Il freddo d’inizio gennaio era a dir poco pungente, era meglio indossare qualche cosa di più pesante per uscire, guardai nel mio enorme armadio e optai per un jeans scuro con una camicia bianca ed un maglioncino nero. Dopo essermi vestito presi le chiavi e mi diressi a casa di Sammy, la piccola si era presa una brutta influenza e così avevamo deciso di andare a trovarla. Ci misi una ventina di minuti per arrivare sotto casa sua, sul Corso Vittorio Emanuele, chissà se gli altri erano già arrivati, attraversai l’androne e presi l’ascensore per arrivare al sesto piano, per fortuna lo trovai funzionante. Molte volte quando andavo da lei, dopo scuola, lo trovavamo sempre guasto, ci mettevamo quasi quindici minuti per salire tutte le scale, certo se escludevamo tutto il tempo che perdevamo a ogni piano a baciarci e a fare stupide battute, il tempo si riduceva a pochi minuti.
Suonai il campanello e dopo pochi secondi, Sammy venne ad aprire, indossava un pigiamone azzurro, il naso era un po’ arrossato e a giudicare dai suoi occhi doveva avere anche qualche linea di febbre.
<Che ci fai qui? > mi chiese perplessa.
<Sono venuto a trovarti, gli altri non sono ancora arrivati? > domandai.
<Gli altri? Ma quale parola delle frase voglio stare sola, non ha capito Monica!> borbottò spostandosi dalla porta per farmi entrare.
<Credo la parola “sola” > commentai chiudendo la porta.
<Mi sento a pezzi! > ammise sedendosi sul divano, doveva star lì già da un po’ di tempo visto che c’erano coperte e cuscini sparsi su tutto il sofà.
<Si vede, sembri un fantasma > dissi sedendomi accanto a lei.
<Grazie, sempre molto gentile > ribatté coprendosi con un enorme coperta di lana color glicine.
<Ti ho portato un po’ di cioccolata calda > dissi mostrandole una piccola busta di plastica.
<Grazie del pensiero, ma non neanche la forza di andare in cucina a prepararla > affermò appoggiando la testa sullo schienale.
<Te la preparo io > suggerii alzandomi in piedi, pronto ad andare in cucina.
<Grazie! Tanto già sai dov’è tutto l’occorrente > disse con un sorriso per poi stendersi completamente. In effetti non era la prima volta che armeggiavo con i suoi fornelli, persino la mattina di capodanno, appena tornati dal veglione, avevamo deciso di mangiare qualche cosa e visto che casa di Sammy era la più vicina e soprattutto vuota, avevamo deciso di andare da lei e dopo aver svuotato quasi mezzo frigo ci addormentammo verso le 10 del mattino, ci sparpagliammo un po’ ovunque, Sammy, Monica, Camy e Sara occuparono il letto matrimoniale, io e Mark i due letti singoli e Jeremy il divano. Con due tazze di cioccolato fumante tornai in salotto e notai che Sammy si era addormentata, era un peccato svegliarla, sembrava così dolce e indifesa, con quel suo respiro regolare e quelle sue gote colorate da un leggero strato di rossore. Appoggiai le due tazze sul tavolino che c’era d’avanti al divano e tornai a sedermi accanto a lei intento ad ammirarla. Dopo pochi minuti, forse per l’inteso odore di cioccolato che si stava espandendo per la stanza, riaprì gli occhi.
<Scusa, devo essermi addormentata > disse tornando a sedersi.
<Tranquilla > dissi porgendogli la tazza < Ma hai anche la febbre? > continuai.
<Non lo so, non ho controllato! > rispose soffiando delicatamente sul fumo che fuoriusciva dalla tazza.
<Fammi controllare! > suggerii posando le labbra sulla sua fronte, come faceva sempre mia madre con me, in effetti scottava un po’, mi fermai qualche secondo in quella posizione per essere sicuro che la temperatura fosse più alta del normale. Mi spostai da lei con estrema delicatezza, abbassai leggermente lo sguardo e incrociai quello dei suoi occhi azzurro mare nel quale ci si poteva specchiare e perdere, senza rendermene conto mi abbassai ancora di più per incontrare le sue labbra, i nostri sapori si fondevano in un’armonia perfetta, così magica che non avrei più voluto separarmene. Il suono improvviso del citofono ci fece sobbalzare mettendo fine a quell’inaspettato bacio.
<Questi devono essere gli altri > commentai alzandomi dal divano per andare ad aprire, Sammy non disse nulla, si aggiustò la coperta che le era scivolata da dosso e iniziò a sorseggiare la sua cioccolata, ora che la guardavo meglio notai che il rossore sulle sue guance era aumentato ma per rispetto alle sue condizioni fisiche decisi di tacere. Nell’arco di pochi minuti Mark, Jermy e Monica varcarono la soglia con delle buste delle spesa tra le mani… chissà cosa avevano in mente di fare con tutta quella roba.
<Buonasera malatina > la salutò Monica con un sorriso
<Buonasera rompi palle! > ricambiò Sammy imbronciata.
<Povera, dolce Star, gli ho detto che volevi stare da sola ma non ha voluto sentire ragioni > disse Jeremy abbracciandola.
<Glielo detto anche io > disse Sammy ricambiando l’abbraccio, di tutta risposta Monica fece una linguaccia ad entrambi.
<Cosa avete portato in quelle buste? > domandai incuriosito.
<Sano cibo > rispose Mark.
<Sai non credo che la signorina qui presente abbia mangiato qualche cosa oggi! > continuò Monica con un leggero tono di rimprovero.
<Non è vero, io ho mangiato > ribatté Sammy.
<A si? E cosa? > chiese Monica incrociando le braccia, era anche per questo motivo che Monica ci aveva “costretto” ad andare a trovarla, la piccola Sammy quando era influenzata non si alzava dal letto neanche per prepararsi qualche cosa da mangiare.
<Uno yogurt di soia e un paio di mele > rispose Sammy, nascondendo il viso tra le coperte.
<Un bel pasto sostanzioso > ironizzò Mark.
<Che volete da me, lo sapete che non sono capace di cucinare > ribatté Sammy con tono sconsolato.
<In effetti ha ragione, meglio il digiuno piuttosto che mangiare qualche cosa preparato da lei > commentò Monica.
<E per questo motivo che siamo venuti qui con un’infinità di cibo, per mettere sapore e grasso in quel culo taglia 38 > intervenne Jeremy. In effetti dovevamo metterla un po’ all’ingrasso, da quando era andata a New York era dimagrita notevolmente, fra poco gli si sarebbero potute contare le ossa.
<Povera non è colpa sua, in questa casa c’è solo frutta, verdura e qualche altro ingrediente che non supera le 70 calorie > intervenne Mark mentre era già intento a frugare nei mobili della cucina. Intanto Sammy aveva raccolto la sua inseparabile copertina e ci aveva seguito in cucina.
<Perché non impari a cucinare? > le chiesi sedendomi con lei al tavolo, mentre gli altri erano intenti a preparare la cena.
<Ci ho provato ma sono negata > rispose facendo spallucce.
<Scusa ma quando stavamo insieme hai preparato qualche cena e da quel che ricordo non era immangiabile > commentai.
<Secondo me tu non hai il senso del gusto > intervenne Monica.
<Concordo, i piatti si Sammy sono terrificanti > concordò Jeremy < Senza offesa > continuò rivolgendo lo sguardo verso Sammy. Mi sentivo leggermente confuso, rivolsi lo sguardo verso Sammy, in attesa di una sua eventuale risposta.
<Visto che è passato un po’ di tempo, posso dirti la verità > annunciò Sammy, prendendo la mia mano fra le sue < Io non cucinavo, compravo il cibo al ristorante e lo sparpagliavo nelle pentole > continuò con tono ironico.
<Viva la verità! > intervenne Jeremy. Mentre aspettavamo che la cena si cuocesse, Monica e Sammy iniziarono a raccontare qualche altro aneddoto del viaggio a New York, ad esempio di come Sammy chiamava nel cuore della notte il servizio in camera chiedendo le cose più assurde, oppure di come le due amiche si erano fatte offrire il pranzo, da due importanti uomini d’affari, per poi sparire nel nulla dopo che questi avevano pagato il conto.
<Siete orribili > commentò Mark dopo aver sentito la storia.
<Non siamo orribili, quei due per quel pranzo da quattro soldi, volevano conoscerci molto in profondità> spiegò Monica.
<In poche parole erano solo interessati ad aprirci le gambe > continuò Sammy.
<Sammy! > la rimproverò Monica < Io stavo cercando di spiegarlo in maniera fine! > continuò
<Ma che vuoi da me, io sto male! > si difese Sammy appoggiando la testa sul tavolo.
<Questa scusa che stai male per quanto la userai? > le chiese Mark.
<Non è una scusa, io non connetto, sono stanca, ho sonno e oggi sarei voluta restare da sola a dormire per tutto il giorno > rispose Sammy, appoggiando la testa sul tavolo.
<Dai ora mangi qualche cosa e poi ti porto a letto > intervenni accarezzandole delicatamente quel viso arrossato che cercava sollievo sul freddo marmo bianco del tavolo, sott’occhio non potei far a meno di notare gli sguardi attoniti degli altri tre commensali. Per spostare l’attenzione altrove, iniziai a chiedere a Jeremy come avesse imparato a cucinare, la spiegazione fu una delle più classiche, madre incapace, padre assente e quattro sorelle a dir poco menefreghiste, il modo in cui parlava del padre mi ricordava tanto quello che adoperava Mark quando parlava del suo, più passava il tempo e più mi rendevo conto che quei due si assomigliavano più di quanto credessero. Fortunatamente il mio tentativo di distogliere l’attenzione da me e da Sammy funzionò, per tutto il resto della serata non ci furono, allusioni, battute o sguardi attoniti. Dopo aver cenato accompagnai Sammy a letto e le consigliai di controllarsi la temperatura, restammo in silenzio per un paio di minuti ma alla fine decisi di aprire l’argomento bacio tanto a giudicare dal suo sguardo anche lei stava pensando alla stessa cosa.
<Dovrei dirti che mi dispiace per quello che è successo oggi ma mentirei > iniziai, sperando che Sammy mi avrebbe reso le cose più semplici.
<Dan non mi va di parlarne! > ribatté distogliendo lo sguardo, almeno non aveva detto come quando l’avevo baciata la prima volta, quel bacio capitato per caso nello spogliatoio della nostra scuola al terzo anno di liceo, dopo il quale Sammy aveva fatto finta che niente fosse successo. I successivi anni scolastici furono pieni di battutine, baci rubati, litigi e carezze ma solo al viaggio del quinto anno riuscimmo a stare insieme come una vera coppia.
<Almeno sta volta non hai finto che non sia successo nulla > commentai strappandole un sorriso, dopo un po’ si sfilò il termometro costatando che la linea di mercurio arrivava a trentotto decisi di lasciarla riposare e togliere il disturbo.
<Ok, io vado, ci vediamo presto > le dissi alzandomi dal latto.
<Va bene! > commentò accucciandosi sotto le coperte, prima di uscire dalla stanza le rubai un ultimo bacio a timbro al quale non diedi possibilità di replica, senza aggiungere altro uscii fuori dalla stanza.
<Bene ragazzi io vado > salutai infilandomi il giubbino, pronto a tornare a casa mia.
<Dan mi dai un passaggio a casa? > mi chiese Mark, strano che non fosse venuto in moto.
<Certo, andiamo > risposi senza alcun problema. Scese tutte le scale e passato l’androne, notai che la moto di Mark era parcheggiata a pochi metri di distanza dal portone, allora perché mi aveva appena chiesto un passaggio?
<La tua moto ha qualche problema? > domandai curioso.
<No, volevo solo andarmene da lì per parlarti > spiegò, non capivo il perché di tutto quel mistero, cosa aveva di così importante da dirmi?
<Ok parla pure > lo incitai, appoggiandomi alla mia macchina con braccia incrociate.
<Si può sapere cosa cavolo stai combinando con Sammy? > mi chiese abbandonando il tono calmo e pacato di poco prima.
<Non so di cosa parli > commentai, in effetti non era successo nulla con Sammy e quell’accusa mi sembrava abbastanza ridicola.
<Dan non siamo idioti, abbiamo capito tutti che è successo qualche cosa, quindi meglio che tu la dica a me in modo che io possa calmare Monica, prima che lei ti squarci il petto e faccia colazione col tuo cuore > spiegò, il pensiero di quella scena così macabra mi provocò dei brividi di terrore lungo tutta la spina dorsale.
<C’è stato un bacio > confessai.
<Un bacio? E perché? > mi domandò.
<Perché mi andava > risposi semplicemente.
<Dan non si bacia un ex perché ti va, si fa perché o vuoi tornare con lei o vuoi dimenticare qualcuno> ribatté Mark
<Non essere idiota, è solo un bacio > controbattei, secondo me si stava facendo troppe paranoie.
<Ok, magari ancora devi renderti conto del guaio in cui ti sei cacciato, per il momento lasciamo perdere > dichiarò iniziando a infilarsi il casco.
<Come vuoi! > dissi facendo spallucce.
<Ci saranno tanti cuori spezzati in tutta questa storia > commentò Mark per poi mettere in moto e sparire lungo la strada.
Non capivo il perché di tutte quelle preoccupazioni, in fondo quali danni poteva creare un piccolo e dolce bacio?
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Non ho mai amato così
RomanceUn nuovo amore, una nuova emozione, una relazione tutta da scoprire dove il cuore inizia ad avere un nuovo battito. Lui è Daniele un ragazzo proveniente da una famiglia benestante, che ha appena conseguito la maturità e sta iniziando a decidere cosa...