tutte le nostre malandrinate…»
«Sirius, pensavo avessi consegnato tuo fratello e sua moglie a Voldemort! Lily e James, capisci? E inoltre che avessi ucciso Peter e non so quanti Babbani…»
«Lo so, ma pensavo che tu avresti capito. Tu sapevi che, nonostante facessimo gli idioti, eravamo delle brave persone. Tu indagavi i cuori ed eri la mente del gruppo…»
Remus non sapeva cosa rispondere. Erano parole vere, ma non aveva voluto capire. Forse si era allontanato troppo da loro per capirli, tutto stava cambiando e non poteva essere cambiato anche Sirius? Si era risposto di sì quattordici anni prima, non aveva avuto dubbi.
«Mi sono fatto accecare dal dolore. In una notte avevo perso tutti, perché, nonostante mi fossi allontanato, voi rimanevate la mia famiglia. In una notte restavano un assassino e un reietto dei Malandrini del periodo d’oro. Dov’eravamo finiti, dov’erano finiti i quattro amici che credevano nel potere dell’amicizia?
Hai ragione: avrei dovuto essere il razionale Moony, mentre sono solo stato la bestia Lupin.»
Sirius mise una mano sulla spalla di Remus, come per consolarlo. Il tono di voce, quando parlò, suonò lugubre. «Non sono stato meglio di te, ho pensato che tu fossi la spia.»
«Lo so.»
«E basta? Non hai nulla da urlare… ieri sera eri arrabbiatissimo per la Vance e ora niente? In quei dodici anni mi avrai odiato per Lily, James e Peter e ora dici solo “Lo so”?»
Sirius quasi urlò nel porre la domanda, ma Remus rimase tranquillo. «Di cosa dovrei incolparti? Per non avermi detto del Custode? Non ti fidavi, punto. Si può cambiare la storia? No. Ieri sera ero arrabbiato? Sì, tanto, in parte con te, ma anche con me stesso, perché non ho capito…»
«Perché non ti arrabbi solo con me?» chiese Sirius, quasi arrabbiato. «Perché, cazzo?»
Remus scosse la testa. «Perché semplicemente non voglio. Non posso liberarti dal senso di colpa che senti. Anche se ora ti accusassi di non esserti fidato di me e di avermi creduto la spia, cosa cambierebbe? Niente, Pad…»
«Forse ora non cambierebbe, ma un tempo… se tu avessi saputo del Custode, avremmo potuto fermare Peter. Tu avresti trovato il modo per dimostrare di non essere la spia…»
Remus scosse la testa. Sul volto aveva un’espressione impassibile, calma, quasi innaturale, mentre il volto di Sirius ogni minuto perdeva la sua solita imperturbabilità. Era sconvolto. «Sirius, ti senti in colpa per la loro morte. Lo so, è quello che ti tormenta…»
«Certo!» esclamò il diretto interessato. «Non dovrei, cazzo? Sono stato io a consigliare loro Peter e non me, io! Avevo paura che Voldemort cercasse di colpire me per arrivare a loro, ma lui aveva già la sua spia.» Sottili lacrime scendevano dagli occhi di Sirius e lui se le asciugò con rabbia con le mani. «Sono stato sempre io a impedire a James di parlarti. Lily credeva che ti avessi consultato, capito? Credeva che avessimo parlato, invece, ho fatto tutto da solo. Sono sempre stato io… io li ho condannati a morte e ogni giorno ripenso a quella notte…» Sirius non riuscì più a parlare dal tanto che gli tremava la voce.
Remus gli mise una mano sulla spalla e disse: «Hai fatto delle scelte, che consideravi giuste. Nessuno ti può biasimare, io mi ero allontanato, tu eri la persona più vicina ai Potter e anche quella più in vista, Peter quello meno sospettabile. Hai agito in modo giusto…»
«Giusto, un corno!» esclamò Sirius, sbattendo una mano contro la propria gamba.
Remus gli prese la mano, prima che si colpisse di nuovo. «Basta, smettila. Non puoi continuare a punirti per questo. Non possiamo… non credi che io mi senta in colpa per averti creduto la spia? Certo. Ci sono state certe notti l’anno scorso, dove ti pensavo e non riuscivo a prendere sonno. Dopo dodici anni ho scoperto che eri innocente, ma eri comunque in fuga su un ippogrifo chissà dove, perché nessuno ci credeva. Loro non ti credevano, ma come potevo incazzarmi con tutta quella gente che ti additava come un assassino evaso da Azkaban? Non potevo, perché non ti avevo creduto innocente io per primo.»
