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L'esito di quella prova fu piuttosto scontato. I discorsi che colpirono maggiormente nel segno furono quelli di Nick, Derek, Marcus e uno degli uomini che Sophy non aveva ascoltato. I quattro prescelti furono portati dalle Guardie Bianche in un'altra sala mentre i perdenti rimasero dov'erano. Le immagini della loro fucilazione non vennero trasmesse, ma Sophy e Sally sobbalzarono ad ogni colpo di fucile fuori campo.
Questa volta il Giocatore non concesse pause o interruzioni. La sua voce sinistra ricominciò a parlare annunciando che la prossima prova sarebbe stata composta da due semifinali che avrebbero trovato due vincitori che poi si sarebbero scontrati per il titolo di Capo di MitoCity.
L'uomo che Sophy amava, quello che era diventato il suo migliore amico e il suo padre adottivo erano ancora in gara ma ben presto ne avrebbe perso almeno uno. Solo in quel momento realizzò che inevitabilmente due di loro si sarebbero scontrati in una delle sfide dirette di cui aveva parlato il Giocatore.
«Signori e signore, siamo finalmente pronti per le semifinali!» rimarcò il Giocatore interrompendo i suoi tristi pensieri. «Nella prova in piscina i concorrenti rimasti in gara hanno dimostrato di avere le doti fisiche necessarie ad eccellere, ma anche la mente sufficientemente lucida per reagire alle sorprese improvvise».
«Alle tue sadiche sorprese!» corresse Sally rivolta al tablet.
«Nella prova successiva, quella dell'escape room, avete dimostrato che saper collaborare spesso è la cosa più importante» continuò la voce. «Affrontare il percorso ad ostacoli ha ribadito che solo chi ha un estremo controllo di se stesso e del proprio corpo riesce a superare le prove della vita».
«Parla dei bicchieri avvelenati che si è costretti a bere?» ironizzò ancora, macabra e arrabbiata, Sally.
«E poi i nostri prediletti si sono sfidati in una delle prove, a mio avviso, più ardue: il comizio. Parlare alle masse, fare sfoggio della propria capacità oratoria o, in alcuni casi, delle proprie emozioni, non è mai facile. Ma, a mio avviso, chi ci riesce è indubbiamente molti passi davanti agli altri.
«Questi passi, però, non sono sufficienti. I vostro percorso non si è ancora concluso. Infatti ora voglio che vi scontriate in una nobile arte che io stesso amo e pratico pressoché quotidianamente. E voglio essere io a scegliere chi di voi si batterà con chi».
Sophy, ancora stretta tra le braccia amiche di Sally, chiuse gli occhi. Non aveva idea di come il Giocatore avrebbe formato le coppie, ma sapeva che ogni combinazione l'avrebbe fatta soffrire.
«Nick Donovan, Derek Normson».
Sophy trattenne il respiro. Nessuna combinazione di sfida la atterriva più di quella. Ma il Giocatore, da sadico qual era, stava solo giocando con lei, infatti continuò:
«I vostri discorsi sono stati quelli più amati dal pubblico. E quindi non voglio che vi scontriate. Ecco perché tu, Donovan, sfiderai l'uomo con il quale sei in aperta rivalità da tutta la tua vita: Marcus Catting».
***
Nick non poteva dire di non aspettarselo. Forse persino lo desiderava quello scontro. Lui e Marcus si erano effettivamente combattuti per anni ed ora eccoli lì, alla resa dei conti. Uno di loro avrebbe vinto, l'altro sarebbe morto.
Quando una Guardia Bianca gli piombò alle spalle e gli coprì gli occhi con una benda, Nick non si dimenò neppure. Ormai si riteneva pronto a qualsiasi cosa, nulla poteva scuoterlo.
Ben presto, però, si sarebbe pentito di quel pensiero sfrontato.
Lui e Marcus furono scortati lungo un percorso che Nick si rifiutò di provare ad analizzare. Si lasciò condurre, in silenzio e con gli occhi chiusi dietro la benda scura. Dopo qualche minuto di buio, però, il panico iniziò a montare dentro di lui: un caldo innaturale lo raggiungeva, incessante, dal basso mentre un rumore inconfondibile riempiva le sue orecchie rese più sensibili dalla momentanea cecità.
