15. [Two years]

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Questo capitolo e i prossimi saranno al presente, leggendo capirete il perché. Buona lettura!

Mi sveglio quando sento suonare la sveglia sul comodino. La spengo e guardo il calendario appeso al muro di fronte al mio letto. Oggi sono passati esattamente due anni da quando lui se n'è andato.

Non riesco più a vivere così.

Passo la maggior parte del mio tempo a piangere, consolata dai miei amici Kiara, Martin e Jeff. Si, da quando Jack è andato in un ospedale dall'altra parte degli Stati Uniti, io e Jeff siamo diventati buoni amici. Infatti, ho annullato l'ordinanza restrittiva nei suoi confronti. Ha anche trovato una ragazza, Sonya, con dei lunghi capelli castano chiaro e gli occhi color cielo. Mi ricordano i suoi... No. I suoi erano più belli. Erano puri e bellissimi, mi sono persa moltissime volte in quegli occhi. Comunque... Con l'aiuto di Jeff e con quello di Kiara e Martin abbiamo trovato e fatto arrestare Kevin e Anthony Catalano. Almeno ho avuto giustizia per mio padre.

John è diventato come un secondo padre per me. Dopo che sono andata a fargli visita, mi viene a trovare molto spesso e si è rimesso in contatto con mia madre. Ormai, mi sono affezionata a lui e gli voglio molto bene.

Ho compiuto diciannove anni da qualche settimana e vivo da sola. Infatti mia madre è andata a vivere con la nonna, perché ha qualche problema di salute. Così adesso ho la casa tutta per me. Ho finito gli studi l'anno scorso e mi mantengo lavorando in un bar. La paga è buona e mi basta.

In tutto questo tempo, ho provato a dimenticarlo. Ancora oggi non ci riesco. Ogni volta che sento qualcuno nominare il suo nome oppure parlare di lui, me ne vado con una scusa e di nascosto da tutti inizio a piangere. Avevo iniziato a tagliarmi, ma qualche mese fa ho smesso. Alcune volte, però, vorrei ricominciare. Poi mi ricordo di Jeff, Kiara e Martin, e cambio idea. Loro mi sono stati molto vicini in questo periodo e mi hanno aiutata a "superare", se così si può dire, la sua partenza.

Controvoglia, mi alzo, e vado in cucina a fare colazione. Poi salgo in bagno e mi lavo velocemente. In questi due anni, non sono cambiata quasi per niente. I capelli rosso rame ricadono intorno al mio viso roseo, con poche lentiggini. I miei occhi grigio-verde sono solcati da occhiaie profonde, dovute alle notti insonni, e sono rossi e gonfi per via dei continui pianti. Metto un po' di correttore, poi mi trucco come il solito: con una sottile striscia di eye-liner e il mascara. Adesso sembrano più decenti. Vado in camera da letto e indosso la T-shirt del bar, azzurra con la scritta bianca "Froze", il nome del locale. Poi indosso dei pantaloni a vita alta neri e le mie Converse All Star verde acqua. Prendo la giacca e mi avvio verso il mio posto di lavoro in macchina. Già, ho anche preso la patente.
Appena arrivata saluto Mike, il proprietario, e indosso il grembiule nero. Mi avvio dietro il bancone ed inizio a prendere le ordinazioni dei clienti. Un'altra giornata è iniziata.

Mentre lavoro si avvicina un ragazzo alto, con il cappuccio della felpa nera che lascia intravedere solo qualche ciocca di capelli castani. Il ragazzo alza la testa, e quello che vedo mi provoca un forte shock. Il ragazzo, con dei bellissimi occhi color del cielo, mi guarda sorridente.
No... Non può essere lui... Magari è solo qualcuno che gli assomiglia...
Lo fisso sconcertata, e lui mi sorride ancora di più «Un caffè macchiato, grazie.»
Lo stesso che prendeva sempre lui.
«S-Subito...» balbetto. Preparo il caffè e glielo porto. Lui lo beve e, appena finito, mi dice: «Magari ci rivediamo in giro, Beth...»
Esce dal bar a passo svelto e lo guardo ad occhi spalancati andare via. Mi risveglio soltanto quando un cliente mi chiede: «C'è qualcuno al bancone?» corro da lui e gli servo quello che chiede. No... Non poteva essere lui.

