1 - Gloomy Reflections

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Un movimento lento e circolare di dita tra i capelli interruppe il suo sogno. Aprì gli occhi e batté un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco ciò che lo circondava. Attorno al letto a due piazze, un'ampia stanza era appena illuminata da spifferi di luce sfuggiti a una spessa tenda; dalla penombra emergevano una scrivania affollata, un armadio, poster e cornici nella parete di fronte e un groviglio di indumenti ai piedi del letto.

Un corpo alle sue spalle si affiancò al suo, avvolgendolo con il suo calore.

Conosceva bene quel contatto: era diventato parte integrante delle sue giornate, parte della sua vita.

«Buongiorno, Lord Byron» gli sussurrò una voce sensuale all'orecchio.

Jem si lasciò sfuggire un sorriso beato mentre si voltava piano verso la fonte di quel suono soave. Erano le prime note che lo accoglievano al mattino, le ultime che udiva alla sera.

«Buongiorno, milady» rispose Jem sgranchendosi e indirizzando uno sguardo adorante alla sua musa.

Sara era stesa su un fianco, il braccio destro dietro la nuca, la mano sinistra intenta ad accarezzare i contorni affilati del suo viso. Indossava una leggera sottoveste color crema che lasciava indovinare senza fatica le generose forme sottostanti che proseguivano sotto le lenzuola all'altezza dei fianchi. Il volto piegato di lato, contornato da lunghe ciocche bionde sfuggite da una coda disfatta, ospitava l'espressione rilassata di chi ha trascorso una notte piena e serena.

Una notte senza incubi.

«Non per fare la guastafeste, ma volevo avvisarti che dobbiamo alzarci tipo... adesso» lo informò Sara dolce e ammonitrice insieme, tracciando con le dita affusolate curve immaginarie sul torace nudo e liscio di Jem.

«Mmm» mugugnò Jem, chiudendo gli occhi e godendosi quel piacevole tocco sulla pelle che s'interruppe troppo presto.

«Temo proprio che dobbiamo alzarci, amore» sospirò Sara raddrizzandosi e sistemando la coda. «Primo giorno di lezione» decantò in risposta all'espressione ancora scombussolata di Jem. Questi sbuffò contrariato; si passò una mano sul volto, poi l'allungò sul comodino in cerca dello smartphone. Socchiuse gli occhi a contatto con la luce dello schermo: 06:35, 27/09/2021.

Emise un gemito di disappunto e allontanò il telefono.

La vacanza è finita, constatò amareggiato.

«Che fai? Non vorrai riaddormentarti!» gli intimò Sara in tono minaccioso.

«Scusa, ma la prima lezione non era alle nove?»

«Esatto.»

«E perché ci siamo svegliati così presto?» protestò il ragazzo grattandosi la nuca mentre lei si scostava le lenzuola di dosso, scoprendo buona parte del corpo sinuoso. Jem si allungò per testare la morbidezza delle sue invitanti cosce, ma venne prontamente dissuaso da uno schiaffo secco sul dorso della mano.

«Ahi!» protestò sorpreso, ritraendola.

«Non ora, Jem. Sai quanto ci metto a prepararmi» lo ammonì Sara. «E poi devo rinnovare l'abbonamento della metro, comprare qualcosa per pranzo e...» Jem non le diede il tempo di concludere la frase: la afferrò e la attirò a sé.

«Eddaaai, piantala! Ti sembra il momento di trattenermi?» protestò Sara provando a divincolarsi dalla sua stretta. Jem sollevò un sopracciglio, contrariato.

«È sempre il momento.»

«E la tua, di lezione?»

«Alle due. Ho tempo» disse lui telegrafico, lanciandole un'altra occhiata maliziosa. Sara gli mise il broncio. «E non vai in studio stamattina?»

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«Mmh mmh» confermò Jem depositandole piccoli baci sulle braccia e sul collo. «Però, se continui a fare la ritrosa, potrei pensare che non hai voglia di stare con me.»

«Jem, per favore» tentò di dissuaderlo Sara. Ma lui non si fermò, consapevole che ogni bacio fosse un punto in suo favore. «Che tu sia maledetto!» imprecò, mostrando segni di cedimento. «Mi farai arrivare tardi a lezione.»

«Vuoi che mi fermi?»

«Voglio evitare di farmi odiare già il primo giorno dalla Lawrence.»

«Cinque minuti» insisté Jem suadente, lasciando correre la mano lungo i suoi fianchi. «Cinque minuti e poi giuro che ti lascio andare.» Sara sbuffò e alzò gli occhi al cielo, ma sul suo volto si era allargato un sorriso arrendevole.

«Uff, e va bene! Riesci sempre a ottenere ciò che vuoi, eh?»

Jem s'interruppe e fece di no col capo; poi si sporse fino a sfiorare le sue labbra.

«Solo se sono abbastanza romantico.»



Dopo una doccia rigenerante e una colazione a base di latte e caffè, Sara mise a tracolla la borsa in tessuto colorato e fece ruotare l'ampia gonna verde smeraldo davanti allo specchio posizionato all'ingresso. I lunghi capelli fluttuarono come un'onda dorata attorno al suo viso, prima di ricascare morbidamente su un top a stampe floreali arricciato sul decolleté.

«A dopo, amore!»

«A dopo.»

Con uno schioccante bacio, la ragazza si congedò per correre alla prima lezione di pragmatica del terzo anno alla UCL.

Dopo aver scorso le BBC News sul cellulare e dato da mangiare a Napoleone, Jem digitò il numero di sua madre: aveva trascorso quattro giorni a Delhi per un meeting di lavoro, e non la sentiva da quasi tre, se non attraverso messaggi frammentati.

«Pronto?»

«Buongiorno madre. Come stai?»

«Oh, tesoro, che bello sentirti! Mah, come vuoi che stia? Sono appena atterrata a Malpensa e ho un mal di testa pazzesco. Appena arrivo a casa stacco tutto per un paio d'ore... sennò chi l'affronta il commercialista più tardi?»

«Questo lavoro ti distruggerà. Lo sai, vero?»

«Lo so, lo so. Ma l'ho voluto io, perciò non ho il diritto di lamentarmi. E poi, non è così male come sembra una volta che ci fai l'abitudine. Solo al jet lag non mi abituerò mai.»

«Com'è andata la riunione?»

«Abbastanza bene. I nuovi partner hanno mostrato interesse verso il nostro progetto per la produzione di energia pulita in loco e si sono detti disponibili a finanziarlo.»

«Ottimo» disse Jem senza particolare entusiasmo. Fece una piccola pausa prima di riprendere. «E papà? Come se la passa?»

«Perché non lo chiedi direttamente a lui?» lo spronò la madre con una nota di rimprovero.

«Perché sai com'è» si giustificò Jem. «Preferisco non disturbarlo, è troppo preso dai suoi affari. E poi, quelle rare volte in cui parliamo, ha sempre quel tono scocciato...»

«Potrà non piacerti, ma non puoi dire di non essere suo figlio.»

«Sinceramente, non penso soffra così tanto la distanza dal suo unico, adorato figlio.»

«Geremia, ancora con queste frecciatine?!» la madre emise uno sbuffo irritato. «Sai benissimo che tuo padre ricopre un ruolo di grande responsabilità. Sarà anche distaccato, ma non vuol dire che non ti pensi o che non ti voglia bene. È il suo carattere, e tu più di ogni altro dovresti capirlo.»

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