«La vita fa schifo.» Sirius tirò via la mano dalla stretta di Remus e si asciugò altre lacrime che gli erano scivolate giù dagli occhi.
«No, la vita non fa schifo.» Remus scosse la testa, sebbene non ci credesse appieno alle parole che stava dicendo. Non ci credeva per se stesso, ma per Sirius sì, perché lui doveva andare avanti. «È una specie di ruota, che dà e toglie. Ad alcuni toglie più che ad altri, ma poi arriva sempre il momento in cui dà e bisogna vivere per quello. Un singolo momento di gioia va gustato come se fosse l’ultimo, perché potrebbe esserlo. Non credo di essermi gustato appieno l’ultimo momento con Lily o con James, non sapevo neanche che lo sarebbe stato. Ho sperato che vivessero, non pensavo che sarebbero morti, ma se tornassi indietro abbraccerei più forte Lily e starei più a lungo a parlare con James.»
Sirius parlò e ogni parola sembrava costargli tanto. «Li ho sentiti quella mattina. Erano preoccupati e leggermente nervosi, ma li erano sempre. Cercavano di sorridere per Harry, per non agitarlo. Lily diceva che percepiva quando erano maggiormente nervosi e piangeva come un matto. Erano loro. Non erano diversi, non erano strani…»
Remus annuì semplicemente. Lo sapeva, perché prima della tempesta il mare è calmo. Prima dell’uragano, nessuno si aspetta di perdere la casa. Neanche lui o i suoi genitori, quella sera di tanto tempo fa, qualche settimana prima del suo quinto compleanno, si sarebbero immaginati che venisse morso da un lupo mannaro.
«Volevo proteggerli e ho fatto solo un casino. Mi sento dannatamente in colpa» Sirius mise le mani davanti alla faccia e continuò. « Volevo vendicarli e ho fallito…»
«Padfoot, abbiamo. Non parlare al singolare, come se fosse solo la tua battaglia. Erano anche la mia migliore amica e uno dei miei migliori amici. Comunque… nonostante avrei voluto che Peter morisse per evitare il ritorno di Voldemort, devo ringraziare Harry per averci fermato.»
Sirius sollevò di scatto la testa e sgranò gli occhi umidi. «Perché? Avremmo dovuto vendicare…»
«Proprio per quello. La vendetta non porta mai da nessuna parte. Non ci avrebbe ridato James e Lily, ma ci avrebbe macchiato di una colpa uguale a quella di Peter. Siamo i Malandrini e non importa se siamo solo in due, l’amicizia è il nostro valore primario. Portiamo avanti la fiducia di James, anche se non siamo lui…» Remus sorrise, pur avendo gli occhi lucidi. «Basterà che io ti ricordi che sei Sirius, non un Black, ma un Potter oltre che Messer Padfoot. E tu ricordami che sono Remus…»
«… non il licantropo, ma il saggio Moony.» Sirius cercò di fare un sorriso, ma uscì solo una smorfia.
Rem prese di nuovo la parola. «E comunque ho capito una seconda cosa ieri con Harry. È giusto che parliamo di tutto. Parlare tiene vivo il ricordo, ma lo alleggerisce anche. Capisco se non vuoi parlare di lei, ma potresti provare…»
Sirius gemette. «Non so, su questo devo pensarci. Comunque mi piace raccontare a Harry com’erano Lily e James, perché ogni volta sembrano lì con noi. Ogni volta che dico qualcosa di stupido, mi immagino Lily che mi minaccia perché sto corrompendo suo figlio, mentre James se la ride.»
«Ti avrebbe di sicuro già schiantato.» Remus rideva forte, pensando alla sua migliore amica che inseguiva Sirius con la bacchetta e gridava maledizioni. «Avrebbe urlato che sei un deficiente e travi suo figlio, portandolo sulla cattiva strada.»
Sirius latrò, tenendosi la pancia. «Io le avrei risposto che la parola “deficiente” è diseducativa, quindi di non fare la santarellina.»
Fece un occhiolino, come se lo stesse facendo a Lily e Remus rise ancora. Sirius distese le gambe, nella posizione seduta in cui era e disse: «È un modo davvero carino per averli qui. Quando parlo di loro, mi sento meno morto.»
«A proposito di questo, ecco la terza cosa che ho capito.» Remus fece una piccola pausa e Sirius gli fece segno di continuare. «Devi andare avanti Sirius, so che è dura, ma mattone per mattone bisogna che inizi a costruirti una nuova vita. Ora hai la stabilità, hai una casa, nonostante la odi e sia il Quartier Generale dell’Ordine. So che non è facile, perché non puoi uscire, non puoi avere un lavoro, ma non sarà sempre così. E poi Harry ha bisogno di te, ha bisogno che tu resti al sicuro, che tu sia un genitore…»
Sirius si intromise: «Parli bene e razzoli male, vecchio mio. Vorrei ricordarti che tu sei ancora single, nonostante fossi libero di fare conquiste. Hai una catapecchia al posto di una casa, fai le ronde per conto dell’Ordine, non hai un lavoro e tantomeno l’intenzione di cercarlo…»
Remus ribatté sollecito: «Nessuno mi assume, sanno chi sono. Lo sai, perché mi sono dovuto rifugiare nel mondo babbano…»
Sirius si intromise nuovamente. «Ok, diciamo pure che non ti assumono per quel motivo, ma perché non ti sei trovato una brava donna e non ci hai messo su famiglia?»
Remus cercò di parlare, ma Sirius si rispose da solo. «È colpa ancora del tuo piccolo problema peloso, che è tutto tranne piccolo per te. Io non sono andato avanti, ma neanche tu. Sei rimasto lo stesso Moony che si faceva le paranoie a scuola…»
«Sirius, SONO UN LUPO MANNARO!» urlò Remus. Il tono di voce era talmente alto da risultare quasi strozzato. «La società ci disprezza. Le ultime leggi, che hanno messo in atto, sono pesanti per le creature, meglio dire i mostri come me.»
Sirius fece una smorfia, sentendo la parola “mostri”. Scosse il capo e mormorò: «Spero che tu non stia pensando che la società o Caramell abbiamo ragione, vero? Non lo puoi pensare assolutamente…»
«Cosa dovrei pensare secondo te?»
«Cosa?» chiese Sirius, stranamente tranquillo. «Dovresti pensare che qui nell’Ordine nessuno ti disprezza, anzi guarda Molly come ti adora. L’altro giorno sei arrivato e l’hai consolata per Percy, quando nessun altro sapeva cosa fare. Hermione ti guarda ammirata e ti ricorda come il miglior professore di Difesa contro le Arti Oscure mai avuto. Silente ti tiene in gran conto e ti ha voluto a Hogwarts ben due volte. Puoi pensare a me, a James e Peter, che ti siamo stati accanto e abbiamo fatto di tutto per esserci le notti di Luna Piena. Puoi pensare a Lily, che se fosse qui, ti avrebbe già schiantato per la tua idiozia.»
Sirius fece una piccola pausa, in cui guardò Remus, che se ne stava in silenzio e ricambiava lo sguardo. «Non ti vogliono dare un lavoro? Peggio per loro. Sono loro i falliti, non tu. Se io avessi un negozio o qualsiasi attività, ti prenderei, perché sei meticoloso nello svolgere gli incarichi. Per quanto riguarda le donne, non do la colpa a loro, perché sono sicuro che qualcuna ti avrà anche adocchiato, ma tu, cortesemente, le avrai rifiutate.»
Sirius guardò Remus, ma lui strinse le labbra. Gli occhi però erano attenti e sembrava leggermente sconvolto per le parole dell’amico. «Rem, tutto questo suona troppo sentimentale, non trovi? Sono diventato una donnicciola stando con te e James…»
Remus alzò gli occhi al cielo e poi fulminò Sirius. L’amico sorrise con una piccola ombra di ironia negli occhi e poi riprese a parlare con un tono incerto: «Tu credi davvero che si possa andare avanti? Cioè… credi che io possa andare avanti?»
«Sì, puoi» assentì Remus, chinando appena il capo. «Ne sono sicuro, perché hai qualcosa per cui vivere, anche se ti sembra di aver perso più di quello che hai ottenuto.»
«Allora anche tu hai tanto da vivere, anche se sei un lupo mannaro. I governi cambiano, le leggi anche. Magari non ora, ma sono sicuro che un giorno i lupi mannari non verranno più visti come dei mostri. Tu devi crederci, perché hai da vivere in questo mondo e non puoi scappare. Quando questo mondo magico cambierà, perché cambierà dopo questa seconda guerra –che non so quando, ma ci sarà- , ci vorrà gente come te. Io sono un uomo d’azione che non si ferma mai, un attore protagonista, che ha il suo attimo di luce e notorietà, che poi si spegne. Tu non sei così, il tuo esempio, le tue parole, la tua saggezza serviranno per il nuovo mondo. Chissà magari sarai il nuovo ministro della magia!»
Remus ridacchiò, scuotendo la testa, e mormorò: «Non credo proprio, non mi è mai piaciuto fare il leader. Comunque faccio parte della vecchia guardia, è giusto che vadano avanti i giovani. Sono loro che devono ricostruire dalla ceneri. Spero che non debbano soffrire troppo o subire troppe perdite. Spero che non debbano sentirsi traditi dai loro amici…»
«Ce la faranno. Harry e gli altri possono farcela, non so da dove mi venga questa sicurezza, ma loro vivranno per portare avanti la memoria della prima guerra, che non hanno vissuto, ma hanno sentito, e della seconda, in cui lotteranno. Cambieranno il mondo, ricordando quello che hanno sentito e vissuto…»
Remus sorrise e poggiò una mano sulla spalla di Sirius. «Sei un Potter e mi dispiace per quello che ho detto ieri sera. Ero arrabbiato, ma non ho mai pensato che fossi un vero Black.»
«Tranquillo,» Sirius ricambiò il sorrise e si passò una mano in mezzo ai capelli «so che non lo pensavi, anche se quando ti arrabbi fai proprio paura…»
«Ho imparato ad arrabbiarmi avendo tre amici casinisti…»
«Ma se ci rimproveravi pochissimo!»
Remus disse semplicemente: «Ho troppa pazienza e odio i litigi.»
«Oltre che quando ti arrabbi, esplodi e poi ti calmi subito» aggiunse Sirius, appoggiandosi al letto per rialzarsi. «Sarà meglio andare, bisogna aiutare Molly con la cena di stasera…»
«Certo.» Anche Remus si alzò in piedi. «Aiuto… non sono più giovane, stare seduto qui mi ha fatto venir male alle gambe…»
«Non dirlo a me, Moony» mormorò Sirius, come se fosse un segreto. «Sarà sempre peggio, eh?»
Remus assentì: «Non si ringiovanisce di certo…»
Sirius sbuffò e si diressero insieme verso la cucina. Erano quasi al primo pianerottolo, quando…
«SPOSTARSI, SPOSTARSI.»
Remus si buttò contro il muro, mentre Sirius venne travolto da Tonks, che portava una montagna di panni tra le braccia.
«Oh, scusa, cugino…»
«Pad, come va?»
Sirius era caduto e rotolato fino al pianerottolo. Buona parte dei panni gli erano finiti addosso «Ma… male…»
Tonks corse ad aiutarlo. «Scusami scusami scusami scusami…»
Remus ridacchiò, scendendo le scale, mentre Sirius borbottava tenendosi prima la schiena, poi il ginocchio.
«Mamma dice sempre che sono sbadata… vi ho visto all’ultimo secondo…»
«Male… male… Tonks non preoccuparti… ahia, lì malissimo!»
Remus ridacchiò estraendo la bacchetta e pensando che non tutti i Black erano leggiadri e aggraziati. «Su, su Pad non fare il bambino.»
«Dannazione che male!» esclamò di nuovo Sirius. «Ho bisogno dell’ospedale.»
Tonks lo fissò con le lacrime agli occhi, i capelli cambiarono colore da fucsia a neri e si mise una mano sulla bocca, sussurrando: «Oddio!»
Remus alzò gli occhi al cielo e mormorò: «Fa il tragico… non hai fatto nulla di male, ora lo curiamo.»
«Davvero?» Tra le lacrime lo guardò in modo dolce e preoccupato.
«Davvero» promise lui.
Sirius, che seguì lo scambio di battute, sbottò: «Piccioncini, potreste occuparvi di me? Poi potete tornare alle vostre smancerie…»
Remus arrossì appena, poi si chinò sull’amico e… «Ahia, non stringere lì, fa malissimo! Ahhhhhhh»
Rem sghignazzò e Sirius gli lanciò un’occhiataccia.