Sono le 19,00. A quest'ora il locale chiude. Tolgo il grembiule nero, prendo la giacca e saluto Mike, poi me ne vado. Sono ancora shockata dall'incontro con quel ragazzo. Me lo ha ricordato molto.
Arrivo a casa e, non avendo niente da fare, chiamo Jeff per una serata tra amici.

«Pronto?»

«Ciao Jeff, sono Beth. Volevo chiederti se volevi venire a casa mia a vedere un film.»

«Non lo so... Devo vedere se ho da fare.»

«Dai Jeff! Da quando stai con Sonya non vieni più a trovarmi!»

«Va bene... Va bene... Tra qualche minuto arrivo.»

Intanto preparo i pop corn e scelgo il film da vedere: Annabelle. Dopo qualche minuto, il campanello suona.
«Ciao Jeff.» lui entra e mi da un bacio sulla guancia «Ciao Beth.».
Ci sediamo sul divano e facciamo partire il film. Passo tutto il tempo ad urlare e a sentire Jeff che ride come un matto accanto a me.

Verso la metà del film, sentiamo il campanello suonare. Jeff mette in pausa il filmato e va ad aprire il portone, mentre io sono ancora seduta sul divano.
«Che cosa vuoi?!» sento Jeff sbraitare.
«Voglio solo rivedere Beth.» un'altra voce, molto, anzi troppo, familiare, mi fa alzare. Vado verso di loro, e quello che vedo mi fa uscire qualche lacrima.
Lui. Jack. Non è cambiato per niente. Gli occhi azzurro cielo, i capelli castani e i tratti delicati. La bocca aperta nel sorriso più bello di sempre.
«Vattene.» gli dice il mio amico, mentre si mette di fronte a me in modo protettivo.
«Jeff...» gli metto un mano sulla spalla «Lascialo entrare...»
Jeff si toglie da davanti alla porta e lascia entrare Jack, il quale mi prende la mano e mi porta in camera, facendo in modo che Jeff rimanesse al piano di sotto.
«Allora?» gli dico «Perché sei tornato?»
Lui sospira, e poi mi dice: «Volevo stare con te, rivederti, abbracciarti, baciarti, averti mia. Mi sei mancata. Non sai quanto.»
Sto piangendo. Lacrime escono copiosamente dai miei occhi, e minacciano di non smettere.
«Perché sei stato via due anni? Non penso che un intervento duri tutto questo tempo...» gli chiedo, mentre le lacrime continuano a rigare le mie guance.
«Appena sono arrivato, due anni fa, mi hanno subito operato. Ho passato sei mesi in riabilitazione. Non sono voluto tornare qui, perché non volevo farti soffrire. Così mi sono fatto una vita lì, ma non riuscivo a dimenticarti...»
«Tu... Mi hai fatto soffrire di più non tornando. Non capisci? Tu sei parte di me, quella migliore. Andandotene, mi hai lasciata sola. Ho sofferto molto. Tu non puoi capire. Se fossi tornato, adesso non starei così male. Ho provato a dimenticarti, e adesso che ci ero riuscita tu sei tornato come se nulla fosse. Io ti odio, perché nonostante tutto il male che mi hai fatto non riesco ad odiarti.»
Lui mi guarda dispiaciuto. Rimaniamo così, in silenzio, a fissarci. Perché il nostro silenzio dice più di mille parole. Dopo qualche minuto, decido di rompere il silenzio: «Vattene. E non tornare.»
Jack esce lentamente dalla stanza e se ne va, seguito da me. Mi fermo accanto a Jeff e chiudo la porta.
«Continuiamo a vedere il film?»

Non mi lasciare solaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora