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SAWYER.

—Mi fai entrare? Fa' un po' freddo qui fuori senza un giubbino— dissi, cercando di spezzare quella tensione che sentivo fra noi.

Lui si spostò di lato, facendomi spazio per entrare, continuava a guardarmi poco convinto e speravo di poter cambiare quell'espressione.

—Che diavolo ci fa lei qui?— sbottò Sebastián appena mi vide. Lui e Julián mi guardarono seri, la loro espressione ancora peggiore di quella di Cameron, ma di loro non mi importava al momento.

—Non lo so neanche io cosa vuole ancora, amico, credevo che ci fossimo detti tutto— commentò lui, freddo.

Me lo meritavo.

Cercai di non farmi toccare da quell'atteggiamento, perché sapevo di meritarlo, mi ero comportata anche in modo peggiore con lui e se mi sentivo inadeguata con lui per questa frase detta freddamente, non potevo neanche immaginare come si fosse veramente sentito lui in questi mesi.

—Devo parlarti— dissi guardandolo —questo l'avevo capito, ma di cosa?— domandò —ti devo delle scuse— dissi, mantenendo il suo sguardo.

La sua espressione mutò rapidamente, mostrando stupore. Guardò i suoi amici e poi di nuovo me —sarà meglio che andiamo nella mia stanza— mi fece cenno di seguirlo e andammo al piano di sopra.

Entrai nella sua stanza per la terza volta in poche settimane, quel posto urlava il suo nome in ogni angolo.

Non mi ero mai soffermata più di tanto, solo ora mi rendevo conto dei diversi poster che parlavano di strumenti e di orchestre che aveva appesi alle pareti.

Mi girai verso di lui, che mi stava osservando con una strana luce negli occhi. Era bello da togliere il fiato anche con i capelli oro un po' spettinati e una semplice tuta blu e bianca addosso.

Cercai di concentrare il mio sguardo sul suo viso e non sul suo bel corpo scolpito, dovevo mantenermi concentrata sul punto della situazione.

—Sto aspettando che tu ti decida a dirmi qualcosa. Sembra che tu mi veda per la prima volta— commentò, sospirai, cercando di non perdere più tempo.

—Mi dispiace per il modo in cui mi sono comportata con te sin dall'inizio— iniziai, lui si poggiò ad un mobile che aveva alle sue spalle, incrociando le braccia al petto e mettendo in rilievo i suoi muscoli, ma continuai ad avere gli occhi puntati sul suo viso.

—Non importa se all'inizio non mi piacevi o meno, avrei anche potuto essere un po' più gentile, nonostante tu mi abbia portata all'esasperazione qualche volta. Ma soprattutto, mi dispiace per quel giorno in cui ti sono venuta a ridare il biglietto, mi dispiace di essere stata una codarda. Non ti manca nulla, Cam, sei fenomenale così come sei e se c'è uno fra noi due che non è degno dell'altro quella sono io— dissi, facendo una pausa per vedere la sua reazione.

Lui sembrava impassibile, avrei tanto voluto sapere cosa gli stesse passando per la testa. E se fosse stato troppo tardi? E se ora non mi avrebbe più voluta?

Decisi di continuare il mio discorso, perché avevo molte cose da dirgli: —Da quando sono qui all'università ho sempre vissuto con la paura di finire sui giornali, perché è una cosa che odio e poi, non voglio far sapere a mia madre cosa faccio tramite un giornale che distorce la realtà e darle motivi per spassarsela, sapendo perfettamente che lei potrebbe impedirlo. Non volevo coinvolgerti, perché sapevo che se fossimo finiti entrambi in giro sarebbe stato addirittura peggio, non avrebbero fatto altro che parlarne e assillarmi, mia madre lo avrebbe fatto e mi sarei sentita soffocare— mi fermai di nuovo, cercando di trattenere le lacrime.

Non c'è nulla da piangere, Sawyer.

—Poi, mi sono resa conto che tu ti trovi nella mia stessa situazione e non hai mai fatto accenno a questa cosa, non ti sei mai posto dei limiti mentre io continuavo a farlo, avendo paura dei miei stessi sentimenti. Perché si, tu mi piaci, Cam, l'ho capito questa sera grazie ad uno sporco gioco di Ivy, ma questo è un dettaglio. L'importante è che tu sappia che mi piaci e che quel bacio, anche se non l'ho affatto dimostrato, mi è piaciuto da morire. Non sei così fastidioso e non è male averti attorno— conclusi, sperando che non mi ridesse in faccia dicendomi di aver già trovato qualcun'altra.

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Rimasi lì, un po' tremante, aspettando che facesse o dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.

Ma più i secondi passavano, più credevo che stesse pensando ad un modo carino per liquidarmi.

—Senti, lo so che avrei dovuto chiederti scusa prima, ma solo ora ho realizzato di non odiarti e quindi...— non mi fece finire che si catapultò sulle mie labbra, mettendomi una mano sulla guancia e avvolgendomi la vita con l'altro braccio.

Risposi immediatamente al bacio, avvolgendogli il collo con le mie braccia, spostò la mano che aveva sulla mia guancia lungo tutto il mio corpo, poi la fermò sul mio fondoschiena, premendomi ancora di più contro di lui.

Io gli presi il collo fra le mani, mettendomi in punta di piedi per cercare di arrivare di più al suo viso.

