Nevaeh
Il suo respiro pesante mi fa spostare la testa, che è appoggiata sulla sua schiena calda. Chiudo gli occhi e sospiro pensando alla grandissima cazzata che ho detto poco fa.
"Non volevo essere inv-" mi interrompe.
"Stai zitta." Il suo tono è freddo, ma non muove un muscolo. Stacco la testa dalla sua schiena e poso il mento sulla sua colonna vertebrale.
Le sue braccia sono lungo i suoi fianchi e così intrappolano le mie, che sono ancora intorno al suo addome. L'unico rumore che si sente nella stanza è quello del suo anello anti-stress che gira ininterrottamente.
Il suo corpo si irrigidisce quando apro la mano e la allungo verso le sue dita. Lui porta la mano ai capelli e li tira indietro. Mi sposto leggermente per vedere che la sua mandibola tesa, che solo a toccarla ti taglia.
Mi inumidisco le labbra e faccio per parlare, ma mi mordo la lingua e scuoto la testa. Se parlo, lo faccio incazzare più di quello che lo è già. Sento il mio corpo iniziare a scaldarsi per via del contatto.
In me che non si dica mi afferra il polso e mi butta sul letto. Un grido strozzato esce dalle mie labbra quando si posiziona su di me.
Le sue pupille sono così dilatate, che l'iride color giada non si vede più. I suoi zigomi sono delineati per via della mascella tagliente. Le sue labbra sono gonfie perché si sta torturano il labbro.
L'anellino al lato del labbro non c'è più, ora c'è solo qualche goccia di sangue che ricade sulla mia felpa. Serro la mascella al pensiero che si possa essere strappato il piercing per via della rabbia.
I miei occhi sono incollati sul fiore di loto che abbraccia il suo collo. Il rosso dei petali brucia nelle mie iridi, così come il suo sguardo su di me. Le sue clavicole sono sporgenti, per via della sua posizione. Il suo petto si alza e si abbassa velocemente.
Mi afferra le guance con forza, costringendomi ad alzare la testa dal materasso. Fa scivolare l'elastico lungo i capelli legati e se lo infila sul polso. Con la mano libera prende i miei capelli in pugno e lascia la presa sul mio viso.
"Posso passare sopra a quella cazzo di torta." Chiudo gli occhi per il dolore pungente sulla nuca, per via dei capelli che mi vengono tirati.
"Posso passare sopra la tua lingua velenosa." La mano libera si insinua sotto la mia felpa e prende la carne sul mio fianco, stringendola. Mi mordo il labbro cercando di non replicare, per non alimentare la sua ira.
"Ma non puoi credere di venire qui con la scusa del mio compleanno per farmi domande che neanche ti devono passare per l'anticamera del cervello." Sposto lo sguardo sul muro dietro di lui.
"Guardami quando ti parlo." Lo ignoro, così libera i miei capelli dalla sua presa e mi afferra le guance di nuovo. I miei occhi incontrano i suoi.
"Smettila. Non volevo. Scusami." Gli dico con la bocca intrappolata tra le sue mani. Il suo respiro entra nella mia bocca e il suo profumo entra nelle mie narici, mandandomi in tilt il cervello.
"Non ci faccio un cazzo con le tue scuse. Io non ho fatto domande e tu dovevi fare lo stesso." Sobbalzo quando sbatte il pugno vicino al mio viso.
"Dimmi a che cazzo stavi pensando." Lascia la presa sulle mie guance e si sorregge sulle mani, torreggiando su di me.
"Ti giuro non volevo farlo. Io... io cercavo solo di farti capire che hai il mio appog-" Mi interrompe.
"Non voglio il tuo appoggio, non voglio la tua compassione e soprattutto..." Fa una pausa.
"Non voglio te." Schiocca la lingua sul palato. Mi inumidisco le labbra e annuisco. Che potevo aspettarmi da lui dopo che l'errore l'ho fatto io?
"Va bene. Tranquillo. La cosa è reciproca." I miei occhi si spostano sulla pie alle ciliegie vicino a noi. Chiudo gli occhi pensando alla pessima idea che ho avuto di venire qua.
"Ora porta il tuo cazzo di culo fuori da questa stanza." Si alza da me e una sensazione di vuoto si fa spazio sul mio corpo. Velocemente mi ricompongo e mi alzo dal letto. Una smorfia di dolore attraversa il mio viso per via dell'impatto improvviso con il materasso.
Nate è appoggiato al muro, con le braccia incrociate al petto, che mettono in evidenza i suoi bicipiti. Le gambe sono anch'esse incrociate. Il suo sguardo attento analizza ogni mia mossa, nell'attesa che io valichi quella porta.
Mi dirigo verso la porta e afferro la maniglia. Prima di abbassarla verso il basso, mi giro per guardarlo un'ultima volta. Il suo sguardo si sposta subito davanti a lui, evitando il contatto visivo con me.
Abbasso la maniglia ed esco dalla stanza, sbattendo la porta dietro di me. Mi avvio verso il corridoio e vedo Harry seduto sullo sgabello e Jake appoggiato al bancone della cucina.
"Stai bene, Nev?" Jake domanda e io annuisco. Lo sguardo di Harry è fisso sul pavimento. Inclino la testa e faccio per parlare, ma Jake mi fa cenno di no con la testa. Chiudo la bocca e annuisco di nuovo. Li saluto frettolosamente ed esco da quella casa.
Entro in macchina e sbatto le mani sul volante, ripensando al grandissimo sbaglio che ho fatto. Porto le mani ai capelli e li tiro. La stretta di Nate ha fatto meno male di quella che sto applicando io ora.
"Che cogliona che sei, Nev." Scuoto la testa e sospiro, mettendo in moto. Esco dal quartiere, per dirigermi verso il centro. Abbasso la radio in modo che sono sola con i miei sensi di colpa.
Mi mordo il labbro e picchietto i polpastrelli sul volante. Apro leggermente il finestrino, beandomi della sensazione di aria fresca. L'aria calda mi sta annebbiando la mente.
Parcheggio al lato della strada e afferro la borsa sul sedile. Scendo e blocco la macchina, dirigendomi verso il cinema. Fortunatamente sono arrivata in tempo e Marc ancora non è arrivato. C'è solo Matt che sta sfogliando i suoi fumetti.
Il turno sembra non finire mai, forse per via dei pensieri che non mi lasciavano un secondo in pace. Mi maledico perché lui mi ha baciata, facendo un passo avanti. Io ne ho fatto uno indietro per via della mia boccaccia.
Ha ragione lui sul fatto che ho la lingua velenosa.
"Nevaeh Rose." I miei pensieri vengono bloccati dal mio nome. Alzo lo sguardo e vedo Marc guardarmi con un sopracciglio alzato.
I suoi occhi marroni scrutano i miei movimenti. Abbasso lo sguardo e mi accorgo che sto pulendo il bancone con la spatola che ci prendo i popcorn. La lascio immediatamente e mi ricompongo.
"Tu vieni oppure aspetti qui fino a domani?" Domanda l'uomo bruno davanti a me. Do un'occhiata all'orologio sulla parete. Sgrano gli occhi e scuoto la testa. Il mio turno è finito 20 minuti fa.
Mi affretto velocemente a raggiungere gli spogliatoi e mi cambio. Infilo la felpa e l'attenzione ricade sulla manica sporca di sangue. Arrotolo la manica e afferro la borsa. Non voglio neanche guardarmi allo specchio, perché sono sicuramente in uno stato pietoso.
Scendo le scale e mi stringo nella felpa mentre aspetto Marc. Inserisce l'allarme e mi raggiunge. Il mio sguardo vaga sulla strada deserta. La mia attenzione però ricade su due figure sul marciapiede dalla parte opposta.