1. Bella bionda

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Era bravo solo a sollevare pile di libri da leggere e a camminare senza stancarsi facilmente grazie agli anni passati a fare da guida negli scavi di Pompei ed Ercolano.

Comunque, da quella vicenda Emma e Romeo erano diventati come gli uccellini inseparabili e solo successivamente aveva scoperto che Emma e Carlotta, ai tempi del liceo, erano state compagne di classe e che Emma aveva odiato ed odiava anche a trent'anni sua sorella, come odiava la cioccolata fondente perché la considerava amara come la vita.

Carlotta non era mai stata particolarmente simpatica, nemmeno Romeo la tollerava più di tanto. Era sempre stata una piccola spocchiosetta, ma era pur sempre sua sorella e Romeo teneva alla sua famiglia, era una delle colonne portanti della sua vita da sfigato, mentre la seconda colonna era Emma con il suo porcellino d'India, Dolly.

«Perché tu sei esagerata. Sono stato fin troppo fortunato, geneticamente parlando. Ci sono un paio di miei compagni del liceo che ne hanno decisamente più di uno. Per non parlare di Marco Perletti che è diventato calvo».

Emma si mise entrambe le mani in testa, come a volersi proteggere i capelli che da anni tingeva di un rosso mogano perché aveva sempre odiato il suo castano naturale. «Calvo? E non poteva comprarsi una parrucca?»

«Emma, perché non vai a dormire? È tardi», le rispose Romeo, cambiando discorso.

Sapeva di stare invecchiando, aveva pur sempre trentaquattro anni, non era più un ragazzino e i capelli bianchi gli stavano alitando dietro la nuca da un bel po', pronti a sbucare per ricordagli che ogni giorno che passava si avvicinava sempre di più alla pensione e al giorno che si sarebbe presentato in un centro anziani per giocare a bocce come faceva suo nonno Alfonso.

«Non sono stanca e poi devo cercare su internet come fare per imbarcare Dolly su un aereo. Credo che i tizi degli aeroporti siano abituati ai cani e ai gatti, al massimo ai serpenti, ma non ai porcellini d'India. Oddio!» si agitò nuovamente, facendo alzare gli occhi al cielo a Romeo. Saltò in piedi e corse verso la gabbietta dove si trovava Dolly, tutta concentrata a rosicchiare la nuova casetta in legno che Emma le aveva comprato.

«Un pitone potrebbe scappare dalla sua gabbia e mangiarsi Dolly mentre siamo in volo!»

Emma aprì la gabbietta, prese la povera Dolly e se la spiaccicò vicino alla guancia. «Sarebbe un lutto tremendo da dover superare! Non voglio tornare dallo psicologo».

«Credo che tu abbia bisogno di una di quelle tisane alla passiflora che usi per calmarti e che ti sballano come se ti fossi fumata una canna, Emma».

Emma baciò il capo peloso di Dolly, la quale continuava a muovere il muso ed ad osservare la sua matta padrona con gli occhietti attenti. Quel porcellino d'India era una santa inconsapevole perché per sopportare Emma come padrona doveva per forza esserlo.

Romeo era sicuro che Emma non avrebbe mai avuto per un futuro figlio quell'apprensione che aveva per quella palla di pelo bianco e marrone, mangiatrice seriale di fieno.

«Non scherzare, idiota, sono preoccupata!»

Romeo si allungò sul divano per afferrare il tubo il Pringles. «Ti ricordo che non sei obbligata a venire con me. Lo so che è difficile partire per un altro stato e stabilirsi all'estero per tanto tempo, ma, anche se mi fa piacere non partire da solo, non voglio nemmeno che tu ti senta obbligata a seguirmi».

Emma stampò un ultimo bacio sulla testa di Dolly e la rimise nella sua ampia dimora, la quale avrebbe potuto ospitare circa tre generazioni di porcellini d'India, e si mise a fissare Romeo con le mani poggiate sui fianchi.

Oh oh, stava facendo quello sguardo risoluto da rimprovero imminente che rivolgeva ai suoi allievi quando volevano rompersi l'osso del collo, muovendosi in modo scorretto sul tatami.

Romeo&Julio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora