Prologo

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I nostri gemiti riempivano la stanza più di quanto volessimo ammettere.

Tutto era totalmente e incondizionatamente focalizzato su di noi, anche la piccola abat-jour posizionata sopra il comodino di quella stanza polverosa e opprimente sembrava illuminare solo noi. Due corpi fusi, come se fossero uno solo. Un semplice ammasso di carne intrecciata su se stessa. Era questo quello che eravamo.

La testa continuava a vorticare più forte che mai, probabilmente dovuto al fatto che quello sarebbe stato l'ultimo instante che passavo con l'uomo che mi stava lentamente torturando il collo con i suoi baci, umidificandomi la pelle già colma di sudore.

I suoi capelli erano, ormai, appiccicati alla nuca e me ne accorsi nell'esatto momento in cui gli accarezzai il retro del collo e tirandone qualche ciocca. Un ansimo lieve gli sfuggì dalle labbra e di riflesso sorrisi inarcando ancora di più la schiena esponendogli di più la pelle e lasciare che mi stuzzicasse ancora. I nostri petti erano ormai come incollati, non c'era una porzione di pelle che non gli fosse totalmente addosso.

Mi concentrai su quello che mi stava facendo e quasi non mi strozzai con il mio stesso gemito quando iniziò a mordermi sotto il lobo dell'orecchio e succhiò così forte la mia pelle delicata. Mi tuffai su di lui prendendo in quell'esatto momento la decisione di mordere a mia volta il suo collo scoperto.

Lui come di riflesso mi afferrò il sedere e mi fece scivolare ancora di più su di lui. Eravamo stanchi e con i battiti dei nostri cuori accelerati.

Prese a mordermi e succhiare ogni centimetro del mio petto, soffermandosi poi sul capezzolo. Stavo letteralmente per morire sotto il suo tocco.

Questa è la mia fine, morirò così, nudo e sopra l'uomo che mi aveva stravolto la vita da un anno a questa parte.

Serrai le palpebre quando iniziò a leccarmi ancora, ancora e ancora. Mi avvinghiai a lui non avendo più le forze di fare altro -e non perché non ci riuscissi- ma erano ormai tre ore che non facevamo altro che mangiarci a vicenda e stavamo per affrontare il nostro secondo round.

Non riuscivo più a formulare una frase di senso compiuto, tutto attorno a me era come essersi fermato, compreso il mio cervello. Guardai la piccola finestra accanto al letto e le gocce di pioggia che si infrangevano su di essa. Avrei voluto essere come loro, libere di posarsi ovunque loro decidessero.

Mi concentrai poi sul bellissimo ragazzo che avevo di fronte e non ci pensai due volte ad afferargli il mento e inchiodare i miei occhi con i suoi. Trattenni il fiato. Cercai di trasmettergli tutto ciò che sentivo, avevo un disperato bisogno che lui capisse, che cercasse di vederci quello che mi stava facendo. Ma lui, come sempre, chiuse gli occhi.

E il mio cuore si frantumò.

Crack.

Fu questo il suono che, fortunatamente, sentii solo io.

E poi mi baciò. Appassionatamente e con voracia. Come se avesse paura che sparissi da un momento all'altro.

Ma non ero io quello ad andare via ogni volta.

Perché non puoi restare con me, Jungkook?

Lasciò la mia bocca con uno schiocco. E quando mi guardò e affondai in quelle iridi scure, capii che era arrivata la fine.

Non andare.

Non andare, ti prego.

Ma lui mi aveva già spostato delicatamente sul materasso e si era alzato incamminandosi a raccogliere i boxer finiti chissà dove sul pavimento.

Non disse una parola, non mi guardò fino a quando non finì di sistemarsi i polsini della sua immacolata e immancabile camicia bianca.

La testa riprese a pulsarmi, stavolta più violentemente di prima.

Fu quando finalmente mi lanciò uno sguardo che decisi di parlare.

«Stai andando via» abbassai gli occhi e presi a giocherellare con le mie dita, come se se lo avessi guardato ancora sarebbe scomparso oltre le mura.

Sospirò e si guardò intorno alla ricerca della sua giacca.

«Non è ciò che accade sempre?»

Forzai un sorriso, ripensando a tutti i momenti che avevamo passato insieme.

Perché non mi vuoi?

«Avevi detto che mi avresti dato il tuo per sempre»

Lui mi guardò e qualcosa, qualcosa di impercettibile sembrò attraversargli il volto. Lo capii nell'istante in cui cacciò qualsiasi cosa fosse mettendo su la sua solita aria da persona insensibile, quella che faceva vedere a tutti, quella che aveva mostrato anche a me la prima volta che ci eravamo visti.

Il petto mi faceva male, più di quanto credessi.

Non dirlo.

Per favore, non dirlo.

Non spezzarmi il cuore un'altra volta.

Quando parlò pensai che si fosse sgretolato del tutto.

«Parto domani»

Tutto si fermò. Io mi fermai paralizzato, ancora seduto sul letto incapace di formulare una parola.

«Dove vai?» riuscii a chiedergli con quello che sembrava un sussurro.

Posò la mano attorno la maniglia della porta e quando la aprì si voltò verso di me e finalmente mi sorrise, sorrise a me.

«Non posso mantenere quella promessa, Taehyung. Non posso darti il mio per sempre se nemmeno io sono sicuro di averne uno.»

E poi se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.

Mi lasciò così, vuoto, perso, distrutto.

Piansi iniziando a prendere a pugni il mio petto cercando di calmare i battiti accellerati del mio cuore. Mi mancava l'aria.

Stavo per impazzire.

Sarei morto per davvero.
Le lacrime non volevano saperne di fermarsi, crollai sul materasso e mi avvolsi fra le coperte fino a coprirmi il viso.
Respirai il suo profumo sul cuscino, lo stesso odore che avevo addosso. Quello che si portava dietro lasciandone la scia.
Come avrei fatto a non sentirlo più? Come sarei andato avanti?
Riuscii a spegnere la luce della piccola lampada, nascondendomi nel buio di quella notte ancora troppo lunga per essere vissuta.

Non avrei più rivisto quel corvino dagli occhi enigmatici e più ci pensavo più volevo sprofondare nelle tenebre.

Perché hai voluto farmi così male?

E poi, tutto smise di girare forse erano anche passate ore, giorni o addirittura mesi. Non capivo più nulla dal momento in cui che aveva attraversato quella porta.

Potevi salvarmi, Jungkook. Ma come avresti potuto se il primo ad essere salvato dovevi essere tu.

Give Me Your Forever | Taekook Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora