Norman, dov'è l'anello? - Parte II

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La cena andò egregiamente. Tutto fu davvero squisito, il vino -il Pinot del '71- si rivelò perfetto per i piatti che io e Lilibeth avevamo scelto e il servizio di Norman fu impeccabile. Quando il nostro cameriere di fiducia venne a ritirare i piattini del dolce ormai vacanti, come prestabilito gli feci l'occhiolino per fargli capire che era giunto il momento, lui si limitò ad annuire con un impercettibile cenno del capo e si congedò con il suo ormai inconfondibile -Con il vostro permesso signori-

Una marea di pensieri affollò la mia mente in quel momento, molti di questi pensieri, stranamente, li ho dimenticati, ma quello che non potrò mai scordare è il senso di piccolezza che provai in quei minuti d'attesa, una sorta di inadeguatezza, dire congenita, che mi pervase in ogni angolo razionale del mio essere.

-E se non sarò capace? E se sarò un completo fallimento come marito? E se non saprò trattenermi dal non tradirla più?- su questo e tanto altro ancora rimuginai, come se la parte più spregiudicata di me mi stesse dando i tormenti per farmi cambiare idea. Ma io avevo deciso di non cambiare più idea.

A un certo punto, quando il cuore ormai mi batteva così forte da farmi male il petto, scorsi Lilibeth sorridermi.

-Che c'è Brian? Tutto bene?- mi chiese, allungando la mano verso la mia.
-Sì...sì beh...- vacillai, intrecciando le mie dita alle sue -...in realtà no- risposi e lei, ovviamente, si preoccupò -No...no amore, tranquilla, non c'è nulla da temere- provai a rincuorarla -...è...è solo che devo dirti una cosa, una cosa importante-

-Cosa?- domandò sottovoce, il suo viso s'era incupito d'un tratto.
-Lilibeth, amore, io...- tentennai, deglutii a fatica e mi guardai intorno nel tentativo di scorgere Norman, ma nulla, quindi proseguii -...amore, io...ormai sono quasi quattro anni che stiamo insieme e...e sono già passati tre anni da quando siamo andati a vivere insieme-
-Sì, questo lo so- disse lei fissandomi alquanto scettica -Non credo tu mi abbia portata a cena solo per ricordarmi questo-
-No...no e infatti è...anche un'altra la cosa che volevo dirti, ma...- balbettai, mi voltai ancora nel tentativo di vedere comparire Norman finalmente all'orizzonte e, chissà per quale miracolo, questo avvenne -Oh...adesso sì!- non potei fare a meno di esclamare, sentendomi in parte sollevato.

-Cosa? Ma cosa sta succedendo Brian?- chiese di nuovo Lilibeth, stavolta davvero insospettita.
-Niente amore mio, niente di cui tu debba preoccuparti- e le strinsi di più la mano, mi girai un'altra volta e, allorché Norman fu a pochi passi dal nostro tavolo, continuai: -Amore mio, lo sai che io non sono perfetto, ma...ma tu sei l'unica donna che mi accetta per come sono, tu sei l'unica donna della mia vita, quindi...-

Norman ci raggiunse, Lilibeth lo guardò stranita, penso che solo in quel momento abbia incominciato seriamente a capire che stava succedendo qualcosa di particolare, lui posò dinanzi a lei un vassoio d'argento richiuso di coperchio e io finalmente potei domandarle: -Lilibeth, amore mio, mi vuoi spo....nooooo!- emisi un leggero grido, stringendo gli occhi sul vassoio.

-Ma...ma cosa...- farfugliò Lilibeth, sotto lo sguardo visibilmente sconvolto di Norman, guardando la stupenda aragosta, contornata di insalata verde e fettine di limone, troneggiare al centro del vassoio.
-Ma dov'è...Norman, dov'è l'anello!?- gli chiesi alzandomi, gettando sul tavolo il tovagliolo che avevo sulle ginocchia.
-Io...io signore, veramente...- tartagliò lui, visibilmente in imbarazzo -Io...io credevo di aver preso il vassoio giusto...-
-Cosa?!- non potei fare a meno di urlare, tant'è che i signori seduti al tavolo non molto lontano dal nostro si voltarono sconvolti a guadare la scena -Che significa credevo di aver preso il vassoio giusto? Quanti vassoi c'erano in cucina Norman, quanti?- gridai ancora e mi piazzai esattamente davanti a lui, con le mani puntellate suoi fianchi.

Norman cominciò a sudare, a sbattere le palpebre sempre più velocemente, in preda a una convulsa agitazione che minò anche il suo respiro, tanto da costringerlo ad allentarsi il colletto inamidato della camicia per recuperare ossigeno. Anche io ero, ovviamente, agitato, ma la mia era una rassegnata agitazione dato che mi ero già meravigliato che le cose fossero andate bene fino a quel momento.

Il Matrimonio - A Brian May FanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora