Fare quel salto all'indietro nel passato e riaprire quei cassetti della memoria che sarebbero dovuti rimanere sigillati, era costato parecchio a Nadia.
Il sollievo di confessare ad alta voce e per la prima volta le crudeltà sperimentate, era stato minimo. Era come se il suo petto fosse schiacciato dal peso di mille mattoni e soltanto uno fosse stato rimosso da quel cumulo: non faceva poi tanta differenza.
Più che altro si era sentita sprofondare di nuovo. Incapace di nuotare in quel mare in tempesta che erano i suoi ricordi, abbandonata al moto turbolento delle onde, senza possibilità di risalire in superficie nemmeno per l'ultima boccata d'aria.
Ma era solo una sensazione. Perché alla fine, bastava guardare dentro gli occhi di Manuel, per lasciarsi avvolgere dal verde rassicurante delle sue iridi e capire di essere ancora a galla.
Era vero: tempo prima Nadia aveva perso il suo salvagente. Ma forse adesso aveva trovato qualcosa di più. Una solida barca sulla quale poteva sentirsi al sicuro e attraversare quelle acque insidiose con coraggio.
Lui aveva ascoltato ogni singola parola di lei, dimostrando di dare un valore significativo al suo racconto.
L'aveva ascoltata davvero, con attenzione e senza mai interromperla; non le capitava da tempo di avere qualcuno che si preoccupasse del suo stato d'animo e cercasse di aiutarla.
Il rapporto con Manuel era piuttosto contorto, ma il modo in cui lui la faceva sentire compresa e fiduciosa nei suoi confronti, le regalava un profondo calore nel petto.
Non era come gli altri. Era strano, sì. E aveva i suoi segreti, ma non sembrava pretendere solo una cosa da lei, anzi non sembrava pretendere proprio nulla.
Forse era per quello che era riuscita a dare a Manuel le chiavi della sua porta. Gli aveva concesso di aprirla, di attraversarla e camminare in mezzo ai cocci rotti del suo cuore.
E non si pentiva di averlo fatto, perché sentiva di averne bisogno; e quando si avverte questa sensazione nei riguardi di una persona, le barriere si abbattono e non esiste più la necessità di difendersi. Non da chi ci fidiamo.
«È per questo che... tu sei la prima persona che frequento da un po' di tempo a questa parte» ebbe il coraggio di confessare lei poco dopo, nella penombra di quella che era stata casa sua.
Si erano spostati in salotto, seduti entrambi sul divano con i visi l'uno di fronte a quello dell'altra; le ginocchia si sfioravano lievi, come timidi raggi di sole d'inverno.
Fuori era buio, Nadia lo vedeva dalle tende aperte dei balconi e dentro il soggiorno era illuminato soltanto dalla lampada di sale sulla parete attrezzata.
«Mi era difficile avere di nuovo contatti con qualcuno» proseguì lei. «Ho vissuto in una bugia per ben due anni. Anche all'inizio della nostra conoscenza, in primo liceo, Viola non aveva mai avuto intenzioni serie con me. Ero la ragazza bella ma secchiona, la sfigata che se ne stava in disparte. Ero la bambolina ingenua e Viola aveva voglia di giocare.»
L'amarezza che avvolgeva quella frase era quasi palpabile e l'espressione di Nadia si distorse in una smorfia di disgusto: ecco cosa provava adesso.
«Dopo quella maledetta scritta, sentivo i ragazzi fare persino scommesse su quanto... costassi e assurdità del genere» pronunciò a fatica, colta dalla vergogna.
«E mi sentivo ripetere costantemente quell'orribile motivetto: "Di giorno angioletto, di notte in un altro letto". La mia vita era diventata un incubo invivibile. Da allora non ho voluto più frequentare nessuno e ho avuto paura di qualsiasi ragazzo incontrassi anche fuori dalla scuola.»
Manuel distolse lo sguardo dal suo, rapido come il battito d'ali di una farfalla. Come se in quel momento, dopo quelle parole, si fosse sentito preso in causa e avesse pensato che Nadia potesse avere timore anche di lui.
Ma non era affatto così.
Riprese a parlare qualche minuto più tardi, cercando le parole più giuste per continuare.
«Alla fine la nostra compagna, Marika, mi ha rivelato di aver fatto quel video per sbaglio. Era ancora molto presto per l'inizio delle lezioni, lei arrivava sempre mezz'ora prima perché prendeva l'autobus delle sette e un quarto, ancora me lo ricordo... Stava per fare una storia su Instagram, filmando la classe che doveva essere vuota, ma appena si era accorta di quelle due aveva fatto un passo indietro, restando affacciata per metà sull'uscio della porta. E poi, concentrandosi sulla visione di Viola che scriveva sul banco, mentre cercava di capire cosa stava succedendo, non si era accorta del telefono che continuava a registrare. Un banalissimo errore. Che però ha posto fine a tutte quelle menzogne.»
Nadia si domandava ancora cosa sarebbe accaduto se quel video non fosse esistito. Viola avrebbe avuto il coraggio di continuare a mentirle? Per quanto tempo sarebbe riuscita a reggere quella farsa che lei stessa aveva architettato?
Quegli interrogativi le facevano venire nausea e mal di testa in contemporanea.
«È una cosa orribile» dichiarò lui a quel punto e subito Nadia scorse qualcosa nei suoi occhi. Un dolore che non riuscì a decifrare, ma che allo stesso tempo, per un momento le parve di egual misura al suo.
Chissà a cosa pensava. Era ormai chiaro che anche lui aveva sofferto. Nadia sapeva bene che era così, per tutte le volte che aveva evitato certi discorsi o per altre in cui lo aveva visto incupirsi all'improvviso. Come lei, Manuel lottava ancora per tenere nascosto il suo passato.
«E non hai ancora sentito l'ultima fantastica novità» annunciò Nadia, la voce intrisa di evidente sarcasmo.
Gli raccontò anche la storia del viaggio a Parigi, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
«Sono così confusa. Io non voglio partire se c'è lei. Non voglio andare a Parigi, non ce la faccio...»
«Dovresti dire la verità ai tuoi adesso, non hai molta scelta» le fece notare il ragazzo, sollevando le sopracciglia.
«Ma io non posso farlo» ribatté Nadia. «È passato troppo tempo, così saprebbero che gli sto mentendo da anni...»
«Farà ancora più male se continuerai a tenerti dentro questa bugia.»
Forse Manuel aveva ragione, ma lei non riusciva ad affrontare i suoi genitori, né men che meno Viola. Era disperata.
Chinò la testa e si coprì il viso con una mano, quando percepì gli occhi riempirsi di lacrime; dopodiché respirò a fondo, sforzandosi di mantenere l'autocontrollo.
Non voleva che lui la vedesse piangere di nuovo. Mostrarsi vulnerabile rappresentava ancora uno dei suoi più grandi limiti.
«Non posso rivivere tutto, Manuel» disse lei in un sussurro incrinato dal pianto imminente. «Come faccio? Come faccio, dimmelo ti prego...»