CAPITOLO 3

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                         CAPITOLO 3
                               (Theo)
[ Non scappare , quando tocca a me, tocca a me! ] Scusate, Luke non voleva darmi il microfono. Quindi, continuiamo.
La mia situazione era la peggiore che avessi mai potuto immaginare.
La preside, come avevo già detto, indossava un vestito a fiori, sul collo aveva un ciondolo raffigurante l'albero della vita, le rughe le ricoprivano il viso e le braccia, i capelli, ormai quasi bianchi, erano legati in una treccia che le ricadeva sulla spalla destra, la sua faccia però aveva veramente i lineamenti di un babbuino. Questo di certo non contribuiva a farmela piacere di più, o anche a farmi spaventare di meno. La sua sola presenza bastò per intimorirmi.
Iniziai a sudare  (non pensavo che fosse umanamente possibile sudare così tanto), era come se non avessi più avuto il possesso dei miei muscoli, non riuscivo più a muovermi e così mi dimenticai anche che dovevo scusarmi. La vecchietta si avvicinò alla sedia, - Non avere paura di un'anziana come me, mica mordo! - Lo disse quasi con disprezzo che per divertimento, io riuscii solo ad articolare
- Sc... Scu... Scusate - lei rispose - Non ti preoccupare, la professoressa Di Marco si è arrabbiata un po' troppo -.
Forse stareste pensando che quest'affermazione mi avesse fatto sentire meglio... Beh, vi sbagliate di grosso! Mi sentii ancora peggio di prima e, ovviamente, il mio cervello e la mia immaginazione non avrebbero potuto non cogliere l'occasione al volo, così mi venne in mente mia madre che guardava il telegiornale piangendo, mentre annunciavano: ragazzo di 13 anni morto nell'ufficio della preside del Diaz, segni di morsi trovati sul cadavere. Rabbrividii. Il silenzio e la tensione che si erano formati nella stanza si potevano quasi tagliare con le forbici; il che non mi fece sentire meglio. Poi il silenzio fu rotto da una frase della preside: - Immagino purtroppo che dovrò darti una punizione, è quello che si aspettano tutti i professori e gli alunni. Ma non ti preoccupare, non sarà troppo pesante - Finalmente riuscii un minimo a tranquillizzarmi, almeno non sarei stato espulso. Mentre probabilmente pensava alla punizione, la preside, che intanto si era sistemata su una sedia, mi scrutava con l'aria di un bambino che ha appena ricevuto un nuovo giocattolo. Quello era davvero troppo, non ero pronto a sopportare l’idea che quando gli alunni entravano nell’ufficio della preside, lei si sarebbe divertita a fargli fare cose strane. Stavo per chiedere di andare in bagno quando ... - Come punizione dovrai spolverare il  mio studio tutti i giorni, facendo un'ora in più di scuola –
Questa frase mi lasciò veramente a bocca aperta. Non me lo sarei mai aspettato, ma riflettei, era una cosa che si poteva fare? Far pulire agli alunni il proprio studio personale? La cosa non mi interessò più di tanto, era la punizione migliore che avessi mai avuto in tutta la mia vita... Quanto poteva essere sporco l'ufficio della preside, così ben curato. - Inizierai domani - disse - Ok, gr... grazie -, non mi ero ancora ripreso dallo shock.
In quel momento pensai a Luke, che probabilmente si era preoccupato per me, e mi ripromisi di dirgli cosa dovevo fare appena sarei uscito dalla stanza.
- Puoi andare – mi congedò lei, con aria di superiorità (la cosa non mi infastidiva particolarmente), - Va bene, arrivederci preside - risposi. L'unica cosa che riuscivo a pensare in quel momento era che non sarei arrivato a casa dicendo a mia madre che ero stato espulso, questo mi dava sollievo. Uscii dalla mia passata prigione e sentii i muscoli del corpo che cedevano pian piano, mentre camminavo e mi sentivo più pesante di quando ero nel letto. La cosa non aveva vantaggi, perché ora sarei dovuto tornare dai miei amici e non mi sentivo fisicamente in grado di farlo. Attinsi alla mia ultima riserva di energia, sforzandomi tantissimo, soltanto per riuscire a camminare.
Alla fine arrivai al bagno del primo piano, dove non c'era nessuno (erano di sicuro ancora tutti al piano terra).
