(marco) Diagnosi corretta

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Quella volta feci per Lucas quello che non avevo mai fatto per Daniele: rimasi sveglio tutta la notte accanto al suo letto. Vomitò solo una volta, prima di addormentarsi esausto.

Maia mi invitò con insistenza a sistemarmi sul lettino di Mattia, ma preferii restare accanto a Lucas, seduto a terra e con un cuscino tra la schiena e la parete: solo così non sarei crollato per il sonno.

Maia si sistemò sedendosi tra le mie gambe e le mie braccia, addormentandosi con la testa sul mio petto. Ero abbastanza scomodo da restare sveglio, in effetti.

Dopo un'ora decisi che dovevo evitare a Maia un'altra discussione con il suo ex marito, e la svegliai con tutta la delicatezza di cui ero capace. Lei si svegliò di soprassalto come fossimo sotto bombardamento.

- E' tutto ok - la rassicurai subito. - Lucas sta bene. -

Maia sospirò, più tranquilla.

- Hai promesso al papà di Lucas di aggiornarlo - le ricordai.

- Cazzo, sì! - scattò lei, mentre cercava con febbrile tensione il cellulare. Mi urtava profondamente vedere con quale immediatezza reagisse a qualunque evento riguardasse quell'uomo. Lasciai che digitasse con frenesia qualche riga di rassicurazione e che tornasse a rilassarsi appoggiando il suo corpo sul mio.

- Grazie - mi disse, la voce impastata dal sonno.

Non mi trattenni dallo sputare fuori almeno in parte il mio disappunto

- Aveva ragione Jennyfer, la sera in cui siamo usciti in quattro - dissi.

Il corpo di Maia perse di morbidezza: si tese subito, pur senza cambiare posizione.

- A cosa ti riferisci? -

- Disse che non hai motivo di viverla con tutta quell'ansia addosso. E ha ragione. Sei così nervosa ogni volta che hai un confronto con lui? - La mia bocca continuava a rifiutarsi di pronunciare il suo nome.

Maia raddrizzò la schiena e si girò per guardarmi in faccia. Forse per assicurarsi che non ce l'avessi con lei.

- Ero preoccupata per Lucas, ero molto più che nervosa. -

Mi impegnai per rispondere senza sembrarle incazzato.

- Non mi riferisco a quello. Non sono un povero idiota Maia, e dato che non lo sei nemmeno tu possiamo evitare entrambi di fingere di non capire qual è il nocciolo della questione. -

- Aiutami a comprendere questo nocciolo, per favore. -

Avvertii un velo di preoccupazione nel suo tono. Ogni discussione, per Maia, era fonte di ansia.

- Ti preoccupi troppo di quello che pensa di te. La sua opinione non ti qualifica come persona. E' solo il suo parere e, considerando che continua a correrti dietro nonostante la separazione, è plausibile che sia meno onesto con te di quanto lo sia con sé stesso. E magari nemmeno se ne rende conto. -

- Non mi preoccupo di quello che pensa di me...-

Aggrottai le sopracciglia, francamente più che dubbioso di quella risposta, ma non la interruppi.

- ...ma quando mette in vetrina le mie leggerezze non posso che prenderne atto, Marco. -

- Senti, io sono l'ultima persona al mondo che può giudicare un altro genitore e men che meno un altro marito, ok? Ma sono un cazzo di esperto di certi meccanismi di leadership. Lasciatelo dire: magari non lo fa nemmeno a posta ma ti assicuro che ti mette in difficoltà per affossare la tua indipendenza da lui. Non dubito di qualche tua mancanza, ma quale genitore non sbaglia mai? Può essere in certe occasioni più attento di te, o più di polso, magari anche più previdente, ma tu sarai migliore di lui sotto altri aspetti. Non è una gara, vi impegnate nella stessa misura. Mi sta bene che tu prenda atto delle leggerezze che lui non manca certo di sputarti addosso, mi sta meno bene che tu la viva come un'umiliazione o una sconfitta. -