Era maledettamente alto il ragazzo ed io estremamente bassa, molto di più di quanto avrei voluto.

Quando la sua lingua incontrò la mia non potei evitare di gemere, felice di quel contatto che mi era mancato e che ora riuscivo a godermi meglio.

Si separò, ma tenne la sua fronte poggiata alla mia, con i nostri nasi che si sfioravano e le nostre labbra che si toccavano.

Ripresi fiato, anche se avrei voluto che mi baciasse fino a quando non ne avrei potuto più.

—Non è normale il fatto che io mi senta il ragazzo più felice della terra per queste parole— sussurrò, anche lui con il fiato corto —mi sei mancata in questi giorni, sai? Ormai ho capito da un po' che con te non è una questione di sesso, ma credo di avertelo già spiegato, sei libera di crederci o no, ma è così— aggiunse, strofinando il suo naso con il mio.

—A me ha dato fastidio non vederti alla caffetteria per tutti questi giorni— ammisi, lui sorrise soddisfatto —voglio che questa cosa funzioni, Sawyer, un passo alla volta. Possiamo iniziare con l'amicizia e vedere dove ci porta, non ti metterò pressioni di alcun tipo. Capisco il tuo punto di vista e apprezzo il fatto che tu mi abbia voluto proteggere— disse.

Mi allontanai —non l'ho fatto per proteggerti— dissi, anche se credevo che fosse proprio una bugia, lui rise, non credendomi —ah davvero? Ne sei sicura?— chiese e io, in tutta risposta, roteai gli occhi sbuffando.

—Si, ok, forse— dissi un po' a bassa voce, lui si avvicinò —come scusa? Non credo di aver sentito bene— scherzò lui, lo guardai male —mi dispiace, ma non è colpa mia se non ci senti bene— dissi io soddisfatta.

Lui mi prese di nuovo per i fianchi e mi premette di nuovo al suo petto, tutta la soddisfazione e spavalderia sparirono in un'istante. Mi sentivo così piccola tra le sue braccia, nonostante fossi io quella più grande.

—Che c'è? Non ti diverti più?— domandò, divertito del mio cambio d'umore.

—É solo che mi sento un po' indifesa quando mi tieni stretta così. Sei un po' grande come una montagna— dissi, guardando le sue enormi braccia attorno alla mia vita.

Rise e poggiò la mia testa sul suo petto, poggiando poi il suo mento sulla mia testa, mi diede un bacio fra i capelli e iniziò ad accarezzarmeli.

—Non potevi essere la più grande anche in questo, bellezza— disse ridendo, un calore mi invase il petto sentendo di nuovo quel nomignolo —si, comunque ti dò il permesso di chiamarmi così— scherzai —ti avrei chiamata così con o senza il tuo permesso, bellezza. Che c'è? Adesso ti piace?— disse.

—Lo devo dire, eh?

—Dammi questa soddisfazione, Sawyer.

Sospirai.

—Si, mi piace quando mi chiami così— ammisi e chiusi gli occhi per sentire il suo profumo.

Rimanemmo per un po' così, abbracciati l'uno all'altro, felici di poterci dare una possibilità. Volevo davvero provarci, nonostante tutto.

—Non scapperai più, non è vero?— mi domandò, alzai la testa per guardarlo —non lo farò, Cam, e se dovessi provarci, non lasciarmelo fare. Non importa quello che succederà, perché oso solo immaginare quanto fastidio mi darà mia madre, ma veramente, non lasciarmelo fare— gli dissi. Lui mi baciò di nuovo —non ho paura di tua madre, Sawyer— mi disse e sapevo che era così.

—Si, lo so. È solo che le cose con lei saranno un po' difficili— dissi, ma lui scosse la testa in disaccordo —devo frequentare te, non lei— disse con ovvietà.

Sorrisi, ormai nulla di quello che gli avrei detto gli avrebbe fatto fare marcia indietro.

Il mio occhio cadde sulla sua scrivania, dove c'era ancora quel biglietto —posso riaverlo?— chiesi senza pensarci, lo guardai e lui posò lo sguardo su quel pezzo di carta —se te lo riprendi non ti darò possibilità di tirarti indietro. Verrai con me a quel concerto— mi avvertì, come se quella cosa avesse potuto spaventarmi.

Annuì con un sorrisino —ci vengo a quel concerto, non preoccuparti— dissi e lui sorrise ancora, dandomi un leggero bacio sulle labbra, prese il biglietto e me lo diede —il concerto è domani, ti passo a prendere— mi disse, mi paralizzai.

—Domani? E tu non avevi ancora trovato qualcuno con cui andarci?— chiesi incredula —mia sorella non è amante dei concerti di musica classica, altrimenti sarebbe venuta lei. L'unica persona con la quale volevo andarci eri tu, avevo ancora la speranza che cambiassi idea e lo hai fatto— mi disse e io rimasi senza parole per quell'affermazione.

Scossi la testa —sarà meglio che vada, ci vediamo domani— gli dissi e gli diedi un bacio sulla guancia —ciao, bellezza— mi salutò a sua volta e mi decisi di uscire dalla sua stanza, prima che fosse troppo tardi e varcassimo quella linea di non ritorno.

Al piano di sotto, trovai le ragazze che mi guardavano con dei sorrisetti, ricambiai imbarazzata e uscì di lì, felice di aver seguito il consiglio di Ivy.

My Unattainable DesireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora