24. Baila me

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«Hai fatto un grandissimo passo avanti, Pilar. Mi avevi detto di aver bisogno di un chitarrista e ora ce l'hai. E che chitarrista», affermò Romeo, sorridendo alla sorella minore di Julio mentre le si avvicinava e le parlava in modo che il resto della combriccola non lo sentisse.

Erano scesi a casa di Belén e Pilar, al momento madre e figlio stavano cucinando tapas e tortillas in abbondanza per il pranzo; nell'aria aleggiava un bel profumino e per un attimo a Romeo gli vennero in mente i pranzi della domenica a casa di nonna Maria e nonno Alfonso. Proprio durante uno di quei pranzi di parecchi anni prima, Romeo aveva fatto coming out, esclamando che gli piaceva 'o pesc'. Non aveva mai posseduto mezze misure.

Al pranzo si era aggiunto anche Cayetano, l'avvenente signore di mezza età che gestiva El sol de Madrid; a quanto sembrava, lui e Belén erano molto amici, pranzavano spesso insieme e Julio gli aveva sussurrato all'orecchio che, secondo lui, prima o poi quei due avrebbero annunciato che si erano messi insieme e ne era felice perché Cayetano era un brav'uomo. Anche Pilar era favorevole alla loro unione, bisognava solo attendere che si dessero una svegliata.

Pilar si era levata la gonna lunga, sostituendola con un paio di leggins comodi, e le scarpe da flamenco, infilandosi solo un paio di calzini rosa. Osservò il suo professore e le guance le si fecero scarlatte.

«Profe, non hai idea della fatica che ho fatto per convincerlo. Quel ragazzo ha la testa più dura del marmo», gli confessò la sua alunna.

Romeo si aggiustò gli occhiali sul naso e continuò a sorridere alla ragazzina, sentendosi un po' Maria De Filippi durante una puntata di Uomini e Donne.

«Almeno avete terminato il compito? Mercoledì ci sarà la presentazione».

Pilar annuì e lanciò un'occhiata veloce ad Adrian. Il ragazzino era stravaccato sul divano e stava smanettando con il cellulare, evitando di parlare, al massimo, grugniva parole indistinte. L'unico essere vivente che aveva avuto il coraggio di avvicinarglisi era stata Paz, la cagnolina era stesa tra i piedi del ragazzo e sonnecchiava.

Adrian era uno di quegli adolescenti complessi che faceva fatica a chiedere aiuto, ma ne aveva bisogno. Aveva bisogno di molto aiuto e Pilar ci stava provando in tutti i modi a farlo uscire dal suo guscio di apatia, sfrontatezza e risposte di merda.

Romeo lo aveva osservato bene e non si riteneva nemmeno uno di quei professori idioti che scartavano a prescindere i soggetti complicati come Adrian, etichettandoli come cause perse. Adrian era sveglio, intelligente, sorprendentemente portato per le lingue estere e per la musica. Non era una causa persa, aveva solo bisogno di essere indirizzato.

«Domani ci incontreremo un ultima volta per definire le ultime cose. Abbiamo fatto un ottimo lavoro, profe. Ci tengo troppo a questo voto per permettere a quella testa dura di rovinarmi la media».

Romeo strinse una spalla di Pilar con affetto. «Non vedo l'ora di assistere alla vostra presentazione, allora».

Il telefono di Romeo iniziò a squillare e con la coda dell'occhio l'archeologo notò come la testa del suo ragazzo si fosse voltata di scatto verso di lui. Romeo lo guardò e gli fece capire con lo sguardo di doversi fare i fatti propri. Julio era decisamente parecchio geloso e non ne aveva motivo.

Quando prese il cellulare e vide chi lo stava chiamando, alzò gli occhi al cielo prima di premere sulla cornetta verde.

«Dimmi, Cesare», disse, parlando in italiano.

«Ao, Romé, dove sei?», gli chiese subito il suo nuovo amico.

«A casa di Julio. Perché?»

«Perché mi sto annoiando, sono venuto a casa vostra e non mi ha aperto nessuno. Ho chiamato anche Emma e mi ha detto che si sta allenando per una maratona, credo, ma ho già dimenticato tutto quello che mi ha detto».

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