Capitolo 39

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Nevaeh

Il suo respiro pesante mi fa spostare la testa, che è appoggiata sulla sua schiena calda. Chiudo gli occhi e sospiro pensando alla grandissima cazzata che ho detto poco fa.

"Non volevo essere inv-" mi interrompe.

"Stai zitta." Il suo tono è freddo, ma non muove un muscolo. Stacco la testa dalla sua schiena e poso il mento sulla sua colonna vertebrale.

Le sue braccia sono lungo i suoi fianchi e così intrappolano le mie, che sono ancora intorno al suo addome. L'unico rumore che si sente nella stanza è quello del suo anello anti-stress che gira ininterrottamente.

Il suo corpo si irrigidisce quando apro la mano e la allungo verso le sue dita. Lui porta la mano ai capelli e li tira indietro. Mi sposto leggermente per vedere che la sua mandibola tesa, che solo a toccarla ti taglia.

Mi inumidisco le labbra e faccio per parlare, ma mi mordo la lingua e scuoto la testa. Se parlo, lo faccio incazzare più di quello che lo è già. Sento il mio corpo iniziare a scaldarsi per via del contatto.

In me che non si dica mi afferra il polso e mi butta sul letto. Un grido strozzato esce dalle mie labbra quando si posiziona su di me.

Le sue pupille sono così dilatate, che l'iride color giada non si vede più. I suoi zigomi sono delineati per via della mascella tagliente. Le sue labbra sono gonfie perché si sta torturano il labbro.

L'anellino al lato del labbro non c'è più, ora c'è solo qualche goccia di sangue che ricade sulla mia felpa. Serro la mascella al pensiero che si possa essere strappato il piercing per via della rabbia.

I miei occhi sono incollati sul fiore di loto che abbraccia il suo collo. Il rosso dei petali brucia nelle mie iridi, così come il suo sguardo su di me. Le sue clavicole sono sporgenti, per via della sua posizione. Il suo petto si alza e si abbassa velocemente.

Mi afferra le guance con forza, costringendomi ad alzare la testa dal materasso. Fa scivolare l'elastico lungo i capelli legati e se lo infila sul polso. Con la mano libera prende i miei capelli in pugno e lascia la presa sul mio viso.

"Posso passare sopra a quella cazzo di torta." Chiudo gli occhi per il dolore pungente sulla nuca, per via dei capelli che mi vengono tirati.

"Posso passare sopra la tua lingua velenosa." La mano libera si insinua sotto la mia felpa e prende la carne sul mio fianco, stringendola. Mi mordo il labbro cercando di non replicare, per non alimentare la sua ira.

"Ma non puoi credere di venire qui con la scusa del mio compleanno per farmi domande che neanche ti devono passare per l'anticamera del cervello." Sposto lo sguardo sul muro dietro di lui.

"Guardami quando ti parlo." Lo ignoro, così libera i miei capelli dalla sua presa e mi afferra le guance di nuovo. I miei occhi incontrano i suoi.

"Smettila. Non volevo. Scusami." Gli dico con la bocca intrappolata tra le sue mani. Il suo respiro entra nella mia bocca e il suo profumo entra nelle mie narici, mandandomi in tilt il cervello.

"Non ci faccio un cazzo con le tue scuse. Io non ho fatto domande e tu dovevi fare lo stesso." Sobbalzo quando sbatte il pugno vicino al mio viso.

"Dimmi a che cazzo stavi pensando." Lascia la presa sulle mie guance e si sorregge sulle mani, torreggiando su di me.

"Ti giuro non volevo farlo. Io... io cercavo solo di farti capire che hai il mio appog-" Mi interrompe.

"Non voglio il tuo appoggio, non voglio la tua compassione e soprattutto..." Fa una pausa.

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