Mi sedetti sulla tazza del water chiusa dopo aver chiuso la porta della cabina, e finalmente mi rilassai veramente. Pensai che se avessi fatto un pisolino, nessuno si sarebbe accorto della mia assenza. A quel punto sognai di essere a casa con mia madre; tutto era normale a parte una cosa, all'ingresso il cancello non c'era e, non so come, ma percepii che il mio gatto non si trovava da nessuna parte in casa mia (informazioni rilevanti).
Entrai dalla porta principale in legno che, come tutte le volte fece abbastanza rumore e sentii un odore di biscotti che proveniva dalla stanza dei miei nonni.
Aprii la porta piano, in modo da non scatenare un inferno provocato dallo scricchiolio, ed iniziai ad entrare nella stanza da dove proveniva quell'odore, che, più mi avvicinavo, più sentivo cattivo.
Svoltai l'angolo e la vidi... non ci potevo credere, la preside stava cuocendo qualcosa su una brace (non chiedetemi come faceva ad esserci una brace nella stanza da letto dei miei nonni).
Guardando sul letto, che si trovava più a sinistra della brace, vidi mio nonno senza un braccio, quasi completamente ricoperto di sangue. Quello spettacolo mi lasciò senza parole; non riuscivo più a muovermi e la mia mente era completamente vuota.
Quando, completamente terrorizzato e nauseato da quello spettacolo, mi rigirai di scatto verso la preside e la brace, al mio cuore mancò un battito. Quello che stava cuocendo era proprio quello che pensavo, IL BRACCIO DI MIO NONNO.
Il panico prese il sopravvento, mi precipitai di nuovo verso la porta, ma sembrava che ogni passo si allontanasse di più. Dopo molti disperati tentativi, con le gambe ormai troppo affaticate, quando finalmente ci arrivai, si chiuse di botto.
Un rumore fortissimo mi penetrò le orecchie, mi faceva malissimo la testa e sentendo l'odore del sangue, trattenni a stento un conato di vomito. Ormai non riuscivo più a capire cosa stesse succedendo; sentivo solo la preside che diceva – Assaggia, ti piacerà di sicuro! -.
All'improvviso era come se avessi perso il controllo di me stesso: mi voltai, vidi per la seconda volta quella scena raccapricciante, la solita camera di mia nonna, che di solito mi trasmetteva sicurezza, adesso aveva le pareti sporche di sangue e il fuoco, proveniente dalla brace, aveva preso possesso ormai anche del letto. La preside continuava ad avvicinarsi a me, ma io stavolta non scappai, in quel momento semplicemente non avvertii più alcuna emozione o sensazione, in quel momento il mio corpo era comandato da qualcun'altro, da una forza superiore, maligna.
Quando la preside arrivò davanti a me, disse la stessa cosa che stava continuando a ripetere da un sacco di tempo -Assaggia, ti piacerà! -, questa volta però, quando mi porse l'arto di mio nonno (cosa alquanto disgustosa), non ritrassi la mano, anzi, la allungai per prenderlo, ma, in quel momento, per fortuna, ripresi coscienza dei miei pensieri.
Mi svegliai di soprassalto: stavo sudando, tremavo, insomma, ero messo piuttosto male. Mia madre entrò, aprendo la porta a una velocità tale da farmi spaventare ulteriormente, - Theo, cosa è successo?! - mi chiese con aria preoccupata
- Niente, mamma. Ma piuttosto, perché sei entrata così?! – fu la mia risposta – Theo, perché hai urlato? - Avevo urlato? Non me ne ero accorto. - Mamma che ore sono? - domandai - Le cinque di notte, mi hai spaventato Theo, pensavo fosse successo qualcosa - le avevo detto che non era niente, perché continuava a chiederlo?!
- Mamma è stato solo un brutto sogno – in questi giorni, per dare queste risposte a una persona che si preoccupava per me dovevo avere l’umore un po’ sballato, pensai  - Sei sicuro Theo, perché non hai mai... - - Mamma, vai via che devo svegliarmi presto domani! - - Ok, vado via -. Sinceramente mi sentii un po' in colpa per averle risposto così, ma ero praticamente traumatizzato da quell'incubo.
Anche se il giorno dopo avrei dovuto svegliarmi presto per andare a scuola, quella notte dormii pochissimo. Ogni ombra mi appariva come una minaccia, mi spaventavo per ogni rumore che sentivo e, nonostante avessi il grande desiderio di chiudere gli occhi, il corpo non me lo permetteva, restando sempre vigile.
Prima di assopirmi, però, pensai una cosa: come avevo fatto a svegliarmi a casa, se mi ero addormentato a scuola?

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