C'era del fuoco.
Nick aprì gli occhi e guardò verso il basso e si sorprese di riuscire a scorgere le sue scarpe scure procedere lungo una sottilissima passerella bianca. Al di sotto di essa, a pochi metri di distanza, brillavano le fiamme alte, arancioni e spaventose.
Nick aveva avuto paura durante ogni fase di quel gioco al massacro, ma il tipo di terrore che provò mentre la Guardia Bianca lo scortava lungo la candida passerella sospesa sul fuoco era di tutto un altro livello. Da quando aveva intravisto le fiamme, le sue gambe avevano cominciato a tremare incontrollate mentre combatteva contro i ricordi della notte in cui erano morti i suoi genitori. La stessa notte in cui aveva creduto morta anche la sua sorellina adottiva, la notte in cui si era irrimediabilmente ustionato la gamba. Il caldo soffocante emanato dalle fiamme gli toglieva il respiro (già corto per via dell'ansia) mentre la cicatrice sulla gamba pungeva, bruciava e prudeva. Il sudore gli imperlava la fronte mentre cercava di chiudere gli occhi e rifugiarsi in ricordi felici. Ma non era facile, non con le fiamme pronte a divorare la sua carne ancora una volta.
Dopo una ventina di passi incerti, Nick venne fatto accomodare su una sedia di plastica. Si rifiutò di sbirciare ancora attraverso la benda, ma protendendo le mani notò che davanti a sé c'era una tavolo. Prima di allontanarsi una Guardia gli tolse la benda dagli occhi e assicurò entrambi i suoi polpacci alle gambe della sedia.
Quando gli fu tolta la benda, Nick lanciò un'occhiata alle solide catene metalliche che lo incatenavano in quella posizione, poi provò a rivolgere la sua attenzione all'oggetto che c'era sul tavolo. Il suo sguardo, però, era irrimediabilmente attirato dalle fiamme. La loro danza malefica lo incantava e terrorizzava allo stesso tempo. Il loro calore era onnipresente e lui non riusciva ad ignorare il senso di soffocamento che gli bloccava il respiro. Non avrebbe saputo dire se la mancanza d'aria fosse dovuta più all'ansia o all'effettivo calore. Le mani gli sudavano, così come la fronte e tutto il resto del corpo. Nick sentì una goccia di sudore gelido colargli lungo la nuca per poi camminargli sulla spina dorsale; provò a calmare il respiro chiudendo e riaprendo i pugni, senza successo.
Nick, disperato e in cerca di refrigerio, cercò di concentrarsi su Marcus che era stato a sua volta incatenato alla sedia che si trovava dall'altra parte del tavolo. L'uomo sudava e sembrava infastidito dalle catene, ma si mostrava relativamente tranquillo. Sicuramente su di lui le fiamme non avevano lo stesso effetto catastrofico che avevano su Nick.
«Ragazzo, calmati» gli disse dopo averlo osservato per un po'. La sua voce era stranamente gentile.
Nick lo guardò con ostilità, ma poi cercò di darsi un contegno.
«Sul serio, devi calmarti» ribadì l'uomo. «Voglio giocare in modo equo e se tu non riacquisti il controllo non potrai concentrarti a sufficienza».
Nick a quel punto rivolse nuovamente lo sguardo all'oggetto posto al centro del tavolo e questa volta vi dedicò tutta la sua attenzione. Era una scacchiera.
***
«Nick contro Marcus!» ribadì Sophy, infuriata. «Gli scacchi, il fuoco! Vuole farlo perdere!»
«Sophy, calmati» le disse Nando prendendola per le spalle. «Nick è bravo a giocare a scacchi, ce la farà!»
«Sì, è bravo» ripeté lei. «Ma Marcus è un campione! Gioca a scacchi da sempre! Quando ero piccola mi ha insegnato a giocare sostenendo che è il modo migliore per imparare a vivere in modo intelligente. Nando, lui ne è ossessionato! Nick non può batterlo! Soprattutto se è circondato dalle fiamme! So come sta quando ha a che fare con il fuoco...»