mezzaluna

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Uno, due, tre, quattro.
Conto i battiti del mio cuore finché non si annodano al centro della gola. Li sento stringersi e arrotolarsi in direzione del petto, sento il respiro mancare. 

Uno – cammino avanti e indietro nella mia piccola stanza. Qualcosa tormenta la mia mente, un sentimento indefinito, una insignificante insicurezza. Ella danza nel mio cuore come una prima ballerina della Scala di Milano. È magra, graziosa, temibile. Gracile e apparentemente innocua, si nutre della mia anima così come del mio cuore. Vorace, ella inghiottisce con un giro en dehors lo spazio che la circonda. Gira e gira fino ad arrivare al centro della psiche, colpendola come fosse un blocco di pece.

Due – cerco freneticamente il cellulare nella borsa. Ho ancora il tuo numero salvato tra i contatti preferiti. Dopo tutti questi anni, non lo avevo cancellato. Improvvisamente nella mia mente compare un'immagine. Avevo già provato, recentemente, a contattarti via messaggio. Un ricordo arrivato senza preavviso, nascosto, archiviato, rimosso.
Non riesco a trovare il cellulare. Nella borsa c'è solo un biglietto con una sequenza di cinque numeri scritti con la penna rossa. In preda dalla frustrazione, decido di contare i mobili della mia stanza per tranquillizzarmi. Ora ciascun armadio ha il proprio numero identificativo. Il quinto mobile in questione è una cassettiera, apparteneva a un vecchio marinaio. La annuso, odora ancora di mare e metallo. Non ricordavo di possederla. Decido di aprirla; al suo interno trovo una piccola scatola in legno con su scritta la stessa sequenza di numeri del biglietto, ma disposti in numero decrescente. Lì trovo il tuo cellulare. Sembra vecchio e rovinato. Decido di accenderlo e, frugando tra i messaggi, noto il mio.
Messaggi in arrivo (1) / Vero: "Non ti capisco, perché te ne sei andato? So che sei da qualche parte, nascosto. Non negarlo. Fallo per me".
Nel petto sento mancare un battito. Non riesco a ricordare il momento in cui ti ho scritto. Tu, però, non mi hai mai risposto.
La memoria va e viene, non sono completamente cosciente. L'occhio cade sulla sezione "messaggi inviati"; niente. Continuo a cercare, fino a quando non trovo una cartella nascosta:
Bozze (1) / Tu: "Veronica, smettila di contattarmi. Accetta la realtà, sono morto. Non ci rivedremo mai più".
Sono le 4:00; ho sete.
Sono sveglia.

Tre – fa freddo ma ho la felpa. Mi piace passeggiare qui, mi sento a casa.
Tre chiamate perse.
Perché mi chiami?
Lasciami stare.

Quattro – inghiottisco i sentimenti come fossero pane. Piccole briciole sfiorano le mie labbra, le scrutano, le analizzano. Tante volte sono state accarezzate, baciate, sfiorate delicatamente.
Eppure, nessun'altra coppia di labbra è mai stata in grado di ricambiare, almeno a parole, il sentimento che tanto amavano inghiottire.
Esiste così tanta incertezza, così tanta paura nel pronunciare tre singole parole. Esse sono le stesse che mi fanno venire voglia di fuggire lontano. Sono coloro che mettono in dubbio le mie certezze.
E così, una gracile ballerina diventa un vorace vortice di insicurezza.

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