- E come dovrei viverla? - mi chiese, e nel suo tono avvertii una profonda frustrazione. Era una domanda retorica, la sua. Non vedeva e non concepiva la possibilità di viverla con maggior serenità. Su quelle spalle toniche ma stanche portava un carico di sconfitte collezionate in anni e di cui non si era liberata con la separazione. Ed era con quel carico che lui se la teneva ancorata sufficientemente vicina. Aggiungeva un peso non appena ne aveva la possibilità, per renderle ogni passo avanti un po' più faticoso. Una nuova incertezza, una nuova insicurezza, una nuova mina nel fragile scheletro di amor proprio che ancora sosteneva Maia nel suo ruolo di madre. Perché era quello l'unico ruolo che ancora non le consentiva di mandarlo definitivamente a fare in culo: il ruolo di madre. I bambini erano piccoli e quel legame, tutt'altro che flebile, era diventato un guinzaglio nelle mani di lui: per averla con sé le portava via un po' di serenità a ogni occasione che gli si presentava. Con la stessa frequenza con cui le toglieva qualcosa, le elargiva rassicurazioni con la sua incrollabile fiducia in sé stesso. Nutriva il proprio ego sgonfiando quello di Maia, offrendole in cambio la possibilità di bere dalle sue mani.

Poteva funzionare con Maia, certo, ma se c'era uno che aveva nutrito il proprio ego per decenni senza preoccuparsi della fonte di quel nutrimento ero io e quel meccanismo mi era troppo famigliare per lasciare che lo si mettesse in atto per portarmi via Maia.

- Te l'ho detto, capita anche di sbagliare. Prendine atto e basta, Maia. Non mostrargli quanto ti fa star male ogni volta che ti fa notare una leggerezza o un errore. Non posso disarmarlo al posto tuo, ma posso offrirti qualche strumento per difenderti da lui. -

La vidi sorridere nella penombra della cameretta dei suoi bambini. Fui felice con lei e per lei. Mi abbracciò e sperai di poterle trasmettere con la fermezza della mia stretta la ferrea volontà di starle accanto.

- Sono sicura che lo fa per i bambini, perché li vuole al sicuro anche quando stanno solo con me.

- Sono perfettamente al sicuro con te. Non devi dubitarne. Non ne dubita nemmeno lui, Maia. Altrimenti col cazzo che te li lascerebbe, non credi? Partiamo dal presupposto che se prima mal sopportavo la sua presenza nella tua vita adesso mi sta proprio sul cazzo, ma sul suo ruolo di padre credo di poter dire che non farebbe mai quello che ho fatto io: non metterebbe mai consapevolmente in pericolo i figli. Quindi prendi subito coscienza di questo: l'unica che nutre dubbi sulle proprie capacità di genitore sei tu e soltanto tu. Ma l'unico che nutre intenzionalmente i tuoi dubbi è lui e soltanto lui. -

Maia cambiò posizione, abbassando le braccia e accoccolandosi meglio contro il mio torace.

- Non lo fa intenzionalmente, ne sono certa. Ma credo tu abbia ragione, doc. Cercherò di reagire diversamente alle sue provocazioni. Ok? -

Mi rassegnai con una certa irritazione all'opinione a mio avviso decisamente troppo lusinghiera che Maia nutriva per il suo ex: avrei avuto modo in futuro di aprirle gli occhi.

Preferii iniziare a lavorare per restituire a Maia ciò che lui si affannava a toglierle per portarla via da me e da chiunque altro.

- Ok. Da domani facciamo un corso accelerato di autostima. -

La sentii contrarrei muscoli del viso in un sorriso, contro il mio petto. Si addormentò prima che mi decidessi a dirle che ero decisamente molto innamorato di lei. Avrei voluto dirglielo mentre le accarezzavo i capelli, ma il suo respiro mi ipnotizzò, e lasciai che mi cullasse. Mi addormentai all'alba. Lucas non aveva più vomitato. La mia diagnosi era corretta: nessuna recidiva.



La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora