Una lite esasperante.

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Sembrava una giornata tranquilla, quasi noiosa.

E invece.... tutto precipitò quando verso le tre del pomeriggio sentii bussare alla vetrata e vidi comparire Mycroft. Si reggeva pesantemente sulle due stampelle, aveva il volto inespressivo che usava con le persone che detestava.

Gli aprii sorpresa. "Ma che fai qui? La parola riposo non ti dice nulla? Vuoi compromettere il ginocchio?"

Fissai Anthea che lo seguiva defilata, la faccia più scura di quella del suo capo, la mano che tamburellava sul cellulare. Allargò le braccia.

"Avanti, Laura, sto bene, non farmi la paternale! Devo andare in quella specie di ufficio." Mi superò senza darmi il tempo di spostarmi, sospettai che fosse arrabbiato e che ce l'avesse proprio con me.

Mi prese una frustrazione profonda, fui acida e lo rimproverai.

"Vediamo come finisce stasera, quando il ginocchio ti presenterà il conto! Guarda, Mycroft, fai pure quello che credi, ma non aiuti nessuno a comportarti così. Sei presuntuoso e arrogante." Lo aggredii senza capire perché con lui perdessi così facilmente la pazienza.

Mi guardò velenoso, accennò un movimento con le labbra, ma si trattenne. Si voltò, strinse le mani sulle stampelle così forte che le nocche sbiancarono.

Lo avevo offeso, zoppicò indignato fino al suo ufficio. Provai un rancore profondo per quel suo comportamento irresponsabile.

Anthea mi appoggiò la mano sul braccio e mi sussurrò. "Ha una brutta giornata, gli hanno consegnato dei rapporti che lo hanno messo di cattivo umore. E ha voluto venire al san Bart."

Lo accompagnò nel suo studio e se ne andò mezzora dopo, contrariata, lanciandomi uno sguardo confuso.

Non avevo prestato molta attenzione alle loro discussioni. Certo qualcosa era successo. Per un secondo ebbi la sensazione che lui sapesse di Malvest.

Un presentimento che si avverò pochi minuti dopo. Mycroft si avvicinò alla porta del piccolo ufficio, con un'aria che non lasciava intendere nulla di buono.

Mi chiamò perentorio come fossi un suo sottoposto. "Lorenzi vieni, voglio parlarti."

Fui infastidita che mi avesse chiamato con il mio cognome, sospettai che fossero guai.

Non riusciva a stare in piedi, si sedette dietro alla scrivania appoggiando le mani fasciate ai braccioli.

"Che c'è? Non sono più Laura?" Mi stringevo nel camice, cercando un'inutile protezione. "Mi devi sgridare?"

Faticava a trattenersi, la sua voce fu brusca e sgarbata.

"Non provare più ad offendermi davanti ad Anthea! Bada Laura, non prenderti delle libertà che non hai."

Era adirato, ma ancora si conteneva.

Non era il mio Mycroft. Mi balzò il cuore in gola, il suo modo di fare canzonatorio era sparito, la sua ironia aveva lasciato il posto alla crudeltà dei suoi occhi. Ebbi paura e mi tenni distante.

"Scusami." Sussurrai pentita, mantenendo un tono distensivo.

Non si acquietò. "Lorenzi, se non hai capito, sono un uomo con delle responsabilità! Non trattarmi come uno stupido bambino! Non sono il tuo giocattolo da ragazzina viziata. Ti ho concesso la mia attenzione, non farmene pentire!"

Non risposi, impreparata dalla sua sfuriata.

Persi la fiducia, tutta la sicurezza che avevo sparì bruciata in pochi secondi. Arretrai di un passo, se ne avvide, ma non si fermò.

Le solitudini elettiveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora